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2. LA FINANZA COMPORTAMENTALE

2.4 GLI EFFETTI DI FRAMING

Per framing si intende il modo in cui si inquadra una determinata situazione. In poche parole, come si presenta a chi deve scegliere. Il framing è un aspetto critico della Prospect theory elaborata da Kahneman e Tversky i quali formularono questo approccio per delineare il procedimento con cui gli individui

prendono decisioni in condizioni di incertezza20. Mentre la teoria finanziaria

tradizionale ipotizza l’indipendenza dal frame, basandosi sull’assunto che è la sostanza la sola cosa che conta, quella comportamentale ritiene che anche la forma riveste un ruolo rilevante.

Riguardo gli effetti di framing, si fa riferimento all’avversione alle perdite, all’avversione alla “perdita certa” e al mental accounting o contabilità mentale.

2.4.1 L’avversione alle perdite e alla perdita certa

L’avversione alle perdite, analizzata da Tversky e Kahneman nel 1979 nell’ambito della formalizzazione della Teoria del Prospetto, rappresenta l’evidenza per la quale il rammarico che un soggetto prova nel lasciarsi sfuggire una somma di denaro è più intenso del piacere per il guadagno di una somma identica.

Questa affermazione può essere rappresentata dal fatto che gli individui soffrono maggiormente la perdita di 1 euro di quanto gradiscono la vincita di 1 euro. Inoltre, sulla base di alcune ricerche psicologiche è stato provato come gli individui diano un rilevanza alle perdite pari a circa 2-2,5 volte quella assegnata a un possibile guadagno di uguale ammontare, ovvero una perdita di 100 euro

genera un dispiacere colmabile con un guadagno non inferiore a 200-250 euro21.

Questo effetto segna negativamente gli investitori a tal punto che le perdite vengono vissute in maniera traumatica condizionando le scelte successive. In

20 Kahneman e Tversky, (1979). 21 Cervellati, (2012).

39 particolare, pur di non provare il dispiacere della sconfitta l’investitore assume decisioni che spesso hanno ben poco di razionale. In alcuni casi l’avversione alle perdite è talmente accentuata da bloccare la motivazione a realizzare un guadagno

A livello aziendale, l’avversione alla perdita risulta rilevante nell’ambito delle decisioni di finanziamento tanto da poter generare l’avversione al debito. Il ricorso all’indebitamento può essere attuato per ridurre le imposte societarie agendo come scudo fiscale, tuttavia, l’avversione alla perdita induce i manager a non ricorrere in maniera massiccia all’utilizzo del debito in quanto, se da un lato questo sarebbe fonte di benefici, dall’altro determinerebbe una serie di effetti quali incremento dei costi di fallimento e di dissesto finanziario, vanificando l’effetto dello scudo fiscale degli interessi e orientando le scelte di finanziamento verso altre fonti22.

L’avversione alla “perdita certa”, invece, si estrinseca nella situazione che a fronte di una perdita pregressa, gli individui tendono a prendersi maggiori rischi pur di poterla recuperare.

Nel contesto aziendale se durante la fase di valutazione dell’investimento i manager sono stati contagiati da ottimismo e hanno intrapreso progetti a VAN negativo (ad esempio perché hanno sovrastimato i ritorni futuri), ben presto si troveranno davanti alla decisione se proseguire con quel progetto o abbandonarlo. La riluttanza a rinunciare ad un progetto di investimento tutt’altro che profittevole è causata dall’avversione alla perdita certa, poiché i manager prediligeranno andare avanti a puntare sul progetto nella speranza di andare almeno in pari rispetto ai costi dell’investimento (in questa situazione possono però intervenire anche bias di conferma e rammarico).

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2.4.2 Il mental accounting

Il mental accounting riguarda la tendenza degli individui a ragionare secondo uno schema psicologico dividendo i loro fondi in diversi compartimenti (“conti mentali”), sulla base di differenti criteri soggettivi come la provenienza di tali fondi e lo scopo che perseguono, creando differenti budget per le spese e suddividendo in categorie la ricchezza e il reddito.

È possibile indicare tre classi di conti mentali: i conti di consumo riferito alle spese; i conti di reddito in cui sono riportati i ricavi e le entrate; i conti di ricchezza cui sono ricondotte le diverse forme di ricchezza detenute.

Nel conto consumo vengono catalogate tutte le varie spese quotidiane. Si riferisce dunque al modo in cui una persona contabilizza i costi sostenuti in modo da non generare una situazione di rammarico. Ad esempio un fumatore preferirà tener conto del costo giornaliero di un pacchetto di sigarette che riterrà trascurabile se paragonato alla spesa annuale che comporta.

Il conto reddito si presta ad essere contabilizzato in base alle fonti, attribuendo rilevanza a come quella stessa somma di denaro sia stata percepita, se in modo occasionale (vincita al lotto) o meno (aumento di stipendio). L’evidenza sperimentale mostra che il modo con cui il denaro viene percepito, influisce sulla propensione a spenderlo e sulla tipologia di acquisti da effettuare; mentre una somma di denaro derivante da una vincita al lotto si presterebbe ad essere spesa in maniera leggera, poco ragionata e in tempi brevi, lo stesso non può essere detto per una stessa somma ad esempio ottenuta da un aumento dei fondi pensione che presenta una bassa (se non nulla) propensione al consumo.

Riguardo la ricchezza, le attività vengono valutate a seconda della natura in attività correnti, investimenti finanziari, investimenti mobiliari e incassi futuri. Le prime fanno riferimento alla moneta nonché a tutte le attività ad essa assimilate, mentre gli incassi futuri vengono valutati in base al valore attuale stimato. Le categorie di conti sono caratterizzate da un’accentuata rigidità e presentano propensioni al consumo diverse, decrescenti a partire dalle attività

41 correnti fino ad essere tendenzialmente nulli per gli investimenti immobiliari e gli incassi futuri.

Questa suddivisione del denaro in base alla provenienza e all’impiego, contraddice il concetto di fungibilità come invece assunto dalla finanza tradizionale.

L’apertura, la gestione e la chiusura dei conti mentali non seguono il principio della razionalità, ma sono spesso influenzati dagli esiti di scelte effettuate in passato che potrebbero determinare un elevata probabilità di incorrere in errori. Per esempio, in caso di precedenti perdite in un certo conto mentale, si è propensi ad assumere maggiori rischi pur di ritornare in pareggio.

La teoria della contabilità mentale fornisce una chiave di lettura dell’approccio piramidale, con la quale gli individui sembrano costruire il proprio portafoglio, la quale verrà analizzata esaustivamente nel capitolo successivo.