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glia Aburia, fundus aburianus, aborianus, aboiranus

(1) Parte di queste monete furono, da me, donate al cav. Filippi, S. P.re Gen.le del Re, le altre le ritirò il mio amico comm. Qeigel, c o n s ig lie r e a u lico , venuto a visitarmi, per tentare un esame minuto di esse, ma a c a u s a d e lla sua morte, rimasi senza monete e senza notizie.

(2) Die Italische Bodentheilung und die Alimentartafeln (in Hermes, 1884, pag. 393 sg.).

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D u e fu n d i ro m an i d o v ean o p u r essere l’attuale U rsulano o O rsolano in L o an o e P reliano, fra L oano e Borghetto. 11 1.° , forse, da

Urceus,

n o m e di lu o g o e di persona, o d a

Ursus, urseolanus,

in dialetto,

ursuan,

il 2.° d a

Pelius Pelianus

o

Prelium,

nomi di luoghi e di persone. Da un f u n d u s r o m a n o , ha, pur, preso n o m e il paese di Toirano, nelle antiche carte, T a u r a n u s , T aurianus, T o iran u s ed anche Thorianus. Q uesto nome c o m p arisce, p e r la prim a volta, nella cronaca del monastero di S. Pietro in V aratella (1), ma, d a diplom i imperiali, sappiamo che, invece, il ter­

rito rio di T o ira n o , che costituiva una corte, portava il nome di

Palmata.

C r e d o che il fu n d u s T au rian u s abbia, in origine, appartenuto alla famiglia Statilia, di cui si è rinvenuto il denario sovra ricordato. Tale famiglia co m p arisce, in evidenza, negli ultimi anni della repubblica, con T. Sta­

tilio T a u r o , g r a n d e amico di Giulio Cesare. Q uando questi si recò in P r o v e n z a e nella S p ag n a co n tro i Pompeiani, il Tauro lo seguì. Disfatti Lucio A franio e Marco Petreio, luogotenenti di Pompeo, ed im padroni­

tosi di Marsiglia, Cesare sostò nel porto di Monaco e di là, colla flotta, v en n e a G en o v a; Statilio Tauro, coll’esercito, traversò, invece, la Liguria lito ran ea. D o p o l’uccisione di Cesare, fu luogotenente di Ottaviano, con­

sole e c o m a n d a n te dell’esercito di terra contro M. Antonio, alla battaglia di Azio. N ell’an n o 724, ripassò in Liguria, recandosi in Ispagna contro i p o p o li delle Asturie ed i Cantabri. Possedeva orti vastissimi, detti

Tau- riani,

in R o m a e molti fundi in Dalmazia, Stiria, Aquileia, nel Friuli ed in Alba. F orse, tale famiglia derivò dalla Thoria o prese il cognome dalla trib ù T a u ria e si estinse con Statilia Messalina, terza moglie di Ne­

ro n e, a lui sopravvissuta. Vero è che il fundus Taurianus non derive­

r e b b e dal gentilizio, sibbene dal cognome, ma di ciò si hanno moltissimi e sem p i. Il M om m sen, nella sullodata sua opera, ricorda, come derivanti d a c o g n o m i, i fundi Amarantianus, Pastorianus, Primigenianus, Albo- n ian u s, Virianus, Seianus, O ttavianus e tanti altri. Negli scavi eseguiti, nel 1875, s u ll’Esquilino venne in luce u n colombario contenente le ceneri dei servi e dei liberti di Statilio Tauro e della sua famiglia (2), ed in alcu n e iscrizioni, sono ricordati dei servi i quali, tralasciato il gentilizio,

(1) A c c a m e . , Storia dell'abbazia di S. Pietro di Varatella, Albenga, Tip.

C r a v io tto . p. 131.

(2) B r i z i o . , Pitture e Sepolcri scoperti sull’ Esquilino, Roma Tip. Elzevi­

riana, 1876.

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assumono soltanto il cognome del padrone Tauranus, T o ira n u s. Del resto, verso la fine della repubblica, prevalse, gradatamente, l’uso di la­

sciare il gentilizio e, sotto l’impero, il cognome, generalm ente, v en n e ad usarsi come nome proprio. Nulla osta che il Tauranus possa, invece, aver avuto origine dalla gens Thoria, tenuto conto delle fo rm e T o ir a n u s o Torianus. La famiglia Thoria è ricordata, in Liguria, d a d u e luoghi, Torria, nella valle di Oneglia, e Thorria nelle Viosenne. Il M o m m sen , illustrando le tavole alimentarie ligure e velleiate, richiama

fu n d i Tau- riani duo

e ciò è eloquentissimo. Altro fundus romano era nella p ia n u ra di Albenga, a metà circa d ’essa, nella località A ntognano,

fu n d u s A nto­

nianus.

Certo esso deve ricongiungersi alla nobile e an tich issim a g en s Antonia. Il Mommsen ricorda, pure,

fundi Antoniani duo.

Esaurito, così, quanto s’attiene ai fundi romani della n o s tr a regione, continuo a descrivere le antichità venute in luce, lungo il p erco rso della strada. Oltrepassato il fiume Maremola, l’Aurelia saliva sul m o n te di Rocca Crovaria, oggi Trabocchetto ed all’inizio della salita, era u n a chiesa antichissima, oggi distrutta. La facciata e i due lati di essa, e ran o tutti rinzaffati di calce, a causa di barbarici restauri, avvenuti nel mille- seicento, ma l’abside, non intonacato, era di costruzione r o m a n a e non dei bassi tempi dell'impero. Il fatto, poi, che la facciata era rivolta, ri­

gorosamente, ad oriente, contrariamente alla consuetudine e rito delle antiche chiese cristiane, volte invece ad occaso, lascia s u p p o r r e che si trattasse di qualche delubro pagano, reso al culto del vero Dio (1). P r o ­ seguendo oltre, in un uliveto, si rinvennero preziose reliquie, delle quali ho potuto avere notizia, grazie alla diligenza del co m p ia n to arciprete Don Francesco Prete. Questi, recandosi un giorno da Pietra a Ranzi, ebbe ad incontrarsi con il contadino Nicolò Rembado, il quale gli fece vedere alcuni frammenti di lapidi di marmo bianco, rinvenuti in u n su o oliveto, in seguito alla rovina di un muro a secco. Il d o n P rete tentò di farne acquisto, ma il contadino, insospettito, non ne volle s a p e r e ; però il diligente e colto sacerdote trascrisse quanto, in essi, si conteneva.

I frammenti erano quattro.

(1) A c c a m e . , Gaudenzio, Vescovo di Albenga, A lbenga, tip. P ic c a r d o , 1922, p. G.

— I S ­

IO D. M M. VLPIVS.

SACRVM VRIAE

E v iden tem en te, questi d u e fram m enti appartengono a due lapidi di­

stinte. N ulla saprei ag g iu n g ere al prim o. L’ VLPIVS legittimerebbe il so­

s p e tto che si tratti di qualche servo addetto alla casa di T raiano, m a l’indizio è tr o p p o vago per p o te r stabilire qualche cosa di concreto. Nel s e c o n d o la p a ro la SACRVM, dovea far seguito a Diis Manibus, VRIAE è genitivo di un n o m e di d o n n a. U na ben nota iscrizione albinganese h a

Palfuriae.

M.

ANAE.

N C T E X. D. mi

BILI

HVS FRT

P. C.

E sam in ati i d u e framm enti, mi convinsi che formavano una sola iscrizione, che ricostruisco come segue:

M ANAE N CTE X. D. m i.

BILI

HVS FRT.

P. C.

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£ facile completarla. Anae è genitivo di nome di d o n n a , p e r esem p io , Valerianae, il Ncte certo è il residuo dell’avverbio sancte, e q u in d i p rim a di esso vi doveano essere le parole quae vixit. Il D. UH. ind ica i giorni, il X, perciò, si deve riferire ai mesi e prima, quindi, vi d o v e a n o essere indicati gli anni della defunta. Il F rt dee interpretarsi p e r frater, p e r cui si tratta di un fratello, che pose un ricordo alla sorella ed, in tal caso, la linea precedente si completa, sorori incomparabili. L' H v s è la fine del nome del pio fratello come: Eutychus, Antiochus e simili. Il P. C. è il solito poni... curavit... cosicché l’iscrizione si può, id ea lm en te, r ic o m ­ porre nel seguente modo:

[diis] M[anibus]

]Valeri]ANAE [quae vixit sa]NCTE

[annos ? mensesX]. D[ies] IIII [sorori incompara]BILI ... [antioc]HVS FR[a]T[er]

P[oni] Q urav it]

La sigla IIII invece di IV, secondo il comune in s e g n a m e n to dei più autorevoli epigrafisti, è indizio di molta antichità.

Non molto lungi dallo stesso luogo, sterraronsi ben ventisette m o ­ nete di bronzo dell’epoca imperiale, la maggior parte degli im p erato ri Valentiniano I e II, due di Teodosio il grande, una di N ero n e, d u e di Domiziano, cinque di Vespasiano, una di Adriano, u n a di C o s ta n tin o magno e due di Faustina seniore. Nel mio precedente lavoro ho parlato di Faustina seniore e di quanto la ricorda in Pietra ligure. N o n descrivo le monete per non dilungarmi di troppo, mi limito a trascrivere i m otti di alcune di esse. Tre di Vespasiano, recano, una : F O R T V N A A V G V ST ., altra ANNONA AVG., altra CONCORDIA AVG., quella di A d ria n o : ADVENTVS. AVG, e quelle di Domiziano: PRINCEPS. IV V E N T V T . Tali leggende non hanno mestieri di essere illustrate. Reclama u n a p a ro la il princeps iuventutis. Le turme dei cavalieri romani, formate dalla gioventù, seniorum e juniorum, avevano per capi i Seviri, detti, anche, principes iuventutis. I figli degli imperatori usarono prendere il c o m a n d o di tali squadre, d ’onde, in essi, tale titolo. Le monete p o rtan o : Coss. III., ciò che ci riconduce all’anno 74, avendo, appunto, in quell’an n o , D o m iz ian o ottenuto, per la terza volta, il consolato.

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Si estrasse p u re, in tal lu o g o , u n a lucerna in te rra c o tta , con manico, e ad u n sol lum e, di rozza fattura, senza alcun bollo od im p ron ta, ciò ch e acc u sa m o lta antichità.

T ra v e rsa to il rivo dei P o n ti (è evidente l’analogia fra questo rivo e il s u o o m o n im o , in vai Pia) la s tra d a si dirigeva verso Loano per la re­

g io n e d e tta dei C ortesi e, nei recenti lavori, come ho già accennato, si rin v e n n e u n tra tto del suo selciato, consistente in pezzi di granito grigio e 'ro ssiccio , con q u a ttro m o n e te dell’epoca imperiale. Ricordo che in q u e s ta località fu rin ven u ta la to m b a e l’iscrizione di Severa, illustrata nel m io p r e c e d e n te lavoro. V en n e pure alla luce una g rossa medaglia di b r o n z o della fab b ric a di P irro Ligorio, portante il mito di origine, della città di Lavinio, cioè la scrofa coi trenta porcellini, fattura, probabilm ente, del secolo XVI (1). 1 ru d eri rom ani che sono in Loano, segnano il p e r­

co rs o dell’Aurelia, verso B orghetto. Non mi occupo del prezioso m o ­ saico r in v e n u to nel 1912, in Loano, perchè situato ben lungi dal p e r­

co rs o della strad a. In quel luogo, credo anch’io, dovesse essere una villa ro m a n a , p e r l’uso dei bagni. In ^Toirano, situato molto superio rm en te alla strad a, si rinvenne, pochi anni or sono, nella b o rg ata Dari, una la­

p id e con u n a stran a iscrizione, della quale occorre tenere discorso, p o i­

ché, a m io avviso, proviene dalla stessa officina della sullodata medaglia.

E cc o n e il te n o r e :

IN VARATELVS

P O L V P I C E

MARSVPIVM IN. T. BELL

B. T. P. M.

A D R I A N O I.

ED IT IO N E EIA BASILIC D EPOSV IT

XL M (2) DCCLXXV.

In fine, si vedono spu n tare le chiavi e lo stemma pontificio.

(1) N e fe c i d o n o all’am ico cav. avv. Boccalandro.

(2) D o p o l’M, pare seg u a n o due II, ma l’ardesia, poiché, proprio si tratta’

di pietra di Lavagna, è corrosa.

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Paleografia, storia, araldica, statuaria, cronologia, ep ig ra fia e b u o n senso si uniscono per protestare contro tale intruglio. A p p e n a sco p erta, la lapide fu fotografata e buoni amici vennero a darm ene visura p e r avere il mio umile avviso. Dissi chiaro e tondo il mio pensiero e vi f u r o n o contrasti, dei quali taccio, per amore di quiete. Ora, però, si sa di che si tratti. Avendola, tuttavia, qualcuno presa sul serio e p u b b lic a ta (1), co m e lapide romana!, era doveroso tenerne parola. L’Aurelia, dal f o n d u s Pre- liano, tra Loano e Borghetto, saliva sul capo Danzio, poi d e t t o S. S p i­

rito dall’ospizio, ivi fondato, dai monaci di S. Pietro (2). R a m m e n to che, ivi, fu rinvenuta l’iscrizione di P. Didio Callinico, in o n o r e delle Dee Matrone. Sul detto monte, assai più in alto della via, f u r o n o scoperti gli avanzi di un acquedotto, con un canale di scarico, f o r m a to di tego- loni romani (pentadore). Oltrepassato il capo Danzio, l’A urelia s ’inol­

trava nell’agro albinganese sotto la villa di Peagna ed, in un te rre n o , soprastante alla chiesa di S. Rocco, fu sterrata una cassetta di m a rm o bianco, scavata in un solo pezzo, con coperchio della stessa m a te ria e contenente ossa combuste, insieme a quattro vasetti di vetro ed a f r a m ­ menti di altri due vasi, uno di vetro turchino e l’altro di terra cotta.

Da questo punto la strada seguitava, quasi in linea retta, verso Al­

benga. Essa esiste, in gran parte, ancora oggidì e, sul su o p e rc o rso , a n ­ tichi documenti ricordano le chiese benedettine di S. C alo cero

de Com­

porci,

poi locata ai Templari, di S. Giorgio

de pratis,

di S. P ietro, d i­

pendente dal cenobio di Varatella, di S. Maria, p resso il p o n te r o ­ mano, il quale, a parer mio, è coevo alla strada e, q u in d i, g iu n g e v a in Albenga. Nei recenti lavori di ampliamento del letto del fiu m e Centa, vennero in luce, oltre gli avanzi della basilica di San C le­

mente, tante antichità romane e medioevali, che è qui im possibile, anche sommariamente, descrivere; mi rimetto alla descrizio n e fattane, dall’illustre prof. d ’Andrade. Però, cade qui opp o rtu n a u n a osservazione.

11 d ’Andrade, a proposito della costruzione romana d etta il

Pilone,

ha ritenuto trattarsi di un monumento funebre. Se non è au d ac ia la mia, credo si tratti, invece, degli avanzi dell’antico faro, esistente sul p o r to di

(1) Gazzetta di Genova., 1922 n. 1. Anche stando all’is c r iz io n e , si tratte­

rebbe dell’anno 775, papa Adriano i fu eletto nel 772 ; non c a p is c o c o m e si possa parlare di lapide romana!

( 2 ) A c c a m e . , op. cit.

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Albenga, che era situato di sotto, poi interrato, quando il fiu nie ^ deviò dall’antico suo corso. 11 compianto amico Gaetano

P ° ë ë l>

^ venne meco sul luogo, fu pure dello stesso avviso. La strada, lasciata benga, saliva sul capo Vadino per proseguire il suo corso verso Gallia. N on molto lungi, nella località detta Cartagine, ricordo e lo q u e '

ij frartl"

tissimo dell’antica alleanza ingauno-punica, si rinvennero i seguenc menti di iscrizioni romane.

1.°

NA EA HER

VM

II»

AP E (1)

111°

AE I ECON M QUEM MENS. Ili

LES. (I)

L’esiguità di tali frammenti non permette di ricostruire iscrizioni. Al­

cune osservazioni si possono esporre, come possibili elementi di inter­

pretazione e completamento. L’VM, dell’ultima linea della prim a iscri­

zione, lascerebbe sospettare la parola

monumentum, sepulcrum

e simili;

io, però, presento altra ipotesi. L’ HER della terza linea, fa nascere il sospetto che si tratti dell’inizio del nome

Hermes,

tanto frequente nelle nostre iscrizioni. Richiamo i n.r‘ 103 e 116 delle iscrizioni rom ane di

(1) A questo posto nell’originale sta una foglia di edera distinguens co llo s te lo all’insù.

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Albenga, illustrate dal Sanguineti, nella già ricordata sua o pera. Nè l’il­

lustre autore, nè tanti altri, si sono accorti della intima relazione, che corre tra i due monumenti epigrafici. Il n.° 116 ricorda il liberto C lau d io Ermete, direttore dei paggi di corte,

magister puerorum domus Augusti,

il n.° 103 Claudia Sintiche, moglie, per l’appunto, del C la u d io E r m e t e Sospetto che 1

'Her,

della nostra iscrizione, richiami q u esto p e rs o n a g g io ed, in tal caso, 1’ VM, potrebbe essere una parte della parola

puerorVM .

Il n.° 3 è, certamente, un'iscrizione funebre, lo in dican o MENS.

Ili, cioè tre mesi, che dovevano far parte della solita frase

vixit. annos

...

menses

.... Il LES, potrebbe essere la finale della parola

sodales

o

aequales,

locchè lascerebbe adito a ritenere che si tratti di un ric o rd o funebre, posto dai consoci di un sodalizio, anche tra i servi o liberti di qu alch e illustre famiglia. ECON, o è un nome di gente servile, che n on saprei completare, o può riferirsi alla carica del defunto, eco n o m o della casa od azienda a cui era addetto. Ma in nessuna iscrizione ligure si trova registrata tale parola. L’incarico dell’azienda ed eco n o m ia d o m estica era affidato ai

dispensator.

Vero è che, negli ultimi anni dell’ im pero, venne in uso la parola

oeconomus;

per il primo, la usò il C o d ic e Teo- dosiano, mentre i più antichi monumenti legislativi rico rd a n o , sem p re, il

dispensator

(1). Per quanto io mi sappia, gli scrittori dei tem pi aurei della latinità non usarono la parola

oeconomus;

Cicerone ha

œconomicus,

come aggettivo, e Quintiliano l’usa anch’esso, e così

(economia,

g o v e rn o della casa. I caratteri epigrafici, delle due ultime iscrizioni, ci r ic o n d u ­ cono agli ultimi anni deH’impero romano e ciò spiegherebbe l’uso della parola

œconomus.

La strada, dalla regione Vadimo, saliva sul capo di S. C ro ce o Va- dino, proseguendo verso Alassio.

Il compito, che mi assunsi, è finito. Il tracciato dell’Aurelia, ad oriente di Albenga e per tutta questa parte della regione Ingauna, è ac­

certato in modo non dubbio e da documenti, venuti in luce, recente­

mente, e, sopratutto, dai monumenti e anticaglie romane.

(1) Dig., 50, 16, 166.

ADOLFO AIRENTI

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