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TRAMONTO SICILIANO

II.4 Gli ultimi Gattopardi: i Piccolo di Calanovella

Nel 1954 Eugenio Montale riceve la copia di un libricino di poesie scritto da uno sconosciuto poeta siciliano, Lucio Piccolo. Lo sfoglia, poi legge con attenzione le poche poesie contenute nel libro e ne rimane entusiasta, tanto da decidere di presentare l’autore al

meeting letterario di San Pellegrino Terme. Montale, in un’intervista oggi reperibile anche

in rete, ricorda divertito che la busta contenente il libro di poesie gli arrivò con un’affrancatura insufficiente, e così egli dovette provvedere al pagamento di una soprattassa. Piccolo partecipò così al meeting ed ebbe un grande successo. Ad accompagnarlo, quel giorno, c’era suo cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Molto probabilmente, e la circostanza è confermata da critici e biografi di Lampedusa, proprio il successo ottenuto dal cugino innescò nel Principe di Lampedusa il desiderio di cimentarsi anch’egli con la letteratura.

Il rapporto tra Giuseppe e i cugini Piccolo, Lucio, Casimiro e Agata Giovanna, è molto saldo fin dall’infanzia. Come scrive Sergio Palumbo nella sua opera dedicata ai Piccolo di Calanovella,

Calanovella è un titolo nobiliare antichissimo, che risale ai tempi delle crociate. I baroni Piccolo vantavano parentele con la migliore aristocrazia palermitana. La madre dei fratelli Piccolo era una Tasca Filangeri di Cutò, Una sua sorella sposò il Principe Tomasi di Lampedusa. L’autore del Gattopardo e i fratelli Piccolo, dunque, erano cugini.41

Lucio, Casimiro e Agata Giovanna vivono a Capo d’Orlando, sulla costa tirrenica in provincia di Messina, in una bella villa di stile ottocentesco e in una ricercata e beata solitudine. Ricorda ancora Palumbo:

I fratelli Piccolo, Lucio, Casimiro e Agata Giovanna erano personaggi gattopardiani, i superstiti di un gusto e di una società ormai al tramonto. Agata Giovanna, la primogenita, era appassionata di botanica. A lei si deve quel piccolo gioiello che è la riserva naturale intorno alla villa […]. Il barone Casimiro si occupava di pittura e fotografia. Fotografava con lo scopo di cogliere la psicologia degli ambienti

e delle persone. Talvolta, al buio, nascosto dietro una porta, regolando la macchina per la lunga esposizione, tentava di catturare le ombre dell’aldilà.42

Poi c’è Lucio, il poeta della famiglia ed è proprio con lui che Giuseppe Tomasi di Lampedusa ha il rapporto più intenso. I comuni interessi letterari sono argomento di interminabili discussioni tra i due cugini, di una fitta corrispondenza e di un dialogo a distanza che diviene spesso gara nella ricerca di autori e poeti nuovi e di suggerimenti di lettura. David Gilmour osserva che

il rapporto letterario tra Lucio e Giuseppe era talmente intenso e durava da così tanto tempo che nessuno dei due si curava di cercare altre amicizie intellettuali. A Capo d’Orlando gli ospiti erano stupiti dalle loro conversazioni a tavola, dai giochi letterari, le allusioni, le rime e gli scherzi intellettuali, i tentativi di spiazzarsi a vicenda.43

Al di là dei rapporti tra Giuseppe Tomasi di Lampedusa e suo cugino Lucio Piccolo, e nel contesto di un capitolo dedicato al tema della decadenza nel Gattopardo, il richiamo al poeta siciliano è motivato soprattutto dal fatto che anche nella sua poesia, dai Canti barocchi a Plumelia, la tematica della decadenza affiora più volte. Il tentativo di salvare dalla distruzione ricordi e memorie è comune ai due cugini ed è del resto apertamente rivendicato nella lettera che accompagna il libricino di Piccolo inviato a Montale. Andrea Vitello, proprio a riguardo di questa missiva osserva che

l’operazione psicologica di recupero del mondo passato è rivelata anche dalla lettera d’accompagnamento alle liriche di Lucio inviate a Montale Per una strana coincidenza, quella lettera era stata dettata da Lampedusa e firmata da Piccolo. […] Improvvisandosi esegeta del cugino, Lampedusa (come tanti critici che, spiegando gli altri, svelano se stessi) aveva in effetti illustrato il proprio proposito, realizzato poi nel

42 Ivi, p. 15.

romanzo.44

In questa breve lettera è in effetti contenuto l’intero messaggio poetico di Lucio Piccolo, che però coincide senz’altro con quello che Giuseppe Tomasi di Lampedusa porrà alla base del Gattopardo:

Era mia intenzione rievocare e fissare un mondo singolare siciliano, anzi più precisamente palermitano, che si trova adesso sulla soglia della propria scomparsa, senza avere avuto la ventura di essere fermato da un’espressione d’arte. E ciò, s’intende, non per una mia programmatica scelta d’un soggetto, ma per una interiore, insistente esigenza di espressione lirica […]. Ho tentato non quasi rievocarlo ma di dar di esso una interpretazione sui ricordi d’infanzia.45

Salvare la memoria di un mondo in decadenza: chi conosce l’opera di Piccolo sa certamente quanto il poeta siciliano sia stato legato a questo intento. Ma anche il Gattopardo è in fondo un lungo canto sulla memoria, sull’importanza del ricordo. Sotto questo profilo, dunque, i due cugini affrontano la decadenza del loro mondo, aristocratico e siciliano, con il medesimo scopo, cioè quello di conservare nelle pagine di un romanzo o nei versi di una poesia quanto di bello, prezioso, raro rischia di essere spazzato via dal vento della storia.

Ma quali sono le immagini della decadenza che compaiono nella poesia di Lucio Piccolo? Sono innumerevoli, e vanno dalle ombre ai dettagli di architetture barocche, dagli specchi velati ai fantasmi.

Non è possibile passare qui in rassegna la produzione poetica di Piccolo; il presente breve paragrafo vuole solo essere un omaggio a un grande poeta purtroppo ancora oggi poco conosciuto. Ecco quindi un’unica perla, dal tesoro immenso dei Canti barocchi, che

44 A.VITELLO, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, cit., p. 330. 45 Ibidem.

vogliamo porre a conclusione di questo capitolo.

Mobile universo di folate/di raggi, d’ore senza colore, di perenni/transiti, di sfarzo/di nubi: un attimo ed ecco mutate/splendon le forme, ondeggian millenni. E l’arco della porta bassa e il gradino liso/di troppi inverni, favola sono nell’improvviso/raggiare del sole di marzo.46

46 LUCIO PICCOLO, Mobile universo di folate, in Gioco a nascondere - Canti barocchi, Milano, Mondadori, 1960 (1956), p. 79.