• Non ci sono risultati.

Sezione II: La dinamica del controllo successiva alla legge 234 del

2. Gli obblighi informativi generali del Governo

Come abbiamo visto, gli artt. 4, 5 e 6 della legge 234 del 2012 contengono una serie di obblighi governativi di “consultazione” e “informazione” con l’obiettivo di incrementare il coinvolgimento parlamentare ex ante ed ex post sul processo di formazione della posizione che il governo sosterrà nelle sedi decisionali europee. Gli strumenti informativi sono costruiti per coprire ogni momento del processo decisionale europeo, dalla formulazione delle politiche fino all’adozione dei singoli atti europei, passando attraverso le procedure di consultazione in fase pre-legislativa (artt. 4 e 6). Inoltre, la previsione di flussi informativi con la Rappresentanza permanente presso l’Unione europea per il tramite del governo mira a fornire elementi di conoscenza anche sull’andamento dei negoziati, sull’iter di formazione della posizione governativa e sul processo di allineamento di questa rispetto agli indirizzi parlamentari eventualmente formulati (art. 4, co. 3 e art. 3, co. 3). Infine, la previsione di specifici obblighi di raccordo informativo è pensata per venire incontro alle esigenze informative del parlamento con riferimento a singoli settori di politica pubblica (artt. 4, co. 4 e 5).

L’ampiezza degli obblighi informativi risulta comparabile, almeno in linea teorica, a quella tipica di altri sistemi nazionali ad elevato coinvolgimento parlamentare. Ciò significa che se nella prassi al pieno adempimento dei doveri del governo corrispondesse la capacità parlamentare di servirsene al fine di incrementare la propria voce nella formazione della posizione nazionale, potrebbe determinarsi un concreto salto di qualità nella partecipazione del parlamento e del sistema paese al processo decisionale europeo.

Di seguito cercheremo di capire se gli scopi prospettati dalle disposizioni sono stati effettivamente perseguiti nelle prassi di attuazione delle disposizioni citate. Ci limiteremo a svolgere brevi cenni in relazione all’adempimento degli obblighi informativi in specifici settori di politiche, alla partecipazione parlamentare alle consultazioni in fase pre-legislativa e al raccordo con la Rappresentanza permanente, in quanto le prassi sul punto risultano estremamente limitate.

Approfondiremo invece di seguito l’informativa sui Consigli europei e i flussi informativi nel processo di elaborazione di singoli atti dell’Unione in vista dell’analisi delle dinamiche di indirizzo e controllo.

Iniziando dall’informativa delle Camere in materia economica e finanziaria, l’unico caso di applicazione dell’art. 4, co. 4 della legge del 234 è relativo alle comunicazioni rese dal Ministro dell’Economia e della finanza in plenaria prima e successivamente all’adozione di alcune decisioni di grande impatto finanziario in sede di elaborazione del Meccanismo europeo di stabilità (MES). Non si rinvengono invece nella prassi casi di applicazione dell’art. 5, che prevede la consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria, nonostante vi fossero i presupposti per la sua operatività in occasione della stipula dell’accordo intergovernativo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al Fondo di risoluzione unico concluso il 21 maggio del 2015 da 26 Stati membri e ratificato dalle Camere con legge 188 del 2015.

Diversamente da quanto avviene per il settore economico e finanziario, l’adempimento degli obblighi informativi in tema di politica estera e di sicurezza comune ai sensi dell’art. 4 co. 2 della legge 234 è invece attualmente condotto in via regolare tramite audizioni del Ministro per gli affari esteri e del Ministro della difesa svolte per lo più davanti alle Commissioni congiunte Affari esteri e Difesa delle due Camere. Presso la Commissione affari esteri della Camera dei deputati si è inoltre intervenuti a livello organizzativo al fine di rendere più agevole il coinvolgimento parlamentare, tramite la costituzione di una sottocommissione con specifica competenza nell’esame e nell’attività di indirizzo in tema di politica estera e di sicurezza europea.

Uno degli strumenti della legge 234 considerato tra i più evoluti nel panorama europeo e tra i più preziosi al fine di garantire al Parlamento dati aggiornati sui negoziati e sugli sviluppi nella elaborazione della posizione nazionale è rappresentato dai flussi informativi e dagli obblighi di assistenza della Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea agli uffici delle Camere previsti dagli artt. 4 co. 3 e 3 co. 3 della legge 234. Nei primi anni di vigenza della legge il governo

non ha adempiuto a questi obblighi, giustificando tale condotta sulla base del carattere “confidenziale”

che caratterizza molti dei documenti e delle note informative provenienti dalla Rappresentanza permanente. Nelle valutazioni della Relazione consuntiva del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno 2012 contenente un primo bilancio sull’attuazione della l. n. 234 del 2012 la XIV Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera sottolineava “la mancata piena e sistematica attuazione di tutti gli obblighi informativi previsti dalla l. n. 234 del 2012” e suggeriva “in particolare l’attuazione degli artt. 3 e 4 che prevedono la trasmissione alle Camere delle relazioni e note informative predisposte dalla Rappresentanza permanente e l’assistenza documentale

affinamento di pratiche a garanzia dell’attuazione dei doveri informativi, il Governo trasmette alle Camere alcune delle note che la Rappresentanza fornisce regolarmente al Ministro per gli affari esteri, al Dipartimento delle politiche europee, ai consiglieri diplomatici e alle strutture dei ministeri competenti. Il Governo ne raccomanda tuttavia un utilizzo e un trattamento confidenziale. Al fine di corrispondere a questa richiesta, i parlamentari possono avere accesso alle note esclusivamente nelle sedi della Segreteria della Commissione per gli affari europei o delle altre Commissioni permanenti, fermo restando il divieto di richiederne copia. Le note sono utilizzate per lo più dagli uffici amministrativi delle Camere come base informativa per la predisposizione della documentazione necessaria alla fase di esame e indirizzo degli organi parlamentari competenti. Anche riguardo alla previsione di cui all’art. 3, co. 3, che impone al governo di garantire l’assistenza documentale della rappresentanza permanente agli uffici di Camera e Senato, si sono sviluppate nel tempo regolari pratiche di coordinamento, sebbene non sia stato ancora stipulato l’accordo sulle modalità di attuazione richiesto dalla stessa norma.

Un cenno merita anche la prassi relativa alla partecipazione parlamentare nell’ambito delle procedure di consultazione avviate dal governo con le istituzioni europee, a norma dell’art. 6, co. 2 della legge 234. La norma prevede che i commenti predisposti dal Governo e inviati nelle sedi europee siano trasmessi tempestivamente anche alle Camere così da garantirne un coinvolgimento nella fase pre-legislativa di elaborazione dei documenti di consultazione.

Tale inciso interveniva a colmare una lacuna presente nella legge 11 del 2005, che prevedeva solo l’obbligo di trasmissione di documenti di consultazione. Nella prassi si verificava di frequente il rischio di un disallineamento tra le posizioni indicate negli atti di indirizzo in sede di consultazione approvati dalle Camere e quelle del Governo, rischio accentuato anche dalla mancata partecipazione del Governo ai lavori delle commissioni parlamentari coinvolte414. A distanza di 4 anni dall’entrata

in vigore della legge 234 questa lacuna non pare essere stata colmata: seppure il testo normativo rappresenti un positivo passo in avanti, in fase attuativa tutt’oggi accade di frequente che il parlamento venga a conoscere e a disporre dei commenti governativi formulati in seno alla procedura di consultazione solo perché resi pubblici dal governo o nel sito internet della Commissione415.

I dati sicuramente più interessanti riguardano l’attuazione del dettato di cui all’art. 4 sulle comunicazioni del governo in relazione ai Consigli europei e ai Consigli. Negli anni successivi all’entrata in vigore della nuova legge di sistema si conferma, dettaglia e consolida il trend già sviluppatosi a partire dalla legge 11 del 2005: sin da allora si registrò un regolare ricorso alle comunicazioni del governo prima dei Consigli europei, mentre solo in via episodica si svolgevano

414 A. ESPOSITO, La legge 24 dicembre 2012, n. 234 cit., p. 29.

audizioni di rappresentanti del governo o si realizzava la trasmissione di informazioni in via formale sulle riunioni del Consiglio. Tale disallineamento ha assunto contorni ancora più netti negli anni successivi, perfezionandosi le prassi sui Consigli europei e permanendo immutata l’inattuazione del meccanismo in relazione ai Consigli dell’Unione europea. Ad oggi, le due Camere raramente richiedono al governo di rendere comunicazioni in commissione competente o in plenaria prima e/o dopo i Consigli. La ragione dell’assenza di un’attività di controllo regolare, che è invece ben sviluppata in altri Stati membri dell’Unione, può rintracciarsi nella tendenza delle Commissioni permanenti a preferire lo svolgimento di dibattiti con il ministro competente o con il segretario di Stato (per lo più nella forma di audizioni) in sede di esame di specifici atti dell’Unione, piuttosto che a discutere l’ordine del giorno delle sessioni del Consiglio. Tale attitudine impedisce però alla camera di influenzare la complessiva azione del governo nell’ambito di ogni consiglio e di controllare ex post se e in che modo il governo abbia tenuto conto delle posizioni parlamentari eventualmente formulate. La prassi sui Consigli europei è invece caratterizzata da una costante evoluzione verso il consolidamento e il perfezionamento di questo meccanismo di informazione e controllo. Nello specifico, dall’aprile del 2005 al novembre del 2011 la prassi sui Consigli europei prevedeva comunicazioni ex ante del Governo nella persona del Ministro degli esteri o di un sottosegretario agli esteri presso le Commissioni riunite esteri e politiche dell’Unione europea di entrambe le Camere. Alla discussione non seguiva però la formulazione di indirizzi parlamentari. A partire dal novembre del 2011, su sollecitazione dell’allora Presidente del Consiglio Mario Monti, si avviava una ulteriore prassi destinata a diventare la regola dopo l’entrata in vigore della legge 234 del 2012 e consistente nelle comunicazioni o informative rese dal Presidente del Consiglio dei Ministri presso il Senato e la Camera in vista e/o sugli esiti delle riunioni di Consigli europei di particolare rilevanza416. Tuttavia è

solo nell’ultima parte della XVI legislatura che si avvia una prassi atta a realizzare compiutamente l’intento sotteso all’informativa ex ante, ovvero quello di garantire un dibattito preventivo tra parlamento e governo e di consentire a quest’ultimo di ricevere indirizzi parlamentari: dal gennaio del 2012 alle comunicazioni e al dibattito sulle posizioni governative in vista dei Consigli segue, in misura crescente, l’approvazione di atti di indirizzo da parte delle Camere, spesso nella forma di risoluzioni in assemblea, soprattutto presso la Camera dei Deputati.

416Tale prassi, invalsa in quasi tutti gli Stati membri dell’Unione europea, in particolare in quelli nordici, veniva introdotta

per due ordini di motivi: “per un doveroso riguardo nei confronti del Parlamento, che deve avere il ruolo che gli spetta in materie che sempre più assorbono una quota importante delle decisioni rilevanti per la vita del Paese, ma anche per rafforzare la posizione negoziale dell’Italia. Molte volte è capitato in passato che i Capi di Governo italiani che si sono succeduti si sentissero dire dai loro colleghi di altri Paesi: mi spiace, io non posso modificare neanche un pò la mia posizione negoziale in sede di Consiglio europeo, perché il mio Parlamento non me lo consentirebbe”, Presidente del Consiglio Mario Monti, Informativa urgente alle Camere sugli esiti del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013, A.C. XVII leg. Seduta n. 3, 25 marzo 2013.

Ad oggi dunque, le componenti dell’informativa in applicazione dell’art. 4 prevedono comunicazioni del Presidente del Consiglio prima di ogni Consiglio europeo presso le due Camere in plenaria cui segue la discussione e il voto di atti di indirizzo contenenti la posizione parlamentare sul tema oggetto del Consiglio europeo. Il Ministro per gli affari europei o il Segretario di Stato riferisce alle Commissioni riunite Affari esteri e politiche europee di entrambe le Camere sugli esiti del Consiglio europeo evidenziando il seguito dato alle risoluzioni parlamentari formulate in vista degli stessi. In base alla documentazione elaborata per le Commissioni dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea relativa agli “interventi della Camera dei deputati nella formazione delle politiche dell’Unione europea”, nella legislatura in corso sono state rese comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista di tredici Consigli europei e sono state approvate altrettante risoluzioni417; sono

state condotte audizioni del Ministro per gli Affari europei in relazione a cinque riunioni del Consiglio europeo e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari europei ha reso comunicazioni sugli esiti di sei Consigli europei.

Al di là dei numeri, tra le diverse informative governative, meritano di essere segnalati alcuni casi per la peculiare tempistica e per i contenuti. Innanzitutto, la stessa XVII legislatura ha preso avvio con due comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio dimissionario Mario Monti e dal nuovo Presidente Enrico Letta contenenti, oltre a specifici riferimenti ai Consigli europei, anche l’espressa sollecitazione a consolidare la prassi dell’informativa parlamentare. Nell’informativa urgente resa alle Camere sugli esiti del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013 il Presidente del Consiglio dimissionario Mario Monti ribadiva l’importanza del mantenimento della prassi dell’informativa ex ante ed ex post sui Consigli europei sia “per un doveroso riguardo nei confronti

del Parlamento”, sia “per rafforzare la posizione negoziale dell’Italia”. Nelle sedi decisionali europee

infatti “i Governi che più spesso fanno valere nel dibattito il richiamo al proprio Parlamento fruiscono di una forza negoziale maggiore di quelli che meno si riferiscono al Parlamento” 418. Sulla stessa linea,

il Presidente Letta, nella Comunicazione resa in vista della riunione del Consiglio europeo del 22 maggio 2013, ribadiva l’importanza del raccordo tra parlamento e governo sulla politica europea non solo perché “il dialogo fra i due organi rientra tra gli obblighi previsti dalla legge n. 234 del 2012”, ma anche perché “è essenziale per la costruzione di un percorso comune delle istituzioni italiane per

una politica europea condivisa”419. Interessanti invece per il particolare momento istituzionale in cui

417Dati tratti dalla rubrica “raccordo Parlamenti nazionali-UE” relativa al periodo 15.3.2013-31.5.2016. in E.ALBANESI,

N.LUPO (a cura di), Osservatorio sulle fonti.

418 L’informativa si incentrava poi sul rapporto tra disciplina del bilancio pubblico e crescita e sulle posizioni della

Commissione nei confronti dell’Italia in relazione alla liquidazione del debito commerciale della Pubblica amministrazione.

419 Il Presidente del Consiglio trattava poi i temi del Consiglio europeo (lotta all’evasione fiscale e alle frodi internazionali

e alla politica energetica europea) e anticipava alcuni dei temi del Consiglio europeo di giugno (in particolare, in materia di disoccupazione giovanile).

si inseriscono, sono le audizioni svolte dalle Camere in prorogatio del Ministro per gli affari comunitari e del Ministro per le politiche agricole e forestali in vista del Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013 e del Ministro per gli affari comunitari sugli esiti dello stesso. In entrambi i casi il potere di audizione veniva infatti esercitato dalle Camere, sulla base della pacifica considerazione della piena legittimità dello svolgimento di procedure conoscitive con finalità di controllo in periodo

di prorogatio420. Tuttavia, in controtendenza rispetto alla prassi avviata a partire dal 2011, in vista del

Consiglio citato, né la Camera né il Senato esercitarono il potere di indirizzo tramite l’adozione di risoluzioni, anche in tal caso conformemente alle ricostruzioni dottrinali che negano la possibilità per le Camere in prorogatio di adottare atti di indirizzo politico al Governo.

Altrettanto peculiari sono gli accadimenti successivi allo svolgimento delle elezioni del 24-25 febbraio 2013. In vista del Consiglio europeo del 14 marzo 2013 infatti, il Presidente del Consiglio dimissionario Monti invitava a Palazzo Chigi i leader delle coalizioni o forze politiche rappresentate nel nuovo parlamento “per una informativa e uno scambio di opinioni” in vista del Consiglio europeo del 14 marzo 2013, poiché “data la particolare situazione attuale […] non è possibile svolgere il preventivo scambio di opinioni” 421. Allora si decise di non coinvolgere né le Camere uscenti né le

Camere entranti per motivi dettati dal particolare momento istituzionale: svolte le elezioni infatti, la prima riunione delle nuove Camere era fissata a data imminente, il 15 marzo 2013. Si ritenne così non opportuno convocare le camere uscenti anche per via della rilevanza delle decisioni da assumere in occasione del vertice europeo e si optò per la non convocazione delle nuove camere in virtù dell’orientamento dottrinale per cui la prorogatio delle camere uscenti durerebbe fino alla conclusione degli adempimenti relativi alla proclamazione dei nuovi eletti. Di conseguenza, in questa occasione non sono stati approvati atti di indirizzo dalle camere, sussistendo in riferimento alle Camere entranti anche il limite collegato alla presenza di un governo dimissionario con il quale le stesse non avevano alcun rapporto di fiducia. Anche tale vicenda dimostra come l’informativa ex ante e l’informativa ex post – realizzatasi tramite comunicazione del Presidente del Consiglio sull’esito del Consiglio europeo davanti alle nuove Camere –, seppure non accompagnate dalla elaborazione di indirizzi parlamentari, sia funzionale a garantire la trasparenza e la pubblicità delle condotte del governo nelle sedi decisionali europee.

Occorre infine segnalare la più recente e significativa evoluzione nella pratica governativa di informazione sugli esiti del Consiglio europeo, destinata a determinare un salto di qualità nell’attuazione del dettato dell’art. 7 della legge 234, di cui tratteremo nei successivi paragrafi. Basti

420 Cfr.A. MANZELLA, Il parlamento, Bologna 2003, p. 164 ss.; E. ALBANESI, “Le Camere in prorogatio ed i raccordi con

l’Unione europea, in Osservatoriosullefonti. Nello stesso periodo (gennaio-febbraio 2013) le camere sciolte avevano

svolto anche altre attività relative alla fase ascendente quali l’approvazione di pareri motivati ai sensi dell’art. 6 del Protocollo n. 2 al Trattato di Lisbona.

qui anticipare che dal 2015, la relazione consuntiva governativa si è arricchita di una tabella contenente un elenco delle comunicazioni sui Consigli europei condotte ex ante ed ex post nell’anno di riferimento. Tale pratica completa l’informativa sui singoli Consigli europei aggiungendo una fonte di informazione periodica e complessiva delle attività svolte nelle sedi decisionali europee. L’elemento di maggiore impatto sulla prassi del raccordo tra parlamento e governo è peraltro rappresentato dalla previsione di una specifica sezione della tabella dedicata agli “atti di indirizzo approvati dalle Camere” in corrispondenza di ogni Consiglio europeo. Per ciascun consiglio sono dunque citati in sintesi tre nuclei di informazioni: i contenuti delle comunicazioni governative ex ante, i riferimenti agli atti di indirizzo parlamentari e una sintesi dei contenuti delle comunicazioni governative ex post, recanti in alcuni (rari) casi anche il seguito dato agli atti di indirizzo parlamentare. Come vedremo, la relazione consuntiva diviene così lo strumento più utile perché il parlamento e l’opinione pubblica vengano a conoscenza dell’effettiva attività di allineamento del governo ai suoi indirizzi in adeguamento del principio cardine contenuto nell’art. 7. Tale articolo infatti, non impone solo una motivazione ex post sulle attività svolte su singoli atti dell’Unione, ma presuppone che il coordinamento delle posizioni governativa e parlamentare avvenga anche a monte, nella fase di elaborazione delle politiche in seno al Consiglio europeo.

Documenti correlati