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Gruppo Fiat: i prossimi successi in Italia e nel mondo saranno essenziali per rilanciare la filiera nazionale38

LA FILIERA ITALIANA: LE CRITICITÀ SONO NUMEROSE, I MARGINI RIDOTTI, MA CHI PASSA LA CRISI È PIÙ FORTE E PUÒ COGLIERE LE

OPPORTUNITÀ FUTURE

3.2 Gruppo Fiat: i prossimi successi in Italia e nel mondo saranno essenziali per rilanciare la filiera nazionale38

Prima di parlare dell’ambizioso piano industriale 2010-2014 presentato dal Gruppo Fiat agli investitori il 21 aprile 2010, è bene ripercorrere alcune tappe che hanno caratterizzato le fortune del precedente quinquennio, evidenziando i molti successi ma anche alcune criticità. Nel 2004 il Gruppo Fiat si presentava ai mercati e agli investitori con un fatturato pari a 45,6 miliardi di euro e un risultato operativo di 50 milioni, che oneri finanziari, componenti straordinari e imposte trasformavano in una perdita netta di 1,6 miliardi di euro. La divisione auto produceva circa 1,9 milioni di autoveicoli, valeva poco più del 43% dei ricavi totali, ma registrava perdite operative pari a 822 milioni di euro.

Cinque anni dopo si può affermare che molti degli obiettivi prefissati allora siano stati centrati, nonostante l’impatto degli ultimi due anni di crisi internazionale sull’auto e soprattutto su veicoli industriali, commerciali e macchine movimento terra. Il fatturato del Gruppo Fiat è costantemente aumentato sfiorando i 60 miliardi nel 2008, migliorando nettamente sia il risultato operativo (che ha superato i 3 miliardi nello stesso anno) sia gli utili. Il gruppo è tornato a generare profitti e nel 2009 è riuscito a contenere le perdite sotto il miliardo di euro. In particolare, negli ultimi 5 anni la divisione auto ha incrementato il numero di unità prodotte (+14% nel 2009 rispetto al 2004, con oltre 2,1 milioni di autoveicoli assemblati) e gli introiti (+33,5%, arrivando a 26,3 miliardi di ricavi nel 2009). Nonostante il difficile 2009, nell’arco di tempo preso in considerazione il margine operativo è passato da -4,2% a +1,8%, in netta controtendenza con la maggior parte dei concorrenti. Questo ha contribuito a portare in positivo la divisione auto, passata da una perdita di 822 milioni nel 2004 a un utile netto di 470 milioni nel 2009.

Tabella 3.1 Sintesi dei dati di bilancio del Gruppo Fiat 2004-2009 (dati in milioni di euro).

2004 2005 2006 2007 2008 2009

Fatturato 45.637 46.544 51.832 58.529 59.380 50.102

Consumi materie e servizi 37.196 36.796 40.171 45.599 45.651 47.070

Valore aggiunto 8.441 9.748 11.661 12.930 13.729 3.032

Margine operativo lordo 2.274 3.590 4.920 5.971 6.263 3.032

Ammortamenti 2.224 2.590 2.969 2.738 2.901 2.673

Risultato operativo 50 1.000 1.951 3.233 3.362 359

Proventi (oneri) finanziari -1.179 -843 -576 -564 -947 -753

Componenti straordinari -500 2.107 266 104 -228 27

Risultato prima delle imposte -1.629 2.264 1.641 2.773 2.187 -367

Imposte -50 844 490 719 466 481

Utile d’esercizio -1.579 1.420 1.151 2.054 1.721 -848

Utile di competenza di terzi 55 89 86 101 109 -10

Utile netto -1.634 1.331 1.065 1.953 1.612 -838

Fonte: Evaluation.it e Gruppo Fiat

Le chiavi del successo sono state numerose. In un primo momento si è intervenuti sulla struttura dei costi: si sono resi più efficienti gli stabilimenti produttivi, che ora rispondono tutti a principi di qualità ed efficienza che vanno sotto il nome di World Class Manufacturing; si è ridotto drasticamente il time to market dei nuovi modelli (da 24 a 15 mesi), fino a diventare leader di settore; si è posta maggiore attenzione sugli acquisiti e sulla solidità dei fornitori stessi. Inoltre è stata rilanciata l’immagine di marca con campagne di marketing innovative e avvalendosi di una rinnovata e capillare rete di distribuzione, puntando su nuovi prodotti (Panda, 500, e Alfa Romeo Mito, per citarne solo alcuni) e su tecnologie all’avanguardia e rispettose dell’ambiente. In merito a quest’ultimo punto, ricordiamo infatti che negli ultimi anni il marchio Fiat ha ridotto le emissioni medie della flotta fino a 130 grammi di CO2 per chilometro (contro una media di settore pari a 145,839), tanto da risultare il brand meno inquinante negli ultimi 3 anni. Sul fronte delle vendite, Italia e Brasile rimangono le due piazze di maggior importanza del gruppo, che ha intercettato rispettivamente il 32,8% e il 24,5% della domanda totale dei due mercati nel 2009; tuttavia, grazie a 52mila immatricolazioni in più rispetto al 2004, l’anno scorso la quota di mercato della casa torinese è cresciuta in tutta Europa

(fatta eccezione per la Spagna) portando il tasso di penetrazione dei suoi marchi dal 3,8% al 4,3%40.

Il mercato continentale ha promosso anche l’offerta di Fiat Professional (veicoli commerciali leggeri), passata dal 10,3% del 2005 al 12,8% del 2009 (senza contare il 3,1% di Iveco): il marchio è ora secondo, per vendite, solo a Renault.

L’indubbia riuscita del turnaround e i vantaggi tecnologici e di processo mostrati da Fiat sono stati gli elementi chiave che hanno convinto l’amministrazione americana ad affidare al management del Lingotto la ristrutturazione di uno dei gruppi automobilistici storici negli Stati Uniti: Chrysler. In un momento in cui l’economia e l’industria italiana cercano nuovo slancio, il gruppo di Torino ha senza dubbio mostrato coraggio e capacità, rafforzandosi in Italia e candidandosi a un ruolo di maggior peso all’estero.

Tuttavia, in un’industria competitiva come quella automotive, i successi devono essere confermati e le strategie riviste di continuo. L’acquisizione di una quota di capitale di Chrysler non rappresenta, infatti, un punto di arrivo ma l’inizio di un percorso il cui traguardo è stato fissato nella produzione (per Chrysler e joint-venture internazionali nel complesso) di 5,5-6 milioni di autoveicoli entro il 2014. Per raggiungere questo risultato è indispensabile ampliare gamma e mercati e ridurre i costi unitari: si comprende dunque meglio l’importanza dell’operazione Chrysler che, oltre a portare con sé una dote di capacità produttiva, integra i punti di forza di Fiat Automobiles con segmenti superiori al C e al D e con l’apertura verso mercati dove il gruppo è assente da tempo (Nord America e SUV) o può beneficiare di un rafforzamento (Sud America e Europa in primis). La condivisione delle architetture, inoltre, permetterà risparmi nello sviluppo, nell’acquisizione di componenti e così via, oltre a un più rapido ammortamento degli investimenti.

Figura 3.4 Scomposizione percentuale per paese delle vendite totali di Fiat Group Automobiles nel 2009 e nel 201441.

EUROPA ; 58% RUSSIA; 1% CENTR. SUD AMERICA ; 33% INDIA ; 1% TURCHIA ; 4% ALTRI ; 3% 2009 EUROPA ; 50% RUSSIA; 7% CENTR. SUD AMERICA ; 26% CINA ; 7% INDIA ; 3% TURCHIA ; 2% N. AMERICA ; 2% ALTRI ; 3% 2014

Fonte: Elaborazioni Step Ricerche su dati Fiat e fonti varie

Le sfide raccolte dal piano Fiat sono molte e ambiziose: per il 2014 si prefigge di vendere 3,8 milioni di auto e veicoli industriali leggeri, di cui più della metà (1,4 milioni di auto e 250mila veicoli commerciali) prodotti in Italia. I ricavi della divisione auto raddoppieranno, passando dai 26,3 miliardi del 2009 ai 51 del 2014.

I livelli produttivi fissati per il 2014 non sono solo un target commerciale: sono necessari perché la casa di Torino possa riequilibrare lo sfruttamento della capacità

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Le vendite 2014 rispecchiano le previsioni del piano industriale del Gruppo Fiat presentato il 21 aprile 2009. Sono contemplate nelle elaborazioni anche le vendite delle joint-venture.

produttiva degli stabilimenti italiani. Questi ultimi nel 2009 sono stati sfruttati al 60% del proprio potenziale42, mentre gli stabilimenti in Polonia, Serbia e Turchia hanno registrato medie pari al 129%.

Per riuscire nel suo intento il gruppo del Lingotto dovrà proseguire sulla strada del riposizionamento dei marchi, sfruttando al massimo le potenzialità di Lancia (118mila immatricolazioni nel 2009) e Alfa Romeo (105mila), e integrando brand, expertise, piattaforme e motori statunitensi con design e sistemi di propulsione e produzione italiani. Inoltre, l’integrazione dei due gruppi dovrebbe mirare a migliorare il mix di prodotto: lo scorso anno su 100 auto vendute da Fiat ben 77 appartenevano al segmento A o B, contro una media del mercato pari a 40. I marchi italiani risultano competitivi anche nel segmento delle monovolume compatte, ma devono recuperare terreno nei mercati di livello superiore, che pur prospettando minori volumi possono garantire margini operativi maggiori. Fiat ricava solo il 13,3% delle sue vendite dal segmento delle berline (familiari e compatte) contro il 36% del resto del mercato, e il 2,8% del totale delle sue immatricolazioni da MPV43 e SUV, contro il 18,6% in media della concorrenza. Il fatto è che non basta avere un ottimo prodotto: è necessario riuscire a penetrare i mercati. Fiat ha dimostrato in Brasile che è capace di produrre in loco auto di qualità e di convincere anche consumatori con gusti diversi da quelli europei. Proprio grazie ai successi in Brasile, il gruppo vanta una percentuale leggermente superiore a un terzo delle vendite nei paesi denominati BRIC, quota pari a quella di assemblatori globali del calibro di General Motors e Volkswagen, e superiore a tutti gli altri grandi gruppi. Mentre negli Stati Uniti sarà sicuramente favorevole l’aiuto di un gruppo storico come Chrysler, per quanto riguarda il resto del mondo Fiat si è impegnata a stringere accordi con partner strategici che le assicureranno una presenza nei mercati chiave di Cina venture con Guangzhou Automobile Group attiva da inizio 2010), Russia (joint-venture con il gruppo Sollers dai primi mesi del 2010) e India (joint-(joint-venture con Tata instaurata già nel 2007).

42 Potenziale calcolato su 235 giorni lavorativi l’anno e 16 ore al giorno.