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Sottoclassi degli anticorpi IgG anti-mieloperossidasi nelle vasculiti ANCA-associate

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

“Sottoclassi degli anticorpi IgG anti-mieloperossidasi nelle

vasculiti ANCA-associate”

Relatore:

Prof.ssa Paola Migliorini

Candidato: Lucia Rigati

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2

Indice

ABSTRACT………...4 Capitolo 1………...7 Le vasculiti ANCA-associate……….7 1.1 Introduzione………7

1.2 Aspetti generali delle vasculiti sistemiche……….8

1.3 Classificazione………..10

1.4 Le vasculiti ANCA-associate………...14

1.4.1 Epidemiologia………...15

1.4.2 Gli ANCA……….18

1.4.3 Metodi di misurazione degli ANCA……….20

1.4.4 Produzione degli ANCA………...21

1.4.5 Patogenicità degli ANCA……….23

1.4.6 Patogenesi……….25

1.4.7 Produzione degli ANCA-MPO……….27

1.4.8 Gli ANCA e le sottoclassi immunoglobuliniche…………..32

1.5 La granulomatosi con poliangite (GPA)………...39

1.5.1 Definizione………...39

1.5.2 Caratteristiche cliniche……….40

1.5.3 Sierologia………..42

1.5.4 Imaging……….43

1.5.5 Anatomia Patologica……….43

1.6 Granulomatosi eosinofilica con poliangite (EGPA)……….44

1.6.1 Definizione………...44

1.6.2 Caratteristiche cliniche……….45

1.6.3 Sierologia………..49

1.6.4 Imaging……….49

1.6.5 Anatomia Patologica……….49

1.7 Poliangite microscopica (MPA)………..50

1.7.1 Definizione………...50

1.7.2 Caratteristiche cliniche……….51

(3)

3

1.7.4 Anatomia Patologica……….54

1.8 Valutazione dell’attività di malattia……….55

1.9 Terapia………..56

1.9.1 Induzione di remissione………56

1.9.2 Mantenimento………...57

1.9.3 Nuovi target terapeutici nelle AAV………..58

1.9.3.1 Nuovi farmaci diretti contro le cellule B………58

1.9.3.2 Nuovi farmaci diretti contro le cellule T……….59

1.9.3.3 Nuovi farmaci diretti contro le citochine………59

1.9.3.4 Nuovi farmaci diretti contro il complemento…..60

1.9.3.5 Nuovi farmaci diretti contro fattori umorali…...61

Capitolo 2……….62

Scopo della tesi………62

Capitolo 3……….63 Pazienti e metodi………..63 3.1. Pazienti………63 3.2. Metodi………..64 Capitolo 4……….66 Risultati ………...66 Capitolo 5……….77 Discussione………...77 BIBLIOGRAFIA………..80 RINGRAZIAMENTI………...87

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4

ABSTRACT

Le vasculiti ANCA-associate sono un gruppo di malattie infiammatorie croniche ad eziologia autoimmune che colpiscono i vasi di medio e piccolo calibro, caratterizzate dalla presenza nel siero di anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA).

I principali antigeni contro cui questi anticorpi sono diretti sono gli enzimi mieloperossidasi (MPO) e proteinasi 3 (PR3).

Storicamente conosciute con il nome di poliangite microscopica (MPA), granulomatosi di Wegener (WG) e sindrome di Churg-Strauss (CSS), oggi, secondo la classificazione di Chapel-Hill, queste ultime due sono state rispettivamente rinominate granulomatosi con poliangite (GPA) e granulomatosi eosinofilica con poliangite (EGPA), mentre la poliangite microscopica ha mantenuto il suo nome originario.

Accanto a queste tre forme principali, che generalmente sono ad interessamento sistemico, se ne ritrovano altre caratterizzate invece

dall’interessamento di un solo organo, quale ad esempio il rene. Esistono, infine, forme di vasculiti ANCA-correlate secondarie ad altre patologie o all’assunzione di farmaci, come il propiltiouracile.

Istologicamente, le vasculiti ANCA-associate si caratterizzano per la presenza di infiammazione e necrosi a carico dei piccoli vasi (capillari, venule,

arteriole), soprattutto a livello renale e polmonare, che sono i due distretti principalmente coinvolti in queste patologie.

Aspetto comune a tutte queste forme, che permette fra l’altro di distinguerle dagli altri tipi di vasculite, è la presenza nel siero di anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili, rilevabili mediante tecnica ELISA.

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5 Questi anticorpi, utilizzati come biomarker di malattia, svolgono un ruolo patogenetico e si ritengono anche in grado di riflettere l’attività di malattia. Gli ANCA presentano un diverso pattern di localizzazione cellulare ,

identificabile con immunofluorescenza diretta, e un diverso antigene target. Si distinguono infatti gli ANCA a localizzazione perinucleare (p-ANCA) e

quelli a localizzazione citoplasmatica (c-ANCA) diretti rispettivamente contro la mieloperossidasi (MPO) e la proteinasi 3 (PR3), da cui il nome di ANCA-MPO e ANCA-PR3.

Gli ANCA-MPO si ritrovano soprattutto nella micropoliangite e in un 50% dei casi di eosinofilia granulomatosa con poliangite , mentre gli ANCA-PR3 sono più tipici della granulomatosi con poliangite.

Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili sono immunoglobuline

prevalentemente di isotipo IgG. Le immunoglobuline G umane sono costituite da quattro sottoclassi diverse che differiscono fra di loro per le proprietà biologiche, la capacità di attivare il complemento, l’abilità nel legare il frammento Fc del recettore monocito-macrofagico e la capacità di fissare il complemento.

Gli ANCA si ritrovano distribuiti in tutte e quattro queste sottoclassi. Non è ancora del tutto chiaro quale sia in realtà la sottoclasse di IgG ANCA predominante nelle vasculiti o quella a maggiore attività patogenetica.

Lo scopo di questa tesi è quello di chiarire se la determinazione delle diverse sottoclassi degli anticorpi IgG anti-mieloperossidasi possa contribuire a caratterizzare meglio l’interessamento d’organo e l’attività di malattia nelle vasculiti ANCA-associate.

MATERIALI E METODI: Abbiamo condotto uno studio retrospettivo su 38 sieri di 35 pazienti affetti da vasculite ANCA-associata. Di questi, 9 pazienti avevano granulomatosi eosinofilica con poliangite (EGPA), 10 granulomatosi

(6)

6 con poliangite (GPA) e 16 micropoliangite (MPA). I nostri pazienti erano positivi solamente agli ANCA-MPO. Il gruppo di controllo è rappresentato da 16 soggetti normali. Sono stati raccolti dati clinici contestuali alla data del prelievo di sangue periferico. E’ stata registrata la presenza e gravità dei vari impegni d’organo e la terapia eventualmente effettuata.

RISULTATI: I pazienti con EGPA tendono ad avere un numero di eosinofili più alto che non raggiunge però la significatività statistica. I pazienti con GPA hanno invece un filtrato glomerulare stimato (MDRD) significativamente più basso rispetto a quelli con MPA (p=0,048). Il titolo di anti-MPO IgG3 è significativamente aumentato nei pazienti con vasculite rispetto ai controlli sani (p= 0,0149). Dal confronto fra i 3 gruppi di pazienti emerge che i pazienti con EGPA presentano un titolo di anticorpi anti MPO IgG4 significativamente superiore rispetto a GPA (p=0,0187) e normali (p=

0,0205). Esiste poi una correlazione lineare significativa tra titolo di anticorpi anti-MPO IgG3 e anti-MPO IgG4. Il titolo di anti-MPO IgG4, a differenza delle altri sottoclassi e del titolo di anticorpi anti-MPO IgG totali, correla con il BVAS in modo significativo (p= 0,0027).

Questo risultato è confermato da un’ulteriore analisi. Definendo i pazienti con BVAS ≥8 come pazienti con malattia attiva, è possibile vedere come in questa popolazione il titolo degli anti-MPO IgG4 sia significativamente più alto (p= 0,0393). Non è stata trovata invece alcuna correlazione fra presenza e/o titolo di anti-MPO delle varie sottoclassi e tipo di organo colpito dalla vasculite. Abbiamo poi voluto valutare se una maggiore policlonalità della rispo sta anti-MPO, dimostrabile in base alla positività per anti-MPO di sottoclasse diversa, fosse associata ad una maggiore attività di malattia. Questa relazione è

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7 anti-MPO IgG3 correla in modo significativo con il numero di sottoclassi di anticorpo positive, mentre non accade per IgG1, IgG2 e IgG totali.

Dei tre pazienti di cui disponevamo determinazioni a distanza di anni, solo uno mostra variazioni marcate di IgG1 e IgG3 anti-MPO, che rispecchia l’andamento della malattia.

CONCLUSIONE: I dati ottenuti in questo lavoro di tesi confermano il ruolo degli anticorpi anti-MPO nelle vasculiti ANCA –associate e suggeriscono che le varie sottoclassi di IgG contribuiscano in modo differente alla malattia. La risposta anti-MPO nelle vasculiti è altamente policlonale e coinvolge tutte le sottoclassi, ma non in rapporto alla loro concentrazione sierica relativa. L’analisi delle sottoclassi di anti-MPO, messe in relazione con i dati clinici disponibili ed in particolare con la valutazione dell’attività di malattia, suggerisce che siano proprio gli anticorpi anti-MPO IgG4, e in misura

inferiore IgG3, ad avere il rapporto più stretto con la malattia in fase attiva. Il titolo di IgG4 anti-MPO è infatti correlato con il BVAS e i pazienti in fase di attività hanno livelli più elevati di IgG4 anti-MPO.

I nostri dati suggeriscono un coinvolgimento sia di Th1 che di Th2 nell’induzione di anticorpi anti-MPO nelle vasculiti. Ulteriori studi di correlazione clinico-sierologica sono necessari per stabilire se la

determinazione di anti-MPO delle varie sottoclassi possa contribuire ad un miglior inquadramento del paziente e alla definizione della terapia più appropriata.

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8

CAPITOLO 1

Le vasculiti ANCA-associate

1.1 Introduzione

Le vasculiti sistemiche sono un gruppo eterogeneo di patologie che possono manifestarsi sia in forma primaria, sia in forma secondaria ad altre patologie quali l’artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico[1]. Le vasculiti sono malattie piuttosto rare, con un’incidenza stimata tra i 10 e i 20 nuovi casi per milione di abitanti, ma di grande importanza nell’ambito delle malattie autoimmuni, soprattutto perché possono manifestarsi in maniera molto eterogenea rendendo difficile la diagnosi e ritardando di conseguenza sia il corretto inquadramento della patologia, che l’inizio del trattamento più appropriato. Inoltre, queste patologie si associano ad elevata mortalità e morbilità, ma fortunatamente la prognosi a lungo termine è molto migliorata nelle ultime decadi grazie soprattutto all’utilizzo di terapie immunosoppressive. Tuttavia, specie nel caso delle vasculiti associate agli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (le cosiddette vasculiti ANCA-associate), permane ancora oggi una mortalità precoce che varia dal 5 al 10%[2]. Il trattamento consiste solitamente nell’indurre remissione di malattia mediante un’intensa immunosoppressione a cui fa seguito una terapia di mantenimento a basse dosi. Questo tipo di trattamento ha permesso di modificare la storia naturale delle vasculiti sistemiche, trasformandole in patologie croniche, con una mortalità e

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9 morbidità che dopo 10 anni deve tener conto anche di un aumentato

rischio cardiovascolare.

Poiché questo gruppo di patologie è potenzialmente controllabile con gli strumenti terapeutici in nostro possesso, è fondamentale una diagnosi precoce, un attento monitoraggio e un trattamento tempestivo, soprattutto per salvaguardare il più possibile la funzionalità renale del paziente.

1.2 Aspetti generali delle vasculiti sistemiche

Come indica il nome, le vasculiti sono patologie infiammatorie a carico della parete dei vasi sanguigni. Questo processo infiammatorio determina un danno della parete vasale con insorgenza di necrosi fibrinoide, da cui il nome di “vasculite necrotizzante” che veniva spesso utilizzato in passato.

Le vasculiti possono avere un interessamento sistemico, come avviene più comunemente, o essere limitate ad un singolo organo (o letto vascolare).

L’infiammazione a livello vasale può portare alla formazione di aneurismi con conseguente rottura degli stessi, mentre lesioni segmentali che interessano l’intera circonferenza del vaso determinano stenosi o occlusione con infarto distale. Ne consegue che le conseguenze della vasculite dipendono dalla localizzazione della lesione, dall’ampiezza della stessa e dal numero di vasi sanguigni coinvolti.

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10 nel caso delle vasculiti dei piccoli vasi, l’organo che viene solitamente

interessato è la pelle, e questo causa conseguenze importanti soltanto qualora sia coinvolto un numero cospicuo di vasi, (andando a compromettere la perfusione del tessuto) o quando è associata un’intensa risposta infiammatoria; i casi più severi si verificano in presenza di interessamento polmonare o renale[2].

La terminologia utilizzata per le vasculiti è poco chiara e può essere fonte di fraintendimenti. Il termine “vasculite necrotizzante” riflette l’istologia, così come “vasculite leucocitoclastica”, che indica un processo patologico dove c’è stravaso di eritrociti e neutrofili nell’infiltrato infiammatorio perivasale.

La leucocitoclasi è più frequente nelle vasculiti dei piccoli vasi, ma può essere una caratteristica presente nelle vasculiti dei grandi vasi: per esempio, non è rara nelle pareti arteriose di pazienti con panarterite nodosa.

Altri termini che sono correntemente usati includono “vasculite primaria sistemica” e “vasculite ANCA-associata”. Il primo distingue tra vasculiti che esordiscono de novo e vasculiti che sono secondarie ad altre manifestazioni, come per esempio un’infezione virale (epatite B, C, etc), connettiviti , come artrite reumatoide o LES, o neoplasie.

Vasculite primaria sistemica è anche un termine spesso utilizzato per descrivere le patologie dei piccoli e medi vasi, escludendo per esempio vasculiti dei piccoli vasi come la porpora di Henoch-Schönlein, o arteriti dei grandi vasi come la malattia di Kawasaki e l’arterite a cellule giganti.

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11 allora, le nostre conoscenze riguardanti i processi immunologici alla

base delle vasculiti è notevolmente aumentata, e queste malattie sono entrate a far parte dello spettro delle patologie autoimmuni. Le sindromi cliniche più strettamente associate con la presenza di anticorpi anti citoplasma dei neutrofili sono la granulomatosi con poliangite (soprattutto legata ad anticorpi anti PR3), la micropoliangioite o poliangite microscopica (associata ad anticorpi anti mieloperossidasi o MPO) e la granulomatosi eosinofilica con poliangite, che tuttavia presenta positività verso gli ANCA (generalmente anti-MPO) solo in un 40 – 50 % dei casi. Alcuni autori sostengono che vi sia una netta differenza fenotipica tra il sottogruppo di pazienti affetti da Churg-Strauss ANCA positivi rispetto a quello senza ANCA[3,4,5].Questi autoanticorpi si riscontrano anche nei pazienti affetti da vasculite con limitato interessamento renale.

1.3 Classificazione

La classificazione delle vasculiti è stata materia controversa per molti anni, con criteri specifici introdotti solo di recente e una rivalutazione dei criteri CHCC tuttora in corso[6].

Nel 1866, Kussmaul e Maier fornirono la prima descrizione di “periarterite nodosa”: i due autori riportarono il caso di un paziente con una malattia sistemica, caratterizzata da numerosi noduli lungo il decorso di piccole arterie[7].

Dopo quella prima descrizione, le decadi successive videro l’accumularsi di una serie di segnalazioni di quella che gradualmente venne chiamata poliarterite nodosa, anche se una review degli articoli

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12 dell’epoca tratteggia un gruppo eterogeneo di sindromi cliniche e

patologiche che oggi sarebbero classificate diversamente: il termine veniva spesso usato, quindi, per descrivere praticamente ogni situazione nella quale una vasculite veniva osservata in una biopsia[8]. Da qui derivavano espressioni come “poliarterite nodosa complicante una artrite reumatoide”, “poliartrite nodosa del polmone” e simili. Pearl Zeek è stato probabilmente il primo a classificare le sindromi vasculitiche in modo da riconoscere differenze fondamentali tra di esse[9]. In quanto patologo, la sua descrizione fu naturalmente influenzata dall’esame microscopico dei tessuti, con scarsa enfasi sulle caratteristiche cliniche distintive.

Vi furono altri tentativi di classificare le vasculiti negli anni, ma tutti fallirono.

Fauci e colleghi[10] al National Institutes of Health proposero un sistema basato su una combinazione di criteri patologici e clinici e i loro raggruppamenti in ampie categorie si rivelarono utili, soprattutto perché molte delle condizioni cliniche in un determinato gruppo rispondevano a schemi simili di trattamento.

Più si ampliavano le conoscenze sulle varie forme di vasculite, tuttavia, più emergevano le carenze dei sistemi di classificazione allora esistenti. Per esempio, le descrizioni di vasculite associata a epatite B rivelaro no l’esistenza di una varietà di sindromi cliniche, indicando che la classificazione sulla base di mere descrizioni patologiche poteva essere utile solo fino a un certo punto.

Poiché la malattia in tutti questi pazienti aveva presumibilmente la stessa eziologia, il bagaglio genetico dell’ospite e altre caratteristiche, come fattori di virulenza virale, sono probabilmente importanti nel

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13 determinarne la clinica[11].

L’American College of Rheumatology (ACR) nel 1990 propose i criteri per la classificazione di sette differenti tipi di vasculiti (l’arterite a cellule giganti, l’arterite di Takayasu, WG, EGPA, la poliartrite nodosa, la porpora di Henoch-Schönlein e la vasculite da ipersensibilità), derivati dall’analisi di un gran numero di vasculiti sistemiche[12-16].

Tale classificazione possedeva una sensibilità tra il 71% e il 95,3% e una specificità tra il 78,7% e il 99,7%. I criteri più sensibili e specifici vennero trovati per EGPA, per l’arterite a cellule giganti e l’arterite di Takayasu; la vasculite da ipersensbilità (o vasculite leucocitoclastica) era la condizione clinica definita nel modo peggiore. Purtroppo i criteri ACR presentano una serie di criticità. Anzi tutto vennero sviluppati prima della diffusione degli ANCA come marker diagnostico. Inoltre non includono la micropoliangioite, un termine non ancora in uso durante gli anni ’80. E’ importante sottolineare che questi criteri erano stati concepiti per uno scopo classificativo e non diagnostico. Gli autori erano consci del fatto che manifestazioni atipiche di malattia sarebbero rimaste escluse dalla loro classificazione.

Nonostante ciò, i criteri ACR sono ampiamente utilizzati e si rivelano particolarmente utili per analizzare grandi serie di pazienti con un particolare tipo di vasculite, ad esempio nel confronto tra regimi terapeutici. Tuttavia, essi potrebbero non essere così utili per la valutazione e la diagnosi del singolo paziente.

Nel 1994 la Chapel Hill Consensus Conference (CHCC) introdusse una nomenclatura per le vasculiti, basata largamente sulle dimensioni dei vasi coinvolti[17]. (Figura 1)

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14 Figura 1. Classificazione delle vasculiti secondo la Chapel Hill Consensus Conference (

da Castañer E et al. Radiographics 2010)

Tale consenso internazionale si proponeva di fornire delle definizioni patologiche assolute, ma queste non erano da considerarsi come criteri diagnostici o classificativi.

La conferenza riconobbe che i referti istologici non sono semp re disponibili per ogni paziente, specialmente quando le condizioni cliniche non permettono l’esecuzione delle biopsie, o quando i campioni raccolti non sono rappresentativi o mancano di alcune caratteristiche salienti.

Venne perciò introdotto il concetto di marker surrogato di vasculite: in mancanza di riscontro bioptico, la presenza di alcuni segni e sintomi in concomitanza con un quadro clinico suggestivo devono far pensare a un determinato interessamento d’organo (ad esempio, proteinuria ed ematuria lasciano supporre una glomerulonefrite, così come una

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15 dimostrazione angiografica o sonografica di aneurismi o stenosi

suggerisce un’arterite)[18]

. Ciò nonostante, una lista di marker non è stata ben definita. Inoltre, venne riconosciuta l’importanza degli ANCA. Tuttavia, anche in questo caso, gli ANCA non sono stati introdotti nelle definizioni. Questo sistema di classificazione, il più largamente accettato per la sua semplicità, riflette gli approcci terapeutici che vengono intrapresi nelle differenti classi di malattia. Le vasculiti con vasi di piccolo e medio calibro, infatti, rispondono bene all’immunosoppressione con ciclofosfamide e corticosteroidi, mentre quelle dei vasi di grosso calibro richiedono una dose di steroidi da moderata a consistente. Le vasculiti dei piccoli vasi, d’altra parte, non sempre necessitano dell’uso di cortisonici. Inoltre le vasculiti dei piccoli e medi vasi sviluppano più frequentemente glomerulonefrite e insufficienza renale, sono associate agli ANCA e si discostano a livello patogenetico dal gruppo di vasculiti a piccoli vasi (le quali vice versa si associano più spesso a immunocomplessi). Questa serie di osservazioni ha portato a sviluppare il concetto di vasculiti ANCA-associate (AAV)[19,20].

1.4 Le vasculiti ANCA-associate

Oggi, quando si parla di vasculiti ANCA-associate, intendiamo la granulomatosi con poliangite (GPA, ex granulomatosi di Wegener), la micropoliangioite (MPA), la granulomatosi eosinofilica con poliangite (EGPA, ex Churg-Strauss) e la glomerulonefrite pauciimmune limitata al rene (RLPIGN). Pur trattandosi di entità patologiche distinte, esse condividono una serie di caratteristiche patologiche, cliniche e laboratoristiche.

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16 Dal punto di vista istologico si caratterizzano per il coinvolgimento dei

piccoli vasi (capillari, venule e arteriole) e per la presenza di lesioni glomerulari costituite da necrosi focale, presenza di semilune e assenza o scarsità di depositi di immunoglobuline. Clinicamente, il rene e il polmone rappresentano le sedi principali di malattia.

Infine, a livello laboratoristico, condividono la positività agli ANCA, sebbene una percentuale variabile delle vasculiti possa non presentare positivà a questi anticorpi.

Molti autori ritengono che, nonostante ognuna di queste malattie presenti caratteristiche proprie che permettono di distinguerle dalle altre forme, in realtà queste distinzioni sono spesso sfocate e pertanto è ragionevole considerarle come varianti fenotipiche di un’unica entità.

1.4.1 Epidemiologia

Studi epidemiologici hanno riscontrato un’incidenza che si attesta intorno ai 2 nuovi casi per 100.000 abitanti all’anno negli Stati Uniti. Il picco di presentazione clinica della malattia si ha tra il 65 e i 74 anni[21]. Studi epidemiologici hanno dimostrato differenze etniche sia nella specificità degli ANCA che nelle manifestazioni delle AAV. Ad esempio GPA ANCA-PR3+ sembrerebbe essere più comune nei paesi occidentali, mentre MPA ANCA-MPO+ nelle popolazioni asiatiche, fra cui il Giappone[22,23].

L’eziologia di queste patologie è multifattoriale e riconosce cause genetiche, epigenetiche e ambientali.

Per quanto riguarda le cause genetiche, studi di associazione genome-wide (GWASs) hanno identificato diversi geni associati sia ad una

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17 maggiore suscettibilità sia ad una resistenza all’insorgenza della

patologia. Fra questi, un ruolo centrale è svolto del complesso maggiore di istocompatibilità di tipo II (MCH II). Studi GPAAS in una popolazione europea hanno mostrato che GPA con ANCA-PR3 è associata soprattutto all’aplotipo HLA-DP mentre MPA con ANCA-MPO è associato all’aplotipo HLA-DQ[24]

. Inoltre, sembrerebbe che HLA influenzi più che altro la specificità degli ANCA (ANCA-PR3 o ANCA-MPO) che le manifestazioni cliniche (GPA o MPA).

Altri studi GPAAS, condotti stavolta in una popolazione nord-americana, hanno evidenziato una maggiore associazione di HLA-DP con GPA[25]. HLA_DPB1*04 è stato indicato come un allele di rischio per lo sviluppo di GPA. Al contrario, HLA-DRB1*09.01, comune in Est Asia, ma raro nelle popolazioni europee, è fortemente associato a MPA (ANCA-MPO) nella popolazione giapponese[26]. Queste differenze nella frequenza di MCH II nelle varie etnie riflettono le differenze epidemiologiche osservate nelle AAV, ovvero che GPA con ANCA-PR3 predomina nelle popolazioni caucasiche d’Europa mentre MPA con ANCA-MPO in quelle asiatiche[22].

I geni codificanti MHC II non sono gli unici coinvolti nell’insorgenza di queste vasculiti. Un certo ruolo nella patogenesi, che potrebbe essere dimostrato da studi futuri, sembrerebbe essere svolto anche da PTPN22 (protein-tirosin-fosfatasi non recettoriale 22)[27], SERPINA 1 ( gene che codifica per alfa 1 antitripsina), PRTN3 ( gene che codifica per la proteinasi 3) e SEMA6A (gene che codifica per semaforina 6a)[24,28]. In particolare, nei pazienti affetti da vasculite ANCA associata, c’è una maggiore espressione di un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) di tipo gain of function di PTPN22 rispetto alla popolazione generale che regola negativamente la produzione di IL-10 (una citochina

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18 immunosoppressiva) determinando così un’iperattivazione del sistema

immunitario di questi pazienti[27].

Un SNP vicino a SERPINA1 si associa a resistenza nei confronti di GPA (ANCA-PR3), mentre invece alfa1 antitripsina, essendo un inibitore di PR3, potrebbe influenzarne la funzione[29]. Un SNP in PRTN3 è legato a resistenza alle AAV ANCA-PR3[24], mentre un SNP in SEMA6A porta a resistenza a GPA[25,28].

Anche modificazioni epigenetiche sembrano contribuire all’insorgenza di questa categoria di vasculiti. Tra queste le principali sono la trimetilazione dell’istone 3 lisina 27 (H3K2/me3) e la metilazione del DNA, implicate nella regolazione dell’espressione genica di MPO e PRTN3. In pazienti con AAV attiva si ritrova un ridotto H3K2/me3 associato ad espressione aberrante dei geni di MPO e PRTN3. I livelli di metilazione dei promoter di MPO e PRTN3 sono correlati negativamente con il numero di trascrizioni di mRNA di questi geni. Inoltre, la metilazione dei promoter di MPO e PRTN3 è ridotta nei pazienti con AAV attiva, ma è aumentata nella malattia in remissione[30,31].

I fattori ambientali, che sembrano agire soprattutto come trigger di malattia, comprendono agenti infettivi (la tossina 1 della sindrome da shock tossico secreta da Stafilococco Aureo, è un fattore di rischio per riattivazione di malattia GPA), farmaci (come Propiltiouracile, Idralazina e Cocaina, che possono indurre la produzione degli ANCA) e polveri sottili come quelle di silicio[32]. In realtà l’associazione fra l’inalazione di polveri di silicio e l’insorgenza delle AAV è fortemente dibattuta, e rimane tutt’ora una questione irrisolta[33]

. Due studi in particolare hanno cercato di dimostrare una correlazione fra l’inquinamento ambientale post-terremoto e l’incidenza o la

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19 presentazione delle AAV, portando tuttavia a risultanti contrastanti.

Dopo il terremoto avvenuto in Giappone nel 2011, è stato infatti osservato un aumento importante di morbidità e severità di malattia nei pazienti affetti da AAV. Questo sembra suggerire che la presenza di polveri di silicio nell’aria, liberate a seguito della imponente distruzione, e conseguenze ricostruzione, della città e del fango marino e dei sedimenti depositati dallo tsunami che seguì il terremoto, potrebbero aver condizionato la presentazione degli AAV, soprattutto le manifestazioni respiratorie (emorragia polmonare e polmonite interstiziale)[34,35].

Tuttavia, un altro studio condotto dopo il terremoto avvenuto a Christchurch, in Nuova Zelanda, nel febbraio del 2011, non ha dimostrato differenze significative in termini di incidenza di malattia fra prima e dopo l’evento[36]

.

1.4.2 Gli ANCA

Gli anticorpi anti citoplasma dei neutrofili (ANCA) rappresentano una famiglia di anticorpi diretti contro proteine di natura enzimatica contenute all’interno dei granuli dei neutrofili e nei granuli perossidasi-positivi dei monociti.

Nel 1982, Davies et al. descrissero per la prima volta questi anticorpi in otto pazienti con glomerulonefrite pauciimmune necrotizzante, sospettati di avere un’infezione virale. Pochi anni dopo, Hall identificò gli ANCA in quattro pazienti con vasculite sistemica. Fu nel 1985 che si iniziò ad ipotizzare un legame tra gli ANCA e la granulomatosi di Wegener. Successivamente si riuscì a stabilire una stretta associazione

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20 tra gli ANCA e quelle che oggi vengono appunto definite “Vasculiti

ANCA-associate”.

La presenza degli ANCA è stata descritta in numerose altre patologie anche di natura non vasculitica[37].

Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili furono descritti inizialmente in base al pattern di immunofluorescenza. Infatti, a seconda che si distribuiscano a livello citoplasmatico o perinucleare, vengono divisi in ANCA citoplasmatici (c- ANCA) o perinucleari (p-ANCA). Gli antigeni responsabili di questi pattern sono la proteinasi 3 (una serino proteasi) per c - ANCA e la mieloperossidasi per p-ANCA. Pertanto, si parla di MPO e di ANCA-PR3 a seconda dell’antigene bersaglio. Questi anticorpi, utilizzati come biomarker di malattia, svolgono un ruolo patogenetico e si ritengono in grado di riflettere l’attività di malattia. Gli ANCA-MPO si ritrovano soprattutto nella micropoliangite e in un 50% dei casi di eosinofilia granulomatosa con poliangite, mentre gli ANCA-PR3 sono più tipici della granulomatosi con poliangite[38].

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21

1.4.3 Metodi di misurazione degli ANCA

La metodica utilizzata per la definizione degli ANCA è l’immunofluorescenza diretta (IFA), eseguita su un substrato di neutrofili fissati con l’etanolo. Come accennato in precedenza, a seconda della distribuzione citoplasmatica o perinucleare vengono distinti in c-ANCA e p-ANCA. E’ stato dimostrato mediante specifiche analisi immunochimiche che, nei pazienti con vasculite, PR3 è responsabile di oltre il 90% del pattern di immunofluorescenza dei c -ANCA, ma anche altri antigeni possono comunque contribuire[19,39]. Non c’è invece una così stretta correlazione fra il pattern p-ANCA e MPO. Questo si ha perché gli anticorpi anti-nucleo sono in grado di mimare una distribuzione perinucleare, ma è anche legato al fatto che ci sono numerosi altri antigeni quali l’elastasi, l’azurocidina, la catepsina G, il lisozima, la lattoferrina etc in grado di produrre un pattern p-ANCA. Tuttavia, questi antigeni si associano di solito ad un pattern di immunofluorescenza atipico[40].

Proprio a causa della mancanza di una correlazione tra pattern di immunofluorescenza e gli antigeni di interesse (PR3 e MPO), ma anche per ovviare alla intrinseca variabilità operatore- dipendente dell’immunofluorescenza, sono stati sviluppati e resi disponibili dei test antigene-specifici. Il rilevamento degli ANCA tramite immunofluorescenza deve essere sempre confermato da un test antigene-specifico per MPO e PR3. Quando i criteri per la presenza di ANCA includono sia un risultato positivo all’immunofluorescenza, sia una determinazione tramite ELISA, il test è altamente specifico per le sindromi vasculitiche che stiamo trattando, anche in pazienti con una malattia del connettivo.

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22

1.4.4 Produzione degli ANCA

Si ritiene che alla formazione degli ANCA contribuisca un’alterata regolazione dei NET (neutrophil extracellular traps), elementi appartenenti al sistema immunitario innato essenziali per la difesa dell’organismo[41]

, la cui formazione e distruzione è finemente regolata; infatti un’esposizione eccessiva a questi NET può causare angiopatia[42,43]. Normalmente la distruzione dei NET è regolata dalla DNAsi1 presente nel siero[44].

Il propiltiouracile produce NET anomali resistenti all’azione della DNAasi1 ,che pertanto possono persistere in vivo; una ridotta tolleranza a MPO porta alla produzione degli ANCA-MPO, riscontrabili in circa il 30% dei pazienti trattati con questo farmaco[45,46]. Si pensa che la causa di questa ridotta tolleranza risieda nelle modificazioni molecolari di MPO indotte dal propiltiouracile che consistono in un cambiamento nella struttura della proteina circondante il ferro eme da una conformazione rombica ad una assiale[45-47].

Nei topi, l’inoculazione di una miscela di cellule dendritiche mieloidi e di neutrofili che hanno formato i NET porta alla produzione di ANCA, cosa che invece non si verifica se si inoculano cellule dendritiche mieloidi e neutrofili formanti NET trattati con DNAsi1. Questo risultati suggeriscono che il DNA nei NET sia necessario per la formazione degli ANCA-MPO e ANCA-PR3. Infatti, il DNA nei NET è in grado di attivare le cellule B mediante Toll-like receptor 9 per accelerare la produzione di anticorpi[48,49].

Nel processo di produzione degli ANCA si riconoscono diversi step.

In un primo step, che non è specifico per i pazienti con AAV, durante la formazione dei NET il contenuto dei granuli dei neutrofili, fra cui MPO e PR3 si vanno a legare alle fibre di cromatina, cosa che potrebbe modificare l’antigenicità di questi autoantigeni[48]

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23 essere specifico di alcune patologie autoimmuni, è caratterizzato dalla degradazione incompleta dei NET. In pazienti con AAV e LES, la degradazione dei NET da parte della DNAsi1 è infatti ridotta[44-50].

Il terzo ed ultimo step consiste nella presentazione antigenica. Come detto in precedenza, la suscettibilità allo sviluppo di AAV è correlata a genotipi MCH II definiti[24,25,27], di conseguenza i pazienti che esprimono molecole MCH II atte a presentare MPO o PR3 sono quelli che più probabilmente produrranno ANCA.

Questo fenomeno potrebbe essere specifico dei pazienti con AAV.

Anche gli MPO con errori di ripiegamento presentati da MCH II MPA- suscettibile (HLA-DR) possono essere bersaglio degli ANCA. Queste proteine MPO mal ripiegate vengono trasportate sulla superficie cellulare (mediante una funzione chaperone-like di HLA-DR) dove il sistema immunitario riconosce epitopi criptici di MPO[51].

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24

1.4.5 Patogenicità’ degli ANCA

Studi condotti su vari modelli animali di AAV quali ad esempio modelli di immunità attiva e passiva, modelli drug-induced, modelli molecular mimicry e modelli spontanei, hanno mostrato che gli ANCA, oltre ad essere biomarker delle AAV, hanno anche potenziale patogenetico. Ad esempio, l’inoculazione in topi immunocompromessi o wild-type di ANCA-MPO (ottenuti dall’immunizzazione con MPO in topi MPO- deficienti) o di splenociti dei topi immunizzati può indurre lo sviluppo di NCGN. In altri modelli animali, come ad esempio quelli che hanno utilizzato ratti Wistar-Kyoto immunizzati con MPO umana, gli anticorpi ANCA-MPO umani hanno determinato una cross-reazione con MPO del ratto, con conseguente sviluppo di NCGN ed emorragia polmonare.

Il meccanismo con cui gli ANCA causano vasculite è stato spiegato come segue. Durante l’infezione vengono prodotte una serie di citochine pro-infiammatore come il TNF e IL-1beta che attivano i neutrofili i quali, a loro volta, esprimono antigeni target (MPO e PR3) sulla loro superficie a cui si vanno a legare gli ANCA. Il frammento Fc di questi ANCA lega il recettore Fcy sui neutrofili portando ad una eccessiva attivazione dei neutrofili stessi. Questa iperattivazione, oltre a determinare una anomala produzione di citochine, porta anche al rilascio di specie reattive dell’ossigeno ed enzimi litici che danneggiano le cellule endoteliali dei vasi. L’eccessiva attivazione dei neutrofili stimolata dagli ANCA porta inoltre alla formazione dei NET, così come fattori umorali diversi dagli ANCA, quali ad esempio pattern molecolari associati a danno. L’esposizione a questi NET e soprattutto ai loro componenti come istoni e metalloproteinasi determina danno a livello delle cellule endoteliali dei vasi.

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25 Nonostante gli ANCA svolgano un ruolo fondamentale nella patogenesi delle AAV, dal punto di vista istologico queste vasculiti si caratterizzano per l’insorgenza di una glomerulonefrite necrotizzante senza apparente deposizione di complessi immuni (glomerulonefrite pauci-immune).

E’ stato osservato che quando i neutrofili TNF-primed vengono esposti agli ANCA in vitro gli ANCA scompaiono, dopo formazione dei NET, per l’azione digestiva della elastasi dei neutrofili derivata dai neutrofili che formano NET. Questi ritrovamenti suggeriscono pertanto che i NET contribuiscono alla scomparsa delle immunoglobuline dalle lesioni delle AAV.

Tali NET possono essere individuati a livello delle lesioni necrotizzanti delle AAV mediante studi di immunofluorescenza grazie al ritrovamento di istoni citrullinati accompagnati da DNA extracellulare.

Nonostante le AAV siano malattie ANCA-associate, i titoli di questi anticorpi nel siero non necessariamente riflettono l’attività di malattia. Fa eccezione a quanto appena detto il coinvolgimento renale. Questa mancanza di correlazione fra il titolo degli ANCA e l’attività di malattia può essere spiegata dalla differenza negli epitopi e nell’affinità degli ANCA. MPO è una glicoproteina eterotetramerica di 158 kDa composta da due catene leggere da 14 kDa ciascuna, due catene pesanti da 59 kDa e due molecole eme.

Gli ANCA in pazienti con AAV-MPO riconoscono un epitopo a livello della porzione amino terminale della catena pesante degli MPO. In particolare questa specificità si ritrova soprattutto in quei pazienti che presentano una attività di malattia più severa. Gli ANCA-MPO si suddividono in anticorpi ad alta affinità e anticorpi a bassa affinità e l’attività di malattia è maggiore in quei pazienti affetti da AAV che presentano ANCA-MPO ad alta affinità. Nei pazienti che hanno invece bassa attività di malattia, nonostante abbiano alti titoli di ANCA-MPO, quest’ultimi potrebbero legarsi ad epitopi situati in una regione a basso rischio, invece che alla porzione amino terminale della catena

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26 pesante degli MPO, oppure gli ANCA-MPO potrebbero avere una bassa affinità antigenica.

Non sempre è possibile individuare gli ANCA in pazienti con manifestazioni cliniche delle AAV. Esiste infatti una percentuale di pazienti (circa 10% nella granulomatosi di Wegener, ma oltre il 50% nella malattia di Churg Strauss) che sono negativi per ANCA. Inoltr, in alcuni dei pazienti affetti, i test di laboratorio per gli ANCA possono dare risultati falsi negativi a seguito del legame del frammento di 50kDa della ceruloplasmina agli ANCA sierici. Tuttavia, non è ancora chiara quale sia la rilevanza dal punto di vista clinico della produzione dei prodotti di degradazione della ceruloplasmina in vivo[54].

1.4.6 Patogenesi

La MPA viene considerata il prototipo delle vasculiti ANCA-associate poiché le vie coinvolte nella patogenesi sono comuni, e si sovrappongono parzialmente, fra i vari tipi di AAV (Figura 3).

Il primo passaggio di queste vie comuni è rappresentato dal priming dei neutrofili.

Una volta che le cellule dendritiche hanno catturato gli agenti infettivi producono TGFbeta e IL-6 che a loro volta stimolano le cellule T naive a differenziarsi in cellule T-helper 17. Quest’ultime, stimolate da IL-23 di derivazione dendritica, producono IL-17 che può indurre il rilascio di citochine proinfiammatorie come TNF e IL-1beta da parte dei macrofagi. Queste citochine pro-infiammatorie sono responsabili del priming dei neutrofili[55,56]. In questo processo, e in quello che ne consegue, è coinvolta l’alterazione dell’omeostasi immunitaria delle cellule T.

Ad esempio anomalie nella funzione e nel numero delle cellule T regolatorie, che sopprimono la proliferazione delle cellule T autoreattive, si associano allo sviluppo delle AAV. Nei pazienti con queste vasculiti una quota di cellule T regolatorie si differenziano in cellule T-helper 17, risultando in un aumento

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27 Figura 3. Modello patogenetico delle vasculiti ANCA-aassociate (da Nakazawa D et al, Nature

Reviews Rheumatology, 2018)

della produzione dell’IL-17A. Inoltre, una bassa espressione di CD122 (la catena beta del recettore IL-2, importante segnale trasduttore delle cellule T)

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28 su cellule T CD4+ CD25+ e le cellule T regolatorie si associa a vasculite sistemica con coinvolgimento renale e ricaduta di malattia[57,58].

Un altro elemento coinvolto nel processo di priming dei neutrofili è il sistema del complemento, il cui ruolo nella patogenesi delle AAV-MPO è stato studiato in modelli murini. Topi con carenza di C4 del complemento, così come topi wild-type, inoculati con ANCA-MPO sviluppano vasculite, mentre topi con deficit sia di C5 che di fattore B non sviluppano vasculite pur inoculati con ANCA-MPO[59]. Questi risultati suggeriscono che la via alternativa del complemento sia coinvolta nella patogenesi delle AAV-MPO. Un’altra cosa interessante è il fatto che l’inoculazione di ANCA-MPO in topi che hanno un deficit di C6 del complemento porta anch’esso allo sviluppo di malattia. Ne consegue che sia possibile che allo sviluppo di queste AAV-MPO contribuisca anche un meccanismo della via alternativa del complemento non mediato dal complesso di attacco di membrana (MAC)[60]. In particolare merita una ulteriore considerazione il processo di priming dei neutrofili da parte di C5a, frammento C5 attivato. Nei topi, il legame di C5a al recettore sulla superficie dei neutrofili induce attivazione neutrofila e glomerulonefrite ANCA-mediata. Inoltre, il rilascio del fattore tissutale da parte dei neutrofili indotto dal frammento C5a può promuovere ipercoagulabilità in pazienti con AAV[61,62,63]. In pazienti con malattia attiva si riscontrano a livello sierico elevati livelli di C3a e C5a, cosa che suggerisce l’attivazione della via alternativa del complemento e il priming dei neutrofili attraverso il recettore di C5a[64,65].

1.4.7 Produzione degli ANCA-MPO

La produzione degli ANCA-MPO è mediata da vari meccanismi.

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29 neutrofili formano i NET i quali vengono poi degradati da vari enzimi il più importante dei quali è la DNAsi1 presente nel siero.

Nei pazienti affetti da MPA l’attività della DNAsi1 sierica è marcatamente più bassa rispetto a quella dei pazienti sani e questo porta ad una ridotta capacità di degradazione dei NET che, di conseguenza, persistono in vivo. La tolleranza a MPO è quindi perturbata e ciò risulta nella produzione degli ANCA-MPO.

A questo meccanismo contribuisce anche la modificazione strutturale delle proteine MPO in quanto tali proteine modificate possono essere riconosciute come neoantigeni.

Le cellule dendritiche partecipano alla presentazione degli MPO contenuti nei NET alle Cellule T CD4+. Queste cellule T CD4+ stimolano le cellule B a differenziarsi in plasmacellule che producono ANCA-MPO mediante la produzione di IL-21. Anche il fattore di attivazione delle cellule B (BAFF) che viene rilasciato dai neutrofili una volta attivati è coinvolto nell’attivazione delle cellule B.

Una volta avvenuto il priming dei neutrofili, questi esprimono antigeni ANCA-specifici a livello della membrana plasmatica. Gli ANCA si legano a questi antigeni e allo stesso tempo il loro frammento Fc si lega al recettore Fcy di questi neutrofili con produzione di citochine, rilascio di ROS ed enzimi litici e, in ultimo, portano alla produzione dei NET. In quest’ultimi, gli istoni e MMP come MMP2 e MMP9 rappresentano importanti molecole angiopatiche.

Tutti questi dati indicano che nella patogenesi degli ANCA ci sia un circolo vizioso fra formazione di NET e produzione degli ANCA.

La Semaforina 4D regola l’attivazione dei neutrofili nei piccoli vasi e un indebolimento in questa regolazione si è dimostrata responsabile dell’insorgenza di danno vascolare mediato dei NET. I livelli di Semaforina4D solubile nel siero sono alti nei pazienti con AVV e correlano

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30 con attività di malattia. Inoltre l’espressione di Semaforina 4D sulla superficie cellulare dei neutrofili è diminuita nei pazienti affetti da vasculite in conseguenza del clivaggio proteolitico della Semaforina4D di membrana. La Semaforina4D di membrana sui neutrofili lega la PlessinaB2 sull’ endotelio vascolare e questa interazione riduce la formazione dei NET.

Nell’insieme, questi risultati suggeriscono che nei pazienti affetti da vasculite si abbia un’alterazione dei meccanismi fisiologici che inibiscono la formazione di NET a livello dei piccoli vasi con conseguente aumento della formazione degli stessi.

Alcuni ricercatori hanno scoperto che i livelli sierici di NET non correlano né con attività di malattia AAV né con i titoli di ANCA. Tuttavia non è stato ancora stabilito un metodo che possa essere utilizzato come gold-standard per la quantificazione dei NET in vivo. Ulteriori studi sono pertanto necessari per definire l’associazione fra i NET e le vasculiti ANCA-associate[54]

.

Anche nella granulomatosi con poliangite (GPA) si ritrovano gli stessi meccanismi di priming ed eccessiva produzione dei neutrofili, tuttavia questa patologia si differenzia da MPA per la presenza di granulomi necrotizzanti a livello del tratto respiratorio e per la presenza di ANCA-PR3.

Si ritiene che alla base dello sviluppo dei granulomi necrotizzanti si trovino infezioni soprattutto determinate da Stafilococcus Aureus che attiva i macrofagi tissutali a livello dell’epitelio bronchiale mediante Toll-like receptors.

Questi macrofagi attiviati rilasciano una serie di citochine pro-infiammatorie, fra cui TNF e IL-1beta, che promuovono il reclutamento di neutrofili e monociti dal sangue a livello delle lesioni in corso di formazione.

Una volta reclutati, i neutrofili che incontrano microorganismi rilasciano ROS ed enzimi litici andando incontro a lisi e portando poi alla formazione del core necrotico della lesione granulomatosa.

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31 I monociti reclutati, invece, si differenziano in macrofagi che vanno a secernere IL-23 portando le cellule T a differenziarsi in cellule T helper 17. Questi T helper 17 rilasciano IL-17 la quale svolge un ruolo fondamentale nella formazione del granuloma attorno alla regione necrotica[66]. I PR3 presenti sulla superficie dei neutrofili apoptotici interferiscono con la induzione di meccanismi anti-infiammatori a seguito della fagocitosi di queste cellule da parte dei macrofagi.

In modelli murini, la risposta dei T helper 17 viene indotta dalla concomitante inoculazione di ANCA-PR3 e di neutrofili apoptotici che inducono l’espressione dei PR3, rivelando così un meccanismo di polarizzazione immune specifico di malattia GPA. Inoltre, nella malattia attiva i livelli di IL-17 e IL-23 sono aumentati[67,68,69].

Anche le cellule T effettrici di memoria, la cui proliferazione dipende da IL-15, contribuiscono alla formazione dei granulomi in pazienti con GPA.

Le cellule dendritiche stimolate da PR3 derivate da pazienti con GPA inducono una risposta maggiore di INFgamma nelle cellule CD4+ PR3 specifiche rispetto a quella determinata dalle cellule dendritiche stimolate da PR3 di individui sani. Questa risposta di tipo TH1potrebbe favorire la formazione dei granulomi nei pazienti con GPA[70,71].

La granulomatosi con poliangite si caratterizza per la presenza nel siero soprattutto degli anticorpi ANCA-PR3, la cui produzione sembra essere determinata dagli stessi meccanismi coinvolti nella produzione degli MPO. Entrambi questi anticorpi vengono infatti prodotti nei topi a seguito dell’inoculazione di NET e cellule dendritiche mieloidi[48]

.

Pur essendo MCH II il principale fattore che influenza la specificità degli ANCA, anche altri sono coinvolti nella produzione di entrambi i tipi di ANCA. Ad esempio, un meccanismo complementare PR3-mediato è stato suggerito nella produzione dei PR3 in pazienti con GPA. Si ritiene che la risposta immune iniziale nel GPA sia diretta contro trascritti di PR3

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32 complementari. Microorganismi patogeni, come ad esempio Stafilococcus Aureus, presentano delle sequenze geniche complementari al gene PRTN3 umano che codifica per PR3. Questo suggerisce che i trascritti di PR3 complementari abbiano origine esogena. Inoltre, a supporto di questa osservazione, è stato notato che il fatto di essere portatori cronici di Stafilococcus Aureus nella cavità nasale aumenti il rischio di ricaduta di malattia[72,73].

La granulomatosi eosinofilica con poliangite, caratterizzata dalla presenza di eosinofilia e di infiltrazione di eosinofili a livello delle lesioni vasculitiche, si presenta clinicamente con manifestazioni allergiche come asma nell’adulto e sinusite. In circa il 50% dei pazienti affetti da questa forma di vasculite, inoltre, ritroviamo positività per gli ANCA-MPO la cui presenza correla positivamente con il coinvolgimento renale ma inversamente con il coinvolgimento cardiaco.

E’ interessante inoltre il fatto che la prevalenza degli ANCA nei pazienti con EGPA decresce nel corso del tempo[74].

Si ritiene che in questa forma di vasculite un ruolo fondamentale venga svolto da citochine rilasciate dai linfociti T helper di tipo 2, in quanto la presenza di elevati valori di tali citochine (quali IL-4, IL-5 e IL-13) sono associate ad eosinofilia in pazienti con EGPA[75].

L’infiltrazione tissutale da parte degli eosinofili, invece, sembra essere mediata da CCL26, anche conosciuta come eotassina 3, rilasciata dalle cellule endoteliali vascolari.

Una volta che gli eosinofili hanno infiltrato i tessuti secernono il contenuto dei granuli, fra cui la neurotossina eosinofilica, e proteine cationiche eosinofiliche portando così alla distruzione dei tessuti[76,77]. Tuttavia, rimane ancora da identificare il meccanismo con cui vengono prodotti gli ANCA-MPO in pazienti con EGPA (nonostante la perossidasi eosinofila condivida il 68% della sequenza amminoacidica con MPO dei neutrofili)[78]. In un

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33 sottogruppo di pazienti con EGPA si può riscontrare inoltre la presenza di anticorpi anti-lattoferrina (uno degli ANCA “minori”). Questi anticorpi, tuttavia, non sono presenti in pazienti con MPA o GPA.

In questo sottogruppo di pazienti positivi per anticorpi anti-lattoferrina si nota che la frequenza del coinvolgimento renale, i livelli sierici di proteina C reattiva (PCR) e l’attività di malattia sono tutti considerevolmente maggiori rispetto ai valori che si ritrovano nei pazienti affetti da EGPA ma negativi per tali anticorpi. La lattoferrina è un soppressore endogeno della formazione dei NET, di conseguenza gli anticorpi anti-lattoferrina interferiscono con tale funzione favorendo così la formazione dei NET dopo attivazione dei neutrofili. Per questo motivo si ritiene che la presenza degli anticorpi anti-lattoferrina si associ ad attività di malattia correlata ai NET nei pazienti con EGPA[79,80].

1.4.8 Gli ANCA e le sottoclassi immunoglobuliniche

Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili sono immunoglobuline prevalentemente di isotipo IgG, anche se in alcuni studi sono stati identificati ANCA di classe IgA ed IgM. L’aver osservato che gli ANCA possono appartenere anche a classi anticorpali diverse dalle IgG, fa porre l’attenzione sulla porzione Fc della catena pesante della molecola immunoglobulinica che media la maggior parte delle sue funzioni biologiche. I geni che codificano per la catena pesante delle immunoglobuline umane si trovano sul cromosoma 14, dove i geni sono disposti come segue: IgM, IgD, IgG3, IgG1, IgA1, IgG2, IgG4, IgE, IgA2. Quale di queste catene verrà prodotta in risposta a determinati antigeni dipende da come e da dove l’antigene è esposto al sistema immunitario e dalla composizione chimica dell’antigene, secondo un processo regolato da diverse citochine[83].

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34 E’ stato osservato inoltre che ANCA IgM isolati si trovano in pazienti con emorragia polmonare severa e nefrite, mentre gli ANCA IgA, insieme agli ANCA-IgG sono comuni nella porpora di Henoch-Schonlein[82].

Le immunoglobuline G umane sono costituite da quattro sottoclassi diverse che differiscono fra di loro per le proprietà biologiche, la capacità di attivare il complemento, l’abilità nel legare il frammento Fc del recettore monocito-macrofagico e per la lisi cellulare mediata dal complemento[83].

IgG1 è la classe predominante. È diretta contro le proteine ed è importante nelle infezioni batteriche e nell’attivazione del complemento. Lega il recettore Fc costitutivamente espresso dei neutrofili (FcR) ma anche CD16, CD32 e CD64 a seguito dell’attivazione dei neutrofili.

IgG2 è diretto contro i polisaccaridi e lega attraverso CD32.

IgG3 è l’immunoglobulina con il peso molecolare maggiore e si distingue per la sua lunga regione cerniera che consente la flessibilità della molecola. E’ diretta contro le proteine ed è importante nell’attivazione del complemento. Può inoltre legarsi a CD16,CD32 e CD64. Proprio a causa della loro capacità di legare il complemento, IgG1 e IgG3 sono le due sottoclassi maggiormente coinvolte nei processi infiammatori.

Infine, IgG4 è la sottoclasse meno rappresentata nel siero. Si ritiene che sia in grado di legarsi ai neutrofili esclusivamente attraverso il legame a CD64, anche se alcuni risultati sembrano suggerire che leghi anche i recettori costitutivamente espressi[84]. Di solito interviene nella risposta anticorpale tardiva nei confronti di alti livelli di antigeni ed era considerato come un marker di esposizione cronica all’antigene. Gli anticorpi di sottoclasse IgG4 sono strettamente associati ad eosinofilia, aumento dei livelli di IgE e ipersensibilità (tutte condizioni frequentemente riscontrate in alcune forme di vasculiti).

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35 Non è ancora del tutto chiaro quale sia in realtà la sottoclasse di IgG ANCA predominante nelle vasculiti o quella a maggiore attività patogenetica.

In passato, si riteneva che le IgG3 svolgessero un ruolo cruciale in questo senso, ma secondo i più recenti studi sono le IgG1 e le IgG4 le immunoglobuline predominanti.

IgG3, tuttavia, predomina nelle vasculiti ad esclusivo interessamento renale. Nonostante i titoli di anti-MPO IgG totali diminuiscano nella fase di remissione, sembra che le sottoclassi IgG1 e IgG4 continuino ad essere positivi nella remissione[85,86].

Esnault et al. hanno ipotizzato che una significativa percentuale di IgG3, proprio a causa della loro più alta affinità, potrebbe trovarsi a livello tissutale e che pertanto non venga identificata nel siero e che i pazienti con sintomi preceduti da brevi prodromi, senza evidenza di una precedente esacerbazione di malattia vasculitica, abbiano un titolo di IgG3 relativamente elevato grazie alla breve emivita (di circa 8 giorni) di questa sottoclasse[83].

Se nella fase acuta sono le IgG3 a predominare nel siero, in fase di remissione sono più alti i titoli delle IgG2.

In alcuni studi è stato osservato una variazione delle sottoclassi nel tempo. Vasculiti che al momento della presentazione si caratterizzavano per un’elevata incidenza di IgG1 e IgG3 presentavano dopo qualche tempo uno switch da IgG3 a IgG2.

L’evoluzione temporale nella produzione delle varie sottoclassi di anticorpi sono state documentate solo raramente in malattie autoimmunitarie umane e di conseguenza non è mai stata data molta importanza alle implicazioni che ciò potrebbe avere nella attività di malattia. Tuttavia, nonostante studi sequenziali di anticorpi anti-DNA nel LES abbiano dimostrato che la distribuzione di sottoclassi per un particolare paziente rimane costante, altri studi hanno riportato una associazione fra IgG3 anti-DNA e l’attività di malattia per la glomerulonefrite nel LES.

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36 Jayne et al. hanno trovato nei loro studi che i livelli degli ANCA riflettono l’attività di malattia nelle fasi iniziali del trattamento nelle vasculiti, così lo sviluppo di una risposta IgG2 nella fase di remissione potrebbe spiegare la dissociazione che insorge in alcuni pazienti fra i livelli di ANCA e la remissione. Le IgG2 sono meno capaci di fissare il complemento rispetto alle IgG1 e IgG3 e di conseguenza anche il potenziale di liberare mediatori infiammatori è diminuito[82].

L’importanza di ritrovare l’una o l’altra sottoclasse di autoanticorpi nel siero di pazienti affetti da patologie autoimmuni risiede proprio nella loro patogenicità.

Nel Lupus eritematoso sistemico gli anticorpi di sottoclasse IgG1 e IgG3 diretti contro il DNA a doppia elica (dsDNA) si associano a depositi di immunoglobuline nel rene, mentre IgG1 e IgG2 circolanti contro dsDNA predominano nella forma caratterizzata dal coinvolgimento cutaneo e artralgie.

Nell’artrite reumatoide (AR), la vasculite è una tipica manifestazioni extra-articolare di malattia e, vista la nota associazione clinica di queste due condizioni, gli ANCA sono stati ricercati anche nel siero di questi pazienti. Tuttavia, il loro significato clinico rimane dubbio.

Uno studio riporta che il 90% dei sieri di pazienti con vasculite conteneva anticorpi ANTI-MPO IgG4 contro il 18% trovato nei pazienti con AR in cui, invece, predominavano gli anticorpi di sottoclasse IgG1 e IgG3.

La relativa mancanza di anticorpi IgG4 anti-MPO nei pazienti con artrite reumatoide rispetto a quelli con vasculite potrebbe riflettere differenze nella lunghezza di esposizione allo stimolo antigenico e all’equilibrio fra i fattori di regolazione delle cellule T nel sito di stimolazione antigenica.

La stretta associazione fra la vasculite sistemica e le infezioni ha suggerito che lo sviluppo degli ANCA in questa condizione potrebbe risultare dalla cross-reazione con organismi infettanti. Il sito più probabile di infezione, e di

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37 inizio della risposta anticorpale, è il tratto respiratorio. Nell’artrite reumatoide, la comparsa degli anticorpi anti-MPO e gli anticorpi contro altri enzimi dei neutrofili potrebbe essere la conseguenza della distruzione dei neutrofili all’interno delle articolazioni (sito principale di malattia) probabilmente a causa della presenza di un aumento dei linfociti e di traffico cellulare accessorio[86].

Anche l’avidità è uno dei principali determinanti di attività biologica di un anticorpo. Tuttavia, il ruolo dell’avidità nella funzione degli autoanticorpi non è compreso chiaramente ed è tutt’ora non chiaro se sia associato o meno a patogenicità. Potrebbe essere importante studiare l’avidità degli ANCA viste le osservazioni sempre maggiori che supportano l’importanza patogenetica degli ANCA nell’attivazione dei neutrofili. Secondo lo studio di Kokolina, non è stata trovata nessuna correlazione fra l’avidità degli anticorpi anti-MPO IgG e il pattern di malattia (numero di organi coinvolti, presenza di insufficienza renale o emorragia alveolare) in 28 pazienti con ANCA anti-MPO IgG circolanti e glomerulonefrite necrosante dimostrata all’istologia. Negli studi che valutano la patogenicità degli ANCA nelle vasculiti è fondamentale una misura sensibile e specifica dell’attività di malattia, differenziandola dagli effetti della disfunzione da danno cronico e da infezione. L’indice BVAS è stato messo a punto proprio nel tentativo di misurare sia l’attività di malattia che l’outcome dei pazienti con vasculite sistemica necrotizzante. È stato dimostrato che il BVAS permette una determinazione precisa della attività di malattia nelle vasculiti primarie[83] ed è quindi lo strumento più usato per le correlazioni clinico-sierologiche e per le decisioni terapeutiche nelle vasculiti.

Un altro potenziale meccanismo di danno da ANCA-MPO, oltre all’attivazione dei neutrofili, è la modulazione dell’attività della mieloperossidasi. Come enzima, MPO contribuisce alla capacità battericida dei neutrofili e monociti. La sua principale funzione, infatti, è di convertire il

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38 cloruro (Cl) in acido ipocloroso (HClO). Nonostante quanto appena detto suggerisca una azione dannosa di MPO, è stato osservato che l’inibizione dell’attività ossidativa da parte degli ANCA-MPO non è risultata in grado di proteggere dall’insorgenza del danno.

Questo risultato è simile allo studio condotto su GPA dove gli anticorpi anti-PR3 inibitori dell’attività enzimatica sono stati ritrovati più frequentemente nella malattia attiva che durante la remissione[87].

La relazione fra ANCA e attività di malattia è dimostrata dal fatto che i pazienti con malattia inattiva sono spesso positivi per una sola sottoclasse immunoglobulinica, mentre in quelli con malattia attiva si ha positività per due o più sottoclassi.

Nei pazienti con MPA, è stato osservato che le IgG3 anti-MPO hanno una affinità maggiore per gli MPO rispetto alle altre sottoclassi IgG. Nonostante gli ANCA siano presenti in maniera predominante nelle sottoclassi IgG1 e IgG4, durante la fase di riattivazione della malattia si ritrovano soprattutto nelle IgG3. Gli ANCA-IgG3 infatti sembrano essere molto più importanti delle altre sottoclassi ANCA dal punto di vista patogenetico, e la misurazione selettiva di ANCA-IgG3 potrebbe di conseguenza indicare con maggiore accuratezza la ripresa di malattia. Nella malattia attiva sono stati riscontrati infatti livelli più alti di IgG3 nel siero rispetto alla fase di remissione, d ove la loro concentrazione diminuisce o addirittura scompare del tutto.

Questa osservazione è molto interessante perché l’avere un parametro in grado di predire con buona precisione l’insorgenza di riacutizzazione di malattia, permetterebbe di guidare la terapia immunosoppressiva nelle vasculiti ANCA-associate. Queste patologie, infatti, prevedono lunghi trattamenti con farmaci immunosoppressori gravati spesso da importanti effetti collaterali.

Il poter disporre di parametri affidabili permetterebbe di aumentare le dosi del trattamento solamente per il tempo necessario al trattamento della recidiva

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39 mentre, all’infuori di essa, il dosaggio farmacologico verrebbe mantenuto al minimo indispensabile per una terapia di mantenimento (che prevede tipicamente la somministrazione di basse dosi di farmaci immunosoppressori al fine di evitare gli eventi avversi di questi farmaci)

Tuttavia, i vari studi condotti al riguardo non hanno permesso di trovare una correlazione precisa fra i livelli sierici di ANCA e la loro cap acità di predire l’imminente recidiva, e i dati sul ruolo patogeno delle IgG3 non sono confermati da tutti gli studi. Per questo motivo, l’iniziale ipotesi secondo cui misurazioni seriali degli ANCA nelle AAV potessero essere l’elemento fondamentale nel monitoraggio della malattia, e nella conseguente scelta terapeutica, è stata abbandonata. Ne consegue che, soprattutto per quanta riguarda la scelta terapeutica, i valori sierici di ANCA devono sempre essere contestualizzati nell’ambito delle informazioni cliniche[88]

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1.5 La granulomatosi con poliangite (GPA)

Conosciuta anche con il nome di granulomatosi di Wegener, la granulomatosi con poliangite (GPA) è una delle tre principali forme di vasculiti ANCA-associate, caratterizzata dal coinvolgimento delle vie respiratorie superiori ed inferiori (a livello delle quali si ritrova la formazione di granulomi) e interessamento renale[89].

1.5.1 Definizione

La Chapel Hill Consensus Conference definisce la GPA “granulomatosi infiammatoria che interessa il tratto respiratorio e vasculite necrotizzante che colpisce vasi di piccolo e medio calibro (capillari, venule, arteriole, ed arterie). E’ comune una glomerulonefrite necrotizzante.” Dal punto di vista di laboratorio si caratterizza per il ritrovamento nel siero dei pazienti degli ANCA-PR3[17].

I criteri dell’American College of Reumathology (1990) per la classificazione della GPA comprendono:

Infiammazione nasale o orale

Sviluppo di ulcere orali dolorose o indolenti, o purulente;

sanguinamento nasale

Anomalie radiografiche del torace

Presenza all’RX del torace di noduli, infiltrati o caverne

Sedimento urinario patologico

Microematuria (>5 emazie per campo) o cilindri ematici nel

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urinario

Infiammazione granulomatosa alla biopsia

Riscontro di infiammazione granulomatosa nellla parete di

un vaso o nell’area perivascolare o extravascolare (arterie o arteriole)

Un paziente è affetto da GPA quando sono presenti almeno due di questi quattro criteri.

1.5.2 Caratteristiche cliniche

La granulomatosi con poliangite è una patologia che può esordire in modo molto eterogeneo. Pur prediligendo le vie aeree superiori e i distretti di competenza otorinolaringoiatrica (ENT: occhio, naso e gola), può in realtà manifestarsi fin da subito come una malattia sistemica severa. La fase prodromica può durare settimane, mesi o anche anni e consiste nel persistere di sintomi del distretto ENT, come epistassi, croste nasali e sinusite, accompagnati da un malessere generale.

Febbre, perdita di peso, mialgie e artralgie sono altri sintomi frequenti. A livello polmonare predominano tosse, emottisi e dispnea. Il distretto cutaneo è interessato nel 40% dei pazienti, classicamente da una porpora palpabile; alla biopsia si rileva una vasculite leucocitoclastica. Si possono avere anche ulcere cutanee, così come gangrena alle estremità (raramente).

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