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Il Governo dell’economia e della moneta: l’organizzazione sul “versante interno” europeo

2.1 La “novità” del Trattato di Maastricht: l‟Unione economica e monetaria (UEM) e la sua graduale realizzazione

Riprendiamo ora il filo del discorso interrotto al § 1.2 sulla nascita dell‟euro. Come si è visto, mentre il sistema economico-monetario internazionale era sottoposto a periodici scossoni, parallelamente iniziava in Europa il periodo di lunga gestazione e realizzazione prima del mercato unico e quindi dell‟Unione economica e monetaria. Ci dedichiamo in questo capitolo alla vicenda dell‟adozione della moneta unica, cioè al versante interno al Vecchio Continente della lunga storia della ricerca di una stabilità degli assetti economici e monetari. Tale ricerca ha caratterizzato il mondo moderno fondato sull‟economia capitalistico-industriale; in seguito alle rapide evoluzioni del sistema economico e al ruolo sempre più rilevante della finanza internazionale, questa ricerca è divenuta vieppiù importante e continua ad essere uno dei tratti salienti della vita economica contemporanea, senza che le acquisizioni ad oggi raggiunte possano reputarsi come basi sicure per un assetto stabile per un ragionevole periodo di tempo.

Le vicende della nascita della moneta unica europea sono state ripercorse e rilette in molte maniere dalla letteratura giuridica ed economica. Ci limiteremo a richiamare brevemente quegli eventi, piuttosto concentrando la nostra attenzione sull‟assetto istituzionale del governo dell‟economia e della moneta che l‟UE/CE si è data.

Lo SME ebbe un buon successo fino ai primi anni ‟9081

, quando la Germania, a causa delle necessità derivanti dalla sua riunificazione (nel contesto della quale si decise di fissare la parità 1:1 tra marchi occidentali e orientali), mise in atto una politica monetaria fortemente restrittiva. I conseguenti alti tassi di interesse avrebbero attratto capitali che sarebbero confluiti verso i grandi investimenti necessari alla nuova Repubblica Federale riunificata. Gli altri paesi membri dello SME tentarono di seguirla con alterni successi, e con ampie ricadute negative sul piano occupazionale. L‟Italia, complici le crescenti difficoltà del bilancio pubblico, non era in grado di sostenere tale sforzo e la lira divenne bersaglio di un‟accanita speculazione. Fu così che nel 1992 il nostro paese, insieme al Regno Unito, si vide costretto ad uscire dal Sistema.

81

Cfr. G.L.TOSATO, Il Sistema monetario europeo nella prospettiva della unione monetaria, in CI, 1/1995, p. 39 ss., spec. 55-56;A.SANTA MARIA, Diritto commerciale europeo, cit., p. 270 ss.

Ma l‟idea della moneta unica non era nel frattempo tramontata, anzi, rimaneva molto cara agli Europei. Già nell‟Atto Unico (AUE) del 1986 erano stati inseriti nel preambolo dei riferimenti ad una possibile unione economica e monetaria. Era questo un tentativo di far confluire nel sistema comunitario un meccanismo, come lo SME, che era nato e continuava a funzionare al di fuori di esso. Ma oltre al preambolo, la sola disposizione rilevante nell‟AUE era l‟art. 102 A, in base alla quale gli Stati erano obbligati a far convergere le loro politiche economiche e monetarie, ma senza intaccare le proprie competenze in materia82. Ulteriori sviluppi istituzionali di cui si sarebbe potuta sentire la necessità, avrebbero dovuto essere previsti e guidati dall‟ordinaria procedura di revisione, a cui si faceva rinvio.

Ma vediamo come si arrivò al Trattato di Maastricht e quali furono le tappe successive83. Innanzitutto, si ricorderà il piano Werner, destinato poi a essere abbandonato, nonché soprattutto l‟istituzione dell‟ECU84

, quale unità di conto basata su un paniere composto dalle monete dello SME (v. supra, § 1.2). La moneta unica era quindi già qualcosa più che un‟idea, benché gli ostacoli che si frapponevano alla sua realizzazione apparissero ancora notevoli. Contribuì a dare la spinta decisiva alla decisione (politica) di dare avvio al processo di adozione di un‟unica moneta europea l‟emanazione di un altro atto, da parte delle stesse istituzioni comunitarie: la direttiva n. 361/88 sulla piena liberalizzazione dei movimenti di capitali85. La circolazione dei capitali – la relativa libertà era stata fino a quel momento la cenerentola delle quattro libertà fondamentali garantite dal TCE86 – è direttamente connessa ad aspetti di politica monetaria. Fino

82

Cfr. G.TESAURO, Diritto comunitario, Padova, 2008, p. 603. 83

Su queste vicende cfr. G.L.TOSATO, Il Sistema monetario europeo nella prospettiva della unione monetaria, cit., p. 39 ss.; M.SPINELLA, Alle origini dell‟Unione Europea e della costituzione della BCE, in F.BELLI,V.SANTORO,

La Banca centrale europea, Milano, 2003, p. 217 ss., spec. 255 ss.

84

Cfr. F.CARBONETTI, voce ECU, in EG, vol. XII, 1989; C.SUNT, Legal aspects of the Ecu, London – Edinburgh, 1989, p. 3 ss.; G.L.TOSATO, Verso l‟Unione economica e monetaria. Profili giuridici e istituzionali, in Jus, 1992, p. 121 ss.; ID., Il Sistema monetario europeo nella prospettiva della Unione monetaria, in CI, 1995, p. 39 ss.

85

Direttiva (CE) n. 1988/361/CE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l'attuazione dell'articolo 67 del Trattato,

GUCE L 178, 8 luglio 1988, p. 5 ss. Cfr. G.L.TOSATO, Verso l‟Unione economica e monetaria. – Profili giuridici e

istituzionali, cit., 131 ss. AncheR.S.J.MARTHA, The Fund Agreement and the Surrender of Monetary Sovereignty to

the European Community, in CML Rev., 1993, 749 ss., spec. 770 cita la direttiva 361/88 come un passo di grande

importanza, che avrebbe da quel momento in poi condizionato anche le competenze esterne in materia (cfr. cap. seguente).

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Infatti, parallelamente alla storia che abbiamo succintamente riferito al § 1.2, la CEE (che poi avrebbe assunto il nome di CE) aveva intrapreso la strada di un‟integrazione economica sempre più stretta tra i suoi membri. In linea generale, sono state elaborate dalla teoria economica diverse nozioni, riferentisi a stadi di integrazione sempre più stretta anzitutto con riguardo agli scambi commerciali e alla mobilità dei fattori produttivi; Si distingue in proposito tra accordi di commercio preferenziale (semplici accordi per la riduzione delle barriere al commercio), aree di libero scambio (con cui si abbattono tutte le barriere commerciali tra i Paesi partecipanti all‟accordo, i quali però mantengono le proprie differenti barriere nei confronti dei Paesi terzi), unioni doganali (che prevedono, oltre a quanto già si realizza con un‟area di libero scambio, la fissazione di tariffe doganali comuni nei confronti del resto del mondo), mercati comuni (che prevede, oltre a quanto realizzato in un‟unione doganale, anche la libera circolazione degli altri fattori produttivi: lavoro e capitale) e unioni economiche (che comportano anche l‟armonizzazione o magari l‟unificazione di politiche monetarie e fiscali); cfr. D. SALVATORE, International

economics, 2007, Hoboken, NJ, USA, trad. it.: Economia Internazionale, Milano, 2008, vol. I, p. 395 ss. Da questo

a quel momento gli Stati avevano utilizzato il controllo sui movimenti di capitali per mantenere in equilibrio le proprie bilance dei pagamenti. Venuta meno questa possibilità, si crearono le condizioni per una comune volontà di cedere e mettere sotto il controllo di una comune autorità continentale le funzioni di governo della moneta87. Il Consiglio europeo di Hannover del 27-28 giugno 1988 diede mandato ad un comitato presieduto da Jaques Delors di elaborare le tappe per la progressiva realizzazione dell‟unione economica e monetaria. Il rapporto che il comitato presentò al Consiglio europeo di Madrid del giugno 1989 conteneva già una marcata differenziazione di strumenti tra politica economica e monetaria. Oltre ad un rafforzamento di politiche già esistenti (mercato unico, politiche regionali e settoriali, coordinamento delle politiche macroeconomiche nazionali), la vera novità in campo economico era costituita dall‟introduzione di regole in materia di bilancio, e si vedrà come questo progetto abbia trovato attuazione nel TCE e in alcuni atti di diritto derivato.

Per l‟unione monetaria il rapporto Delors prevedeva un processo di realizzazione in tre tappe. In seguito, le indicazioni del rapporto sono state seguite nelle loro linee fondamentali dalle istituzioni europee. Ricordiamo brevemente i passaggi essenziali. La prima ineludibile questione era la riforma del Trattato, poiché quello allora in vigore non prevedeva un‟idonea base giuridica. Le riunioni del Consiglio europeo rispettivamente di Strasburgo (dicembre 1989) e Dublino (giugno 1990) diedero avvio a due parallele conferenze intergovernative, nell‟una si svolse il negoziato politico, e nell‟altra quello sull‟UEM88

. Esse iniziarono a lavorare dopo il Consiglio europeo di Roma dell‟ottobre 1990, che stabilì anche alcuni passi successivi, nonché il fatto che la seconda tappa avrebbe dovuto avere inizio il 1° gennaio 1994.

Il Consiglio europeo di Maastricht raggiunse un accordo con riferimento ai lavori delle due conferenze e decise che la terza fase sarebbe stata avviata al più tardi il 1° gennaio 1999. Col Trattato di Maastricht del 1992, l‟obiettivo di instaurare “un‟unione economica e monetaria che comporti a termine una moneta unica” entrò finalmente nel mondo comunitario dalla porta

parlare di un suo mercato interno, similmente a quanto si fa con riferimento ad un singolo mercato nazionale: cfr. la sentenza della Corte di giustizia del 5 maggio 1982, causa 15/81, Gaston Schul Douane Expediteur BV contro

Ispettore dei tributi d'importazione e delle imposte di consumo di Roosendaal (Schul), Raccolta, p. 1409, punto 33:

“La nozione di mercato comune, elaborata dalla Corte nella sua costante giurisprudenza, mira ad eliminare ogni intralcio per gli scambi intracomunitari al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno”. Cfr. L.DANIELE, Diritto del mercato unico europeo, Milano, 2006, p. 35 ss.; C.SCHEPISI, voce Mercato interno (dir. com.), inS. CASSESE (dir.), Dizionario di Diritto Pubblico, IV, 2006, p. 3626.

87

G.L.TOSATO, R.BASSO,Unione economica e monetaria, in EdD, Aggiornamento V, Milano, 2001, p. 1089.

88

Oltre al profilo istituzionale, le norme sull‟UEM si caratterizzano per una marcata specializzazione. Riguardo lo svolgimento separato delle due conferenze intergovernative, G.L. TOSATO, R. BASSO, Unione economica e

monetaria, cit., p. 1091 sostengono che “…questo spiega sia la diversità, anche sotto il profilo redazionale, dei due

progetti, sia la specialità delle norme sull‟unione economica e monetaria rispetto ai principi generali e al sistema complessivo del diritto comunitario”. A.TIZZANO, Qualche considerazione sull‟unione economica e monetaria, in

principale, e cioè col suo inserimento tra gli obiettivi della CE nell‟art. 2. Allo stesso tempo vennero concesse clausole di opting-out (in pratica la facoltà di non partecipare all‟UEM) al Regno Unito e, successivamente, alla Danimarca.

La seconda fase – iniziata come da programmi il 1° gennaio 1994 – aveva come obiettivo la convergenza dei paesi membri, dal punto di vista giuridico-istituzionale e soprattutto economico-finanziario e monetario, su alcuni parametri e risultati prefissati. Dal primo punto di vista, gli Stati membri avevano l‟onere di adeguare il proprio diritto – specie per ciò che concerne le banche centrali – a quanto previsto dagli articoli 108 e 109 del TCE (c.d. convergenza giuridica)89. Dal secondo punto di vista, che più ci interessa in questa sede, l‟art. 121 del TCE prevedeva che ai fini dell‟autorizzazione al passaggio alla terza fase, la situazione degli Stati membri sarebbe stata valutata con riguardo a quattro – notissimi – parametri (cinque secondo l‟abituale classificazione operata in letteratura economica). Con riguardo alla stabilità dei prezzi, il tasso di inflazione nell‟anno precedente all‟esame si sarebbe dovuto mantenere a non più di 1,5 punti percentuali in più dei tre paesi più virtuosi dell‟area in termini di stabilità dei prezzi. In secondo luogo, lo Stato non doveva essere oggetto della procedura per disavanzi pubblici eccessivi di cui all‟art. 104 TCE (v. infra), e in particolare non doveva avere un disavanzo pubblico superiore al 3% del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL) e il debito pubblico non doveva superare il 60% del PIL. In terzo luogo, nei due anni precedenti l‟esame, la moneta del paese avrebbe dovuto mantenere i normali margini di fluttuazione previsti dallo SME senza particolari tensioni (e segnatamente senza svalutazioni nei confronti di altre monete facenti parte del Sistema). Infine, il tasso di interesse sui titoli a lungo termine non avrebbe dovuto superare del 2% quello praticato sui titoli dei predetti tre Stati più virtuosi90.

Il Consiglio europeo di Madrid del 15 dicembre 1995 approvò il c.d. “scenario di riferimento”, cioè una puntuale agenda per le rimanenti tappe per l‟adozione della moneta unica, agenda sostanzialmente confermata dalla riunione del Consiglio a Dublino il 13 dicembre dell‟anno successivo nella composizione di Capi di Stato e di governo91

.

89

Tale convergenza riguardava soprattutto i requisiti di indipendenza, quelli riguardanti le disposizioni in materia di accesso al credito del settore pubblico e tutte le disposizioni necessarie all‟ingresso delle banche centrali nazionali nel Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC); cfr. R.BASSO,G.L.TOSATO, Unione economica e monetaria, cit., p. 1115-16.

90

I criteri riguardanti la finanza pubblica, come si vedrà al § successivo, sono stati mantenuti nel TCE come criterio per la valutazione delle politiche di bilancio nazionali. Cfr. S. CAFARO, Moneta unica europea e criteri di

convergenza. Una valutazione giuridica delle norme del Trattato in materia di politica economica e monetaria, in DCSI, 3/1996, p. 471 ss.

91

Ripercorrendo, anche per sommi capi, le tappe che hanno portato alla realizzazione dell‟UEM (e dell‟unione monetaria in particolare), emerge con chiarezza il ruolo di grande protagonista ricoperto dal Consiglio europeo. La dottrina migliore non ha mancato di rilevare l‟ambiguità di questo modo di procedere: “Ce phénomène, loin de consolider la structure communautaire en lui donnant une base de légitimité au niveau le plus élevé, constitue, au contraire, un signe de décomposition de cet ordre juridique”, così J.-V.LOUIS, L‟évolution du Conseil européen à la

L‟iter per arrivare alla decisione su quali paesi possono entrare a far parte della moneta unica (lo stesso procedimento vale per Stati membri che volessero entrare successivamente) è previsto dall‟art. 121 TCE. Toccò alla Commissione e all‟IME (Istituto Monetario Europeo: ente dotato di personalità giuridica e la cui attività era disciplinata in un apposito protocollo92) la verifica del rispetto di tali parametri. Essi ne riferirono al Consiglio che, nella composizione Eco-Fin, su raccomandazione della Commissione, decise a maggioranza qualificata quali Stati soddisfacessero le condizioni previste dal Trattato per la moneta unica. Il Consiglio, in composizione di Capi di Stato e di governo, incluse in una sua raccomandazione le valutazioni del Consiglio Eco-Fin, raccomandazione sulla quale fu chiamato a dare un parere il Parlamento europeo. Ottenuto tale parere e tenendo conto delle relazioni dell‟IME e della Commissione, intervenne la finale decisione a maggioranza qualificata del Consiglio in composizione di Capi di Stato e di governo93.

In esito a tali procedure, si configura un assetto in cui si possono distinguere tre categorie di Stati membri: gli Stati ammessi, o senza deroga; gli Stati non ammessi, o con deroga; gli Stati membri con uno status speciale, cioè Regno Unito e Danimarca94. In realtà, la deroga altro non è che una sorta di sanzione, consistente nella – temporanea – esclusione dalla partecipazione alla terza fase dell‟UEM95. Secondo un‟autorevole dottrina, sulla base dei testi rilevanti, anche la situazione degli Stati membri con status speciale sarebbe in sé da considerarsi temporanea96.

L‟intervento di diverse istituzioni (il Consiglio addirittura in due diverse composizioni) è stato spiegato sulla base del fatto che ciascuna di esse è in grado di apportare un tipo di valutazione differente, e mentre per l‟IME e la Commissione l‟art. 121, par 1 prescrive che lo scrutinio da essi operato debba basarsi essenzialmente sui parametri economici, il giudizio del

in onore di Francesco Capotorti, vol II, Milano, 1999, p. 253 ss., spec. p. 272. Quanto all‟assetto istituzionale

dell‟UEM, così come stabilizzatosi poi a partire dalla terza fase, lo stesso autore ritiene comunque che il ruolo riservato al Consiglio europeo si mantenga entro il quadro disegnato dal Trattato di Maastricht. Cfr. infra § 2.3. 92

Una volta istituita la BCE, essa ha assunto i compiti dell‟IME, che è stato posto in liquidazione (art. 123, par. 2 TCE). Esso preparò il passaggio alla terza fase, soprattutto nel senso di predisporre l‟assetto di regolazione, organizzativo e logistico per consentire poi al Sistema Europeo di Banche Centrali di svolgere i propri compiti, una volta compiuto il passaggio alla terza fase. Cfr. J.-V. LOUIS, A legal and institutional approach for building a

MonetaryUnion, in CML Rev., 1998, p. 33 ss., spec. 35 ss.

93

Sugli effetti dell‟introduzione della moneta unica sui rapporti giuridici e i connessi aspetti tecnico-legali, si rinvia a F.POCAR,A.MALATESTA, L‟euro e i contratti internazionali, Milano, 1999; G.L.TOSATO,R.BASSO, L‟unione

economica e monetaria e l‟euro, 1a ed., Torino, 1999, p. 86 ss.; U.VILLANI, Gli effetti dell‟Euro sui contratti, in La

moneta tra sovranità statale e diritto internazionale, Atti del V Convegno SIDI, Torino, 1-2 giugno 2000, Napoli,

2001, p. 105 ss. 94

Cfr.C.ZILIOLI,M.SELMAYR, The European Central Bank, Oxford, 2001, ora in versione italiana aggiornata: La

Banca centrale europea, Milano, 2007, p. 250 ss.

95

V. in questo senso L.DANIELE, Unione economica e monetaria, obblighi degli Stati membri e poteri sanzionatori

delle istituzioni, in DUE, 4/1996, p. 931 ss., spec. 933 s.

96

Consiglio è riferito più generalmente “alle condizioni necessarie per l‟adozione di una moneta unica” e può ben ricomprendere fattori anche differenti e perlopiù di natura politica97

.

Quanto all‟aspetto strettamente economico, ci si limita qui ad una rapida notazione. Dopo la sua adozione nel 1999, l‟euro si è ritagliato un ruolo crescente nelle transazioni internazionali, nonché nelle riserve di Stati e Organizzazioni internazionali, tanto da indurre molti specialisti della scienza economica a presentare l‟attuale momento come caratterizzato dalla compresenza di due monete forti: una, il dollaro, con un consolidato ruolo di riserva internazionale, l‟altra, l‟euro, che aspira a conquistare anch‟essa quella posizione. In pratica il sistema monetario internazionale (secondo la definizione che abbiamo accolto nel § 1.2) sta subendo un mutamento qualitativo, in seguito all‟adozione dell‟euro. Questo non è semplicemente una nuova moneta, ma un nuovo mezzo liquido accettato su scala planetaria per calcolare, conservare, scambiare e tesaurizzare la ricchezza. Se esso finirà un giorno per scalzare il dollaro è difficile dirlo; più attendibile è uno scenario caratterizzato da una diarchia più o meno equilibrata98.

97

Secondo G.L.TOSATO, R.BASSO,Unione economica e monetaria, cit., p. 1117 “[v]a da sé che ciascun soggetto

istituzionale chiamato dal Trattato a pronunciarsi sul rispetto delle condizioni ha un margine di discrezionalità tanto maggiore quanto più ha natura politica e quanto più generale è il suo punto di vista in relazione al conseguimento degli obiettivi della Comunità. (…) In questa prospettiva, l‟IME esprime le considerazioni tecniche quale autorità di carattere monetario, la Commissione quelle dell‟istituzione con competenze esecutive a carattere generale della Comunità, il Consiglio Eco/Fin manifesta un punto di vista che rappresenta il ponte tra quello tecnico e quello politico; il Parlamento europeo e il Consiglio riunito nella composizione dei Capi di Stato e di Governo sono infine chiamati a svolgere una valutazione politica complessiva, che tiene in massima considerazione i precedenti atti ma che può liberamente ampliare il raggio dell‟indagine, sempre per verificare se sussistano le condizioni per l‟ammissione degli Stati membri alla moneta unica”. Ma se è comprensibile un processo così complesso per giungere alla delicata decisione di ammissione di uno Stato o meno all‟UEM, in generale l‟utilizzo di iter così complicati e poco lineari, proprio del Titolo VII, è stato criticato: cfr. A. TIZZANO, Qualche considerazione

sull‟unione economica e monetaria, cit., p. 458 ss. Cfr. sul punto infra, § 5.

98

Secondo la già riportata opinione di L.BINI SMAGHI, L‟euro, Bologna, 2001, p. 76 (cfr. retro, § 1.2): “[p]er poter trarre beneficio dalla sua integrazione, l‟Europa ha bisogno di una sua moneta, che rifletta la forza della propria economia nel contesto mondiale. Questa tesi si basa su una serie di considerazioni relative al ruolo del dollaro nell‟economia mondiale e al condizionamento che ne deriva per l‟Europa”, e ancora (p. 79): “L‟euro rappresenta, in prospettiva, un‟alternativa all‟egemonia del dollaro”. Sul contenuto dei condizionamenti cui è sottoposta l‟Europa per via del fatto che il dollaro è la valuta veicolo più diffusa nel mondo e che essa è anche la maggiore attività di riserva, v. ancora retro, § 1.2. Secondo poi A.MARZANO, Politica macroeconomica, Torino, 2006, p. 444-5, perché una moneta in generale, e in particolare l‟euro, possa “aspirare a divenire una valuta internazionale”, bisogna interrogarsi sulla sua affidabilità. Quest‟ultima dipende, sul piano internazionale, da vari fattori: - dall‟ampiezza del suo mercato interno, ovvero dal volume delle transazioni che vengono effettuate tramite quella valuta; - dalla stabilità del suo potere d‟acquisto, stabilità che, a sua volta, dipende dalla credibilità della politica monetaria; - dall‟indipendenza della sua economia da vincoli esterni; dall‟assenza di controlli sui tassi di cambio; dall‟ampiezza