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Academic year: 2021

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GEOGRAFIA ECONOMICA

Prof. Alessandro Grassini

Appunti di sintesi del programma del V° anno corso I.G.E.A.

(2008)

Indice degli argomenti

Gli ambienti naturali………. Pag. 2 Le culture del mondo……… pag. 8 Geografia della popolazione…………. Pag. 14 Le città……….. pag. 17 L’organizzazione degli spazi………… pag.20 Sviluppo e sottosviluppo……….. pag. 25 La globalizzazione dell’economia…… pag. 32 I settori produttivi………. Pag. 38 Le risorse naturali ed energetiche……. Pag. 48 Le comunicazioni e i trasporti……….. Pag. 56 Appendice IV°anno (USA)…………...Pag. 60

* in grassetto gli argomenti utili anche per il corso ERICA (V°anno).

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GLI AMBIENTI NATURALI

L’ambiente naturale con le sue caratteristiche, è stato fondamentale in passato e lo è anche adesso, per lo sviluppo delle civiltà umane. Le terre emerse rappresentano solo circa un quarto del pianeta e solo in parte sono abitabili. Milioni di chilometri quadrati sono del tutto inabitabili (Antartide, aree artiche, zone d’alta quota), mentre altre ampie porzioni del pianeta (deserti, tundra, foresta pluviale), lo sono solo in minima parte. Le terre temperate e quelle tropicali presentano la maggiore densità abitativa. Le aree abitabili sono definite ecumene, mentre quelle non abitate sono definite anecumene.

GLI AMBIENTI NATURALI

Gli ambienti non abitati Le aree polari

Le estremità settentrionali e meridionali del pianeta (Polo Nord e Polo Sud), presentano condizioni ambientali proibitive per l’insediamento umano. Nessun tipo di vegetale è in grado di crescere a quelle latitudini, le temperature raggiungono valori bassissimi durante la stagione invernale, nella quale la notte dura ben sei mesi. Le porzioni terrestri dell’area artica (Groenlandia, Nord del Canada, della Scandinavia

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e della Russia), sono scarsamente abitate, mentre la banchisa del Polo Nord è disabitata. Il continente antartico (Polo Sud) è totalmente disabitato, salvo alcune migliaia di scienziati di varie nazionalità che vivono nelle basi scientifiche.

Le aree di alta quota

Oltre una certa quota di altitudine la vita umana è praticamente impossibile, a causa della mancanza di ossigeno. In alcune aree del mondo (Ande, Tibet), le popolazioni locali si sono adattate a vivere oltre i 4.000 metri, la quota di abitabilità cambia comunque a seconda della latitudine, in Europa non supera i 2.000 metri. Tutte le grandi catene montuose del pianeta, che si spingono oltre i 3.500/4.000 metri costituiscono zone non abitate.

Gli ambienti poco abitati

I deserti

Tutte quelle aree del pianeta dove le precipitazioni sono scarse, l’escursione termica elevata e dove la vegetazione è assente o quasi, possono essere definite deserti.

Esistono dunque deserti caldi e deserti freddi.

I deserti caldi

I deserti caldi sono presenti in Africa, Asia, Americhe, Australia. Possono essere costituiti da sabbia, roccia o ciottoli. Il più grande e conosciuto è il deserto del Sahara, che è esteso per quasi un terzo dell’intero continente africano, esso è in gran parte sabbioso. Nei deserti caldi l’elevata temperatura diurna e la mancanza di acqua, rendono difficile ogni attività umana e di conseguenza il popolamento storico è sempre stato rado. Oggi tuttavia, in alcune aree desertiche in paesi sviluppati e ricchi (Usa, Australia, Israele, stati del Golfo Persico), grazie a cospicui investimenti e all’utilizzo di tecnologie avanzate, sono sorte in mezzo al deserto moderne città, come ad esempio Las Vegas nel deserto del Nevada, oppure aree coltivabili.

I deserti freddi

I deserti freddi presentano caratteristiche simili a quelli caldi, ma sono situati a latitudini più settentrionali, si trovano in Asia centrale ed in misura minore nel continente nordamericano. Ugualmente elevata è l’escursione termica, ma i valori minimi, possono raggiungere nella stagione fredda, anche qualche decina di gradi sottozero.

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Le terre fredde a scarso popolamento

Tutta la fascia settentrionale del pianeta (Siberia, Canada, Scandinavia, Alaska), risente della vicinanza del circolo polare artico e gode quindi di un clima particolarmente freddo durante la stagione invernale, nell’emisfero meridionale, a causa della minore estensione delle terre emerse, caratteristiche analoghe si ritrovano soltanto in Terra del Fuoco e in qualche sperduto arcipelago negli oceani meridionali.

Ugualmente alcune zone continentali del continente asiatico (Cina settentrionale, Mongolia, Kazakistan), a causa della grande distanza dal mare, presentano condizioni climatiche sfavorevoli (forte escursione termica, scarsità di precipitazioni). In tutte queste aree del mondo, il popolamento è scarso e legato alle poche attività produttive (allevamento nomade, settore estrattivo).

Le foreste pluviali

Nella fascia equatoriale, si estendono le foreste pluviali (Amazzonia, Africa centrale, isola del Borneo). La grande foresta pluviale è un ambiente naturale di difficile abitabilità : le comunicazioni sono consentite praticamente solo via acqua (oggi anche per via aerea), a causa della vegetazione particolarmente intricata, il clima caldo- umido e costante per tutto l’anno, favorisce malattie epidemiche e rende impossibile quasi ogni forma di agricoltura. La foresta pluviale, sfruttata intensamente per le attività economiche (legname soprattutto), negli ultimi decenni sta diminuendo la sua estensione.

Gli ambienti ad elevato popolamento Le terre temperate

Le terre temperate si estendono in misura non uguale in entrambi gli emisferi tra i 50/60° ( 60° in Europa, 50° in America ed Asia ) e i 30° di latitudine.

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Nella fascia delle terre temperate, sono compresi tutti i paesi più sviluppati e ricchi del mondo (Usa, Europa occidentale, Giappone).

La caratteristica principale delle terre temperate è quella di avere un clima basato sull’alternanza delle quattro stagioni e condizioni climatiche non estreme per quanto riguarda le temperature e le precipitazioni. Ciò ha reso possibile lo svilupparsi dell’agricoltura basata sulla coltivazione intensiva dei cereali e sull’allevamento su grande scala. Nella fascia delle terre temperate, si trovano anche zone ad alto popolamento della Cina. La non uguale distribuzione delle terre emerse negli emisferi boreale ed australe determina il fatto che la maggior parte delle zone temperate si trovi nell’emisfero nord. Nell’emisfero meridionale solo in limitate zone del Sud America (Argentina, Cile, Uruguay, Brasile del sud), in Sudafrica, nella parte sud- orientale dell’Australia e in Nuova Zelanda si trovano regioni dalle caratteristiche climatiche temperate.

La fascia tropico-equatoriale

Tutta la vasta zona compresa tra il tropico del Cancro e l’equatore e tra questo e il tropico del Capricorno rappresenta la fascia tropico-equatoriale del pianeta.

Gli ambienti naturali sono vari, dai deserti alle savane, alla giungla paludosa.

In questa fascia si trovano quasi tutti i paesi più poveri del mondo ed alcune delle realtà demografiche più importanti (India, Nigeria, Bangladesh).

Storicamente questa vasta area del mondo è stata oggetto di pesantissimo sfruttamento da parte dell’occidente durante l’epoca coloniale e ancora oggi è rilevante il predominio economico e politico del mondo occidentale su queste terre.

Le caratteristiche climatiche variano notevolmente da zona a zona. Le stagioni si alternano tra stagione asciutta e stagione delle piogge, questo favorisce in determinate zone, la possibilità anche di più raccolti nel corso di un anno solare. Le terre tropicali sono però anche “fragili” per quanto riguarda lo sfruttamento intensivo dei terreni.

Le forme di agricoltura praticate sono generalmente la piantagione monoculturale (destinata prevalentemente all’esportazione) o l’agricoltura di sussistenza nelle sue varie forme. Nelle vicinanze delle calde acque degli oceani i tropici sono spesso sottoposti a violente tempeste che assumono varie denominazioni (tifone, uragano).

I più grandi agglomerati urbani del mondo si stanno formando nel territori tropicali ed equatoriali ed il peso demografico di questa parte del mondo è in continuo aumento.

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LE CORRENTI MARINE E IL CLIMA

Non sono solo i normali fattori che determinano il clima e quindi condizioni più o meno favorevoli all’insediamento umano, la circolazione delle correnti marine, ad esempio, influisce notevolmente sulle temperature e sulle precipitazioni. La più conosciuta di esse è la corrente del golfo, così chiamata perché si forma nel golfo del Messico. E’una corrente di acqua calda che scorre da sud-ovest verso nord-est, attraversando l’oceano Atlantico, tutta l’europa occidentale ne beneficia e anche terre che si trovano a latitudini settentrionali hanno un clima temperato. La più nota delle correnti fredde è la corrente di Humboldt, si forma nelle fredde acque antartiche e scorre in direzione nord, parallelamente alle coste sudamericane nell’oceano Pacifico. A causa della differenza tra la temperatura dell’acqua e dell’aria, l’evaporazione è difficoltosa e di conseguenza scarseggiano le precipitazioni. Le sue acque sono molto pescose.

LA CORRENTE DEL GOLFO E LA CORRENTE DI HUMBOLDT

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L’INSEDIAMENTO DELL’UOMO SUL TERRITORIO

Il Paesaggio

Successivamente alla sua comparsa sulla terra l’essere umano ha lasciato sull’ambiente la sua impronta, modificando il paesaggio da paesaggio naturale a paesaggio antropizzato. Il paesaggio naturale è infatti l’ambiente incontaminato, dove l’opera umana non ha prodotto nessun effetto, nemmeno lieve e transitorio.

Oggi, porzioni di paesaggio naturale, sopravvivono soltanto nelle località più estreme, meno raggiungibili e meno adatte all’insediamento, ma indirettamente l’opera della civiltà umana, raggiunge ormai ogni angolo del pianeta, si pensi soltanto agli effetti dell’inquinamento sui ghiacci dell’Antartide o alle piogge acide sulle grandi foreste boreali. Ogni civiltà, a seconda del suo grado di sviluppo, ha inciso in maniera più o meno profonda sul paesaggio, l’uomo del neolitico, poteva al massimo abbattere qualche albero, ma la sua azione era sostanzialmente limitata, l’introduzione della pratica dell’agricoltura, con la sua continua necessità di nuovi spazi da destinare alle culture sottratti alla natura è l’inizio dell’opera di

“umanizzazione” profonda del paesaggio geografico, ma sarà soltanto con l’arrivo della rivoluzione industriale che l’azione dell’uomo inizierà ad avere davvero effetti di trasformazione radicale di ampissime porzioni di territorio. Il progressivo ed inarrestabile aumento della popolazione terrestre, la necessità di reperire nuove risorse alimentari ed energetiche, la costruzione di grandi infrastrutture, centri urbani di dimensione sempre più grandi, necessitano di sfruttare sempre di più tutti gli spazi necessari alla sopravvivenza ed al progresso del genere umano. Esistono ormai da molti decenni, paesaggi totalmente artificiali come quelli urbani o industriali, dove l’opera dell’uomo si è completamente sostituita a quella della natura. Molte delle civiltà che sono comparse in epoca storica, hanno lasciato nel paesaggio del loro territorio, segni culturali inconfondibili, come le chiese in terre cristiane oppure i grandi monumenti del passato. Ma non sono soltanto gli edifici che possono caratterizzare l’impronta di una determinata civiltà su un paesaggio, anche le coltivazioni, le opere idrauliche (si pensi ad esempio al paesaggio delle colline toscane). Non sempre, anche quello che può sembrare un paesaggio naturale è veramente tale, un castagneto in un ambiente montano, può sembrare a prima vista

“naturale”, salvo poi scoprire che è stato impiantato dall’uomo a scopo commerciale (la raccolta delle castagne), così come le tante specie vegetali che lo stesso uomo ha importato, magari in tempi lontani da altre località, come ad esempio il cipresso, originario dell’Asia occidentale, introdotto in Italia e in Europa in epoca antica.

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LE “CULTURE” DEL MONDO

La parola “cultura”, nelle scienze sociali, a differenza di come è usata nel linguaggio comune e dei media, ha un’accezione più ampia e si riferisce ai modelli comportamentali, alle conoscenze, ai sistemi sociali peculiari, alla lingua ed alla religione di ciascuno dei “gruppi” umani che si sono sviluppati in epoca preistorica e storica in una determinata area del pianeta. La storia degli uomini, soprattutto quella degli ultimi cinque secoli, ha messo in contatto e in conflitto ognuna di esse e così oggi, la cultura europea occidentale, sovrapponendosi e sostituendosi ad altre, attraverso il fenomeno del colonialismo, ha creato in continenti lontani fisicamente dall’Europa, culture che si possono definire “europeizzate”, in quanto le società di questi paesi, parlano una lingua di origine europea, professano la religione cristiana, adottano modelli istituzionali e culturali mutuati dai sistemi europei. Tutto il continente americano, l’Australia e la Nuova Zelanda, l’oriente russo sono aree dal punto di vista culturale europeizzate, anche se con notevoli differenze di sviluppo e di rilevanza economica. Culture non derivanti da influssi europei, quantomeno in alcuni loro aspetti si trovano nei continenti africano ed asiatico oltre che nell’area pacifica dell’Oceania. Stabilire una suddivisione, a livello mondiale, delle “aree culturali”, risulta abbastanza complesso e non esiste un metodo di classificazione univoco, una delle possibili ipotesi può individuare :

CULTURE EUROPEE ED EUROPEIZZATE Cultura Europea Occidentale

Cultura Europea Orientale

Cultura Americano Anglosassone Cultura Latino Americana

Cultura Australiana/Neozelandese

CULTURE DI DERIVAZIONE NON EUROPEA Cultura Ebraica

Cultura Islamica

Cultura Sino/Giapponese Cultura Asiatico Sudorientale Cultura Indiana

Cultura Africano Subsahariana Cultura Pacifica

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Cultura Europea Occidentale

La cultura dell’europa occidentale è un complesso sistema di tante culture particolari che si riconoscono in alcuni valori : quali i sistemi democratici parlamentari, l’economia di mercato ed anche se la società è in via di secolarizzazione rispetto al passato, ai valori del cristianesimo. L’ incontro tra il mondo classico greco-romano con la religione cristiana, la società prima feudale e poi mercantile, l’espansionismo coloniale, l’affermazione di modelli liberal-democratici sui totalitarismi, rappresentano i passi in comune dei paesi dell’Europa occidentale.

La divisione in realtà nazionali autonome e la frammentazione linguistica, costituiscono oggi un ostacolo. Nel passato le nazioni europee occidentali più potenti, a turno hanno esercitato sulle terre e sui mari di quasi tutto il mondo il loro predominio, esportando con esso la loro cultura ed i loro valori. Le maggiori differenziazioni all’interno della generale cultura europeo occidentale, si riscontrano tra l’area germanico-anglosassone e quella latino-mediterranea che comprende anche la Grecia, con la Francia in posizione di sintesi tra i due mondi. Il fenomeno dell’immigrazione massiccia di individui provenienti da altre culture, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino ed il progressivo affermarsi di una cultura

“occidentale” globalizzata, influenzata soprattutto da modelli dell’America anglosassone, ha ridotto notevolmente e in parte trasformato la cultura europea, nonostante il progressivo aumentare di importanza delle funzioni dell’Unione Europea.

Cultura Europea Orientale

Fisicamente l’Europa non è un continente e la sua parte orientale ha una sua continuità geografica terrestre con il continente asiatico e le sue grandi steppe, il territorio dell’Europa orientale, ha quindi sempre rappresentato la porta d’accesso all’Europa, al Mediterraneo, all’oceano Atlantico. Da sempre le grandi migrazioni sono avvenute nel continente eurasiatico da oriente ad occidente, i popoli che si sono stabiliti a vivere nelle terre di passaggio, hanno dovuto difendere sempre il loro insediamento da aggressioni provenienti da oriente ed in tempi recenti anche da occidente. Le popolazioni dell’Europa orientale, appartengono in gran parte al ceppo linguistico slavo e per gran parte professano la religione cristiano ortodossa. La nazione dominante sotto tutti i punti di vista è la Russia, il più grande paese della terra. Rispetto alla parte occidentale dell’Europa, l’economia è più arretrata, anche perché derivante dai cambiamenti dovuti al passaggio dal sistema socialista a quello capitalistico attuale, così come i modelli istituzionali democratici recenti debbono assestarsi dalla fine del totalitarismo comunista. I livelli di sviluppo delle varie nazioni di quest’area, sono abbastanza differenziati, i paesi già membri dell’Unione Europea, presentano prospettive di sviluppo ben diverse, da quelli meno avanzati, come gli ex-membri dell’Unione Sovietica, Albania e la parte dell’ex Jugoslavia che ancora risente dei disastrosi conflitti degli anni ’90 del secolo scorso.

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Cultura Americano Anglosassone

Diffusa in una vasta area, comprendente soltanto due stati (USA e Canada), la cultura americano anglosassone è sicuramente la più omogenea tra tutte le altre.

Fondamentale risulta essere l’elemento linguistico, con la totale prevalenza dell’inglese, praticamente ovunque. Di derivazione originaria anglosassone, a causa del prevalere definitivo britannico nell’epoca coloniale, contiene poi elementi derivanti da tutti gli altri gruppi etnici che si sono stabiliti nel nord america attraverso l’immigrazione e la deportazione. L’affermazione del modello “americano” in altre parti del mondo, attraverso la “colonizzazione” culturale, rende questo abbastanza conosciuto, quantomeno nei suoi aspetti più superficiali ed immediati, praticamente in tutto il mondo ed anche per questo carattere colonizzatore, letto talvolta come impositivo, avversato. Tratti noti del mondo americano anglosassone, cioè in pratica statunitense, in quanto il Canada ha una consistenza demografica piuttosto ridotta, quali l’individualismo, la flessibilità lavorativa, la diversa scansione della giornata, il sistema giudiziario e politico, la concezione della proprietà privata, stanno in alcuni casi insediandosi anche nelle società europee, inquadrate in quel fenomeno ben più complesso, chiamato globalizzazione.

Cultura Latino Americana

Il diverso modello coloniale adottato dagli spagnoli e dai portoghesi nella parte centro-meridionale del continente americano, ha prodotto uno sviluppo e una cultura totalmente diversi da quelli della parte settentrionale. Se, sostanzialmente, anche in questa parte esiste un’uniformità linguistica basata sullo spagnolo, con la sola grande eccezione del Brasile di lingua portoghese, mentre la religione cattolica è professata dalla quasi totalità della popolazione, la suddivisione politica in molti stati è un elemento di disomogeneità. Rispetto all’estrema marginalità delle culture nativo americane rimasta nel nord america, l’elemento amerindo è invece ben più presente, sia dal punto di vista numerico, sia dal punto di vista culturale in america latina, in particolar modo in mesoamerica e nell’area andina ed anche la presenza culturale africana si è mantenuta ed integrata con le altre, alcune zone, come Haiti, sono abitate totalmente da afroamericani. Dal XIX° secolo in poi, con il progressivo espandersi degli interessi degli Stati Uniti in tutta l’area latino americana, sono penetrati anche diversi aspetti della cultura USA, soprattutto per quanto riguarda i modelli istituzionali. Parallelamente, a seguito della consistente immigrazione di sudamericani verso gli Stati Uniti, elementi di cultura latino americana si stanno diffondendo sempre di più nella loro società.

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Cultura Australiana/Neozelandese

La cultura dell’Australia e della Nuova Zelanda, presenta molte analogie con quella dell’america anglosassone, a cominciare dal comune uso della lingua inglese, la multiculturalità dovuta alle comunità di immigrati presenti, la marginalizzazione delle cultura indigene precedenti, in questo caso aborigeni e maori, l’unità politica in due soli stati (l’Australia e la Nuova Zelanda). Ancora maggiore è in questa parte del mondo il retaggio coloniale britannico ed il legame con il Regno Unito ed i suoi simboli come la monarchia. La marginalità geografica passata e le ridotte dimensioni demografiche (circa 20 milioni di abitanti) ne fanno una cultura poco rilevante nel contesto globale.

Cultura Ebraica

La cultura ebraica è un caso particolare e riguarda direttamente un numero relativamente esiguo di persone abitanti nello stato di Israele o appartenenti a comunità insediate da secoli prima in Europa e in Asia e successivamente nelle americhe. La religione di riferimento è l’ebraismo, la prima delle religioni monoteiste, dalla quale derivano il cristianesimo e successivamente anche l’islam.

Importante è il contributo dato da personalità appartenenti alla cultura ebraica alle società europee ed americane.

Cultura Islamica

La diffusione della religione islamica abbraccia oggi buona parte del continente asiatico e di quello africano. L’islam, nato nella penisola araba, è stato diffuso prima dagli stessi arabi per via terrestri e marittime e poi dai turchi. La coincidenza attuale delle aree a cultura islamica con territori tra i più importanti dal punto di vista strategico a causa delle risorse energetiche, le guerre e l’insorgere del terrorismo internazionale di matrice islamica, il numero sempre più crescente di immigrati islamici in Europa, hanno messo al centro dell’attenzione dell’occidente la cultura musulmana. L’elemento religioso, suddiviso nei due gruppi sannita e sciita, è l’unico collante di una serie di nazioni che va dalle coste atlantiche dell’Africa, fino ai mari dell’Indonesia, frammentate nei loro interessi, nelle loro alleanze, nelle loro prospettive. Generalmente, questa è l’area del mondo, dove la religione influenza di più i comportamenti sociali, soprattutto nelle “teocrazie” (Arabia Saudita, Iran ed altri), nazioni dove i principi religiosi sono anche fonte di legge dello stato. Tuttavia esistono anche paesi dove è netta la distinzione tra stato e religione (Turchia).

L’elemento linguistico è molto frammentato, anche nei paesi di cultura e lingua araba (Africa settentrionale, Libano, Siria, Giordania, Palestina, Iraq e tutti gli stati della penisola araba).

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Cultura Sino Giapponese

La millenaria storia degli imperi cinese e giapponese, ha prodotto una cultura che ha influenzato tutta l’area dell’Asia orientale (esclusa la parte settentrionale siberiana, colonizzata dai russi). La scrittura a ideogrammi di origine cinese si è diffusa e rimodellata anche in Giappone. Le filosofie e le religioni, le arti marziali, fanno parte di quel mondo lontano dall’Europa, conosciuto però sin dai tempi antichi nel vecchio continente. La culture orientali, si sono sviluppate parallelamente a quelle occidentali e con esse le scoperte tecnologiche, l’arte e i modelli economici e sociali.

La colonizzazione ha solo scalfito le solide tradizioni mutuate in secoli di civiltà feudale con le sue regole ed i suoi ritmi. Di difficile comprensione sono talvolta alcuni aspetti del modo di vivere e di pensare di questa parte del mondo, perché assai distanti dalla nostra. I profondi cambiamenti dell’ultimo secolo, l’ascesa economica del Giappone, il comunismo e il nuovo ruolo economico della Cina, richiedono necessariamente il confronto delle culture orientali con la cultura globalizzante.

Cultura Asiatico Sudorientale

Tutta l’area continentale ed insulare che si estende nella zona pacifica asiatica a sud della Cina e del Giappone, una delle zone a più alta densità demografica di tutto il mondo, presenta elementi culturali che hanno come influenze principali elementi cinesi, indiani ed arabi oltre a quelli delle varie dominazioni coloniali dei secoli scorsi. Non esiste un elemento religioso, né linguistico dominante, ci sono paesi a maggioranza cristiana (Filippine), musulmana (Indonesia), buddista (Thailandia), anche dal punto di vista economico e dello sviluppo le differenze tra alcuni paesi di quest’area sono notevoli, si passa dalla ricchezza di Singapore e del Brunei, alla povertà estrema del Laos e del Myammar.

Cultura Indiana

La cultura indiana, come quella sino-giapponese, è figlia di una millenaria tradizione ed anch’essa ha resistito in maniera abbastanza consistente al periodo della colonizzazione britannica, anche se ne è stata influenzata in maniera maggiore. Gran parte del subcontinente indiano, coincide oggi con lo stato dell’Unione Indiana, sorto nel 1947 a seguito dell’indipendenza dal Regno Unito, dalla separazione su base religiosa con il Pakistan musulmano. Il culto prevalente è quello dell’induismo e la società che nei grandi centri urbani sta progressivamente acquisendo connotazioni di tipo globalizzato, conserva ancora fortemente negli ambienti rurali, ancora densamente popolati, caratteristiche tradizionali arcaiche, tra le quali il sistema delle caste, anche se oggi è stato abolito dalla moderna legislazione.

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Cultura Africano Subsahariana

Il deserto del Sahara ha sempre rappresentato, in passato a maggior ragione, una grande barriera naturale, forse peggiore di un oceano. Mentre la parte settentrionale del continente africano è sempre stata in contatto con il mondo europeo e quello arabo ed orientale, la parte centro-meridionale dell’africa, fatta di savane, foreste pluviali e verso sud di nuovo di deserti, con l’esclusione dell’estremità meridionale temperata, ha risentito di un forte isolamento. Le tante culture che si sono formate in questo territorio, hanno risentito quindi prima dell’isolamento e poi dell’invasione di culture più forti ai fini dello sfruttamento umano e delle notevoli risorse. La mancanza della scrittura, l’enorme frammentazione linguistica, religiosa e politica, ne fanno oggi culture marginali nel contesto globale.

Cultura Pacifica

Nell’area che comprende le isole della Polinesia, le isole Hawaii ed ogni microscopico atollo, si sono sviluppate nel passato civiltà, diverse per cultura e lingua che oggi sopravvivono mescolate con gli elementi della civiltà globale in alcune isole nel pacifico meridionale e riguardano un numero esiguo di abitanti.

LE AREE CULTURALI DEL MONDO

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GEOGRAFIA DELLA POPOLAZIONE

Alla fine dell’era glaciale, oltre 11.000 anni fa, l’intera popolazione terrestre è stato stimato essere di circa 10-15 milioni di persone, sparse su tutte le aree del pianeta allora abitabili. Da allora, il numero degli abitanti della Terra è sempre aumentato, ma non in maniera progressiva, importanti fattori di crescita furono nell’antichità, l’introduzione dell’agricoltura, che aumentò la disponibilità di risorse alimentari, il sorgere di civiltà che costruirono ambienti sempre più confortevoli, diminuendo le cause di mortalità. Occorre ricordare che la durata media della vita nei secoli passati (e in talune parti del mondo ancora oggi), era molto inferiore a quella attuale delle società più avanzate. Un grande balzo in avanti, il numero della popolazione mondiale lo ha compiuto dal XIX° secolo in poi, cioè da dopo la rivoluzione industriale. Inizialmente, nelle zone raggiunte dagli effetti economici e sociali della rivoluzione industriale (Europa Occidentale, Nord America e successivamente il Giappone), si sono combinati diversi fattori che hanno portato a una crescita della popolazione in tempi molto rapidi, questi fattori sono stati : la diminuzione della mortalità infantile e della mortalità in generale, dovuta al progresso della medicina e al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, l’aumento delle risorse alimentari disponibili, dovuto alla meccanizzazione dell’agricoltura ed all’introduzione dei sistemi intensivi, il mantenimento momentaneo di una cultura tradizionale, basata su un alto numero di figli. Nel resto del mondo invece, persisteva un’alta mortalità, soprattutto infantile e una carenza di risorse, che non permetteva una significativa crescita della popolazione, oltre all’assenza o quasi di qualsiasi tipo di assistenza e strutture sanitarie. Questo è accaduto tra il XIX° secolo e la prima metà del XX° secolo, poi le cose sono cambiate, in Occidente vi è stata un’evoluzione culturale complessa, che ha radicalmente cambiato i rapporti sociali tra gli individui, il ruolo della donna non è stato più quello principale di fare figli e di occuparsene, ma di assumere un ruolo competitivo con il sesso maschile; la diffusione di una mentalità laica, l’uso di pratiche contraccettive, hanno creato rapidamente una società che ha notevolmente alzato la propria età media e si è avvicinata, ed in alcuni casi è arrivata alla famosa

“crescita zero”, cioè al non incremento del saldo naturale (la differenza tra i nati ed i morti). Ugualmente in questi paesi la popolazione è comunque cresciuta, in virtù dell’arrivo di milioni di immigrati provenienti da altri continenti. Nei paesi in via di sviluppo invece, negli ultimi decenni vi è stata una vera e propria esplosione demografica, dovuta alla notevole diminuzione della mortalità infantile e al mantenimento di un tasso di natalità elevato (in pratica quello che era successo in Occidente qualche decennio prima), con la differenza che non vi è stata in questo caso un’analoga crescita della disponibilità delle risorse, da quelle alimentari a quelle energetiche. Questo ha generato e sta ancora generando, una enorme migrazione di massa verso quei paesi che possono offrire opportunità di miglioramento delle proprie condizioni economiche. Questo è uno dei grandi cambiamenti epocali, che il mondo moderno sta vivendo, con tutti i problemi e le difficoltà che questo comporta.

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Rispetto comunque alla proiezioni di crescita della popolazione di alcune aree in via di sviluppo di qualche anno fa, oggi tuttavia si registra un rallentamento piuttosto sensibile del tasso di crescita, dovuto all’adozione di politiche demografiche piuttosto rigide, da parte di alcuni paesi, come ad esempio la Cina, che da sola ospita quasi un quarto dell’intera popolazione mondiale.

FASI DELLA CRESCITA DEMOGRAFICA

Epoca antica (fino al 1750) TUTTO IL MONDO

Alto tasso di natalità e di mortalità – risorse limitate Epoca moderna (dal 1750 al 1950)

OCCIDENTE

Alto tasso di natalità – diminuzione della mortalità -aumento delle risorse RESTO DEL MONDO

Alto tasso di natalità – alto tasso di mortalità - risorse limitate Epoca contemporanea (dopo il 1950)

OCCIDENTE

Basso tasso di natalità – basso tasso di mortalità – risorse abbondanti RESTO DEL MONDO

Alto tasso di natalità – diminuzione della mortalità – risorse limitate

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LA POPOLAZIONE MONDIALE

La popolazione mondiale è stimata oggi essere di oltre 6 miliardi di persone (una cifra inferiore rispetto alle previsioni di qualche anno fa). Di queste circa 1 miliardo vivono nei paesi a sviluppo avanzato, mentre i rimanenti 5 miliardi di abitanti vivono distribuiti nelle aree rimanenti. Oltre 2 miliardi e 300 milioni di persone vivono in due soli paesi : la Cina e l’India, ben oltre la metà della popolazione terrestre vive nel continente asiatico, mentre ininfluente numericamente è la popolazione

dell’Oceania.

Popolazione suddivisa per continenti : Asia 3.8 miliardi di abitanti

Americhe 880 milioni di abitanti (Nord 330 milioni di abitanti)

(Centro/Sud 550 milioni di abitanti) Europa 700 milioni di abitanti Africa 870 milioni di abitanti Oceania 33 milioni di abitanti

LA POPOLAZIONE SUDDIVISA PER STATI

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LE CITTA’

L’uomo diviene stanziale, cioè residente in un luogo fisso, quando diviene agricoltore. Ciò avviene in epoche diverse nelle varie aree del mondo. Ma per poter parlare di vere e proprie “città”, e non solo di villaggi abitati da poche decine di persone, bisogna arrivare intorno al 2700 a.c. in Mesopotamia (civiltà dei Sumeri).

La differenza infatti che distingue il villaggio dalla città, oltre che nelle dimensioni, consiste nelle “funzioni”. Il villaggio è una semplice aggregazione di persone, spesso legate anche da vincoli di parentela, mentre la città, anche quella antica, raccoglie al suo interno delle differenziazioni e delle specializzazioni (funzioni militari, politiche, commerciali, religiose, logistiche). La città diviene il fulcro centrale di tutte le civiltà

“urbane”, cioè di tutte quelle che nel corso della storia dell’umanità ne hanno costruite. La città “moderna”, nasce nella seconda metà del XVIII° secolo, nel periodo della Rivoluzione Industriale in Inghilterra. Si inizia a registrare in questo periodo il fenomeno dell’urbanizzazione di massa, ossia il trasferimento di migliaia di persone dall’ambiente rurale a quello cittadino a causa della trasformazione dei contadini in operai delle filiere produttive.

Popolazione urbana : percentuale sul totale della popolazione che vive in centri urbani (le dimensioni demografiche di quest’ultimi, variano a seconda delle realtà territoriali).

Popolazione rurale : percentuale sul totale della popolazione che vive al di fuori dei centri urbani.

La tendenza attuale a livello planetario è quella di una sempre maggiore

“urbanizzazione globale”, sempre più abitanti della terra vivono in città di rilevanti dimensioni demografiche. Se nel passato questo fenomeno ha riguardato soprattutto il mondo sviluppato, oggi le maggiori dinamiche di urbanizzazione si registrano nei paesi in via di sviluppo e le maggiori città e le più grandi aree urbane sono ormai quasi tutte al di fuori dell’Europa e degli USA.

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Le aree urbane

Nel tempo le città hanno raggiunto dimensioni sempre più grandi ed estese, dove il fenomeno della crescita urbana è stato maggiore, i limiti di una città hanno raggiunto quelli di altre, creando così : metropoli, aree metropolitane, conurbazioni.

La metropoli : si può definire “metropoli”, una città che raggiunga almeno il milione di abitanti, oggi nel mondo sono ormai centinaia le città che raggiungono questo numero.

L’area metropolitana : l’area metropolitana è l’insieme urbano costituito dalla metropoli e da tutti quei centri di variabili dimensioni che gravitano intorno ad essa in un sistema urbano continuativo.

La conurbazione : la conurbazione è un sistema più complesso, che riguarda le realtà con un’urbanizzazione più avanzata. Città di differenti o uguali dimensioni che formano un unico tessuto insediativi senza interruzione territoriale, talvolta esteso anche per centinaia di chilometri (come nel caso della conurbazione che si trova sulla costa nord-est degli USA e che si estende da Boston a Washington). Le conurbazioni più grandi possono raggiungere anche diverse decine di milioni di abitanti.

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LA GERARCHIA URBANA

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Non sono soltanto le dimensioni demografiche (ovverosia il numero degli abitanti ) a determinare l’importanza dei centri urbani, ma il “ruolo” che una città svolge nel complesso globale. Spesso le grandi metropoli dei paesi in via di sviluppo, non sono altro che enormi agglomerati di periferie degradate (bidonvilles, favelas), mentre al contrario, città di dimensioni demografiche minori, ma situate nei paesi avanzati, ricoprono un ruolo più importante nel contesto mondiale, perché sono sedi di centri di ricerca di tecnologie avanzate, di multinazionali industriali e finanziarie, di potenti organismi internazionali, di network di comunicazione, di grandi infrastrutture come porti ed aeroporti, di borse valori determinanti per l’economia mondiale. Alcune grandi metropoli ( New York, Tokio, Londra, Shanghai, Parigi, Los Angeles, San Paolo ), sono definite metropoli mondiali di primo livello, perché appartengono a paesi molto potenti e hanno funzioni determinati in moltissimi settori.

La gerarchia urbana è il risultato di una classificazione tra le città, che può essere eseguita con criteri variabili, secondo le esigenze necessarie all’aspetto che si vuole evidenziare.

CITTA’ E AREE URBANE

L’ORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI

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L’avvento delle civiltà stanziali più evolute, porta alla costituzione di entità, nelle quali una data civiltà, composta da un determinato popolo, esercita una sovranità su di un determinato territorio. E’ la nascita di quello che poi verrà definito stato. Per nazione si intende invece l’insieme di un popolo, accomunato da etnia, lingua, religione. Per tanto possono esistere nazioni senza stato, come la nazione curda ad esempio, stati nazionali, dove il concetto di stato e di nazione coincidono, stati multinazionali, dove convivono diverse nazionalità. Con la nascita dello stato moderno, in occidente, nel quale la sovranità è esercitata da tutti i cittadini, attraverso libere consultazioni, si supera il concetto di stato assoluto, governato da monarchi, teocrati o da oligarchie ristrette. La devastante esperienza dei totalitarismi del XX°

secolo, non ovunque terminata, ha avviato gran parte dei paesi del mondo verso esperienze più vicine ai canoni dei paesi più avanzati, anche se restano tantissimi i paesi del mondo, nei quali il potere è esercitato in maniera brutale e repressiva.

Gli stati attuali

Gli stati attuali, sono circa duecento, le loro dimensioni, sia territoriali, che demografiche sono notevolmente variabili, da interi continenti come la Russia, a porzioni di città come lo stato del Vaticano, dal miliardo e trecento milioni di abitanti della Cina, alle poche migliaia del Principato di Monaco. Non sono però soltanto le dimensioni territoriali e demografiche che determinano l’importanza di ogni singolo paese nel contesto mondiale, ma una serie di funzioni, così gli Stati Uniti d’America, che non sono né il paese più grande del mondo, né quello più popolato, risultano comunque essere il paese più “importante” nello scenario globale. Seguendo un criterio di classificazione demografico/territoriale, si possono individuare cinque categorie di stati tra quelli attualmente esistenti :

Stati giganti

Stati giganti territoriali Stati medi

Stati piccoli Microstati

Stati giganti

Gli stati “giganti”, o “stati continente”, assommano un numero rilevante di popolazione su dei territori estesi, solo sei paesi, possono essere definiti tali e sono la Cina, L’India, gli Stati Uniti d’America, il Brasile, l’Indonesia e la Federazione Russa . Le dimensioni economiche, territoriali e demografiche di questi stati, sono differenziate, ma alcune caratteristiche comuni tra di loro esistono, essi sono poli di attrazione culturale, ed esercitano supremazie, che possono essere locali e nel caso degli USA essere a livello mondiale. Il territorio esteso, in alcuni casi frammentato in

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migliaia di isole, come in Indonesia, richiede una gestione del potere capace di controllare dal centro, l’enorme periferia, la presenza di diverse componenti nazionali all’interno dello stesso stato genera (con l’esclusione degli USA e del Brasile), ovunque focolai di tensione (Cecenia, Kasmhir, Tibet, Timor).

Stati giganti territoriali

Si tratta sostanzialmente del Canada e dell’Australia, stati “continente”, di dimensioni molto grandi, ma a scarso popolamento, a causa di ambienti naturali adatti solo in parte all’insediamento cospicuo dell’uomo.

Stati medi

La maggior parte degli stati del mondo ha dimensioni demografiche da stato medio, cioè una popolazione inferiore 150 milioni di abitanti e superiore a 20 milioni di abitanti. Rientrano in questa categoria potenze economiche come il Giappone o la Germania e paesi poverissimi come alcuni stati africani. Uno dei punti di debolezza degli stati medi è quello di non avere un mercato interno sufficientemente ampio, al contrario degli stati giganti. Alcuni di essi sono stati “nazionali”.

Stati Piccoli

Gli stati piccoli hanno una popolazione superiore a un milione di abitanti ed inferiore a 20 milioni. Si trovano soprattutto in Europa, spesso sono composti da un’unica nazionalità. Le loro ridotte dimensioni, quasi sempre anche territoriali, ne fanno entità marginali nel contesto mondiale, dipendenti dagli stati più grandi, anche se in alcuni casi, la loro importanza economico-finanziaria (es. Svizzera), può essere rilevante.

Microstati

Esistono al mondo diverse paesi che hanno meno di un milione di abitanti, possono essere chiamati “microstati”, in quanto anche le loro dimensioni territoriali spesso sono microscopiche, da una piccola isola o arcipelago, a una città a un promontorio. I più celebri di essi si trovano nella vecchia Europa : San Marino, Principato di Monaco, Lussemburgo, Vaticano, Andorra, Liechtenstein, Malta, ma ve ne sono anche in altre parti del mondo, soprattutto nelle piccole isole. I microstati, sono totalmente dipendenti dagli stati vicini, in quanto non autosufficienti. Spesso hanno un’importante funzione economica, in quanto assumono la forma di paradisi fiscali o di zone franche, attirando così ingenti somme di capitali provenienti dall’estero e garantendo così un elevato tenore di vita ai propri cittadini.

GLI ORGANISMI INTERNAZIONALI

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Le organizzazioni internazionali o sopranazionali, rappresentano e tutelano gli interessi degli stati membri, esse si distinguono in due grandi gruppi :

le organizzazioni a vocazione particolare, che operano in singoli settori specifici, come l’aviazione civile o i servizi postali.

le organizzazioni a vocazione generale, che hanno fini politici più ampi, la principale delle quali è l’ONU.

Altri criteri di classificazione possono riguardare la collocazione geografica, comuni interessi economici, alleanze militari strategiche. Dipendendo economicamente dal finanziamento dei loro stessi membri, le organizzazioni internazionali spesso sono portatrici degli interessi degli stati più potenti, degli Stati Uniti in primo luogo.

Tra le principali organizzazioni internazionali possiamo ricordare :

L’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), fondata nel 1945, con lo scopo di promuovere la sicurezza e la cooperazione economica e sociale, comprende quasi tutti gli stati della terra. Ha sede a New York. Collegate all’ONU sono la FAO, che si occupa di alimentazione e agricoltura, l’OMS, organizzazione mondiale della sanità, l’ UNICEF, per la tutela dei diritti dell’infanzia, l’UNESCO che si occupa del patrimonio culturale ed ambientale ed altre organizzazioni.

Il FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE e la BANCA MONDIALE, istituiti nel 1944 a seguito degli accordi di Bretton Woods, il primo promuove la cooperazione, soprattutto nei paesi in via di sviluppo e concede prestiti attraverso la seconda. Negli ultimi decenni si è intensificato il peso delle grandi multinazionali all’interno di questi due organismi.

L’ ORGANIZZAZIONE MONDIALE PER IL COOMERCIO (OMC o WTO), creata nel 1995, regola gli scambi commerciali e le tariffe doganali, perseguendo una politica di liberalizzazione.

L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo), è formata dai paesi più ricchi ed avanzati, si occupa di promuovere e di monitorare le economie dei paesi membri.

Il NAFTA (North American Free Trade Agreement), accordo di tipo economico, di integrazione commerciale e di sdoganamento tra Canada, Stati Uniti e Messico.

L’UE (Unione Europea), composta da 27 paesi europei a seguito di successive integrazioni (l’ultima nel 2007), si propone la progressiva integrazione economica, politica, monetaria dei suoi membri. Il processo integrativo, avanzato dal punto di vista economico e soprattutto monetario, con l’introduzione dell’Euro, è abbastanza in ritardo per quanto riguarda l’aspetto politico.

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NATO (North Atlantic Treaty Organizzation), organizzazione di tipo militare, fondata nel 1949 allo scopo di difendere i paesi europei occidentali da eventuali mire espansionistiche dell’Unione Sovietica. Dopo la caduta del muro di Berlino del 1989, ha integrato tra i suoi membri anche paesi ex-appartenenti al blocco sovietico ed ha allargato il suo campo d’azione anche al di fuori dei confini europei.

OPEC (Organizzation of the Petroleum Exporting Countries), nata agli inizi degli anni ’60, è l’organizzazione che riunisce i principali esportatori di petrolio del mondo, si propone di coordinare una politica comune dei paesi membri per la produzione e la vendita del petrolio. Insieme alle grandi multinazionali del settore occidentali, determina anche il prezzo del petrolio sui mercati mondiali.

Il MERCOSUR (Mercato Comùn du Sur) riunisce alcuni paesi latinoamericani (Messico, Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay) e punta a diventare un’unione doganale a livello continentale, mentre in Asia, operano l’ASEAN (Association of South-East Asian Nations), l’AFTA (Asean Free Trade Area) e l’APEC (Asia- Pacific Economic Cooperation) raccoglie 21 paesi dei tre continenti che si affacciano sull’oceano Pacifico.

LA COMPOSIZIONE DI ALCUNI ORGANISMI INTERNAZIONALI

L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (O.N.U.)

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L’Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U. oppure U.N. in inglese) è nata alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, dopo la conferenza di San Francisco, dall’iniziativa di 50 paesi promotori e su impulso delle potenze vincitrici della guerra. Tra i suoi scopi ci sono: il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, la collaborazione in campo economico, sociale, umanitario, lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra gli stati, la diffusione della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo. Attualmente sono associati all’ONU, quasi tutti gli stati della terra, con alcune esclusioni, la più illustre e rilevante è quella di Taiwan, dovuta all’opposizione della Repubblica Popolare Cinese. La sua sede centrale è a New York, nel celebre “palazzo di vetro”. Il suo funzionamento e la sua struttura sono molto complessi ed articolati in cinque organismi principali e in vari organi sussidiari, coordinati dal Consiglio Economico e Sociale ed istituiti dall’Assemblea Generale. Gli indirizzi politici dell’ONU, sono spesso condizionati dalla pressione delle grandi potenze, soprattutto all’interno del Consiglio di Sicurezza, il principale dei suoi organismi, nel contesto del quale, chi detiene il

“diritto di veto”, spesso ne condiziona le scelte, piegandole ai propri interessi.

Dall’ONU, dipendono altri organismi che si occupano di settori specifici (FAO, UNESCO, UNICEF ed altri ancora). In casi di situazioni particolari di non governabilità, può assumere sovranità su un territorio, tramite Amministrazioni Controllate.

SVILUPPO E SOTTOSVILUPPO

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Agli inizi del XX° secolo, nel pieno dell’ultima fase dell’epoca coloniale, lo sviluppo del mondo procedeva in maniera estremamente differenziata, l’Inghilterra, gli Stati Uniti, la Francia e da poco la Germania e il Giappone, erano i paesi con le economie più moderne ed il know how tecnologico e scientifico più avanzato. Questi paesi, insieme alla Russia e ad altre nazioni europee, dominavano gran parte del mondo, attraverso il sistema coloniale diretto (Africa ed Asia), o il controllo politico- economico (America Latina). L’avvento nel 1917 del comunismo in Russia e successivamente in tante altre parti del mondo (Europa Orientale, Cina, Cuba), creerà un’alternativa, seppur alla fine “perdente”, all’economia fondata sul libero mercato, nella quale ad esempio lo sviluppo tecnologico e sociale, si differenzierà notevolmente da quello economico. Con i nuovi equilibri geopolitici sorti con la fine della seconda guerra mondiale, negli anni ’50, verrà creata l’espressione terzo mondo, indicante quei paesi, le cui economie non potevano inquadrarsi né nelle economie avanzate degli Stati Uniti e dei loro alleati europei (Inghilterra, Francia, Germania, Italia) ed del risorto, dal punto di vista economico, Giappone, ovverosia il primo mondo, né con l’economia pianificata dell’Unione Sovietica, della Cina e di tutto il mondo socialista, cioè il secondo mondo. Con questa espressione generica, si sommavano realtà anche molto diverse tra di loro, tanto che successivamente si è dovuto ricorrere all’espressione quarto mondo, per distinguere i paesi in via di sviluppo più avanzato, da quelli più in ritardo. La fine del colonialismo, avviatasi dagli anni ’50 in poi, ha cambiato, in parte, gli equilibri economici, lo sfruttamento delle risorse energetiche, principalmente il petrolio, ha permesso ad alcuni dei nuovi paesi, di avere dei redditi rilevanti, anche se il divario economico e lo sfruttamento (attraverso il neocolonialismo), da parte delle ex-potenze coloniali, sono addirittura aumentati.

La situazione attuale

La caduta del muro di Berlino nel 1989 ed il conseguente passaggio all’economia capitalista dei paesi socialisti del blocco sovietico, ha determinato anche la scomparsa del secondo mondo ; le dinamiche del decentramento produttivo, la globalizzazione dei mercati, lo sviluppo imponente dei sistemi di trasporto e di comunicazione in generale, hanno allargato la crescita economica a realtà che fino ad allora non l’avevano conosciuta, se non in maniera marginale, mentre per altre aree, prive di interesse e di prospettiva, perché svantaggiate da situazioni avverse come la mancanza di risorse, la marginalità geografica, l’instabilità politica e religiosa, il divario con il resto del mondo è aumentato, creando situazioni di povertà profonda.

Per indicare le aree che attualmente sono al vertice dell’economia e dello sviluppo tecnologico e sociale a livello planetario, è stata creata l’espressione triade, cioè una specie di triangolo, ai cui vertici si trovano l’America anglosassone, l’Europa occidentale e il Giappone e la Corea del sud, con l’aggiunta dell’Australia e della Nuova Zelanda, di Israele e altre realtà minori. Questa parte del mondo produce gran

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parte del PIL mondiale e detiene gran parte del sapere tecnologico, del capitale finanziario circolante.

Negli ultimi decenni si è però assistito alla crescita, in alcuni casi molto rapida, di alcune economie mondiali, concentrate soprattutto in Asia ed in misura minore in America Latina. Il caso più noto, per le sue dimensioni numeriche, è quello della Cina, soggetto dalle potenzialità infinite ed imprevedibili, ma anche Brasile, Messico, India, Indonesia, nazioni con popolazione numerosa e già avviate verso una fase di industrializzazione avanzata e di tecnologizzazione, oltre a paesi di dimensioni inferiori come la Turchia, il Cile, la Thailandia, la Malaysia ed altri.

Una parte del mondo, nella quale vive una buona percentuale della popolazione, è invece ancora afflitta da mancanza di prospettive e da uno sviluppo estremamente rallentato, la quasi totalità del continente africano, parte di quello sudamericano e asiatico, soffrono ancora di carenze, alimentari, sanitarie, culturali, tanto da essere emarginate da gran parte dei benefici che vengono offerti dall’economia moderna.

Resta anche il problema di alcuni paesi, usciti dall’esperienza comunista, soprattutto asiatici, ma anche della parte più orientale dell’Europa, che hanno avuto un regresso economico piuttosto netto ed ancora appaiono in ritardo.

LE AREE DELLO SVILUPPO

Il PIL (Prodotto Interno Lordo)

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Il PIL è uno degli indicatori più usati per misurare lo sviluppo economico di una determinata area. Per PIL si intende il valore dei beni e dei servizi finali prodotto in un anno in un paese. Si esprime e si misura in dollari USA. Il calcolo del PIL viene fatto sommando il valore di tutti i beni prodotti in un anno, ma il valore è calcolato ai prezzi correnti che includono le imposte che gravano su di essi, per questo è definito lordo. Non è un indicatore completo in quanto non può conteggiare : a) i redditi derivanti da attività illegali e da lavoro in nero. b) il lavoro domestico e l’autoconsumo. Essendo espresso in dollari USA il PIL va anche rapportato al costo della vita del paese di riferimento ottenendo l’indice PIL/Ppa (parità di potere d’acquisto), infine rapportandolo con il numero degli abitanti, si ottiene il PIL/Ppa pro capite, con il quale si può misurare la ricchezza globale di un paese, anche se non è possibile stabilirne la distribuzione sulla popolazione (ricchezza diffusa o meno).

Talvolta viene usato per lo stesso scopo anche il reddito nazionale pro capite.

La crescita annua del PIL è la differenza fra il PIL di un anno e quello dell’anno precedente e va rapportata con la percentuale di crescita della popolazione (per avere un valore realmente positivo deve essere superiore a questa).

L’ISU (Indice di Sviluppo Umano)

L’indice ISU è uno strumento (creato dall’ONU) che serve a misurare il grado di benessere (quindi non solo la ricchezza) dei paesi del mondo che tiene conto di tre elementi : a) il livello della salute (speranza di vita alla nascita).b) il livello di istruzione (tasso di alfabetizzazione). c) il PIL/Ppa pro capite. Si misura esprimendo valori numerici che vanno da 0 a 1 (più ci si avvicina a 1 e più il valore ISU è elevato).

Altri Indicatori

Indicatori demografici

Popolazione totale : Numero di abitanti di una entità amministrativa (Regione, Stato).

Densità di popolazione : numero di abitanti per kmq.

Popolazione Urbana : percentuale di popolazione che vive in città (sup. a 5000 ab.) Tasso di natalità : numero nati per 1000 ab. in un anno.

Tasso di mortalità : numero morti per 1000 ab. in un anno.

Saldo naturale : differenza tra il tasso di natalità e quello di mortalità.

Saldo migratorio : differenza tra il numero di immigrati e di emigrati in un anno.

Saldo demografico o Variazione della popolazione : somma algebrica tra saldo naturale e saldo migratorio.

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ESEMPIO

Popolazione Totale = 500.000 abitanti.

Tasso di natalità N° Nati 5000

Tasso di mortalità N° Morti 5500

Saldo naturale = - 500.

N° Immigrati 1000 N° Emigrati 200

Saldo migratorio = + 800.

Saldo Demografico (Variazione della Popolazione) + 800

- 500 = + 300.

Popolazione Totale = 500.300 abitanti.

Indicatori Sociali

Tasso di alfabetizzazione : percentuale di alfabetizzati sulla popolazione adulta.

Popolazione attiva : popolazione in età lavorativa, compresi i disoccupati in cerca di impiego, esclusi casalinghe e studenti.

Tasso di disoccupazione : percentuale dei disoccupati sulla popolazione attiva.

Indicatori Economici

Bilancia commerciale : confronto tra il valore totale delle importazioni e delle esportazioni di merci e servizi.

Tasso di autosufficienza energetica : rapporto tra il fabbisogno energetico di un paese (100) e la sua produzione di energia.

LA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA

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Usando semplicemente come strumento di misurazione il PIL/pro capite anno 2006 (non PPA), si può rilevare la situazione rappresentata nella carta sottostante. Il valore massimo è rappresentato dal Lussemburgo (75.130 dollari ), mentre quello minimo dal Myanmar (97 dollari).

Primi 10 paesi Ultimi 10 paesi 1 Lussemburgo 75.130 dollari 1 Myanmar 97 dollari.

2 Norvegia 64.268 dollari. 2 Burundi 107 dollari.

3 Islanda 53.472 dollari. 3 Congo R.Dem. 119 dollari 4 Svizzera 50.524 dollari. 4 Liberia 119 dollari.

5 Irlanda 48.351 dollari 5 Somalia 130 dollari.

6 Danimarca 48.000 dollari. 6 Etiopia 153 dollari.

7 Qatar 47.519 dollari. 7 Malawi 161 dollari.

8 USA 42.101 dollari. 8 Guinea Bissau 181 dollari.

9 Svezia 39.658 dollari. 9 Sierra Leone 219 dollari.

10 Paesi Bassi 38.333 dollari. 10 Ruanda 242 dollari.

Italia 29.635 dollari.

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L’uomo nasce di natura nomade e sempre tenderà a spostarsi, a cercare nuove terre e nuovi insediamenti. L’intera storia dell’umanità è fatta di migrazioni, interi continenti, come le Americhe, sono stati popolati attraverso una grande migrazione di massa, avvenuta molte migliaia di anni fa. Le stesse popolazioni dell’Europa, hanno per la maggior parte una comune origine indoeuropea e provengono dall’area del Caucaso. L’insediarsi in nuovi territori, il contatto e spesso il conflitto con le popolazioni autoctone, ha creato, caratterizzato e modificato tutte le civiltà o quasi, quelle che sono state escluse per lungo tempo, a causa della loro posizione geografica di isolamento, sono quelle che hanno di meno avuto possibilità di sviluppo e crescita.

Tuttavia è solo nell’età moderna (a partire dalle grandi scoperte del XV°secolo), che si sono verificati, in termini numerici, i più grandi spostamenti di massa umani, con i fenomeni della colonizzazione, della deportazione e infine dell’immigrazione.

All’inizio dell’era coloniale, le Americhe, avevano una popolazione complessiva molto ridotta e sparsa su di un territorio immenso e scollegato, l’arrivo degli europei (spagnoli e portoghesi nella parte meridionale, inglesi, olandesi e francesi in quella settentrionale), anche se con modalità diverse, cambiò completamente la demografia continentale, anche perché quasi subito cominciò, a causa della scarsità di manodopera locale, la deportazione degli schiavi africani, che nel corso dei secoli, riversò nelle terre americane del sud e del nord, milioni di persone strappate forzatamente alla loro terra d’origine. Ma la causa maggiore degli spostamenti di popolazione è l’immigrazione, cioè lo spostarsi di persone o di interi nuclei familiari da territori sovrappopolati e poveri, verso nuove terre che offrono migliori condizioni di vita e maggiori opportunità. Inizialmente, fin dal secolo XIX°, è stata l’Europa a generare flussi consistenti di immigrati verso gli altri continenti (soprattutto le Americhe e l’Australia), ma soprattutto dopo la seconda guerra mondiale e ancora di più dopo la caduta del muro di Berlino, cambiando anche il rapporto di crescita demografica tra il mondo sviluppato e quello povero, l’immigrazione è diventato un fenomeno epocale di questi tempi, caratterizzato da milioni di uomini che dalle aree più povere dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia e del mondo post-comunista, si riversano nelle aree urbane dell’Europa occidentale e dell’ America del Nord. Un particolare tipo di immigrazione riguarda i cinesi, numerose comunità di persone provenienti da questo paese, sono insediate nel Nord America, Europa Occidentale e nel Sud Est asiatico, ormai da molto tempo. Per quanto riguarda l’Europa, da terra di emigranti e colonizzatori è diventata oggi un territorio di forte immigrazione. Le stesse dinamiche di migrazione interna al continente, sono profondamente mutate dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Dalla fine degli anni ’40, le economie delle grandi nazioni, prostrate dalla guerra, avevano bisogno di nuova manodopera e dai paesi dell’Europa mediterranea (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) e dalla Turchia, milioni di immigrati si diressero verso la Francia, il Belgio, l’Olanda, la Svizzera, la Germania, la Gran Bretagna, andando ad occupare i posti di lavoro meno ambiti. Contemporaneamente la fine dell’epoca delle colonie, generò un movimento dalle ex-colonie verso la madrepatria (maghrebini in Francia, indiani e

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pakistani in Gran Bretagna). Dall’inizio degli anni ’90, poi, la caduta del muro di Berlino ha “liberato” milioni di cittadini che fino a quel momento erano stati

“segregati” dai loro regimi all’interno dei loro paesi, con possibilità di mobilità, praticamente nulle. La nuova frontiera dell’immigrazione europea è diventata quindi quella tra Est ed Ovest, oltre a quella tra Sud e Nord.

Un caso particolare nel contesto delle immigrazioni, sono i profughi, cioè coloro che per motivi legati alla loro etnia o alle loro convinzioni politiche o religiose, sono costrette a fuggire dal loro paese d’origine, oppure ne sono espulse, per trovare rifugio presso altri paesi, disposti ad accoglierli.

LA GLOBALIZZAZIONE DELL’ECONOMIA

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Il colonialismo e l’era mercantile

Gli attuali equilibri e squilibri dell’economia mondiale, riflettono la situazione che si è venuta a determinare a partire dall’epoca coloniale (fine del XV° secolo). Le grandi scoperte geografiche apriranno la via al dominio europeo su interi continenti.

Fino ad allora, il sistema commerciale nell’antico continente, era basato soprattutto negli scambi tra oriente ed occidente, tra europa ed asia. L’epoca coloniale, attraverserà diverse tappe, e seppure in misura ed in epoche diverse, tutti gli stati europei occidentali, la Russia e gli USA, saranno protagonisti di imprese di conquista territoriale sul modello coloniale. Il Regno Unito disporrà, per secoli, di un vastissimo impero coloniale. Sarà questo il periodo dell’esplodere dell’economia mercantile, delle grandi compagnie, dell’accumularsi delle prime grandi fortune familiari, che saranno poi all’origine del capitalismo moderno. Alcuni vedono nell’epoca coloniale l’inizio della globalizzazione economica mondiale, attraverso il fenomeno della “triangolazione” tra europa, africa ed americhe, quando per la prima volta, tutto il mondo conosciuto è parte integrante (anche se con ruoli diversi), dello stesso fenomeno economico.

LA TRIANGOLAZIONE

IL COLONIALISMO

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Il colonialismo “moderno” occidentale, rappresenta una delle principali cause dell’assetto attuale del mondo, delle differenti velocità di sviluppo, delle gerarchie planetarie culturali, economiche e militari. La ricerca da parte delle nazioni europee di una via “delle Indie”, finalizzata alla ricerca delle preziose spezie prodotte nelle lontane terre orientali, porterà, una volta disponibili le conoscenze geografiche e la tecnologia navale, a varcare gli oceani e a scoprire nuove e sconosciute terre. Saranno i viaggi dei grandi navigatori dalla fine del XV°

secolo in poi, a fornire le notizie su continenti immensi, ricchi di materie preziose e popolate da indigeni, quasi sempre facilmente sopraffabili. Il colonialismo sarà anche causa della più grande deportazione di massa della storia, con la tratta degli schiavi africani verso le Americhe. La storia del fenomeno coloniale si può suddividere in quattro grandi periodi :

L’era ispano-portoghese , coincidente con l’inizio del colonialismo e fino alla metà del XVI° secolo, in questo periodo le monarchie di Spagna e Portogallo, saranno i principali soggetti dell’attività coloniale, rivolgendo la loro attenzione alla parte centro-meridionale del continente americano, il loro predominio, avrà però breve durata, per l’arrivo di nuovi concorrenti europei atlantici ( Inghiltterra, Francia, Olanda ).Conserveranno tuttavia i loro impero per molto tempo.

L’era anglo-franco-olandese, l’ascesa delle nazioni atlantiche, mentre da una parte pirati e corsari danneggiano prevalentemente gli interessi spagnoli soprattutto nell’area caraibica, le flotte inglesi, olandesi e francesi, raggiungono praticamente ogni parte del pianeta, nascono le grandi “compagnie”, finalizzate al commercio delle merci di provenienza coloniale, vengono accumulate in Europa, le prime, grandi fortune mercantili, gli europei si insediano nei principali porti orientali.

L’ascesa dell’Inghilterra, alla fine del XIX° secolo, la corona britannica sarà in possesso di un vastissimo impero coloniale, sparso in tutti i continenti, nonostante la perdita degli Stati Uniti d’America, avvenuta alla fine del XVIII° secolo. Dopo la rivoluzione industriale, il ruolo delle colonie assumerà importanza nell’economia globale, anche a livello strategico e non solo mercantile, gli inglesi saranno per molti anni, possessori di una flotta in grado di dominare il mondo e controlleranno i principali luoghi strategicamente fondamentali per il controllo dei mari (stretti, canali).

Il Novecento, l’ultimo periodo coloniale risale alla prima parte del XX° secolo, quando emergeranno “nuove” potenze coloniali ( USA, Germania, Italia, Giappone ) ma con la fine della seconda guerra mondiale, con la nascita di una nuova “gerarchia”, dominata dalle “sfere d’influenza” delle due superpotenze ( Usa e URSS ), il fenomeno del colonialismo diretto, come fino ad allora era stato concepito, verrà progressivamente sostituito da altre forme di sfruttamento. Oggi sono ormai pochissimi i residuati dell’epoca coloniale, limitati a qualche isola o piccolo territorio, come ad esempio la Polinesia francese.

La rivoluzione industriale

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