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Noi viviamo tin eccezionale periodo dinamico, caratterizzato da vuriazioa rapide ed iutense, connesse a cause specialissime, od operanti con specialissima estensione. Siamo quindi tratti a considerare i fenomeni economici cui assi-stiamo come un prodotto di leggi dinamiche « nuore • magari effetto di nuove proprietà generali delle azioni economiche. Dimenticando così che tutta la vita economica non è che una serie di periodi dinamici, di cui mutano intensità, caratteri contingenti, estensione, condizioni specifiche, ma che si ricollegano alle proprietà ed alle leggi generali della dinamica economica, come vi si ricollegano le variazioni cui attualmente partecipiamo. È un fatto noto che la dinamica economica è la parte della scienza economica teoricamente più arretrata, molto limitata essendo tuttora l'analisi statistico-induttiva di essa, affatto ai suoi inizi, lo studio teorico, sintetico, delle leggi dinamiche. Il problema teorico fondamentale, che per primo s'incontra in questo studio, è questo: « la premessa economica generale, da cui si può costruire la economia pura statica e la teoria dell'equilibrio generale, è sufficiente a farci progredire nello studio, anche solo sintetico e generale, della dinamica economica »? Non è sufficiente ove non si abbia per punto di partenza il gruppo di cause

extraeconomiche che determina i fenomeni dinamici che vogliamo studiare.

In altri termini la premessa economica non può spiegare da sola un fenomeno dinamico, perchè essa, di per sè stessa, conduce il sistema economico all'equi-librio, che deve essere alterato da condizioni estranee alla premessa, perchè il sistema si muova e dalle nuove situazioni possano dedursi movimenti o ten-denze di carattere puramente economico. Dimodoché la teoria di un fenomeno economico dinamico, spesso consiste nella ricerca di proprietà o caratteri extra-economici che si combinano nel fenomeno concreto assieme al puro criterio economico e danno certe uniformità e caratteristiche ai movimenti della vita economica storica. Un esempio cospicuo ne è la teoria cosidetta delle crisi, o dei cicli economici, diretta a descrivere e studiare una parte dei movi-menti continui dell'aggregato economico che furono indicati col nome di crisi avendo inizialmente richiamato l'attenzione pei fenomeni anormali verificantisi in certi loro stadi, mentre più appropriatamente si dà ora loro il nome di

cicli, considerandoli una successione continua di movimenti in sensi diversi

ma non tra loro indipendenti. Oramai innumerevoli sono le teorie create per inter-pretarli e spiegarli; ma un elemento comune da quasi tutte emerge: che i fenomeni economici così indicati sono caratterizzati dal venir meno del puro

carattere economico nelle azioni economiche degli individui che vi dànno

luogo: da una incorrispondenza tra scopi economici soggettivi di molti gruppi di individui, che magari di periodo in periodo variano (prestatori e

prestatati di capitali disponibili ed intermediari-banchieri; imprenditori pro-duttori di beni strumentali più o meno distanti dal consumo, speculatori, ecc.), ma ehe si accerta con assoluta uniformità nelle diverse fasi delle cosidette crisi. I « b u s i n e s s e y e l e s » d e l M i t c h e l l . Nella recente letteratura sui cicli economici una poderosa monografia è dovuta a W B S L S Y C u r a M I T C H E L L : Business Cycles pubblicata nelle

« Memoirs of the University of California » (Berkeley, University of

Cali-fornia Press, 1913, pp. 610, in-4°). Il lavoro è nello stesso tempo una accu-ratissima descrizione statistica di un certo periodo di business cycles (1890-1911) — forse la più minuta ed accurata che finora si abbia — ed un tentativo di sintesi teorica del ritmo di questi cicli, cioè di formulazione generale della teoria che ne dà le leggi e, sino ad un certe puuto, la spiegazione. Per il M. ha giustamente massima importanza, per raggiungere risultati sensibili nello studio dei cicli economici, una massima cura nel misurare e descrivere i fenomeni da essi presentati. È infatti l'imprecisione, o meglio, l'insufficienza delle descrizioni statistiche, che ha consentito e spiega teorie delle crisi in parte cosi diverse le une dalle altre: una rappresentazione approssimativa-mente completa dei movimenti dei vari gruppi di dati economici, le cui variazioni maggiormente caratterizzano i vari periodi ciclici, anche pei soli ultimi 50 anni, eliminerebbe almeno parte delle teorie più estravaganti che furano emesse ed avvicinerebbe molto ad una teoria più rigorosa e generale. Ma non si deve cader nell'eccesso opposto in cui sembra nella 3a parte del lavoro cadere il M., affermando che non si può fare una teoria generale dei

business cycles applicabile a tutti, ciascuno avendo cause e condizioni proprie

e specifiche, che questa più accurata e vasta rilevazione statistica rivela. Nella sua struttura generale, l'importante lavoro del Mitchell è diviso in tre parti: la prima riassume le principali teorie oggi correnti a rappresentare e spiegare le crisi e rileva nell'economia industriale e commerciale contem-poranea le caratteristiche e condizioni più rilevanti che possono concorrere a spiegare o comunque particolarmente interessano nello studio dei cicli eco-nomici (tipo generale dell'impresa e funzione dell'imprenditore, sistema dei prezzi e relazioni d'interdipendenza tra i prezzi dei beni di consumo, beni strumentali, servizi personali; funzioni direttive nella vita industriale dei tecnici, degli imprenditori, dei prestatori di capitali, del governo; differenze tra i caratteri dei diversi aggregati economici nazionali). Infine vi espone gli annali economici del periodo che va dal 1873 al 1911, più particolareggiata-mente dal 1890, e per gli Stati Uniti, dando una descrizione generale del movimento della vita economica, specie del mercato finanziario e monetario dei principali Stati. In questa parte il M. espone pure i criteri metodologici di scelta dei gruppi di dati, le cui variazioni devono esser rilevate nello studio delle crisi, e quelli a cui si limitano i direttori empirici dei periodici finan-ziari e commerciali, da cui l'A. ha dovuto trarre, almeno notevole parte del suo materiale.

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La feconda parte, che si estende per oltre 350 pagine in-4°, e che, secondo la mia modesta opinione almeno, costituisce la parte più caratteristica, importante ed il contributo più uuovo e cospicuo del lavoro al problema considerato, dà la descrizione statistica dei movimenti annuali e in parte mensili, dei principali gruppi di business, cioè dei fattori che possono rappre-sentare l'andamento degli affari delle economie degli Stati Uniti, Inghilterra, Franeia e Germania dal 1890 al 1911. Naturalmente la ricchezza ed il valere indiziario delle diverse serie di dati son spesso diversi a seconda dei fenomeni seguiti; ma il M. ha cercato renderli quanto accurati e vasti poteva. Per darne un'idea accenno i principali gruppi analizzati: I) prezzi delle merci (prezzi dei beni di consumo al dettaglio ed all'ingrosso; prezzi dei beni di pro-duzione; delle materie prime e dei prodotti manifatturati ; dispersione dei movimenti dei prezzi; movimenti sintetici degli index numbers); II) movi-mento dei salari; III) movimovi-mento dei saggi dell'interesse sulle obbligazioni industriali, sulla carta a breve termine, sui titoli pubblici; IV) corsi delle azioni industriali (common e preferred stocks); V) movimento degli affari: movimento della popolazione; dei beni prodotti: del commercio interno ed internazionale; dei beni consumati; disoccupazione; VI) moneta: produzione dell'oro; quantità di moneta aurea, d'argento, di carta, circolante; distribu-zione dello stock monetario tra le banche, il pubblico, il tesoro; velocità dei depositi a check, velocità della circolazione; VII) movimento bancario ;

clearing-houses, National Banks degli Stati Uniti, Joint-Stock Banks inglesi, istituti

d'emissione in Francia, Inghilterra e Germania; VIII) risparmi: investimenti capitalistici (acquisti di bonds e stocks; costituzione di nuove società); risparmi ed investimenti fatti dalle imprese societarie fuor dei dividendi distribuiti; investimenti in costruzioni ferroviarie ed edilizie; IX) profitti: delle compagnie ferroviarie americane; delle National Banks americane; delle società germaniche; fallimenti. Il quadro è vasto, e tuttavia quest'arida enumerazione di titoli non dà affatto un'idea adeguata dell'analisi statistica che li svolge, e la cui importanza è costituita, oltreché dalla ricchezza dei dati, dalla larga loro utilizzazione con esposizione di serie percentuali, pro-porzionali, diagrammi sintetici, ecc. Ad ogni modo il lettore può facilmente avvertire come le analisi di parecchi dei gruppi accennati, se non nuove del tutto nelle statistiche dei cicli economici, sian qui fatte con un'ampiezza e ricchezza di dati che non avevano certo anoora raggiunto: basterebbe accen-nare ai saggi d'interesse, di capitalizzazione di azioni ed obbligazioni, profitti industriali, modi d'investimento degli utili non distribuiti, ecc.

La terza parte del lavoro è costituita dalla ricostruzione sintetica che l'A. fa del ritmo degli affari, tenendo conto dei dati raccolti ed esponendone anehe dei nuovi: quale, nelle sue linee sintetiche, il movimento della vita economica, specie del mercato industriale-finanziario, emerge, almeno dai caratteri e dai dati dei cicli svoltisi dal 1890 al 1911; come, quindi, può ricostruirsene una teoria generale delle crisi.

Vediamo la sintesi di questa teoria delineata dal Mitchell sulla base di si poderosa documentazione statistica. I cicli degli affari non possono

conside-rarsi separatamente gli nni dagli altri: l'uno s'incollana nell'altre, una fase iniziale nasce dalla precedente fase liquidatrice. La lenta rinascita della fase di ripresa si prepara dai fenomeni del periodo di depressione: bassi prezzi, radicali riduzioni nei costi degli affari da farsi, limitati margini di profìtto, larghe riserre bancarie, politica restrittiva nella capitalizzazione delle imprese e nel conceder credito, moderati stocks di prodotti, cautela negli acquisti. In queste condizioni certi gruppi di imprenditori — preesistenti o^nuovi — trovano convenienza ad aumentare i loro affari per la bassezza dei costi: il movimento s'inizia in limitati gruppi; ma l'incremento delle loro domande estende a poco a poco l'aumento ai rami fornitori e connessi, al mercato del lavoro e dei capitali disponibili in generale. Quando la ripresa s'inizia, il livello dei prezzi era lentamente discendente: l'espansione nascente ferma il ribasso ed inizia un uuovo aumento. L'aumento di domande di materiali, macchine, ecc., da parte di certi gruppi, determina altri ad aumentare i prezzi offerti ai loro fornitori per assicurarsi la possibilità di soddisfare a lor volta le domande che prevedono crescenti. Volume fisico e prezzi dei prodotti si estendono cosi a gruppi sempre più vasti. 11 movimento però non è sin-crono. I prezzi al dettaglio aumentano più lentamente di quelli all'ingrosso; i prezzi dei consumi consuntivi più lentamente dei produttivi; i prezzi dei prodotti finiti più lentamente delle materie prime. Tra queste, i prezzi dei prodotti minerari riflettono la variazione delle condizioni degli affari più approssimativamente dei prezzi dei prodotti animali, agricoli, forestali. I salari qualche volta aumentano rapidamente, ma sempre in ritardo sui prezzi delle merci all'ingrosso: i saggi di sconto aumentano talora più lentamente, talora più rapidamente dei prezzi delle merci; i saggi d'interesse (luiga scadenza) si muovono sempre in ritardo nei primi periodi della ripresa, mentre i corsi delle azioni (stocks, specialmente dei common stocks) precedono ed oltre-passano l'aumento dei prezzi delle merci. Cause di queste diversità sono in parte le difiérenze di organizzazione tra i diversi mercati delle merci, lavoro, capitali, titoli, nelle circostanze tecniche che caratterizzano le condizioni di domanda ed offerta di ciascun gruppo, nel diverso adattamento dei prezzi di vendita alle variazioni nei prezzi d'acquisto. Queste diversità consentono la realizzazione di larghi profitti: i quali s'aggiungono ai precedenti fenomeni nell'alimentare gli investimenti capitalistici nelle industrie e nei valori indu-striali; ed estendere a nuovi gruppi il tono d'ottimismo e la corsa all'aumento esagerato. Ma intanto si preparano le condizioni dello scoppio critico sopratutto per I) il crescente aumento dei costi unitari di produzione e l'oltrepassare dei punti in cui i rendimenti industriali sono crescenti, per il créscere dei prezzi delle materie prime, dei salari, l'occupazione di lavoratori e tecnici meno skilled; II) la crescente insufficienza di fronte alle domande, dei capitali liberi. La tensione del mercato dei capitali a breve e media scadenza, lo rialzo dello sconto e interesse sono sfavorevoli al proseguire della fase di prosperità, perchè riducono i margini prospettivi di profitto e rallentano l'espansione del volume degli affari. I gruppi che particolarmente soffrono da questi primi ostacoli e rallentamenti sono quelli produttori dei fattori impiegati nelle

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imprese industriali (metallurgico-meccanici, edilizie, ecc.). L'unica possibilità di evitare le restrizioni nell'impiego starebbe nell'ulteriore aumento dei prezzi dei prodotti ; ma questo ha limiti non superabili : ed il buon successo con cui certi gruppi riescono a rialzare ancora i prezzi aggrava le condizioni di quelli che cominciano a star peggio. Il periodo di prosperità ha toccato o sta per toccare cosi i suoi culmini: molte imprese guadagnano ancora più che allo inizio del periodo di prosperità, ma un'importante minoranza vede già declinare i profitti. E questo allarma creditori e prestatori. Di qui incomincia e rapi-damente si estende il processo di liquidazione, in parte perchè le imprese son chiamate a restituire i loro debiti, e obbligate a premere sui loro debitori, in parte perchè le notizie di queste strettezze cominciano a diffondersi e provocare panico. In questo stadio il problema più preoccupante per gli imprenditori è di mantenersi solvibili, far fronte ai loro debiti: la quantità delle nuove ordinazioni diminuisce rapidamente. In certi casi questo allarme degenera in panico: quando dalla restrizione del credito e da qualche fallimento si dif-fonde un'irragionevole ansia che fa premere cuormi domande per prestiti ed enormi domande di restituzione dei depositi alle banche, rifiutare il credito ad imprese che lo meriterebbero, talora rifiutare il rimborso dei depositi.

La differente intensità con cui il fenomeno s'è verificato negli Stati Uniti in confronto della Francia. Germania. Inghilterra, sta nella diversa organiz-zazione del credito e delle banche, più accentrata e consentente una maggior utilizzazione delle riserve, nelle economie europee.

La chiusura dello stadio di panico è iu genere seguita dalla riapertura di numerose imprese che durante esso s'eran chiuse: ma è una ripresa momen-tanea, dovuta al terminar d'ordinazioni ricevute prima del panico e che non si rinnovano. Segue quindi il periodo di generale depressione che diventa fino ad un certo punto sempre più grave. Declinano le domande dei consumatori per la diminuzione dei salari, l'esaurirsi dei risparmi precedenti, le riduzioni di altre elassi di redditi: e. in corrispondenza, si riducono le domande di materiali, macchine, edifiz! delle imprese produttive. Cadono i prezzi dei prodotti prima in certi gruppi: più rapidamente quelli all'ingrosso che al dettaglio, i prezzi delle materie prime che dei prodotti manifatturati. dei prodotti minerari che degli agricoli ed animali.

Il saggio d'interesse diminuisce, ma meno che proporzionalmente al ribasso dei prezzi: più rapidamente declinano i saggi di sconto ed i corsi degli stoclcs: i soli corsi dei migliori titoli a reddito fisso aumentano.

Questi ribassi riducono i margini dei profitti attuali e prospettivi, diffondono lo scoraggiamento tra gli uomini d'affari, fermano imprese. Ma in questi fenomeni, più o meno diffusi ed aggravati, stanno le condizioni e le ragioni della nuova rinascenza.