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La dimensione iconica e linguistica del messaggio fotografico

1. La didascalia nella letteratura critica

1.2. La didascalia nel dibattito semiologico

1.2.2. Roland Barthes: il messaggio fotografico e il suo rapporto con la didascalia

1.2.2.4. La dimensione iconica e linguistica del messaggio fotografico

Il secondo saggio, Retorica dell’immagine133, portando avanti il ragionamento precedente, si concentra sui tipi di messaggio che la fotografia può contenere.

Barthes prende come punto di riferimento la pubblicità, poiché in questo settore “il significato dell’immagine è sicuramente intenzionale”134, in quanto sono stabiliti a priori i significati del messaggio in base alle caratteristiche del prodotto da promuovere. Analizzando un’immagine pubblicitaria il semiologo individua tre livelli di messaggio: il primo, particolarmente significativo per il presente studio, è quello linguistico, formato dalla didascalia e dalle etichette inserite nella scena come “en abyme”135. A questo livello di decifrazione l’unico codice necessario è la lingua in cui è scritto il testo. Ma l’immagine contiene altri due tipi di messaggio, quello iconico e il cosiddetto “messaggio senza codice”.

Il messaggio iconico esprime i valori, potremmo dire, culturali, sottesi agli elementi presenti nell’immagine: ad esempio, in una pubblicità di una salsa di marca italiana, la presenza di ortaggi bianchi, rossi e verdi rimanda all’idea di italianità. Si potrebbe quindi intendere come un messaggio simbolico, definito da Barthes “iconico codificato”136, cui si oppone il terzo tipo di messaggio, definibile “letterale” o “iconico non codificato137. Quest’ultimo riguarda gli oggetti della scena in quanto tali, che, essendo in relazione di “quasi-identità” con quelli reali, non necessitano di un codice 132 Barthes 1982: 20. 133 Barthes 1982: 22-41. 134 Barthes 1982: 23. 135 Barthes 1982: 23. 136 Barthes 1982: 26. 137 Barthes 1982: 26.

per la loro percezione138: in questo senso la fotografia è intesa come analogon del reale139.

I due messaggi iconici sono difficilmente distinguibili e a livello di fruizione non vi è separazione tra il recepimento del messaggio percettivo e di quello culturale: “questa confusione di lettura corrisponde alla funzione dell’immagine di massa”140, il cui obiettivo è far sì che il pubblico associ determinati valori culturali a determinati oggetti. I due messaggi infatti sono strettamente correlati, dal momento che quello letterale funge da supporto a quello simbolico: una simile struttura corrisponde al problematico rapporto tra denotazione e connotazione141.

Entro l’ambito iconico del messaggio fotografico si può collocare la teoria espressa da Barthes ne La camera chiara142 riguardo alla fruizione dello spectator143, cioè colui che è coinvolto nella fotografia, attraverso due modalità: lo studium e il punctum144.

Lo studium è “una sorta di interessamento, sollecito, certo, ma senza particolare intensità”145, che induce l’osservatore a rivolgere la propria attenzione alla fotografia, sulla base delle proprie conoscenze e cultura. In questo modo egli rivive le intenzioni del fotografo ma attraverso il proprio filtro di spettatore:

“Riconoscere lo studium significa fatalmente coincidere con le intenzioni del fotografo, entrare in armonia con esse, approvarle, disapprovarle, ma sempre capirle, discuterle dentro di me, poiché la cultura (da cui deriva lo studium) è un contratto stipulato tra i creatori e i consumatori”146.

138 Barthes 1982: 26.

139 Per la definizione di analogon si rimanda al saggio Il messaggio fotografico in Bathes 1982: 5-21. 140 Barthes 1982: 27.

141 Per l’analisi del rapporto tra denotazione e connotazione si rimanda al saggio Il messaggio fotografico

in Barthes 1982: 5-21. 142 Barthes 2003. 143 Barthes 2003: 11. 144 Barthes 2003: 27. 145 Barthes 2003: 27. 146 Barthes 2003: 29.

Il punctum è invece ciò che di una fotografia “mi ghermisce”147, è l’elemento che “viene a infrangere (o a scandire) lo studium”148: è il particolare che attira l’attenzione, correlato allo studium, ma fra essi “non è possibile fissare una regola di connessione”149 poiché i due momenti sono compresenti.

Spesso il punctum è un oggetto parziale, un particolare non necessariamente collegato a qualcosa di etico o relativo al buon gusto: in conclusione è ciò che il fotografo non ha messo in maniera intenzionale. E’ quindi “un dettaglio che viene a sconvolgere tutta la mia lettura, il mutamento vivo del mio interesse, una folgorazione”150, “un supplemento che io aggiungo alla foto e che tuttavia è già nella foto”151.

Per esemplificare Barthes esamina tre foto, nelle quali il punctum è rappresentato da tre particolari il cui livello di significatività è essenzialmente soggettivo, in quanto osservatori diversi quasi certamente non concorderebbero con lui sulla sua individuazione. Nella foto di una famiglia di neri scattata da Van Der Zee egli individua il punctum nella cintura di una delle figlie152, in un’altra di Klein sono i denti neri del ragazzino italiano a colpirlo153, mentre nella foto di Kertesz che rappresenta un gitano cieco che attraversa la strada ciò lo affascina di più è la strada in terra battuta154. Dunque lo studium è sempre codificato, mentre il punctum non lo è mai ed è prettamente soggettivo, ambivalenza che rende ancora più difficilmente definibile l’essenza del messaggio iconico.

Per quanto riguarda il messaggio linguistico Barthes osserva come il legame tra immagine e testo diventi ricorrente a partire dall’avvento del libro e si chiede quale sia la “struttura significante dell’ illustrazione”155, se enfatizzi il testo in maniera ridondante o al contrario sia essa l’elemento dominante, a cui il testo aggiunge informazioni. Osservando il contesto delle comunicazioni di massa, in cui rileva una costante presenza dell’elemento testuale accanto alle immagini, in forma di titolo, didascalia, articolo di stampa, dialogo di film, fumetto, giunge alla conclusione che sia improprio definire la 147 Barthes 2003: 28. 148 Barthes 2003: 28. 149 Barthes 2003: 43. 150 Barthes 2003: 50. 151 Barthes 2003: 50. 152 Barthes 2003: 45. 153 Barthes 2003: 46. 154 Barthes 2003: 48. 155 Barthes 1982: 28.

nostra società come ‘civiltà dell’immagine’ in quanto è ancora pienamente una ‘civiltà della scrittura’156.

Avendo riconosciuto come nel recepimento del messaggio fotografico complessivo abbia un ruolo determinante il messaggio linguistico, Barthes ne individua le funzioni principali nell’ancoraggio e nel ricambio in rapporto ai due messaggi iconici157.

L’ancoraggio attiene alla caratteristica del testo scritto di fissare la “catena fluttuante dei significati”158 dell’immagine, che, per sua natura è polisemica: il messaggio linguistico è una delle tecniche che le società sviluppano per “combattere il terrore dei segni incerti”159 e facilitare quindi l’identificazione degli elementi della scena mediante una descrizione che orienta la percezione e l’interpretazione dell’osservatore. In ambito pubblicitario e giornalistico questa funzione risulta fondamentale per trasmettere un messaggio univoco riguardo al prodotto da vendere, in un caso, e alla notizia da trasmettere, nell’altro. La funzione di ricambio, più rara, riguarda invece soprattutto i disegni umoristici e i fumetti, in cui il testo si presenta in forma di frammento di dialogo ed è in rapporto di complementarietà con l’immagine, detenendo il compito di far procedere la narrazione.

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