3. LE DECISIONI DI INVESTIMENTO E I PORTAFOGLI DEGLI INVESTITORI
3.2 LA PERCEZIONE DEL RISCHIO E LA RELAZIONE TRA RISCHIO E RENDIMENTO
È convinzione diffusa che le scelte di investimento degli investitori siano fondate sulla valutazione del rischio degli investimenti nonché sull’attitudine/tolleranza manifestata dagli individui nel processo di assunzione dei rischi stessi.
Differentemente dalla teoria finanziaria tradizionale che identifica la varianza come misura di rischio oggettiva e simmetrica, la finanza comportamentale mettendo in discussione questo assunto è propensa nel ritenere che la percezione
49 del rischio sia connessa all’utilizzo di euristiche nei processi di valutazione ed editing della scelte, alla cultura finanziaria, agli stati d’animo del soggetto oltre che alle interconnessioni che il singolo strumento finanziario richiami nelle persone e al framing25.
Con riferimento appunto al framing, la percezione al rischio degli investitori varia in relazione al modo in cui è inquadrato e contestualizzato un determinato problema. Ad esempio, nel momento in cui una decisione di investimento viene manifestata in termini di potenziali guadagni, l’avversione al rischio degli investitori si presenta particolarmente accentuata. Al contrario, quando la stessa decisione è presentata in termini di possibili perdite, gli investitori sono maggiormente propensi al rischio. In questo modo è possibile dedurre come l’incidenza delle perdite sulla soddisfazione e benessere delle persone sia maggiore rispetto a quella dei guadagni. Gli investitori sono tendenti a percepire maggiormente il rischio in termini di probabilità e dimensione della perdita attesa, piuttosto che di volatilità dei rendimenti.
Olsen (1997), sulla base di uno studio condotto sulle variazioni di rendimento di dieci differenti asset presenti sui mercati nel periodo tra il 1965 e il 1990, ha riscontrato come la percezione al rischio degli investitori sia fondamentalmente influenzata da quattro elementi: la possibilità di conseguire una perdita rilevante, la possibilità di ottenere un rendimento inferiore agli obiettivi iniziali, l’attitudine di gestire le perdite, il livello di consapevolezza finanziaria dell’investitore. La valutazione del rischio di un certo investimento non assume, dunque, una connotazione unicamente matematica e statistica ma è legata alle distorsioni scaturenti dagli aspetti psicologici e dalle euristiche che conseguentemente possono determinare sia problematicità nella percezione della relazione rischio/rendimento sia divergenze tra quella che è la percezione degli individui e gli indici finanziari di rischio delle diverse attività finanziarie26.
Con riferimento in particolar modo a quest’ultimo aspetto, Wang ed altri (2009) hanno rilevato come il rischio percepito dai soggetti sia influenzato dal grado di
25 Linciano, (2010). 26 Linciano, (2010).
50 comprensione dei prodotti finanziari dichiarato dagli stessi. Una scarsa cultura finanziaria potrebbe essere la principale causa della sopravvalutazione del rischio di un certo prodotto finanziario e al contrario un buona preparazione finanziaria potrebbe indurre l’effetto opposto incrementando l’overconfidence e l’illusione del controllo.
Il soggetto impegnato nella valutazione del rischio tiene conto del grado di familiarità che lo lega a una certa informazione, considerando meno rischiosi i titoli scambiati negli asset finanziari a loro più familiari, quindi con riferimento al mercato finanziario del proprio paese, rispetto a titoli appartenenti a asset meno familiari e dunque attinenti alle operazioni sui mercati esteri. Nel primo caso, la correlazione tra rischio e rendimento sarà positiva, nel senso che gli investitori registreranno aspettative ottimistiche sui rendimenti da quei titoli percepiti come maggiormente rischiosi, mentre nel secondo caso, relativo ad asset meno familiari, la correlazione tra rischio e rendimento sarà negativa in quanto le aspettative degli investitori sui rendimenti saranno più alti in corrispondenza di rischi inferiori27.
Nell’ambito delle scelte di investimento dunque, trova concreta applicazione l’ipotesi secondo la quale gli investitori assumono le loro decisioni sulla base di un processo istintivo di giudizio in grado di stimolare una valutazione affettiva positiva o negativa. Questa valutazione affettiva sembrerebbe essere il fattore cardine alla base di un giudizio di “preferenza globale” che gli investitori esprimono rispetto ai titoli sui quali pur non detenendo alcuna informazione, risultano in qualche maniera esposti: se giudicati come “buoni”, questi titoli sono percepiti come attività ad alto rendimento e basso rischio, viceversa, se ritenuti “cattivi” saranno percepiti come a basso rendimento ed alto rischio.
Un esperimento condotto da MacGregor28 ha rivelato come prescindendo dalla
quantità di informazioni disponibili e da valutazioni di tipo economico e finanziario, gli investitori attribuiranno una valenza positiva o negativa a determinati titoli sulla base di associazioni mentali. Un esempio potrebbe
27 Ganzach, (1999). 28 MacGregor, (2000).
51 scaturire dal settore di mercato collegato alla sanità, che essendo associato all’idea di guarigione e sicurezza andrebbe a stimolare negli individui una sensazione emotiva di apprezzamento.
A integrazione degli studi condotti da MacGregor, Shefrin e Statman (2001) hanno evidenziato come la valutazione del rischio effettuata dagli individui, in relazione ai vari investimenti, risulti influenzata dall’euristica della rappresentatività in base alla quale gli investitori ragionano per analogie seguendo degli stereotipi. Secondo tale intuizione gli investitori sono portati a considerare maggiormente sicuri e profittevoli titoli appartenenti ad aziende di grandi dimensioni e di una certa rilevanza, fondamentalmente stabili. Nella realtà però i titoli di queste aziende sono sopravvalutati perché detenuti da più investitori e considerata la loro stabilità, assicurano rendimenti più bassi.
La percezione del rischio connesso agli investimenti risulta essere molto diversificata in relazione al sesso dell’investitore che fornisce il giudizio. Molteplici studi concordano nell’asserire che le donne adoperano un atteggiamento più conservativo e prudenziale nel prendere delle decisioni di investimento e che, di conseguenza, ricevono proposte da parte dei consulenti finanziari di prodotti meno rischiosi rispetto a quelli che solitamente vengono
proposti agli investitori uomini29. Tale evidenza sembra essere frutto del fatto che
le donne sono mediamente più avverse al rischio e, al tempo stesso, meno overconfident degli uomini. Generalmente, questi ultimi, risultano propensi a investire maggiori e cospicue risorse in analisi finanziarie smuovendo di più il portafoglio e formulando previsioni più ottimistiche sui rendimenti rispetto alle donne. Differenze di genere che tuttavia tenderebbero a svanire nel caso di
situazioni decisionali con un basso profilo di rischio30.
Un altro aspetto da analizzare è quello relativo alle differenze nella percezione del rischio tra investitori esperti e investitori comuni (inesperti). Mentre i primi concentrano la loro attenzione prevalentemente su metodi di valutazione del rischio di tipo quantitativo e sono soggetti all’euristica dell’ancoraggio, i non
29 Eckel e Grossman, (2002); Merrill Lynch, (1996). 30 Schubert et al., (1999); Kruse e Thompson, (2002).
52 esperti privilegiano una definizione includente una molteplicità di elementi non prettamente quantitativi e possono presentare comportamenti di overeaction. Ai fini della completezza della trattazione occorre considerare la relazione tra orizzonte temporale a disposizione degli investitori nella selezione degli investimenti e la loro propensione/avversione al rischio. Investitori giovani saranno propensi maggiormente a investire in titoli azionari ad elevata volatilità rispetto a investitori più esperti che preferiranno titoli “più sicuri”.