CAPITOLO 2- LE POSSIBILI MANOVRE
2.3 ATLANTE 2
2.3.2 Gli investimenti di Atlante 2
Forse si attendeva una sensibilizzazione ancora più grande degli investitori visto il mercato a cui si andava incontro questa volta, ma come sempre le aspettative sono state molto lontane dalla realtà. Le adesioni sono state meno di quelle previste74 e a malapena hanno raggiunto i 1,7 miliardi di euro75. I risultati sono stati ben lontani da quelli desiderati e ancora una volta hanno confermato che la “mano” dell’intervento pubblico è indispensabile per la guarigione delle banche. Una buona parte del Fondo è stato semplicemente ereditato da quello precedente. Tutto ciò che Atlante non aveva fino ad ora utilizzato è stato “trasferito” in Atlante 2. La paura più grande è se riuscirà il fondo in un anno a raccogliere quando necessario e previsto. Raggiungere in un solo anno il doppio di quel 1,7 miliardi, viste le adesioni principali, sembra quasi irrealistico. Nei fatti molti ex-investitori, ad esempio le casse previdenziali, si sono spaventati ed hanno avuto timore ad investire. Unicredit e Intesa S.P. sono le banche che non hanno mai perso la fiducia sul funzionamento di tale manovra e hanno rischiato di nuovo con un investimento previsto che supera i trecento milioni di euro.
Se lo scopo del primo Fondo era quello di salvare le banche venete, il secondo ha aperto la strada ad un altro istituto di credito che è quello di MPS. La banca è stata in una situazione critica per quanto riguarda le ingenti quantità di partite anomale. Questo istituto ha sofferto tanto e dopo le banche venete ha suscitato l’interesse degli investitori. Una banca di così grande rilevanza non poteva sicuramente essere lasciata in mano al destino. Infatti, basti immaginare per un solo secondo cosa accadrebbe se un giorno Unicredit fosse esposta a delle procedure di risoluzione. Sarebbe semplicemente catastrofico e causerebbe sofferenze a tutte le altre banche ed a tutto il sistema. Anche MPS, a prescindere dalle difficoltà subite nel corso degli anni, si può considerare una banca molto rilevante in Italia. Questa non era sicuramente una strada facile da intraprendere alla luce delle dotazioni del Fondo e della situazione sempre peggiore di Monte Paschi di Siena. Non è stato facile soprattutto per la pressione dell’EBA che pretendeva una diminuzione di oltre dieci miliardi in poco meno di un anno dei bad
assets netti76. Una missione impossibile da compiere in due anni. Ovviamente, questo non è mai avvenuto, anzi la banca si è impoverita ancora di più e le sue azioni valevano
74 Il fondo prevedeva la raccolta di almeno 3,5 miliardi fino alla scadenza.
75www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/09/banche-il-fondo-atlante-2-si-ferma-a-17-miliardi-in-
salita-la-strada-per-recuperare-i-crediti-in-sofferenza-di-mps/2964514/
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poco più di niente. Guardare una banca di questa entità competere sul mercato borsistico con un titolo che vale poco più di trenta centesimi crea una ferita che non può facilmente essere guarita da un miracolo.
I vertici del paese si esprimevano piuttosto fiduciosi che l’unica via percorribile per salvarla sarebbe stata quella di mettere in mezzo una forza maggiore come gli aiuti di Stato, ma l’esperienza aveva insegnato che ciò non era la scelta migliore, viste le conseguenze che si erano avute nel passato. Il vero problema della Banca non era tanto quello di trovare un acquirente, ma quello di trovare qualcuno che fosse disposto a valorizzare le loro attività. Se un azienda però perde la fiducia del mercato borsistico perde anche il valore delle sue attività. Di conseguenza, gli investitori attribuiscono all’acquisto di tale attività un prezzo sempre minore del valore nominale. Al fatto che il credito è deteriorato e quindi, a prescindere dall’acquirente, parte già con un valore molto inferiore a quello originario, si aggiunge anche un ulteriore deterioramento a causa della sfiducia degli investitori. Infatti il valore attribuito dal mercato era la metà di quello che MPS aveva attribuito al bilancio alle proprie attività.
È stato considerato l’avvenimento più importante per l’intero sistema bancario del nostro paese e non solo. L’investimento avrebbe raggiunto il valore di 25 miliardi di euro lordi di crediti non performanti, portando sicuramente ad una rinascita della banca. Oltre all’istituto bancario senese, sono state conseguite altre operazioni di cartolarizzazione per una serie di banche. Un intervento importante è stato anche quello sul trio77 che ha rischiato di finire in una procedura di risoluzione un anno prima della costruzione del fondo. Anche se di entità molto inferiore (2, 2 miliardi di euro) rispetto all’investimento fatto per MPS, questa operazione ha avuto un’importanza indiscussa giacché aveva come scopo quello di evitare che le banche fossero poste ad una procedura di bail-in. I bad loans delle suddette banche sono stati ceduti ad UBI Banca, alimentando la speranza verso la ripresa degli istituti di credito.
Dopo un anno di piena attività, le risorse del Fondo si sono esaurite, tanto da passare alla fase successiva per capire come si possano sanare questi crediti. Non è da sottovalutare che un rendimento del 6% è troppo irrealistico in un contesto economico e finanziario come quello italiano. Per ottenere ciò, bisognerebbe non scontrarsi mai con dei fattori ostativi lungo il percorso, ma è molto difficile se non impossibile. In caso di esito negativo non si perde soltanto l’interesse atteso dai titoli ma tutto l’investimento
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effettuato78: un vero e proprio “fallimento” per le banche sane che hanno creduto nella sua efficacia. Quest’ultime sono le prime a rischiare visto il boom di adesioni al secondo Fondo. Infatti all’inizio si era visto una maggiore partecipazione degli enti previdenziali e della CDP che si sono mostrati meno generosi con Atlante 2. Il numero delle banche coinvolte nell’operazione è poco più del doppio di tutte le altre istituzioni messe assieme, a dimostrazione del loro timore e sfiducia.