• Non ci sono risultati.

2.3. Decisioni ad effetto preclusivo: irrevocabilità ed inoppugnabilità

2.3.1 Il giudicato allo stato degli atti: la sentenza di non luogo a procedere

Nonostante parte della dottrina consideri la sentenza di non luogo a procedere provvedimento capace di generare cosa giudicata, anche se in un’accezione attenuata159, tale posizione suscita qualche perplessità.

È infatti evidente che tale tipologia di provvedimenti non sia provvista dell’attributo della irrevocabilità, ma nonostante ciò, è indubbio che le sentenze di non luogo a procedere abbiano una limitata efficacia preclusiva, quantomeno allo stato degli atti, e superabile attraverso la revoca.

Ciò discende dal fatto che le sentenze di non luogo a procedere sono revocabili senza limiti temporali alle condizioni previste dagli art. 434 e 437 c.p.p., a condizione che vi sia un mutamento del quadro probatorio che appaia idoneo a determinare il rinvio a giudizio. È infatti sempre possibile, per il pubblico ministero, presentare una richiesta di revoca al giudice per le indagini preliminari, nel caso in cui siano sopravvenute o siano state scoperte “casualmente” nuove fonti di prova che da sole o unitamente a quelle già acquisite possono determinare il rinvio a giudizio.

Ratio sottesa alla tipologia di pronuncia in questione non è tanto quella di garantire l’intangibilità del risultato processuale raggiunto, il quale ha valore allo “stato degli atti”, quanto piuttosto quello di determinare un momento in seguito al quale venga precluso lo svolgimento di ulteriori attività investigative finalizzate al precipuo scopo di verificare ed integrare gli elementi già emersi al fine di ottenere il rinvio a giudizio del prosciolto.160

Si scorge quindi chiaramente il legame con il principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale, non tanto strettamente inteso, ma nella sua efficacia a ritroso, «coprendo anche lo svolgimento dell’attività di indagine, che il pubblico ministero è tenuto ad iniziare e a condurre in maniera esauriente per ogni

159 Cfr., S.RUGGERI, Giudicato penale ed accertamenti non definitivi, Giuffrè, 2004, p. 438

160 Si veda, Cass. Pen. Sez. Un., 9 marzo 2000, n.8, Romeo

notizia di reato pervenuta»161, discendendo dalla doverosità di completezza la necessità di predisporre un controllo giurisdizionale sulla carenza o insufficienza di elementi probatori, scongiurando l’instaurazione di un processo che appaia palesemente superfluo, ed anche pregiudizievole per l’imputato.

Ed è infatti al termine delle indagini preliminari che il principio di obbligatorietà dell’azione penale assume una valenza concreta, compendiandosi nel controllo del giudice sulla non infondatezza della notizia di reato, e sulla conseguente sussistenza, in capo al p.m., del dovere di agire162.

In tal caso si può notare che il mancato conferimento dell’attributo dell’irrevocabilità pienamente inteso alle sentenze di non luogo a procedere discenda dalla particolare fisionomia dell’accertamento gnoseologico su cui si fonda e dello «scopo cui mira l’accertamento che si svolge nella sede preliminare»173.

La sentenza emessa in udienza preliminare è infatti esempio paradigmatico di giudicato allo stato degli atti, essendo facilmente suscettibile di evoluzione il materiale cognitivo su cui si basa. Evoluzione che può essere sia di tipo quantitativo, caratteristica che, pur essendo comune anche alle sentenze emanate in seguito a giudizio, in tal caso emerge con maggior vigore, ma soprattutto sotto il profilo qualitativo, «essendo il proscioglimento preliminare basato per lo più su un accertamento che non affonda le proprie radici nelle garanzie del contraddittorio dibattimentale»174.

A deporre nel senso dell’impossibilità di qualificare le sentenze di non luogo a procedere come provvedimenti irrevocabili contribuisce anche il dettato codicistico che, oltre a parlare esclusivamente di «sentenze pronunciate in giudizio» quali provvedimenti suscettibili di divenire irrevocabili, all’art. 650 c.p.p. attribuisce espressamente forza esecutiva alle sentenze di non luogo a procedere una volta che non siano più soggette a impugnazione, sottolineando la

161 Così, G.ILLUMINATI, Costituzione e processo penale, Giur. It., 2008, 2, Cedam

162 Ibid.

173 E.M.MANCUSO, op.cit., p 163

174 Ibid. p.365

differenza rispetto a sentenze e decreti penali di cui si occupa nel 1° comma.

Inoltre, pur potendo essere considerata una scelta sotto certi aspetti discutibile, il legislatore prevede che, nel caso in cui si verifichi un conflitto pratico di giudicati tra una sentenza di non luogo a procedere ed una sentenza o decreto penale di condanna, sia sempre la prima ad essere revocata (art. 669 c. 9° c.p.p.).

Si è parlato di scelta discutibile poiché, in genere, nel determinare quale sia il provvedimento destinato a prevalere ci si basa sul principio del favor rei, ed in seconda battuta sul dato temporale. In tal caso nessuno dei due viene a rilevare, essendo destinata a caducazione la sentenza più favorevole anche se emanata per prima. Da ciò si può semplicemente dedurre tra le righe il riconoscimento da parte del legislatore della minore resistenza propria delle sentenze di non luogo a procedere, non solo poiché passibili di revoca, ma anche perché portatrici di un accertamento basato su un impianto indiziario ancora suscettibile d’evoluzione.

Nonostante ciò, a rendere la netta gerarchia delineata dall’art. 669 c° 9 c.p.p.

sicuramente passibile di critica è il fatto che non viene fatta alcuna menzione in merito alla verifica della sussistenza del presupposto legale che consente di superare la preclusione derivante dalla sentenza di non luogo a procedere, in particolare il sopravvenire o l’emergere di nuove fonti di prova, e che queste ultime siano state valutate da parte del secondo giudice.

Si può sostenere che tale netta differenziazione sia frutto di una «cautela eccessiva del legislatore»175, essendo configurabile, anche nel caso delle sentenze di non luogo a procedere un effetto preclusivo analogo a quello prodotto da altre tipologie di sentenze, determinando anch’esse la stabilità dell’accertamento compiuto, il quale può essere eccezionalmente rimesso in discussione nel caso in cui mutino i materiali probatori posti a fondamento della sentenza di non luogo a procedere.

Si possono anche verificare situazioni in cui la sentenza di non luogo a procedere acquisti un’efficacia tale da non poter più essere rimessa in discussione, acquistando una piena irrevocabilità. Ci si riferisce appunto al caso in cui con la

175 In particolare D.VICOLI, Procedura penale dell’esecuzione, p. 81

sentenza di non luogo a procedere si riconosce l’intervenuta prescrizione del reato, non essendo in tal caso «neppure ipotizzabile la sopravvenienza dei presupposti per la revoca»176, a meno che non si verifichino inaccettabili stravolgimenti dell’istituto della prescrizione, che negli ultimi anni hanno ha rappresentato una sorta di banco di prova per la tenuta dei principi costituzionali del sistema.

I giudici, sia di merito, che della Consulta, hanno infatti ricompreso le sentenze di non luogo a procedere tra i provvedimenti idonei a far scattare la preclusione sancita dal principio del ne bis in idem, inteso come principio ispiratore dell’ordinamento, pur se, come abbiamo visto, rimane una preclusione meno stringente rispetto a quella conseguente alle sentenze emanate dopo il dibattimento.