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Le problematiche e gli interventi anestesiologici nel paziente con stenosi valvolare aortica sono gli stessi sia in caso di sostituzione valvolare chirurgica che percutanea, infatti nonostante la sostanziale differenza nei due interventi, sono le caratteristiche fisiopatologiche della malattia a determinare le procedure da eseguire per una corretta gestione del caso clinico.

PROFILO EMODINAMICO.

Precarico. A causa della diminuita compliance del ventricolo sinistro

e dell’ aumento, sia della pressione ventricolare sinistra di fine diastole (LVEDP) che del volume ventricolare sinistro di fine diastole (LVEDV) è necessario l’aumento del precarico per mantenere una normale gittata cardiaca.

Frequenza cardiaca. La tachicardia non è ben tollerata, essa può

diminuire la perfusione coronarica, allo stesso modo sono mal tollerate anche basse frequenze, soprattutto in quei pazienti che hanno gittata cardiaca fissa. Si preferisce comunque mantenere il paziente su frequenze attorno ai 50-70 battiti al minuto rispetto a frequenze elevate, sopra i 90 battiti per esempio, per consentire una buona gittata attraverso la valvola stenotica. Il mantenimento del ritmo sinusale è fondamentale, vista l’importanza che la contrazione atriale riveste nel riempimento ventricolare.

Contrattilità. Per il mantenimento di un’adeguata gittata sistolica è

necessaria un’elevata contrattilità, i β-bloccanti quindi non sono ben tollerati, perché possono causare un aumento del volume ventricolare sinistro di fine diastole (LVEDV) e una significativa diminuzione della capacità eiettiva che può condurre ad un deterioramento clinico.

Resistenze sistemiche. La maggior parte del postcarico è a carico della

valvola stenotica, di conseguenza la diminuzione della pressione sistemica e quindi delle resistenze periferiche non crea alcun tipo di giovamento al profilo emodinamico, anzi si deve prestare attenzione alla pressione diastolica poiché una sua caduta può compromettere la perfusione coronarica (44). Il paziente con stenosi valvolare aortica è a rischio di ischemia subendocardica, proprio per questo trova giovamento in seguito alla somministrazione precoce di farmaci α- adrenergici che prevengono bruschi cali pressori possibile causa di morte improvvisa (45).

Possiamo concludere che l’aumento delle resistenze causato dalla somministrazione di farmaci non diminuisce l’output cardiaco perché le resistenze sono a carico soprattutto della stenosi.

Resistenze polmonari. Queste sono normali fino alle fasi terminali

della malattia, quindi non è necessario nessun tipo di trattamento.

TECNICHE ANESTESIOLOGICHE.

-

Una premedicazione leggera è necessaria a mantenere il paziente calmo senza tachicardia; una premedicazione aggressiva è sconsigliata perché può causare una diminuzione significativa sia del pre che del

postcarico. Si possono usare senza significativi effetti emodinamici: 0,2-0,3mg di scopolamina in associazione a 0,05-0,1mg/Kg di morfina per via intramuscolare; 1-2mg di lorazepam per via orale; 1-3mg di midazolam per via orale o intramuscolare. I dosaggi della premeditazione sono diversi da paziente a paziente in base all’età, alla costituzione fisica e alle eventuali comorbidità (35).

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All’ingresso in sala operatoria il paziente viene sottoposto ad incannulazione di un’arteria periferica, per la valutazione invasiva della pressione arteriosa, di una vena periferica e di una vena centrale.

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Il paziente viene monitorato tramite: ECG, sO2, PA invasiva, PVC,

Et (End tidal) CO2.

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L’anestesia totalmente endovenosa (TIVA) viene indotta con propofol in TCI (target controlled infusion) a 2 ng/ml e remifentanil a 0,3 γ/Kg/min.

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L’intubazione orotracheale viene praticata, dopo il raggiungimento della mio risoluzione, con un bolo di cistracuronio 0,14 mg/Kg.

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Il paziente viene mantenuto in ventilazione meccanica con aria e ossigeno a volume controllato, per garantire il mantenimento della normocapnia e di una adeguata saturazione di ossigeno.

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Al termine dell’anestesia il paziente sottoposto all’intervento percutaneo viene decurarizzato farmacologicamente, il paziente sottoposto all’intervento chirurgico viene trasferito in regime di sedazione e ventilazione meccanica in terapia intensiva.

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I farmaci anestetici che causano depressione miocardica, riduzione della pressione sistemica, tachicardia o altre aritmie devono essere usati con cautela, in quanto ognuno di questi cambiamenti può influenzare negativamente l’assetto emodinamico del paziente portando ad un deterioramento clinico.

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Durante l’induzione e il mantenimento dell’anestesia un farmaco α- adrenergico deve essere pronto per il trattamento precoce ed aggressivo di un’eventuale riduzione della pressione sistemica sistolica o diastolica.

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In caso di segni o sintomi di ischemia la nitroglicerina deve essere usata con cautela a causa dei suoi effetti sul precarico che possono peggiorare le condizioni cliniche del paziente.

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Devono essere trattate aggressivamente le aritmie sopraventricolari poichè sia la tachicardia che la perdita della contrazione atriale possono portare ad una rapida diminuzione della gittata cardiaca e al deterioramento dello stato emodinamico; con la stessa aggressività vanno trattati a battiti ectopici, questi possono esitare in fibrillazione ventricolare e i pazienti che vanno incontro a questa evenienza sono difficilmente rianimabili.

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In assenza di disfunzione ventricolare preoperatoria o associazione a coronaropatia il supporto inotropo non è generalmente necessario dopo il by-pass cardiopolmonare, visto che la sostituzione della valvola aortica riduce il postcarico e quindi facilità la capacità contrattile cardiaca.

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L’ecocardiografia transesofagea è suggerita per il monitoraggio intraoperatorio della funzione ventricolare, per la valutazione del de- aring post by-pass cardiopolmonare, nonché per valutare la funzionalità, il corretto posizionamento e il leak paravalvolare del nuovo apparato valvolare (44).

6. STUDIO CLINICO

L’invecchiamento della popolazione ha provocato un aumento dell’incidenza della stenosi aortica in pazienti anziani, buona parte di questi essendo clinicamente compromessi non vengono sottoposti all’intervento di sostituzione valvolare; la prognosi di questi pazienti è infausta infatti la loro prospettiva di vita è di circa un anno.

Nel 2002 Cribier et al hanno eseguito la prima sostituzione valvolare aortica percutanea utilizzando un accesso anterogrado. Nel 2005 Grube et al hanno introdotto l’utilizzo della CoreValve, un dispositivo con memoria di espansione di 24 ore che viene introdotto tramite accesso retrogrado.

La sostituzione valvolare aortica percutanea sta entrando nella pratica clinica per quei pazienti che hanno un rischio operatorio troppo elevato (32% secondo il registro Euro Heart Survey) e non possono essere sottoposti alla chirurgia tradizionale.

6.1 OBIETTIVI

Questo studio preliminare si propone di confrontare il decorso perioperatorio di 40 pazienti, con età compresa tra 68 e 92 anni, 20 dei quali (Gruppo A) sono stati sottoposti a sostituzione valvolare aortica chirurgica e 20 che (Gruppo B) sono stati sottoposti a sostituzione percutanea.

Lo scopo del confronto è valutare le differenze di outcome postoperatorio delle due procedure.

6.2 MATERIALI E METODI

Pazienti.

Sono stati selezionati 40 pazienti, di età compresa tra 68 e 92 anni, affetti da stenosi aortica sintomatica per la quale è stata riconosciuta l’indicazione chirurgica. I pazienti sono stati sottoposti a sostituzione della valvola aortica, su 20 di questi che avevano un EuroSCORE inferiore al 20% è stata praticata la sostituzione valvolare chirurgica (Gruppo A: 9 maschi, 11 femmine), sugli altri 20 (Gruppo B: 12 maschi, 8 femmine), che presentavano controindicazione alla chirurgia tradizionale poiché avevano un EuroSCORE maggiore del 20%, è stato praticato l’intervento percutaneo utilizzando la tecnica di Grube et al, cioè è stata impiantata la CoreValve con accesso retrogrado.

BNP (Brain natriuretic peptide).

Il dosaggio del BNP ha richiesto due prelievi di sangue da CVC, uno prima e uno dopo la sostituzione valvolare aortica, sia essa chirurgica o percutanea. Il sangue è stato trasportato al laboratorio in provette contenenti EDTA ed è stato dosato con tecnica immunoenzimatica. La significatività dei risultati è stata valutata con il test-t di Student, con un intervallo di confidenza del 95%.

Inotropi.

L’ipertrofia ventricolare sinistra, condizione costante nei pazienti con stenosi aortica, è associata ad un’aumentata rigidità diastolica della

camera ventricolare dopo la sostituzione della valvola aortica; farmaci ino-dilatatori come levosimendan ed enoximone migliorano la contrattilità ed il rilasciamento del ventricolo sinistro (46).

L’alterazione della funzione diastolica del ventricolo sinistro nella stenosi aortica è un importante fattore di rischio per la mortalità precoce e tardiva dopo la sostituzione valvolare (47), l’uso di ino- dilatatori è associato al miglioramento della funzione diastolica dopo la cardiochirurgia (48, 49).

La scelta di somministrare o meno farmaci inotropi dopo la sostituzione valvolare spetta all’anestesista che dunque dovrà valutare oltre la funzione sistolica anche quella diastolica del paziente sottoposto a sostituzione valvolare aortica.

In questo lavoro si è valutato l’utilizzo o meno di farmaci inotropi dopo la sostituzione valvolare aortica chirurgica e percutanea perchè si ritiene il parametro un utile indice per la valutazione dell’impatto che l’intervento ha sulla funzione cardiaca nel periodo perioperatorio.

Trasfusioni.

La necessità di essere trasfusi dopo un intervento cardiochirurgico dipende dalle condizioni cliniche del paziente, ma anche dal sanguinamento durante l’intervento chirurgico, nonché dalla perdita ematica dovuta alla circolazione extracorporea, se l’intervento la necessita. Per questo motivo si è ritenuto il conteggio delle sacche di sangue, contenenti globuli rossi, un utile indice per valutare l’invasività della tecnica chirurgica. Dunque nel decorso perioperatorio dei pazienti selezionati per questo lavoro si è contato il

numero di sacche di sangue che ogni paziente ha ricevuto come trattamento postoperatorio.

Ventilazione meccanica.

Non sono stati pubblicati studi sull’ estubazione precoce negli

interventi di sostituzione valvolare aortica (50). Possiamo comunque sostenere che l’estubazione, o meglio lo svezzamento dal ventilatore, indica il raggiungimento di una certa autonomia da parte del paziente. Questo è certamente un punto di partenza per iniziare a pensare alla dimissione del paziente dall’unità di terapia intensiva; è questa la ragione per cui abbiamo ritenuto il tempo necessario allo svezzamento, quindi la durata della ventilazione meccanica, un parametro ideale per valutare l’outcome postoperatorio nei pazienti sottoposti alle due diverse procedure.

Tempo trascorso in terapia intensiva.

In seguito alla sostituzione valvolare aortica chirurgica il passaggio del paziente dall’unità di terapia intensiva è la regola, i pazienti oltre alla ventilazione meccanica e ad un attento monitoraggio spesso necessitano di cure intensive che non possono essere attuate in altre sedi. Per la sostituzione percutanea della valvola aortica il passaggio all’unità di terapia intensiva, almeno nel nostro centro non è la regola visto che spesso i pazienti hanno dimostrato una certa autonomia dopo la procedura; essendo questo un lavoro preliminare che va a valutare l’impatto perioperatorio dell’intervento percutaneo confrontandolo con l’intervento chirurgico, l’analisi del tempo trascorso in terapia

intensiva in seguito all’esecuzione delle due procedure è stato considerato un valido indice di valutazione dell’outcome, è un valido indice anche per stimare l’eventuale riduzione dei costi di gestione dei pazienti sottoposti all’intervento percutaneo.

6.3 RISULTATI

Nei pazienti del Gruppo A, che sono stati sottoposti a sostituzione chirurgica della valvola aortica, sono stati riscontrati valori medi di BNP preoperatorio pari a 533 pg/ml, il valore medio di BNP postoperatorio è risultato 1007 pg/ml; dopo l’analisi con test-t di Student, intervello di confidenza del 95%, l’innalzamento è risultato statisticamente significativo con p < 0,05 (Figura 1).

Nei pazienti del Gruppo B, sottoposti a sostituzione percutanea, sono stati riscontrati valori medi preoperatori di BNP pari a 388 pg/ml, il valore medi postoperatorio è risultato 397 pg/ml; l’analisi con test-t ha mostrato un innalzamento non significativo con p > 0,05 (Figura 2).

sAVR

BNPpre BNPpost 0 250 500 750 1000 1250

*

pg/ m l

Figura 1: Valori medi di BNP nella sAVR

pAVR BNPpre BNPpost 0 150 300 450 pg/ m l

L’ utilizzo di inotropi durante il decorso postoperatorio è stato necessario per 6 pazienti del Gruppo A e per nessuno del gruppo B. I pazienti che hanno richiesto trasfusioni sono stati 12 per il Gruppo A e 2 per il Gruppo B.

Il tempo di ventilazione meccanica necessario per i pazienti del Gruppo A è stato in media di 16 ore, per i pazienti del Gruppo B la ventilazione meccanica durante il decorso postoperatorio non è stata necessaria.

Il tempo trascorso in terapia intensiva è stato in media di 57 ore per i pazienti del Gruppo A, per i pazienti del Gruppo B la media è risultata 13 ore.

I risultati sono riassunti nella tabella 1.

Ventilazione Degenza UTI Inotropi Trasfusioni

pAVR 0 13 0 2

sAVR 16 57 6 12

Tabella1:

Media delle ore di ventilazione; media delle ore di degenza in terapia intensiva; numero di pazienti che hanno necessitato di inotropi durante il decorso postoperatorio; numero di pazienti trasfusi con GRC durante il decorso postoperatorio.

6.4

DISCUSSIONE

Il BNP è un indice importante per la valutazione della malattia cardiaca. Generalmente pazienti in classe III-IV NYHA, con elevati livelli di BNP, presentano una disfunzione sistolica severa; comunque se la frazione di eiezione è > 50% la dispnea può essere giustificata da alterazioni diastoliche che causano una diminuzione del rilasciamento e della compliance, ciò spiega l’incremento delle pressioni di riempimento.

In accordo con molti studi elevati livelli di BNP (> 100 pg/ml) portano alla diagnosi di disfunzione diastolica e sono correlati con la severità della malattia tanto da determinare la prognosi (51, 52, 53).

I livelli preoperatori di BNP sono anche correlati con la gravità delle alterazioni cardiache indotte dalla stenosi aortica (54, 55); eventi cardiaci acuti perioperatori come infarto miocardico, scompenso cardiaco acuto e morte (56, 57); complicazioni postoperatorie.

Nei pazienti del Gruppo B, sottoposti a sostituzione percutanea, l’innalzamento del BNP dopo la procedura è risultato non significativo, a differenza della sostituzione chirurgica, Gruppo A, che ha provocato un innalzamento significativo dei valori dello stesso peptide.

Questo risultato ci suggerisce che la sostituzione percutanea ha un impatto trascurabile sulla funzione cardiaca ed in particolare sulla funzione diastolica. L’intervento chirurgico, invece, necessitando anche di circolazione extracorporea che altera la funzione diastolica e la compliance ventricolare (58, 59), incide ampiamente sulla funzione

cardiaca nell’immediato postoperatorio nonostante la risoluzione della patologia.

Il miglior impatto sulla funzione cardiaca della tecnica percutanea, dimostrato dalla non significatività dell’innalzamento dei livelli di BNP, è avvalorato dal fatto che nessun paziente del Gruppo B ha presentato alterazioni della contrattilità tali da richiedere la somministrazione di farmaci inotropi; al contrario 6 pazienti del Gruppo A hanno richiesto l’impiego di inotropi per il mantenimento di un’adeguata contrattilità.

Gli effetti favorevoli sulla funzione cardiaca sono correlati con una minor incidenza di complicazioni postoperatorie; dobbiamo però precisare che le complicazioni postoperatorie sono a loro volta associate alla durata della ventilazione meccanica e della degenza in terapia intensiva, dopo la procedura, le quali non sono influenzate solamente dalla funzionalità cardiaca.

La circolazione extracorporea è una procedura che causa alterazioni a livello soprattutto di polmone, rene e SNC, i danni sono dovuti a microemboli, che provocano alterazioni a livello del microcircolo, e all’attivazione dell’infiammazione; queste alterazioni influenzano negativamente il decorso dei pazienti, nei quali si riscontrano scambi gassosi alterati, contrazione della diuresi e difficoltà alla ripresa di coscienza, in relazione alla durata della circolazione extracorporea. Alterazioni a livello polmonare, influenzano negativamente lo svezzamento. Lo svezzamento dalla ventilazione meccanica è associato ad un incremento della richiesta di ossigeno, connessa sia all’aumento del lavoro respiratorio sia all’increzione delle

catecolamine endogene. L’aumento del consumo di ossigeno che ne deriva impone un aumento dello Stroke Volume, che può rappresentare uno stress cardiaco importante, in grado di esacerbare, in pazienti ad alto rischio, sia la sofferenza ischemica miocardica che un disfunzione ventricolare sinistra e/o destra (60).

La sostituzione valvolare aortica percutanea è una procedura che non necessita di circolazione extracorporea; i pazienti del Gruppo B non hanno richiesto assistenza ventilatoria dopo la procedura, al contrario i pazienti trattati chirurgicamente Gruppo A in media sono stati ventilati meccanicamente per 16 ore. Lo svezzamento del paziente dal ventilatore è necessario alla dimissione dal reparto di terapia intensiva, per pazienti che non hanno sequele neurologiche.

La dipendenza dal ventilatore e la permanenza in terapia intensiva espongono il paziente a complicazioni di tipo infettivo, anche molto gravi come la polmonite da ventilatore e la sepsi, che oltre a prolungare la degenza mettono in pericolo la vita dello stesso paziente.

Detto questo possiamo capire come i pazienti del Gruppo B abbiano trascorso in media solo 13 ore in terapia intensiva, mentre i pazienti del Gruppo A ne hanno trascorse 57.

Il sanguinamento è un’altra condizione che influenza l’outcome, il trattamento chirurgico della stenosi aortica prevede, oltre alla circolazione extracorporea che causa anche perdite ematiche, la sternotomia che implica un abbondante sanguinamento; la richiesta di trasfusioni ematiche proprio per queste ragioni è stata molto inferiore

per i pazienti del Gruppo B; solo due pazienti di questo gruppo sono stati trasfusi contro 12 del Gruppo A.

6.5 CONCLUSIONI

Questo studio conferma che la sostituzione aortica percutanea è una procedura idonea al trattamento di pazienti con stenosi aortica non trattabili chirurgicamente; in ragione della scarsa invasività della procedura la durata della ventilazione meccanica, la degenza in terapia intensiva e la richiesta di trasfusioni risultano inferiori rispetto alla sostituzione chirurgica. Anche la funzione cardiaca, sia sistolica che diastolica, risulta migliore dopo la sostituzione percutanea, infatti la procedura influenza meno i livelli plasmatici di BNP e nessun paziente ha necessitato di inotropi.

La sostituzione valvolare chirurgica rimane però il gold standard per la terapia della stenosi aortica, non ci sono infatti studi che dimostrino l’adeguatezza della procedura percutanea a lungo termine; non sappiamo se la CoreValve è un dispositivo che garantisce a lungo termine l’efficacia delle protesi chirurgiche, siano esse meccaniche o biologiche.

Ammesse queste considerazioni possiamo affermare che in un futuro prossimo, se il dispositivo CoreValve si dimostrerà tanto efficace quanto le protesi chirurgiche, la sostituzione percutanea potrà sostituire nella pratica clinica l’intervento chirurgico.

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