STATI UNITI D’AMERICA
LE “GUERRE” AMERICANE DAL 1945 AD OGGI
La composizione della popolazione degli Stati Uniti d’America
In origine, l’immenso continente nordamericano, fu popolato da genti di origine asiatica, di stirpe mongolica, che oltre 15.000 anni fa, attraversarono a piedi lo stretto di Bering, tra l’Alaska e la Siberia orientale, durante l’epoca della glaciazione. Con il passare dei secoli, i discendenti di queste popolazioni popolarono l’intero continente americano, fino alla Terra del Fuoco. Il territorio degli attuali Stati Uniti, fu popolato ovunque da tribù, che a seconda dell’ambiente naturale nel quale si insediarono, svilupparono caratteristiche diverse: dai cacciatori nomadi delle praterie centrali, agli agricoltori delle calde terre subtropicali (come ad esempio i Seminole nell’attuale Florida). All’arrivo dei primi coloni europei, sembra che il numero degli indigeni (american native), non superasse il milione di unità, sparse su di un territorio immenso e ricchissimo di risorse. Inizialmente la penetrazione europea avvenne da sud, attraverso le regioni dell’attuale Messico, già colonizzate dagli spagnoli, poi a partire dal XVII° secolo, inglesi, olandesi e francesi iniziarono ad esplorare e colonizzare la costa orientale del continente. Fino alla seconda metà del XIX° secolo, gli unici afflussi di popolazione verso gli Stati Uniti erano costituiti da europei di origine prevalentemente anglosassone (inglesi, irlandesi, tedeschi e scandinavi) e dagli schiavi africani che venivano deportati nelle regioni agricole del sud. La crisi economica che colpì l’Europa negli ultimi decenni del XIX° secolo però, alimentò un grande afflusso di popolazione verso le Americhe, la più grande migrazione di massa della storia dell’umanità. Milioni di persone si riversarono dalle regioni dell’ Europa meridionale e da quella orientale verso gli USA, paese immenso e spopolato, bisognoso di mano d’opera di ogni genere, parallelamente anche dall’Asia, soprattutto dalla Cina, navi cariche di immigrati sbarcavano sulle coste californiane sull’Oceano Pacifico, anche se in numero più contenuto. La società americana iniziava così ad essere un vero coacervo di etnie e culture diverse, che si fondevano in qualche maniera in un’unica, nuova società, in un paese nuovo e dalle potenzialità immense. Negli ultimi anni invece, il flusso più costante di immigrati arriva dalla parte centrale e meridionale del continente americano (Ispanici), che già oggi sono il gruppo più numeroso ed in continuo aumento, evento testimoniato anche dalla sempre maggior diffusione della lingua spagnola nella società statunitense. Gli USA, accolgono tuttora oltre un milione di immigrati all’anno (tra regolari ed irregolari) e sono destinati quindi ad essere ancora di più una società molto complessa dal punto di vista della composizione etnica e culturale. Nei decenni precedenti la discriminazione razziale è stata attenuata dal progressivo evolversi della mentalità e della cultura, tuttavia restano dominanti, dal punto di vista economico e sociale i “bianchi” (soprattutto quelli di origine anglosassone ed ebraica), mentre le altre etnie generalmente ricoprono ruoli di importanza secondaria e comunque molto difficilmente incarichi dirigenziali di alto livello. La società USA può essere definita oggi come un insieme di etnie che vivono una accanto all’altra, conservando però ognuna le proprie peculiarità e caratteristiche ed il loro “ruolo” sociale, l’integrazione vera e propria, quella teorizzata da numerosi sociologi negli scorsi decenni si è ormai allontanata dal modello del melting pot, cioè della fusione tra le varie identità, a favore di un modello definito salade bowl (insalatiera), metafora nella quale si tenta di rappresentare la società americana proprio come un’insalatiera, nella quale ogni componente, pur mescolato agli altri, conserva comunque le proprie peculiarità e caratteristiche ed il proprio “colore”.
I bianchi sono tuttora il gruppo etnico più numeroso (oltre il 65% della popolazione), mentre gli afroamericani sono circa il 13%, gli ispanici (definizione che comprende anche bianchi e neri di origine latinoamericana) altrettanto il 13%, ma la percentuale è destinata a crescere in futuro. Gli “asiatici” (definizione generica che comprende cinesi, coreani, giapponesi ma anche gli abitanti delle isole del pacifico come gli hawaiani) circa il 5%, mentre i nativi americani sono il gruppo meno numeroso, dal momento che arrivano appena all’1% del totale della popolazione ed inoltre gran parte di essi vive in zone marginali e depresse economicamente del paese, come appunto sono le “riserve indiane”.
Tuttavia queste percentuali, sono il risultato generale che riguarda l’intera popolazione degli Stati Uniti d’America; a seconda delle zone infatti, queste percentuali possono variare in maniera anche
consistente, le grandi aree urbane ad esempio, sono popolate per gran parte da persone di origine afroamericana, asiatica ed ispanica, mentre le aree rurali delle pianure centrali o del New England, hanno una popolazione composta quasi esclusivamente da bianchi. Negli stati del “vecchio sud” (Alabama, Georgia, Lousiana, Mississipi ecc..), vivono molti discendenti diretti degli schiavi africani, che in queste aree erano adoperati nel lavoro delle piantagioni, mentre negli stati del sud-ovest (California, Arizona, New Mexico), ma anche in Texas ed in Florida, numerosissimi sono gli immigrati di origine ispanica, data la vicinanza geografica di questi territori all’area latino-americana. Le maggiori colonie di immigrati di origine asiatica si trovano in California (San Francisco è sede della più antica e famosa Chinatown d’occidente) e a New York.
Nelle grandi metropoli statunitensi, soprattutto nelle aree periferiche, si sono talvolta creati “quartieri etnici”, cioè quartieri, sobborghi, abitati prevalentemente da persone appartenenti alla stessa etnia o nazionalità, quartieri nei quali, viene tentato di ricreare un ambiente simile a quello della terra di origine, attraverso l’uso della lingua nativa, delle abitudini culinarie, del festeggiamento delle feste e delle ricorrenze tradizionali della propria cultura.
Gli equilibri e le percentuali attuali, sono però destinati a cambiare nel futuro, si prevede infatti che nell’anno 2050 la percentuale dei bianchi scenderà al 53% (oggi è al 68%), sul totale della popolazione, mentre quella degli ispanici raddoppierà (dal 13% attuale al 25%) così come quella degli asiatici (dal 5% di oggi al 9%), mentre gli afroamericani (12%) ed i nativi americani (1%), avranno circa le stesse percentuali di oggi.
Città ed aree metropolitane
La popolazione degli USA è concentrata per gran parte nei centri urbani (80%). Oltre alle numerose metropoli presenti (New York, Los Angeles, Chicago ecc…), città che contano diversi milioni di abitanti nelle sole “municipalità”, equivalenti al nostro territorio comunale, vi sono ormai molte aree metropolitane, ovvero agglomerati urbani, sorti nei dintorni delle grandi città, che possono arrivare a raggruppare anche più di 10 milioni di abitanti, come nel caso di New York e di Los Angeles. Sulla costa orientale il “saldarsi” di varie aree metropolitane (Boston, New York, Filadelfia, Baltimora, Washington DC), ha creato una megalopoli, cioè una conurbazione continua, lunga più di 500 km e con circa 50 milioni di abitanti. Un altro fenomeno è quello delle città gemelle, cioè centri urbani situati l’uno molto vicino all’altro, che alla fine si uniscono in un’unica area urbana, il caso più noto è quello di Dallas/Fort Whort in Texas.
Alcune aree metropolitane, come ad esempio quella di Los Angeles, sono costituite da un nucleo principale relativamente piccolo (la municipalità di Los Angeles, conta appena due milioni di abitanti) e da numerose città medie fra 100.000 e 200.000 abitanti che si trovano una contigua all’altra.
U.S.A. – I settori produttivi
Settore primario, le regioni agrarie e la produzione
Gli Stati Uniti d’America dispongono di un vastissimo territorio, nel quale è possibile, grazie alla presenza di climi ed ambienti adatti, praticare quasi ogni tipo di coltivazione ed allevamento. Nonostante la percentuale di addetti al settore primario sia soltanto poco più dell’1% della popolazione attiva e lo stesso settore primario, contribuisca solo per l’1% alla formazione del PIL degli USA, l’agricoltura è altamente produttiva e meccanizzata, così come le altre attività del settore primario. Le caratteristiche generali, pur nelle differenziazioni regionali, sono da una parte tendenti ad adeguarsi alla generale trasformazione in senso liberista dell’intera economia americana, mentre dall’altra permangono aspetti profondamente legati alla tradizione originaria dei primi agricoltori ed allevatori. Rispetto all’Europa, negli USA è molto più diffuso l’uso delle biotecnologie, OGM compresi e comunque l’impostazione generale è quella tipica dell’ agribusiness, con filiere organizzate a livello industriale. Le dimensioni territoriali delle aziende, sono più grandi che in Europa e data la disponibilità di terreni agricoli sfruttabili è praticata spesso l’agricoltura di tipo estensivo, mentre l’elevata meccanizzazione, richiede quasi sempre un numero di addetti abbastanza ridotto.
Il territorio degli Stati Uniti d’America, si può suddividere in cinque grandi regioni agrarie : la prima è riferita agli stati nordorientali, nei quali le caratteristiche climatiche favoriscono le coltivazioni erbacee adatte per il pascolo ed il foraggio e di conseguenza è molto sviluppato l’allevamento bovino, soprattutto da latte. Nella fascia sudorientale altlantica si coltiva il tabacco ed è diffuso l’allevamento bovino e data la mitezza del clima è possibile la produzione di ortaggi ed agrumi e in Florida anche di prodotti tipicamente tropicali. Nell’umido delta del Mississippi sono diffusi il cotone e la soia. Con i termini corn belt e wheat belt si identificano i territori degli stati
centrali e nordoccidentali, destinati alla coltivazione del mais (corn belt) nella sezione più
orientale, più umida e del frumento (wheat belt) nella più arida sezione occidentale. Gli stati della
costa pacifica si connotano per le colture frutticole ed orticole, in particolare la California, che
presenta un settore agricolo molto sviluppato e diversificato, eccellente ad esempio nella produzione di vino.
Gli stati territorialmente non contigui dell’Alaska e delle Hawaii, presentano situazioni peculiari, data la posizione geografica: coltivazioni in serra ed industria casearia in Alaska, essenzialmente canna da zucchero nelle isole Hawaii.
Settore secondario, risorse minerarie ed energetiche.
Gli Stati Uniti, dispongono di grandi risorse minerarie, sono il terzo produttore mondiale di petrolio, anche se per motivi strategici e di convenienza economica, sono anche il principale importatore di greggio, sono al secondo posto per quanto riguarda la produzione di gas e hanno importanti bacini carboniferi, così come sono presenti giacimenti di metalli di tutti i tipi, come il rame, il ferro, il piombo. Importanti per la produzione energetica (gli USA sono il primo paese al mondo per consumi energetici ed idrici), le centrali idroelettriche nelle zone montuose e le numerose centrali nucleari sparse su tutto il territorio nazionale.
Gli Stati Uniti d’America, sono il paese più industrializzato del mondo e di conseguenza, sono dotati di un apparato produttivo formidabile ed all’avanguardia tecnologica, capace di rinnovarsi continuamente e di recepire rapidamente le evoluzioni del mercato.
Le produzioni a basso livello tecnologico, sono ormai in gran parte decentrate in paesi dove il costo del lavoro è più basso, soprattutto nel confinante Messico, mentre i comparti tradizionali della meccanica e del tessile hanno registrato una contrazione del loro peso relativo nella formazione del valore aggiunto totale a vantaggio dei nuovi comparti dell’informatica, dell’industria farmaceutica, di quella aerospaziale e, più in generale, di quelli legati alle forniture militari. La recente crisi, sta inoltre mettendo in difficoltà un settore tradizionalmente prestigioso ed importante come quello dell’industria automobilistica con i suoi colossi Ford e General Motors.
Settore terziario ed infrastrutture
Come in tutti i paesi sviluppati, anche negli USA, gran parte della popolazione attiva (circa l’80%), è impiegata nel settore terziario. Importante è il turismo (gli USA, sono il secondo paese visitato al mondo), così come molto sviluppati sono i settori bancario, assicurativo e finanziario. L’elevato grado di benessere di una discreta fascia della popolazione, favorisce la crescita dei servizi alla persona, per la salute del corpo ed il tempo libero. Negli ultimi anni sono sorte poi grandi aziende legate al mondo della comunicazione e delle nuove tecnologie, che hanno occupato un numero sempre più crescente di addetti. Il commercio è impostato prevalentemente sul modello della grande distribuzione, soprattutto nelle grandi aree urbane, che ospitano la quasi totalità degli abitanti.
Gli Usa sono dotati di una formidabile rete di infrastrutture di ogni tipo. A causa delle enormi distanze intercorrenti tra le varie località, la rete di trasporti aerei interni è molto articolata e frequentata dall’utenza (principale aeroporto per traffico passeggeri è quello di Chicago), un sistema stradale ed autostradale di elevata qualità attraversa il territorio da nord a sud e da est ad ovest, così come sviluppata è la rete ferroviaria, mentre i grandi bacini fluviali e lacustri, sono collegati all’oceano Atlantico ed al golfo del Messico da una serie di canali artificiali navigabili anche da imbarcazioni di grande tonnellaggio.
I principali scali marittimi commerciali sono quelli di Los Angeles sul Pacifico e New York sull’Atlantico. Buona la copertura del territorio per quanto riguarda le connessioni ad alta velocità, l’uso di internet è molto diffuso tra la popolazione.