• Non ci sono risultati.

di Guido fiorentino

MASSIMO PIATTELLI PALMARINI,

L'illu-sione di sapere. Cosa si nasconde dietro i nostri errori, Mondadori, Milano

1993, pp. 208, Lit 30.000.

Come traspare dal titolo, il libro in-tende mostrare quanto sia diffusa l'il-lusione di sapere: a tutti capita di esse-ri convinti di sapere, e invece di sba-gliare, perché verso l'errore il nostro pensiero è inconsciamente incanalato da "tunnel mentali" — come l'autore li chiama — a noi connaturati. E re-starne fuori non è difficile soltanto per l'uomo della strada: a quanto egli rife-risce, persino "i Nobel" sono facil-mente vittima di quelle che — in ana-logia con le "illusioni ottiche" — sono state chiamate "illusioni cognitive".

Primi a evidenziare quel recesso molto importante della nostra psicolo-gia, fino ai tempi relativamente recenti del tutto ignorato dagli studiosi, indi-viduando un gran numero di illusioni cognitive quanto mai comuni, furono gli israeliani Amos Tversky e Daniel Kahneman, cui il libro è dedicato. Già da diversi anni, Piattelli Palmarini, ri-cercatore di scienze cognitive al Massachusetts Institute of Technology di Boston, è attivamente impegnato a diffondere anche da noi con pubblica-zioni e seminari la conoscenza di quel nuovo filone della ricerca psicologica; ma con questo lavoro la sua ambizio-ne si spinge più in là: mettendo in ri-salto come i nostri tunnel mentali pos-sano inconsciamente indurci a decisio-ni errate, contrarie ai nostri stessi inte-ressi, egli si fa promotore di un'operazione quanto mai meritevole di "igiene mentale".

Sono infatti molto numerosi, e insi-diosi, i tranelli in cui i nostri tunnel mentali tendono a trascinarci: non c'è da vergognarsi se ci si casca, perché si è in buona compagnia, ma si può im-parare a evitarli; e a quello scopo la lettura del libro rappresenta un otti-mo esercizio, con i tanti esempi di illu-sioni cognitive, a partire da quella ba-nale, ma quanto mai diffusa, che fa lo-calizzare Marsiglia alla stessa latitudi-ne di Genova, mentre è sensibilmente più a sud. Come dice il preambolo: "A questo punto cominciamo, spero, a sospettare che possa esserci qualcosa di sistematicamente strano, universale, inconsapevole, che succede nella no-stra mente. Ma perché usare l'espres-sione tenebrosa e allarmante di 'tun-nel'? Queste stranezze geogra-fico-mentali possono divertirci e incu-riosirci, ma certamente non ci

allarmano. Ebbene, scopo di questo

li-bro è dimostrare che dovrebbero al-larmarci, che c'è molto di allarmante. Non certo per questi esempietti geo-grafici, ma perché noi tutti possedia-mo illusioni cognitive di questa natu-ra, e di questo calibro (cioè grossolane e macroscopiche), anche nel settore vitale delle decisioni. Come vedremo, siamo spesso preda di vere e proprie illusioni cognitive anche quando ci troviamo nei consigli di amministra-zione, nei tribunali, negli ospedali, o in famiglia. Lo siamo, senza accorger-cene, in perfetta innocenza e in perfet-ta buona fede".

Certamente non tutte le illusioni cognitive hanno la stessa rilevanza: per andare da Genova a Marsiglia dif-ficilmente ci si lascerà guidare da una semplice impressione; nemmeno, co-me si dirà, tutti gli esempi appaiono ugualmente convincenti, ma tutti rap-presentano un efficace stimolo alla ri-flessione, e questa è la cosa più impor-tante se si vuole evitare che i nostri tunnel inconsciamente ci portino fuori strada: "Si è scoperto che, alla luce di intuizioni spontanee assai anomale, adottando, spesso inconsapevolmente, regolette non solo assai diverse da, ma

incompatibili con le regole 'auree' del-,

la razionalità, tutti noi imbocchiamo, e spesso percorriamo fino in fondo, delle vere e proprie facili (e fallaci) 'scorciatoie' della mente".

Ma qual è l'origine di quei nostri tunnel? Grande ammiratore di Chomsky, il Piattelli Palmarini

pro-pende per un'origine innata anche per le nostre illusioni cognitive: "... Quasi certamente, le illusioni, i 'nodi' e i tunnel cognitivi... sono un retaggio della nostra specie. Forse sono stati utilissimi in ere remote. Forse hanno salvato i nostri lontani antenati dalle fiere e dalle carestie, ma anche am-messo che un darwinismo tanto inge-nuo possa davvero funzionare, da gran tempo ci sono solo di peso".

Alcune hanno verosimilmente pro-prio un'origine innata, ma, al pari

del-le illusioni sensoriali, anche queldel-le co-gnitive possono derivare dall'interven-to inconscio di meccanismi psicologici formati dalle esperienze più usuali, es-sere quindi acquisite: fidando fin trop-po nella nostra esperienza, ci lasciamo di fatto facilmente incanalare verso scorciatoie mentali che abbiamo im-parato a percorrere a occhi chiusi. Ma talvolta così pecchiamo di

overconfi-dence ("sicumera"): sorvolando su

qualche dato del problema, le seguia-mo troppo ciecamente e in particolari situazioni, che per la loro relativa ra-rità non hanno potuto affinare la no-stra esperienza, ci portano fuori no- stra-da. Invero, dal peccato di

overconfi-dence nella propria esperienza non

ap-pare del tutto immune nemmeno

l'autore stesso: "Un test clinico, atto a rilevare una certa forma di malattia, risulta positivo in un certo paziente. Vi viene detto che: a) L'affidabilità del test in questione è del 79%, b) La fre-quenza media della malattia, nella po-polazione da cui viene il paziente, in quella fascia d'età, è d e l l ' I % . Tenendo conto di tutto questo, qual è, secondo voi, la probabilità che quel paziente abbia effettivamente quella malattia?". L'esempio intende mostra-re come le nostmostra-re valutazioni

probabi-listiche siano facilmente soggette a er-rore: "In fondo, dato il risultato del testo, riteniamo tutti che è più proba-bile che il paziente abbia quella malat-tia piuttosto che non l'abbia. Invece la risposta statisticamente corretta, cal-colabile esattamente in base alla legge di Bayes è il 7%. Sì, abbiamo capito bene, il 7% ".

Il calcolo sarebbe corretto se l'indi-viduo sottoposto al test fosse scelto a caso nel gruppo d'età cui si riferisco-no le statistiche, ma questo riferisco-non pare il caso: si parla di un "paziente", e se lo si sottopone al test ci deve essere qual-che buona ragione per farlo, verosi-milmente perché i suoi disturbi fanno sospettare la malattia: pur senza poter azzardare valutazioni precise

mancan-do le necessarie informazioni, in tal caso una stima della probabilità che abbia la malattia più prossima al 79 che al 7% non pare affatto irragione-vole. Persino al di là delle intenzioni dell'autore si conferma l'importanza e l'utilità della sua messa in guardia contro le insidie insite nelle procedure mentali troppo abituali: in quel caso il ricorso alla formula di Bayes, cui per motivi professionali egli è particolar-mente affezionato. E qualcosa di simi-le si può dire anche per la mentalità

ti-picamente scientifica che lo porta a identificare la "razionalità" con l'ob-bedienza a una logica rigorosamente binaria.

A tale logica il nostro pensiero e le nostre azioni si attengono solo appros-simativamente, ma non è sempre detto che quando non vi siconformano com-pletamente si debbano considerare ne-cessariamente errati. Così, nell'esem-pio di pagina 59, l'asserzione "si salva-no certamente 200 vite umane", nella logica del nostro linguaggio non esclu-de che se ne possa salvare anche qual cuna in più; non è irragionevole pei noi considerarla non del tutto equiva-lente, come vorrebbe la logica dell'au-tore, all'affermazione che gli altri "moriranno certamente".

Sempre secondo la sua logica, nell'esempio di pagina 93 si dovrebbe preferire un'assicurazione che proteg-ga un giorno sì e uno no a una che proteg- ga-rantisca una copertura completa, atte-nendosi a un criterio di pura conve-nienza economica; ma, agendo coe-rentemente secondo tale logica, si dovrebbe rinunziare a ogni forma assi-curativa, anche contro gli infortuni, le malattie, gli incendi e così via, perché, prevedendo pur sempre almeno un margine di guadagno per l'assicurato-re, il suo ben difficilmente potrebbe mai essere un "prezzo razionalmente equo".

In quella logica rigorosa, ma astrat-ta, di fatto non c'è posto per l'indivi-duo e i suoi problemi psicologici; le sue scelte univoche non possono tro-vare un riscontro altrettanto netto nel-le nostre scelte. Così, di fronte ad al-ternative sostanzialmente equivalenti, a far propendere le nostre decisioni in un senso o in un altro intervengono certamente fattori soggettivi più o me-no giustificabili. Numerosi esempi del libro evidenziano la sistematicità delle preferenze usualmente manifestate in simili situazioni, ma quei dati, certa-mente interessanti per la conoscenza di quei risvolti della nostra psicologia e per le loro possibili applicazioni pra-tiche, proprio per il carattere equiva-lente delle scelte male si prestano a un giudizio di razionalità.

Del resto, nelle pagine conclusive l'autore ammette che quello della ra-zionalità è un problema tutt'altro che concluso: "... forse siamo alle soglie di un'ulteriore crisi anche delle teorie normative della razionalità ideale. Un argomento per un libro futuro".

MARTIN LUTERO

IL SERVO ARBITRIO (1525)

a cura di Fiorella De Michelis Pintacuda pp. 471, 84 Hl.nl, L. 48.000 («Opere scel-te», 6)

Il testo fondamentale della polemica con l'umanesimo erasmiano. L'opera più pro-fonda di Lutero nella prima traduzione in-tegrale Italiana. Fino a che punto si può dire che la volontà dell'essere umano è «libera» di fronte a Dio? Un interrogati-vo che percorre tutta la storia della filo-sofia occidentale.

REINH0LD GESTRICH CHI HA PAURA DI EUGEN DREWERMANN? Un «caso» che scuote le chiese

pp. 118, L. 16.000 («Nostro tempo», 52) Il «Galileo della Westfalia» sarebbe po-tuto diventare il «S. Tommaso d'Aquino del XX secolo», realizzando la migliore sintesi tra psicanalisi e fede cristiana se la radicalità del suo pensiero non l'avesse condotto alla rottura. Questo libro è la prima introduzione al suo pensiero mo-dernissimo che pone domande ineludibili.

RAY S. ANDERSON LA FEDE, LA MORTE E IL MORIRE

pp. 205, L. 24.000 («P.B.T.», 29) In dialogo costante con la miglior cultu-ra religiosa e laica l'Autore si chiede: è

possibile dare un senso alla morte? Una

risposta all'antica domanda di Giobbe: «Se un uomo muore, potrà ritornare in vita?» La dura esperienza della morte e del lutto in una società che ha istituzio-nalizzato e professioistituzio-nalizzato il proces-so del morire proces-sottraendolo agli affetti familiari.

I PROTESTANTI E L'EUROPA La responsabilità cristiana nella costru-zione della «casa comune»

pp. 112, L. 9.500 («dossier», 29) Che ruolo intendono assumere le chiese cristiane nella costruzione della nuova Eu-ropa? Le risposte delle chiese protestan-ti riunitesi in Assemblea a Budapest.

f ' editrice

Documenti correlati