Nella perdurante inerzia del legislatore, gli statuti di alcune
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Consiglio Nazionale del Notariato, La Convivenza: regole e tutele della vita
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regioni italiane hanno previsto una certa apertura verso l’ipotesi di una regolamentazione delle unioni non fondate sul matrimonio.
Lo statuto della Toscana, per esempio, indica fra le finalità principali elencate all’art. 4 tanto «la tutela e la valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio» (lett. g) quanto «il riconoscimento delle altre forme di convivenza» (lett. h).
L’ art. 4 dello statuto è stato però impugnato dinanzi alla Corte costituzionale per violazione degli artt. 3,5, 29, 117 e 123 Cost. ma la Corte con sentenza 27 luglio 2004 n. 372 ha dichiarato inammissibile la questione sostenendo che i principi generali presenti negli statuti regionali non hanno efficacia giuridica in quanto si collocano sul piano dei convincimenti espressivi delle diverse sensibilità politiche presenti nella comunità regionale.
È bene sottolineare che la regione Toscana è stata molto attiva sul tema delle convivenze: ha fatto da “apripista” nell’istituzione dei registri delle unioni civili e il Consiglio regionale della Toscana ha presentato in Parlamento una proposta legislativa per disciplinare le unioni civili (A.C. n. 4588 del 29 dicembre 2003).
Lo statuto dell’Umbria all’art. 9 primo comma riconosce i diritti della famiglia, e al comma secondo tutela altre forme di convivenza. Anche questa norma, è stata impugnata per violazione degli artt. 2, 5, 29, 30, 31 e 117 Cost., ma la Corte Costituzione Corte con sentenza 6 dicembre 2004, n. 378 ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto si trattava di una norma non prescrittiva e non vincolante.
Nel 2006 si è avanzata una proposta di legge regionale per disciplinare le coppie di fatto ma non è stata approvata.
La regione Campania nel suo statuto all’art. 8 riconosce e sostiene le famiglie legittime e le unioni familiari.
Questa norma non è stata oggetto di legittimità costituzionale per due motivi: il primo perché lo statuto è stato approvato nel 2009
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dopo che già la Corte Costituzionale si era pronunciate sulle norme statutarie della Toscana e dell’Umbria, e poi perché la norma è mitigata da un’altra norma dello statuto sesso cioè dell’ art. 4.3 che fa riferimento alle radici religiose cristiane delle comunità campane.
L’Abruzzo nel suo statuto invece non contiene un riferimento esplicito alla famiglia ma nell’art. 5.1 si prevede che «la Regione rifiuta ogni forma di discriminazione legata ad ogni aspetto della condizione umana e sociale ed è impegnata nel rispetto e nella promozione dei diritti dei cittadini previsti dalla Costituzione, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e dalle Convenzioni Internazionali».
Se a prima vista il significato di questo disposto può essere inteso come sinonimo di un’apertura verso il riconoscimento delle unioni non fondate sul matrimonio, bisogna però tener conto di un’altra disposizione la quale recita che la Regione riconosce i valori delle sue radici cristiane, e quindi da questo si evince che la tutela dello statuto regionale si riferisce alle famiglia fondata sul matrimonio.
L’art. 4.5 dello statuto delle Marche anche se non da esplicitamente una nozione di famiglia ne riconosce il valore storico, sociale ed economico e sostiene le giovani coppie e le famiglie svantaggiate.
La regione Calabria è stata tra le prime regioni italiane a dotarsi di uno statuto regionale approvato il 6 luglio del 2004 e l’art. 2 dello statuto riconosce le formazioni sociali, culturali, economiche e politiche nelle quali si esprime la personalità umana, anche se non specifica quali sono le formazioni sociali di riferimento è chiaro che deve includersi sia la famiglia fondata sul matrimonio, sia le convivenze.
Lo statuto della regione Puglia all’art. 5 tutela la famiglia intesa nella sua accezione più generale e poi la legge 10 luglio 2006, n. 19,
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che disciplina il sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini in Puglia, estende il sistema di servizi destinati alla famiglia fondata sul matrimonio anche ai conviventi stabili , legati da vincoli di parentela, affinità, adozione e tutela, nonché da altri vincoli solidaristici, nell’ipotesi in cui la convivenza risultante dall’iscrizione nel registro anagrafico duri da almeno due anni.
Il governo nazionale ha però esplicitamente dichiarato, a seguito di apposita interpellanza parlamentare, di non rilevare illegittimità nella legge regionale pugliese, atteso che nella stessa verrebbero distinte le disposizioni di tutela e di promozione della famiglia ex art. 29 della Costituzione dalle norme che riconoscono determinati diritti sociali a nuclei di persone legate da vincoli solidaristici.
L’Emilia Romagna con l’art 9 dello statuto offre tutela al ruolo sociale della famiglia e questo articolo viene concretizzato con la legge n. 24/2009 nel cui art. 48 dispone che tutti i cittadini di Stati appartenenti all’Unione Europea hanno il diritto di accedere alla fruizione dei servizi pubblici e privati in condizioni di parità di trattamento e senza discriminazione, diretta o indiretta, di razza, sesso, orientamento sessuale, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali; e che si applicano alle coppie conviventi i diritti generali dalla legislazione regionale sull’accesso ai servizi. Il governo ha impugnato la legge per presunta violazione dell’art. 117 Cost. ma la Consulta con sentenza12 gennaio 2011, n. 8 ha ritenuto infondata l’eccezione.59
Recentemente , il 4 marzo 2015, l'Assemblea regionale siciliana ha approvato il disegno di legge sulle unioni civili; unica regione
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Maria Romana Allegri, Rimedi palliativi all’inerzia del legislatore: i registri
comunali delle unioni civili, in Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti,
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italiana a farlo dopo la Liguria. La norma, fortemente voluta dal Partito democratico e dal governatore Rosario Crocetta, omosessuale dichiarato, ma osteggiata da pezzi della maggioranza, a partire dall'Udc, è passata con 50 voti favorevoli, 5 contrari e 15 astenuti. Adesso sarà quindi istituito un registro regionale delle unioni civili, al quale potranno iscriversi le coppie di fatto, anche dello stesso sesso. In questo modo le coppie avranno diritto ad accedere a tutti i benefici in ambito sociosanitario concessi dalla Regione: dalle graduatorie per le case popolari, al bonus di povertà e a qualsiasi altra norma presente futura inserita in questo campo.
Gli strumenti che le regioni mettono a disposizione a tutela delle coppie non unite in matrimonio, e che, ripeto, costituiscono una risposta all’immobilismo della legislazione nazionale, sono varie e frastagliate. Infatti la famiglia può essere oggetto di norme di origine regionale almeno in quattro modi: attraverso norme statutarie ad essa variamente dedicate; attraverso una legislazione «sociale di sostegno»; attraverso una legislazione che, in modi diversi, incida su diritti e obblighi derivanti da certi status familiari; attraverso norme che, in modi diversi, presuppongano una certa nozione di famiglia quale condizione per l’eccesso a determinati benefici regionali.
Le disposizioni del primo tipo non contrastano con la competenza statale in quanto non hanno carattere giuridico ma soltanto una funzione di natura culturale o politica e tali disposizioni possono tradursi in finalità da perseguire.
Le norme del secondo gruppo, quelle dirette a sostenere socialmente l’istituto familiare, sono regole che non contengono alcun contenuto privatistico ma attuano una politica di welfare e si trasformano in aiuti e strumenti per supportare le esigenze economiche delle famiglie meno abbienti.
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su diritti e status familiari, rappresenta per le regioni lo strumento per intervenire indirettamente sull’assolvimento agli obblighi familiare; e potrebbero rivelarsi legittime nonostante il diverso avviso della Corte Costituzionale.
Infine, le norme del quarto tipo, che forniscono una definizione di famiglia al fine di attuare interventi di carattere sociale o amministrativo, non si identificano con le norme di diritto privato ma sono disposizioni che appartengono direttamente ad altre competenze esclusive o concorrenti delle Regioni (sanità, assistenza, servizi sociali), e che solo di riflesso presentano profili privatistici.60
Dunque alla luce di ciò emerge che il contributo degli statuti sulla tematica delle unioni diverse dal matrimonio, ha solo una finalità politica: essi evidenziano che anche gli enti locali hanno preso consapevolezza che il concetto di famiglia è mutato e che bisogna tutelare le nuove formazioni parafamiliari, ma non innovano la disciplina in materia (come è ovvio) e finché non interverrà il legislatore non potranno garantire una tutela piena e completa alle coppie conviventi sia omosessuali che eterosessuali.