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4. Proposta per una classificazione delle didascalie

4.1. Tipologie di didascalie fotografiche

4.2.5. Henry Hargreaves

Nella produzione fotografica di Henry Hargreaves, incentrata prevalentemente su serie di immagini il cui tema dominante è il cibo e la sua posizione all’interno della società contemporanea, emerge la sequenza di dodici fotografie intitolata No Seconds587, in cui Hargreaves ricostruisce l’ultimo pasto dei condannati a morte, affiancando l’immagine della pietanza a una didascalia che riporta i dati del condannato, i crimini commessi e la lista dei cibi ordinati. La forza dell’opera deriva proprio dall’accostamento tra l’immagine e il testo.

Henry Hargreaves, modello neozelandese che negli anni 2000 divenne il volto di grandi nomi del fashion come Prada Hermes e Lacoste, decise di sperimentare il lavoro dall’altra parte dell’obiettivo, si mise in proprio e, avendo acquisito un notevole bagaglio di conoscenze tecniche grazie al contatto diretto con fotografi professionisti, aprì uno studio personale nel quartiere Williamsburg di New York. Tra servizi per case di moda e riviste di successo, emerge in particolare la collaborazione con la casa d’aste Christie, per la quale scattò le immagini d’anteprima per un’asta di opere postimpressioniste, rivelatasi poi tra le più cospicue mai realizzate.

Affermatosi come professionista, si orienta sempre più al genere dello still life, che predilige per la possibilità di controllo dell’immagine, nella quale può tradurre l’idea che nasce nella sua mente. Oltre a servizi per riviste e siti di commercio on-line, realizza numerose serie sul cibo, tema che diventa la sua cifra stilistica e gli consente di portare nella fotografia l’altro versante del suo vissuto personale: le molteplici esperienze lavorative nel settore della ristorazione. Il pubblico è subito attratto dalle coloratissime immagini di serie come Burning Calories, Food of the Rainbow, Edible Subway, Bacon Alphabet, o Band Riders, in cui il piacere estetico funge da pretesto per riflessioni sociologiche e politiche, elemento che diviene predominante nella serie No Seconds che verrà qui presa in esame.

La serie, vsibile sul sito dell’artista588, si ispira ad alcuni precedenti incentrati sullo stesso tema, come le fotografie di Celia A. Shapiro, James Reynolds, Jonathon

587 http://henryhargreaves.com/#no-seconds 588 http://henryhargreaves.com/#no-seconds

Kambouris, Jacquelin C. Black, i dipinti di Kate MacDonald e il documentario Last supper degli artisti Bigert e Bergstrom. Da notare soprattutto il debito nei confronti di Kambouris, le cui immagini sono costruite esattamente allo stesso modo: l’immagine della pietanza ordinata dal condannato e a l didascalia con i dati biografici e la listi dei cibi richiesti589.

Hargreaves realizza 12 fotografie di pietanze – tranne l’unico caso di un piatto vuoto – imbandite con cura dell’aspetto estetico, nitidezza dei dettagli e colori vividi, richiamando così le immagini pubblicitarie che mirano ad accattivarsi il pubblico dei consumatori. L’inquadratura dall’alto, elemento stilistico unificante dell’intero gruppo, da un lato dichiara l’appartenenza delle immagini al genere dello still life, dall’altro si pone come un’inquadratura soggettiva, volta a indurre nell’osservatore l’identificazione con il condannato. La strategia di richiamo al coinvolgimento emotivo del pubblico è completata dalla didascalia che risulta parte integrante dell’opera: il testo è costituito dal nome del condannato e dall’indicazione dell’età, del luogo e della modalità di esecuzione, cui segue, in un elenco a punti, la lista dei reati commessi e quella dei cibi ordinati, una scelta espressiva e grafica asettica che offre un ulteriore appello alla riflessione. La didascalia viene quindi impiegata per finalità sociali, grazie ad essa, infatti, un’immagine neutra diventa strumento di provocazione politica. L’artista, come dichiarato in un’intervista590, non vuole che l’opera esprima il proprio giudizio sulla pena di morte né orientare quello dello spettatore, il suo scopo è catturare l’attenzione del pubblico e indurne una presa di posizione, affinché tale dibattito rimanga vivo e scuota le coscienze.

Hargreaves, colpito dalla persistenza di una pratica per lui inaccettabile e disumana in una nazione democratica, ebbe l’idea della serie No Seconds nel periodo in cui si dibatteva la questione dell’abolizione dell’ultimo pasto nello stato del Texas, il cui penitenziario è tristemente famoso per il numero elevato di esecuzioni. Nel settembre 2011 lo Stato decise per l’eliminazione di questo ‘privilegio’ in seguito al rifiuto del condannato Lawrence Brewer di mangiare il pasto abbondante che aveva ordinato. Hargreaves decise così di approfondire l’argomento, incuriosito dal sito www.famouslastmeals.com e dalla pagina di wikipedia a esso dedicata, in cui vengono

589 http://www.lastmealsproject.com/pages.html

ricostruite le origini di questa tradizione, significativamente risalenti al Medioevo, e che offre una lista dettagliata dei pasti ordinati da un numero considerevole di condannati a morte.

Interessato ai gusti e alle abitudini alimentari a causa del suo lungo impiego nel settore della ristorazione, le considera un indice rivelatore di molti aspetti dell’animo umano, idea confermata da uno studio della Cornell University sulla possibile correlazione tra scelte alimentari e colpevolezza591: vi sarebbe una maggiore propensione a rifiutare l’ultimo pasto da parte di chi si dichiara innocente e, al contrario, una predominante tendenza a mangiare il giorno prima della morte in coloro che hanno ammesso la colpevolezza. Lo studio evidenzia inoltre la predilezione per cibi ipercalorici, il cosiddetto confort-food, come hamburger, cheeseburger e patatine, emblemi del cosiddetto American life style.

Il criterio con cui Hargreves seleziona i protagonisti del suo progetto è il carattere insolito della richiesta per l’ultimo pasto.

La più strana è sicuramente quella di Ronnie Lee Gardner, condannato per furto, rapimento e omicidio di due persone. Per il suo ultimo pasto chiese aragosta, bistecca, torta di mele, gelato alla vaniglia, il tutto accompagnato dalla proiezione della trilogia de Il signore degli anelli.

Significativa è poi la richiesta di Victor Feguer che mangiò un’unica oliva con nocciolo, che, nella ricostruzione dell’artista, giace su un elegante piattino con posate d’argento. Feguer era stato condannato per rapimento e omicidio ma non ammise mai la seconda accusa e fu l’ultimo condannato a morte nello stato di Iowa, che abolì la pena capitale nel 1965. Si dice che il condannato avesse manifestato la speranza che dal suo corpo germogliasse un albero di ulivo, pianta simbolo di rinascita e pace, il che potrebbe far pensare a un tardivo pentimento; oppure potrebbe indicare lo scarso appetito di chi non riconosce la propria colpevolezza.

Tra i vari esempi Hargreaves sceglie di rappresentare il caso di Ricky Ray Rector, la cui ordinazione per l’ultimo pasto fu di bistecca, pollo fritto, succo di ciliegia e una fetta di torta pecan. L’aspetto inquietante, riportato dall’artista nella didascalia, fu la sua dichiarazione di voler conservare la torta “per dopo”.

Accusato per l‘omicidio di varie persone nel corso di una sparatoria in cui era stato colto da un raptus di follia, sparò al poliziotto che lo stava arrestando e poi tentò il suicidio con un colpo alla testa. Nonostante la gravità delle sue condizioni riuscì a sopravvivere ma rimase segnato da gravi lesioni cerebrali, fattore che avrebbe dovuto essere considerato nella decisione di sentenza capitale.

Di notevole impatto emotivo è l’immagine dedicata ad Angel Nieves Diaz: un piatto e un bicchiere di plastica vuoti, che sembrano anticipare il nulla che attende il condannato. Diaz, accusato dell’omicidio del gestore di un locale notturno, si proclamò innocente fino alla fine ma i suoi appelli rimasero inascoltati.

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