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GLI INVESTITORI ISTITUZIONALI

Nel documento Relazione annuale (pagine 193-200)

La raccolta. – È proseguita l’espansione dell’industria del risparmio gestito, favorita

dalla ricomposizione del portafoglio delle famiglie (cfr. il capitolo 7: Le condizioni

finanziarie di famiglie e imprese). I fondi comuni di diritto italiano, le assicurazioni, i

fondi pensioni e le gestioni patrimoniali hanno raccolto risorse per circa 50 miliardi,

un flusso poco superiore a quello osservato nel 2016 (tav. 13.1 e fig.  13.8.a)10. Il

patrimonio complessivo gestito dagli investitori istituzionali, pari a circa 1.500 miliardi, ha raggiunto l’88 per cento del PIL.

La lieve crescita è stata guidata principalmente dall’andamento dei fondi comuni, la cui raccolta è più che raddoppiata. Vi hanno contribuito nel 2017 il buon andamento dei rendimenti al netto delle commissioni (cfr. il riquadro: Il costo dell’investimento in

fondi comuni) e l’introduzione dei piani individuali di risparmio (PIR), strumenti di

investimento specializzati nei mercati azionari e obbligazionari italiani che beneficiano di agevolazioni fiscali (cfr. il riquadro: I piani individuali di risparmio, in Rapporto sulla

stabilità finanziaria, 2, 2017). Le sottoscrizioni nette di quote di fondi conformi alla

normativa sui PIR sono state di circa 9,7 miliardi, pari a oltre il 50 per cento di quelle dei fondi comuni aperti di diritto italiano. Al netto di quella affluita ai fondi PIR, la raccolta del comparto sarebbe stata inferiore a quella del 2016.

8 L’analisi riguarda gli intermediari iscritti nell’albo ex art.106 del D.lgs. 385/1993 (Testo unico bancario, TUB), ad eccezione dei confidi, trattati separatamente.

9 Rapporto tra il patrimonio di vigilanza e il valore delle attività ponderate per il rischio.

10 La raccolta dei singoli comparti riportata nella tav. 13.1 include i flussi provenienti dagli altri investitori istituzionali. I dati relativi alla raccolta consolidata sono riportati nella fig. 13.8.a.

Figura 13.8 Raccolta netta e patrimonio degli investitori istituzionali

(a) raccolta netta in Italia (1)

(miliardi di euro) nelle attività finanziarie delle famiglie (2)(b) quota del risparmio gestito

(punti percentuali) 0 10 20 30 40 50 60 70 Italia area

dell'euro RegnoUnito StatiUniti

2007 2017 -200 -150 -100 -50 0 50 100 150 '08 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '15 '16 '17 assicurazioni fondi pensione fondi comuni gestioni patrimoniali totale consolidato (3) -200 -150 -100 -50 0 50 100 150 0 10 20 30 40 50 60 70

Fonte: per il pannello a, Banca d’Italia, Ivass e Covip; per il pannello b Banca d’Italia, BCE, OCSE, BEA e Federal Reserve.

(1) I flussi sono al lordo della raccolta presso altri investitori istituzionali. Per i fondi comuni sono inclusi solo quelli italiani. Per il 2017 dati provvisori. – (2) L’aggregato dell’area dell’euro si riferisce alla composizione a 19. Per gli Stati Uniti, il dato sui fondi pensione è relativo ai fondi pensione privati e a quelli statali e locali; sono esclusi i piani pensionistici federali. Sono inclusi i fondi esteri detenuti da residenti. – (3) Cfr. le note alla tav. 13.1.

Tavola 13.1 Investitori istituzionali: flussi e consistenze delle attività gestite

(milioni di euro e valori percentuali)

VOCI

Flussi netti Consistenze di fine periodo

2016 2017 (1) 2016 2017 (1) quote percentuali 2016 2017 (1) Fondi comuni (2) 11.798 25.090 300.865 327.764 15,6 15,9 Assicurazioni (3) 50.861 39.041 680.176 715.800 35,2 34,8 Fondi pensione (4) 4.425 4.000 93.619 104.813 7,8 7,9 Gestioni patrimoniali 18.473 -836 801.119 857.563 41,4 41,4 Totale 85.557 67.295 1.933.355 2.058.909 100,0 100,0 Totale consolidato (5) 48.997 50.191 1.399.620 1.506.985

in percentuale del PIL 6,0 3,9 83,3 87,8

Per memoria:

fondi comuni esteri (6) 26.874 56.772 687.333 775.778

di cui:

di intermediari italiani 11.997 25.478 139.257 165.855

Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Ivass, Covip e Assogestioni.

(1) Dati provvisori. – (2) Fondi comuni di diritto italiano. – (3) Per le consistenze di fine periodo, riserve tecniche al netto delle riserve a carico dei riassicuratori. Sono escluse le rappresentanze in Italia di imprese di assicurazione con sede in paesi UE e sono incluse le rappresentanze in Italia di imprese con sede in paesi extra UE. – (4) Per le consistenze di fine periodo, attivo di bilancio. – (5) Al netto degli investimenti in OICR italiani delle varie categorie di intermediari, degli investimenti delle compagnie di assicurazione e dei fondi pensione in gestioni patrimoniali delle società di gestione del risparmio (SGR) e delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione derivanti dalla gestione di fondi pensione aperti. – (6) Fondi aperti di diritto estero e fondi di intermediari esteri. Il patrimonio e la raccolta netta fanno riferimento al controvalore delle quote rispettivamente detenute e sottoscritte da investitori italiani.

IL COSTO DELL’INVESTIMENTO IN FONDI COMUNI

Il costo complessivo di investimento in un fondo comune (total shareholder

cost, TSC) è rappresentato dalla somma degli oneri indiretti e dei costi direttamente

a carico dell’investitore, in rapporto al patrimonio. Gli oneri indiretti includono le commissioni di gestione e di incentivo, la remunerazione della banca depositaria e gli altri oneri residuali, che vengono periodicamente decurtati dal valore delle quote del fondo comune; in rapporto al patrimonio essi definiscono il total expense ratio (TER). I costi direttamente sostenuti dall’investitore comprendono le commissioni di ingresso pagate in occasione dell’acquisto delle quote e quelle di uscita corrisposte al momento del riscatto.

Stime basate sui dati di bilancio delle società di gestione del risparmio (SGR) mostrano che nel periodo 2006-2017 il costo complessivo di investimento è stato in media pari all’1,6 per cento del patrimonio complessivo dei fondi comuni aperti

italiani1. Nel 2017 il TSC è stato pari all’1,9 per cento, in aumento rispetto all’anno

precedente (1,7 per cento; figura, pannello a). L’incidenza dei costi direttamente pagati dal risparmiatore è salita in coincidenza con la crescente diffusione dei fondi

a scadenza2: dal 2013 al 2017 i costi diretti hanno pesato in media per oltre il 10

per cento sul totale delle commissioni. Nella media del periodo i fondi azionari,

1 G. Albareto, G. Cappelletti, A. Cardillo e L. Zucchelli, Il costo totale dell’investimento in fondi comuni, Questioni di economia e finanza, 391, 2017. Le stime riportate sono state effettuate sulla base dei dati sull’ammontare delle commissioni di sottoscrizione e rimborso per singolo fondo riportato nei bilanci delle SGR. I dati relativi al 2017 sono provvisori.

2 I fondi a scadenza sono fondi aperti connotati da un orizzonte di investimento predefinito generalmente compreso tra i cinque e i sette anni; distribuiscono spesso cedole e sono raccolti in una ristretta finestra temporale di collocamento (massimo tre mesi).

Figura Commissioni e rendimenti dei fondi comuni armonizzati italiani

(a) andamento di TER e TSC (2006-2017)

(flussi annuali in percentuale del patrimonio) (1) (b) rendimento dei fondi comuni armonizzati italiani (2)(medie semplici; punti percentuali)

-10 -5 0 5 10 '06 '07 '08 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '15 '16 '17 rendimento al netto del TSC rendimento lordo (2) 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 '06 '07 '08 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '15 '16 '17

commissioni di sottoscrizione e riscatto TER

-10 -5 0 5 10

Fonte: elaborazioni su segnalazioni di vigilanza.

(1) Il patrimonio è calcolato come media del patrimonio dei singoli fondi. – (2) Rendimenti a 12 mesi di fine anno. I rendimenti sono al netto delle imposte fino al mese di giugno 2011. Il 1° luglio del 2011 è entrato in vigore il nuovo regime di tassazione dei fondi comuni di diritto italiano: si è passati dalla tassazione del reddito maturato a quella del reddito realizzato, che non può essere calcolata; quest’ultima era già applicata ai fondi di diritto estero commercializzati in Italia.

Le compagnie assicurative hanno raccolto fondi per circa 39 miliardi, un valore storicamente elevato, ma in calo rispetto al 2016. Il calo ha riguardato in particolare il ramo vita ed è riconducibile al basso livello dei tassi di interesse che continua a limitare la capacità delle imprese di offrire garanzie sul rendimento minimo.

Il lieve deflusso di risorse dalle gestioni patrimoniali è riconducibile alla diminuzione della componente proveniente dalle compagnie assicurative relativa alle polizze con garanzie sul rendimento minimo. Il flusso verso le gestioni patrimoniali derivante dalle famiglie, che nel 2016 si era notevolmente ridotto, è rimasto stabile.

Negli anni recenti la quota del portafoglio finanziario delle famiglie italiane gestita dagli investitori istituzionali è cresciuta, pur rimanendo al di sotto della media dei paesi dell’area dell’euro, del Regno Unito e degli Stati Uniti a causa della minore quota affidata alla gestione dei fondi pensione (fig. 13.8.b; cfr. il capitolo 7: Le condizioni

finanziarie di famiglie e imprese).

Gli investimenti. – La quota del portafoglio dei fondi comuni, delle assicurazioni, dei

fondi pensioni e delle gestioni patrimoniali investita in titoli pubblici italiani è lievemente diminuita, mentre sono aumentati gli investimenti nei titoli emessi dalle imprese. Il peso di azioni e obbligazioni private emesse da società residenti nel portafoglio degli investitori istituzionali italiani, pari a circa il 7 per cento, è simile a quello rilevato per gli investitori istituzionali dell’area dell’euro (fig.  13.9), ma inferiore a quella di Spagna e Francia, rispettivamente pari all’11 e al 23 per cento.

Un incremento della quota degli investimenti in titoli emessi da imprese italiane potrà essere favorita dallo sviluppo dei PIR. A un anno dal loro lancio, il patrimonio dei fondi comuni aperti di diritto italiano conformi alla normativa sui PIR, pari a circa 12,8 miliardi, di cui circa la metà investiti in titoli emessi da società non finanziarie italiane, rappresentava il 5 per cento del totale delle consistenze dell’intero comparto (cfr. il riquadro: Gli investimenti dei fondi comuni conformi alla normativa sui PIR, in

Rapporto sulla stabilità finanziaria, 1, 2018).

quelli bilanciati e quelli flessibili hanno mostrato il TSC più elevato; l’incidenza delle commissioni direttamente a carico dell’investitore è risultata più elevata per i fondi bilanciati e per quelli flessibili.

Il TSC consente di confrontare i rendimenti di fondi comuni con strutture

di commissioni diverse, al netto del diverso profilo di rischio3. Sottraendo i costi

direttamente e indirettamente sostenuti dagli investitori, nella media del periodo 2012-17 il rendimento annuo dei fondi comuni aperti italiani è stato pari al 3,8 per cento, a fronte di un rendimento lordo pari al 5,6 per cento (figura, pannello b); nello stesso periodo il rendimento netto di ciascuna categoria di fondi è stato in media positivo.

3 R. Cesari e F. Panetta, The performance of Italian equity funds, “Journal of Banking & Finance”, 26, 1, 2002, pp. 99-126; J.D. Rea e B.K. Reid, Total shareholder cost of bond and money market mutual fund, “Perspective”, 5, 3, 1999; A. Khorana, H. Servaes e P. Tufano, Mutual fund fees around the world, “The Review of Financial Studies”, 22, 3, 2008, pp. 1279-1310.

Nel 2017 il patrimonio gestito dai fondi chiusi mobiliari di diritto italiano, che resta di ampiezza contenuta nel confronto internazionale, è rimasto stabile rispetto al valore rilevato nell’anno precedente. Il portafoglio dei fondi di private equity, il cui valore è più che triplicato dal 2010, è pari a circa 17 miliardi. Le consistenze dei fondi di minibond, che operano da circa cinque anni, ammontano a poco meno di 2,5 miliardi. A tre anni dalla loro introduzione le attività dei fondi di credito sono pari a circa 500 milioni.

La redditività. – La redditività del capitale delle compagnie di assicurazione italiane

si è mantenuta stabile, sia nel ramo vita sia nel ramo danni (cfr. Rapporto sulla stabilità

finanziaria, 1, 2018).

Il buon andamento della raccolta dei fondi comuni aperti si è riflesso in un aumento della redditività dei gestori di fondi. Al netto dei proventi derivanti dalle operazioni straordinarie di cessione di fondi, l’incremento degli utili netti di tali società è stato pari al 37 per cento. La redditività dei gestori specializzati nel private equity ha continuato a risentire delle difficoltà nel reperire nuovi capitali. Il rapporto tra patrimonio di vigilanza e requisito patrimoniale dei gestori di fondi è rimasto pressoché stabile rispetto al 2016 (da 6,3 a 6,0).

Figura 13.9 Principali attività finanziarie degli investitori istituzionali

(quote percentuali; 2017)

(a) investitori istituzionali italiani (1) (b) confronto internazionale (2)

Italia area dell'euro titoli emessi da imprese residenti titoli emessi da imprese non residenti fondi di investimento

titoli di Stato esteri titoli di Stato nazionali 0 20 40 60 80 100 fondi

comuni pensionefondi assicurazioni patrimonialigestioni titoli di Stato italiani

titoli emessi da imprese estere fondi di investimento titoli di Stato esteri

titoli emessi da imprese italiane

0 20 40 60 80 100 0 20 40 60 80 100 0 20 40 60 80 100

Fonte: Banca d’Italia, BCE, Ivass, Covip.

(1) Attivi al valore di bilancio. Investimenti a copertura delle riserve tecniche dei rami danni e dei prodotti tradizionali del ramo vita (classe C) per le assicurazioni; patrimonio gestito per i fondi comuni, le gestioni patrimoniali e i fondi pensione. Fondi comuni armonizzati di diritto italiano. I dati includono i fondi pensione negoziali, aperti e quelli istituiti prima della riforma del 1993, tra cui gli autonomi e gli interni di cui si hanno informazioni sulla composizione degli attivi. I dati relativi al 2015 sono provvisori. – (2) Sono escluse le gestioni patrimoniali; nei dati sull’area dell’euro è stata esclusa l’Italia.

14. I MERCATI MONETARI E FINANZIARI

Nel 2017 le condizioni dei mercati finanziari italiani sono migliorate, per effetto dell’orientamento fortemente espansivo della politica monetaria dell’area dell’euro, del rafforzamento della ripresa economica, del buon andamento degli utili societari e del riassorbimento di gran parte dei rischi sistemici nel settore bancario.

L’indice generale della borsa italiana ha beneficiato in particolare del rialzo dei corsi azionari delle banche italiane, che sono cresciuti più di quelli delle banche degli altri principali paesi dell’area. Vi hanno contribuito il miglioramento delle attese degli analisti sugli utili e la soluzione della crisi di alcuni gruppi bancari italiani. Nel corso dell’anno i rendimenti sui titoli di Stato sono aumentati gradualmente, in linea con quelli degli altri paesi, grazie al consolidamento della ripresa economica nell’area dell’euro. Il differenziale di interesse dei titoli di Stato decennali italiani rispetto a quelli tedeschi è rimasto stabile, nonostante il perdurare di tensioni internazionali.

Nei primi mesi del 2018 i mercati finanziari italiani hanno risentito in misura inferiore rispetto alle altre economie dell’area degli episodi di forte rialzo della volatilità sui mercati internazionali. Il differenziale di interesse dei titoli di Stato decennali è sceso; dalla metà di maggio è tornato a salire sensibilmente, a causa del riaffiorare di incertezze sulle prospettive dell’economia nazionale. Il contenimento dei premi per il rischio sui titoli di Stato italiani presuppone una credibile prospettiva di aggiustamento dei conti pubblici e la prosecuzione di riforme volte a innalzare il potenziale di crescita di lungo periodo dell’economia italiana.

Il mercato monetario

Nel 2017 il ricorso delle banche al mercato monetario ha continuato a essere molto basso, a fronte dell’abbondante liquidità nel sistema bancario, generata dal programma ampliato di acquisti di attività finanziarie dell’Eurosistema (Expanded Asset Purchase

Programme, APP) e dalle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine.

Il volume degli scambi di depositi interbancari non garantiti sul mercato telematico dell’e-MID ha subito una contrazione nella media dell’anno, raggiungendo il minimo storico, mentre sono rimasti pressoché stabili gli scambi sul segmento over-the-counter (fig. 14.1.a); su entrambi i mercati i volumi restano sostanzialmente inferiori a quelli registrati prima della crisi finanziaria del 2008.

La maggior parte delle transazioni continua a essere effettuata sul mercato pronti contro termine dell’MTS; proseguendo la tendenza iniziata dalla seconda metà del 2016, gli scambi medi giornalieri sono ulteriormente cresciuti rispetto all’anno precedente nel segmento special repo, che ha fatto registrare nuovi massimi storici, a

fronte di una contrazione in quello general collateral (fig. 14.1.b; cfr. il capitolo 14:

I mercati monetari e finanziari nella Relazione annuale sul 2016).

I tassi di interesse dei pronti contro termine a brevissimo termine sui titoli di Stato italiani sono rimasti allineati al tasso di interesse sui depositi presso l’Eurosistema.

Il mercato dei titoli pubblici

L’offerta e la domanda di titoli. – Nel 2017 le emissioni nette di titoli pubblici

sono diminuite rispetto all’anno precedente (da 56 a 43 miliardi), riflettendo in parte la decisione del Tesoro di ridurre le proprie disponibilità liquide (cfr. il capitolo 11: La

finanza pubblica); la consistenza di questi titoli in rapporto al PIL è lievemente scesa,

collocandosi al 111,3 per cento alla fine dell’anno. La vita media residua del debito è rimasta su livelli elevati (circa 7,4 anni; cfr. Bollettino economico, 2, 2018), contribuendo a contenere la sensibilità del costo medio del debito pubblico alle variazioni dei tassi di interesse all’emissione.

Nello stesso periodo la quota di titoli pubblici italiani detenuta dalla Banca d’Italia è ulteriormente aumentata al 19,1 per cento (dal 14,4 del 2016). Gli acquisti netti effettuati dalla Banca nell’ambito dell’APP si sono tuttavia ridotti rispetto all’anno precedente (da 119 a 106 miliardi di euro), per effetto della ricalibrazione degli acquisti mensili avviata ad aprile del 2017 (cfr. il capitolo 3: La politica monetaria

nell’area dell’euro).

A fronte dell’incremento della percentuale di titoli detenuta dalla Banca d’Italia si è contratta quella facente capo a investitori residenti. In particolare è scesa significativamente la quota dei titoli nel portafoglio delle banche italiane (di 2,5 punti, al 15,3 per cento) e in misura minore quella delle famiglie, delle assicurazioni e dei Figura 14.1 Scambi sul mercato monetario

(medie mensili di dati giornalieri; miliardi di euro)

(a) scambi non garantiti (b) scambi garantiti

2013 2014 2015 2016 2017 '18 0 20 40 60 80 100

MTS-general collateral MTS-special repo

2016 '18 2013 2014 2015 2017 0 1 2 3 4 0 1 2 3 4 e-MID over-the-counter (1) 0 20 40 60 80 100

Fonte: elaborazioni su dati e-MID SIM spa, MTS spa e TARGET2-Banca d’Italia.

(1) Scambi di mercato monetario non assistiti da garanzie con scadenza fino a una settimana effettuati tra banche italiane appartenenti a gruppi diversi; stime basate sulle informazioni del sistema TARGET2-Banca d’Italia.

fondi comuni di diritto italiano (di 0,7, 0,6 e 0,2 punti percentuali, al 5,4, 15,2 e 2,7 per cento, rispettivamente).

La quota di titoli detenuti da investitori esteri è diminuita lievemente (di 0,7 punti percentuali), collocandosi al 35,4 per cento del totale; secondo nostre stime si è mantenuta pressoché invariata al 26,5 per cento al netto dei titoli detenuti dall’Eurosistema (esclusa la Banca d’Italia) e di quelli nel portafoglio di gestioni patrimoniali e fondi comuni esteri riconducibili a risparmiatori italiani.

I rendimenti. – Nell’arco del 2017 il rendimento dei titoli di Stato italiani decennali

è salito di circa 25 punti base (al 2,1 per cento; fig. 14.2.a); aumenti meno marcati hanno interessato le scadenze a breve e a medio termine. I rendimenti sono cresciuti per effetto del rafforzamento delle condizioni cicliche sia in Italia sia nell’area dell’euro; tuttavia hanno continuato a essere frenati dal programma di acquisto dei titoli pubblici dell’Eurosistema e non hanno risentito dell’avvio della graduale ricalibrazione della politica monetaria dell’area dell’euro intrapresa in autunno. I timori connessi con fattori geopolitici e con rischi legati alle politiche commerciali a livello globale non hanno esercitato effetti rilevanti sui titoli di Stato italiani, né su quelli degli altri paesi dell’area dell’euro.

Dopo essere saliti nei primi mesi del 2017, i differenziali di rendimento rispetto ai corrispondenti titoli tedeschi sono gradualmente diminuiti dalla primavera, rimanendo di fatto invariati nel complesso dell’anno (fig. 14.2.b); al miglioramento hanno contribuito l’esito delle elezioni presidenziali francesi e il successo degli interventi pubblici a sostegno di alcune banche italiane, in aggiunta alla pubblicazione di dati macroeconomici più favorevoli delle attese.

I differenziali di rendimento si sono ridotti in misura marcata nei primi mesi del 2018, soprattutto grazie al rafforzamento della fase congiunturale. Dalla seconda Figura 14.2 Rendimenti e differenziali di rendimento dei BTP su diverse scadenze

(dati giornalieri; punti percentuali)

(a) rendimenti (b) differenziali di rendimento rispetto ai titoli tedeschi

2013 2014 2015 2016 2017 '18 -1 0 1 2 3 4 5 10 anni 2016 2014 2017 2013 2015 '18 -1 0 1 2 3 4 5 3 anni 5 anni

Nel documento Relazione annuale (pagine 193-200)