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Georges Bataille: il politico e il sacro

Liguori, Roma 1987, pp. 193, Lit. 18.000

La figura di Georges Bataille ha spesso suscitato rea-zioni violentemente negative — come le condanne di Breton e di Sartre — o scatenato ingenui tentativi di annessione ideologica, come quelli che portavano, nei primi anni '70, certi commentatori italiani ad afferma-re soddisfatti che "il pensiero di Bataille era perfettamen-te in linea con quello di Mao Tse-Tung. " Fortunatamen-te gli atti di questo convegno, Fortunatamen-tenutosi a Roma nell'86, ci aiutano a liberare l'immagine di Bataille da ogni interpretazione segnata dal pregiudizio o dal mito; ciò avviene attraverso un'appassionante ricostruzione di tutte le successive esperienze intellettuali attraversate

dall'autore della Parte maledetta negli anni cruciali tra il 1929 e il '39. La prima esperienza è quella, vissuta accanto a Michel Leiris, della rivista Documents; una rivista "d'arte" nella quale, paradossalmente, erano pro-prio il "bello" e il "classico" della tradizione eurocentri-ca ad esser messi costantemente in questione, davanti all'irrompere di forme espressive dissonanti e antiacca-demiche, marginali e bizzarre, dal jazz ai disegni dei bambini abissini. All'esperienza di Documents segue, nel '33-'34, la collaborazione alla Critique sociale di Boris Souvarine: è in questo ambito che Bataille elabora la sua interpretazione del fascismo. Nelle moderne de-mocrazie, indebolite dai conflitti intemi, non c'è più un equilibrio stabile tra la sfera dell' omogeneo (dell'utili-tà, della produzione) e quella dell'eterogeneo (le forze irrazionali che fondavano un tempo il sacro e la regali-tà); per questo si assiste all'emergere di due diverse forme di eterogeneità, quella del fascismo, che tende ad instal-lare forme sadiche di oppressione, e quella del proletaria-to, che tende all'emancipazione dell'umanità. È

eviden-te la presenza, in questa visione, di elementi psicoanali-tici che s'intrecciano ad elementi mutuati dalla tradi-zione sociologica e antropologica francese, da Durkheim a Mauss a Dumézil. L'importanza per Bataille di tale tradizione viene alla luce ancor più chiaramente con la fondazione del Collège de sociologie, il gruppo da lui creato con Caillois e Leiris nel 37, allo scopo di studiare la presenza del sacro nelle società moderne e di risacra-lizzare il tessuto sociale creando nuovi miti, da opporre alle sinistre mitologie naziste e fasciste. Nella prospetti-va di Bataille, questi nuovi miti dionisiaci, liberatori, non possono che collocarsi sotto il segno di Nietzsche; e sarà proprio il recupero di un Nietzsche libertario, sot-tratto alle falsificazioni naziste, a costituire l'aspetto più affascinante dell'ultima avventura di Bataille studiata in questo volume, quella della rivista Acéphale (1936-39), che nei suoi quattro numeri traccerà l'enigmatico profilo di una comunità liberata, fondata sull'ebbrezza, sulla vertigine, sulla tragedia.

M. Bongiovanni Bertini

Fantastico

GIANFRANCO MANFREDI, Ulti-mi vampiri, Feltrinelli, Milano

1987, pp. 164, Lit. 18.000.

Parlare di vampiri è ormai diven-tato uno sport internazionale per molti autori: il povero conte transil-vano e i suoi seguaci sono stati tra-sportati in ogni tempo e in ogni luogo, sono stati osservati sotto i ri-flettori della psicoanalisi, la loro leg-genda è stata riproposta con ironia o in chiave intimistica. Spesso, per la verità, si è trattato di operazioni furbesche, condotte con cattivo gu-sto e con un vuoto spaventoso di idee. E confortante quindi che sia uscito un nuovo libro di vampiri pieno di idee e spunti interessanti. L'autore è Gianfranco Manfredi, che ha alle spalle un passato di mu-sicista e di critico più che di scritto-re; il libro è Ultimi vampiri, sette racconti su altrettanti strani perso-naggi. Il vampirismo è visto come diversità, sullo sfondo del fluire de-gli avvenimenti storici. I sette prota-gonisti raccontano la loro storia, ciascuna ambientata in un paese e in un periodo differenti dell'Europa e della sua storia: ed è un esempio di come si possano vedere, da un ango-lo visuale diverso ma sempre demo-niaco, i grandi eventi della storia passata. Attraverso un'atmosfera a volte sognante a volte tragica si giunge all'ultimo splendido raccon-to, ambientato nella Hollywood dei vampiri di celluloide: una storia sui vampiri, dedicata ai vampiri che si muovono discretamente nel mon-do.

M. Della Casa

DENNIS JONES, Barbarossa Red,

Rizzoli, Milano 1987, ed. orig. 1985, trad. dall'inglese di Adriana Dell'Orto, pp. 406, Lit. 24.000.

Non è poi cosi assurdo che la Germania Occidentale, tentando di trasformare la sua potenza econo-mica in potenza politica, cerchi di attuare un programma di riarmo e di unificazione territoriale con la Ddr. È di conseguenza plausibile che l'Unione Sovietica, nonostante la svolta liberale della propria diri-genza, veda questa operazione co-me il fumo negli occhi, angosciata da ricordi funesti e seriamente preoccupata dalle conseguenze poli-tiche e militari che ne scaturirebbe-ro, e decida un attacco militare pre-ventivo contro le postazioni milita-ri tedesche. Ed è naturale infine che gli Stati Uniti, che pure avevano in-trapreso un programma di graduale sganciamento dall'Europa, si trovi-no coinvolti in un grosso guaio in-ternazionale. Il ttltto mentre i servi-zi segreti delle varie naservi-zioni reggo-no le fila dell'intrigo, andando an-che contro gli interessi dei rispetti-vi governi. Barbarossa Red si legge d'un fiato, è un continuo susseguir-si di colpi di scena, ha tutte le ca-ratteristiche del best-seller "usa e getta", compreso lo stile un po' sciatto ma efficace. Ma ha anche due difetti: il primo di trama (è possibile che un governo sia quasi completamente infiltrato da un ser-vizio segreto straniero?), il secondo di struttura: descrive uno scenario fin troppo reale, e manca di quelle invenzioni narrative e di quello spessore di argomenti che sono propri dei buoni romanzi di fanta-politica.

M. Della Casa

FREDERIKPOHL, L'invasione de-gli uguali, Editrice Nord, Milano

1987, ed. orig. 1986, trad. dall'in-glese di Gianluigi Zuddas, pp. 260, Lit. 8.000.

Costruito più come un giallo che come un romanzo fantastico,

L'in-vasione degli uguali è un libro che non mancherà d'affascinare tutti i lettori, non solo gli esperti. Pohl,

che in questi ultimi anni ha raggiun-to un ritmo di produzione narrativa letteralmente vertiginoso, dimostra ancora una volta d'essere in grado di cimentarsi con disinvoltura nei campi più disparati della fantascien-za, costruendo trame avvincenti e proponendole con uno stile ironico e frizzante. Il tema degli universi paralleli viene presentato in manie-ra più originale e per così dire "plausibile" rispetto ad altri roman-zi. Né mancano i riferimenti a dot-trine filosofiche o a teorie probabi-listiche dei fenomeni fisici, secondo le quali ad ogni istante in cui si

veri-ficano possibilità differenti per uno stesso evento si moltiplicano indefi-nitamente le configurazioni possibi-li dell'universo. Così abbiamo tanti Stati Uniti, tutti egualmente veri, tutti diversi l'uno dall'altro, nei quali vivono ed agiscono le stesse persone, ma con ruoli diversi. Fin-ché qualcuno trova il modo di fare interagire le varie sfere, e può acca-dere che il "nostro" Ronald Reagan trovi il suo sosia, che in quell'uni-verso è un vecchio liberal un po' va-nesio, strenuo difensore dei diritti civili ...

M. Della Casa

• SILVIO D'ARZO

ALL'INSEGNA DEL "BUON CORSIERO" prefazione di Mario Spinella

1987 NASCE " A D U L A R I A "

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