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Gli ANCA e le sottoclassi immunoglobuliniche

1.4 Le vasculiti ANCA-associate

1.4.8 Gli ANCA e le sottoclassi immunoglobuliniche

Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili sono immunoglobuline prevalentemente di isotipo IgG, anche se in alcuni studi sono stati identificati ANCA di classe IgA ed IgM. L’aver osservato che gli ANCA possono appartenere anche a classi anticorpali diverse dalle IgG, fa porre l’attenzione sulla porzione Fc della catena pesante della molecola immunoglobulinica che media la maggior parte delle sue funzioni biologiche. I geni che codificano per la catena pesante delle immunoglobuline umane si trovano sul cromosoma 14, dove i geni sono disposti come segue: IgM, IgD, IgG3, IgG1, IgA1, IgG2, IgG4, IgE, IgA2. Quale di queste catene verrà prodotta in risposta a determinati antigeni dipende da come e da dove l’antigene è esposto al sistema immunitario e dalla composizione chimica dell’antigene, secondo un processo regolato da diverse citochine[83].

34 E’ stato osservato inoltre che ANCA IgM isolati si trovano in pazienti con emorragia polmonare severa e nefrite, mentre gli ANCA IgA, insieme agli ANCA-IgG sono comuni nella porpora di Henoch-Schonlein[82].

Le immunoglobuline G umane sono costituite da quattro sottoclassi diverse che differiscono fra di loro per le proprietà biologiche, la capacità di attivare il complemento, l’abilità nel legare il frammento Fc del recettore monocito- macrofagico e per la lisi cellulare mediata dal complemento[83].

IgG1 è la classe predominante. È diretta contro le proteine ed è importante nelle infezioni batteriche e nell’attivazione del complemento. Lega il recettore Fc costitutivamente espresso dei neutrofili (FcR) ma anche CD16, CD32 e CD64 a seguito dell’attivazione dei neutrofili.

IgG2 è diretto contro i polisaccaridi e lega attraverso CD32.

IgG3 è l’immunoglobulina con il peso molecolare maggiore e si distingue per la sua lunga regione cerniera che consente la flessibilità della molecola. E’ diretta contro le proteine ed è importante nell’attivazione del complemento. Può inoltre legarsi a CD16,CD32 e CD64. Proprio a causa della loro capacità di legare il complemento, IgG1 e IgG3 sono le due sottoclassi maggiormente coinvolte nei processi infiammatori.

Infine, IgG4 è la sottoclasse meno rappresentata nel siero. Si ritiene che sia in grado di legarsi ai neutrofili esclusivamente attraverso il legame a CD64, anche se alcuni risultati sembrano suggerire che leghi anche i recettori costitutivamente espressi[84]. Di solito interviene nella risposta anticorpale tardiva nei confronti di alti livelli di antigeni ed era considerato come un marker di esposizione cronica all’antigene. Gli anticorpi di sottoclasse IgG4 sono strettamente associati ad eosinofilia, aumento dei livelli di IgE e ipersensibilità (tutte condizioni frequentemente riscontrate in alcune forme di vasculiti).

35 Non è ancora del tutto chiaro quale sia in realtà la sottoclasse di IgG ANCA predominante nelle vasculiti o quella a maggiore attività patogenetica.

In passato, si riteneva che le IgG3 svolgessero un ruolo cruciale in questo senso, ma secondo i più recenti studi sono le IgG1 e le IgG4 le immunoglobuline predominanti.

IgG3, tuttavia, predomina nelle vasculiti ad esclusivo interessamento renale. Nonostante i titoli di anti-MPO IgG totali diminuiscano nella fase di remissione, sembra che le sottoclassi IgG1 e IgG4 continuino ad essere positivi nella remissione[85,86].

Esnault et al. hanno ipotizzato che una significativa percentuale di IgG3, proprio a causa della loro più alta affinità, potrebbe trovarsi a livello tissutale e che pertanto non venga identificata nel siero e che i pazienti con sintomi preceduti da brevi prodromi, senza evidenza di una precedente esacerbazione di malattia vasculitica, abbiano un titolo di IgG3 relativamente elevato grazie alla breve emivita (di circa 8 giorni) di questa sottoclasse[83].

Se nella fase acuta sono le IgG3 a predominare nel siero, in fase di remissione sono più alti i titoli delle IgG2.

In alcuni studi è stato osservato una variazione delle sottoclassi nel tempo. Vasculiti che al momento della presentazione si caratterizzavano per un’elevata incidenza di IgG1 e IgG3 presentavano dopo qualche tempo uno switch da IgG3 a IgG2.

L’evoluzione temporale nella produzione delle varie sottoclassi di anticorpi sono state documentate solo raramente in malattie autoimmunitarie umane e di conseguenza non è mai stata data molta importanza alle implicazioni che ciò potrebbe avere nella attività di malattia. Tuttavia, nonostante studi sequenziali di anticorpi anti-DNA nel LES abbiano dimostrato che la distribuzione di sottoclassi per un particolare paziente rimane costante, altri studi hanno riportato una associazione fra IgG3 anti-DNA e l’attività di malattia per la glomerulonefrite nel LES.

36 Jayne et al. hanno trovato nei loro studi che i livelli degli ANCA riflettono l’attività di malattia nelle fasi iniziali del trattamento nelle vasculiti, così lo sviluppo di una risposta IgG2 nella fase di remissione potrebbe spiegare la dissociazione che insorge in alcuni pazienti fra i livelli di ANCA e la remissione. Le IgG2 sono meno capaci di fissare il complemento rispetto alle IgG1 e IgG3 e di conseguenza anche il potenziale di liberare mediatori infiammatori è diminuito[82].

L’importanza di ritrovare l’una o l’altra sottoclasse di autoanticorpi nel siero di pazienti affetti da patologie autoimmuni risiede proprio nella loro patogenicità.

Nel Lupus eritematoso sistemico gli anticorpi di sottoclasse IgG1 e IgG3 diretti contro il DNA a doppia elica (dsDNA) si associano a depositi di immunoglobuline nel rene, mentre IgG1 e IgG2 circolanti contro dsDNA predominano nella forma caratterizzata dal coinvolgimento cutaneo e artralgie.

Nell’artrite reumatoide (AR), la vasculite è una tipica manifestazioni extra- articolare di malattia e, vista la nota associazione clinica di queste due condizioni, gli ANCA sono stati ricercati anche nel siero di questi pazienti. Tuttavia, il loro significato clinico rimane dubbio.

Uno studio riporta che il 90% dei sieri di pazienti con vasculite conteneva anticorpi ANTI-MPO IgG4 contro il 18% trovato nei pazienti con AR in cui, invece, predominavano gli anticorpi di sottoclasse IgG1 e IgG3.

La relativa mancanza di anticorpi IgG4 anti-MPO nei pazienti con artrite reumatoide rispetto a quelli con vasculite potrebbe riflettere differenze nella lunghezza di esposizione allo stimolo antigenico e all’equilibrio fra i fattori di regolazione delle cellule T nel sito di stimolazione antigenica.

La stretta associazione fra la vasculite sistemica e le infezioni ha suggerito che lo sviluppo degli ANCA in questa condizione potrebbe risultare dalla cross-reazione con organismi infettanti. Il sito più probabile di infezione, e di

37 inizio della risposta anticorpale, è il tratto respiratorio. Nell’artrite reumatoide, la comparsa degli anticorpi anti-MPO e gli anticorpi contro altri enzimi dei neutrofili potrebbe essere la conseguenza della distruzione dei neutrofili all’interno delle articolazioni (sito principale di malattia) probabilmente a causa della presenza di un aumento dei linfociti e di traffico cellulare accessorio[86].

Anche l’avidità è uno dei principali determinanti di attività biologica di un anticorpo. Tuttavia, il ruolo dell’avidità nella funzione degli autoanticorpi non è compreso chiaramente ed è tutt’ora non chiaro se sia associato o meno a patogenicità. Potrebbe essere importante studiare l’avidità degli ANCA viste le osservazioni sempre maggiori che supportano l’importanza patogenetica degli ANCA nell’attivazione dei neutrofili. Secondo lo studio di Kokolina, non è stata trovata nessuna correlazione fra l’avidità degli anticorpi anti-MPO IgG e il pattern di malattia (numero di organi coinvolti, presenza di insufficienza renale o emorragia alveolare) in 28 pazienti con ANCA anti- MPO IgG circolanti e glomerulonefrite necrosante dimostrata all’istologia. Negli studi che valutano la patogenicità degli ANCA nelle vasculiti è fondamentale una misura sensibile e specifica dell’attività di malattia, differenziandola dagli effetti della disfunzione da danno cronico e da infezione. L’indice BVAS è stato messo a punto proprio nel tentativo di misurare sia l’attività di malattia che l’outcome dei pazienti con vasculite sistemica necrotizzante. È stato dimostrato che il BVAS permette una determinazione precisa della attività di malattia nelle vasculiti primarie[83] ed è quindi lo strumento più usato per le correlazioni clinico-sierologiche e per le decisioni terapeutiche nelle vasculiti.

Un altro potenziale meccanismo di danno da ANCA-MPO, oltre all’attivazione dei neutrofili, è la modulazione dell’attività della mieloperossidasi. Come enzima, MPO contribuisce alla capacità battericida dei neutrofili e monociti. La sua principale funzione, infatti, è di convertire il

38 cloruro (Cl) in acido ipocloroso (HClO). Nonostante quanto appena detto suggerisca una azione dannosa di MPO, è stato osservato che l’inibizione dell’attività ossidativa da parte degli ANCA-MPO non è risultata in grado di proteggere dall’insorgenza del danno.

Questo risultato è simile allo studio condotto su GPA dove gli anticorpi anti- PR3 inibitori dell’attività enzimatica sono stati ritrovati più frequentemente nella malattia attiva che durante la remissione[87].

La relazione fra ANCA e attività di malattia è dimostrata dal fatto che i pazienti con malattia inattiva sono spesso positivi per una sola sottoclasse immunoglobulinica, mentre in quelli con malattia attiva si ha positività per due o più sottoclassi.

Nei pazienti con MPA, è stato osservato che le IgG3 anti-MPO hanno una affinità maggiore per gli MPO rispetto alle altre sottoclassi IgG. Nonostante gli ANCA siano presenti in maniera predominante nelle sottoclassi IgG1 e IgG4, durante la fase di riattivazione della malattia si ritrovano soprattutto nelle IgG3. Gli ANCA-IgG3 infatti sembrano essere molto più importanti delle altre sottoclassi ANCA dal punto di vista patogenetico, e la misurazione selettiva di ANCA-IgG3 potrebbe di conseguenza indicare con maggiore accuratezza la ripresa di malattia. Nella malattia attiva sono stati riscontrati infatti livelli più alti di IgG3 nel siero rispetto alla fase di remissione, d ove la loro concentrazione diminuisce o addirittura scompare del tutto.

Questa osservazione è molto interessante perché l’avere un parametro in grado di predire con buona precisione l’insorgenza di riacutizzazione di malattia, permetterebbe di guidare la terapia immunosoppressiva nelle vasculiti ANCA-associate. Queste patologie, infatti, prevedono lunghi trattamenti con farmaci immunosoppressori gravati spesso da importanti effetti collaterali.

Il poter disporre di parametri affidabili permetterebbe di aumentare le dosi del trattamento solamente per il tempo necessario al trattamento della recidiva

39 mentre, all’infuori di essa, il dosaggio farmacologico verrebbe mantenuto al minimo indispensabile per una terapia di mantenimento (che prevede tipicamente la somministrazione di basse dosi di farmaci immunosoppressori al fine di evitare gli eventi avversi di questi farmaci)

Tuttavia, i vari studi condotti al riguardo non hanno permesso di trovare una correlazione precisa fra i livelli sierici di ANCA e la loro cap acità di predire l’imminente recidiva, e i dati sul ruolo patogeno delle IgG3 non sono confermati da tutti gli studi. Per questo motivo, l’iniziale ipotesi secondo cui misurazioni seriali degli ANCA nelle AAV potessero essere l’elemento fondamentale nel monitoraggio della malattia, e nella conseguente scelta terapeutica, è stata abbandonata. Ne consegue che, soprattutto per quanta riguarda la scelta terapeutica, i valori sierici di ANCA devono sempre essere contestualizzati nell’ambito delle informazioni cliniche[88]

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