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Hobbes distingue tre cause di lotta e di contesa profondamente radicate nella natura umana: la competizione, la diffidenza, la gloria «La prima fa sí che gl

uomini si aggrediscano per il guadagno, la seconda per la sicurezza, e la terza per

la reputazione. Il primo uso della violenza è per rendersi padroni della persona di

altri uomini, donne, bambini e animali, il secondo è per difendersi e il terzo per le

cose di poco conto, come una parola, un sorriso, un’opinione diversa e qualsiasi

atto di sottovalutazione indirizzato o direttamente alla loro persona oppure di

riflesso ai loro parenti, ai loro amici, alla loro nazione, alla loro professione o al

loro nome»

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30TH. HOBBES, Leviatano, cit., pp. 206-207. In inglese: «And such a warre, as is of every man, against every man. For WAR consisteth not in battle only, or the act of fighting, but in a tract of time, wherein the will to contend by battle is sufficiently known: and therefore the notion of time is to be considered in the nature of war, as it is in the nature of weather. For as the nature of foul weather lieth not in a shower or two of rain, but in an inclination thereto of many days together: so the nature of war consisteth not in actual fighting, but in the known disposition thereto during all the time there is no assurance to the contrary. All other time is PEACE». In latino: «Bellum esse uniuscuju- scue contra ununquemque. Consistit enim natura belli non in pugna, sed in tractu aliquo temporis, quo durante voluntas armis decretandi est manifesta. Itaque in natura belli, sicut in natura tempe- statum considerandum est tempus. Nam ut unus imber non denominat tempestastem humidam, ita neque pugna quaelibet denominat bellum. Tempus autem bello vacuum, pax est». È importante chiarire i concetti di guerra e tempo utilizzati da Hobbes, poiché l’analisi dei termini è di grande supporto alla spiegazione della sua teoria. Prendiamo prima in considerazione guerra, war, bellum: deriva da werre, wyrre, evoluzione del francese antico, divenuto cosí guerre, d’origine indoeuropea

swer, wer, fare attenzione, in greco horan, riguardarsi, fare attenzione, in iraniano haurvo, guardiano,

divenuto in latino servare, conservare, preservare, osservare, evolutosi in germanico war, werra, con- fusione, discordia, stato d’attenzione, ma anche perplessità (war-ning, fare attenzione, warjan, war-

nen, warren, ward) proteggersi, autoconservarsi, in antico scandinavo varask, avvertire un pericolo,

assimilato con i medesimi significati in inglese. Tale analisi etimologica corrisponde alla descrizione hobbesiana dello stato di natura come stato di guerra, non belligerata, una condizione di possibile pericolo, d’attenzione continua. Questo concetto è specificato dal paragone col tempo atmosferico,

time of war, come weather, tempus: time (inglese antico tima, dal nordico timi, evoluzione del ger-

manico timan) vuol dire non solo periodo, ma anche condizione d’indeterminata durata. In latino abbiamo tempus-oris, anticamente tempes-eris e anche tempestas che originariamente significava tempo, quindi che tempo fa, divenuto poi stato dell’atmosfera e in particolare cattivo tampo, tem- pesta. Questa analogia di tempus, tempes e tempesta giustifica il paragone di Hobbes con lo stato atmosferico incerto, tradotto in inglese con weather, di possibile pioggia e il tempo in senso di periodo con una durata indeterminata.

31N. BOBBIO, Op. cit., pp. 41-44.

32TH. HOBBES, Leviatano, cit., pp. 204-207. Nel testo inglese: «Three principal causes of quar- rel. First, competition, secondly diffidence; thirdly, glory. The first maketh men invade for gain; the

La concorrenza, la sfiducia, l’avidità di gloria, di reputazione che hanno come

risultato la guerra, impediscono ogni forma d’industria, d’agricoltura, di naviga-

zione, ogni conforto, scienza, letteratura ed alimentano una continua paura e un

second for safety, and the third, for reputation. The first use of violence to make themselves masters of other’s persons wives, children, and cattle; the second to defend them; the third for trifles, as a word, a smile, a different opinion and other sign of undervalue, either direct in their persons, or by reflection in their kindred, their friends, their nation, their profession, or their name». Nello scritto latino: «Tres precipuae causae, competitio, defensio, gloria, quarum prima ad dominum, secunda ad securitatem, tertia ad famam spectat. A prima est, quod de lucro, a secunda, quod de salute, a ter- tia, quod de nugis pugnetur nimirum de verbo, de risu, de opinione de omni signo parvipendi sive ipsorum, sive cognatorum, amicorum, patriae, professionis, vel nominis». La descrizione delle cause del conflitto e del ruolo giocato dal diritto naturale fatta da Hobbes nel Leviatano, presenta senza dubbio sostanziali differenze rispetto agli Elements e al De Cive, come si evince in particolare dai lavori di F. Tricaud (Lecture parallèle du chapitre XIV de la première partie des Elements of law et du

chapitre premier du De Cive e Hobbes’s conception of the state of nature from 1640 to 1651: evolution and ambiguities). Negli Elementi (I, XIV, 3-5, pp. 110-111) Hobbes afferma che il grande ostacolo

tra gli uomini consiste soprattutto nelle passioni: molti individui sono mossi dalla vanagloria e dato che essi pretendono precedenza e superiorità sui propri simili, non solo quando sono uguali nel potere, ma anche quando sono inferiori, il conflitto sarà sempre governato dal tentativo dei vana- gloriosi di sottomettere i moderati. Conseguentemente a tale inclinazione passionale, gli uomini sono reciprocamente offensivi in diversi modi, poiché ognuno pensa bene di sé e non ama veder altrettanto negli altri; essi devono necessariamente provocarsi mediante parole ed altri segni di disprezzo, fino a giungere alla violenza. Infine, considerando che molti appetiti degli uomini li spin- gono ad un unico e medesimo bene, e che quel bene talvolta non può essere né diviso né condiviso, ne consegue che il piú forte ne godrà da solo: «E cosí la maggior parte degli uomini, pur non essendo sicura di poter avere la meglio nondimeno, per vanità, o confronto, o appetito, provoca il resto, che altrimenti si accontenterebbe dell’eguaglianza». Negli Elementi sembra esserci quindi una visione dell’uomo ancora piuttosto moralizzata e il conflitto è generato dai turbamenti provocati dalle pas- sioni, dal contrasto passione-ragione. Visione questa, avvalorata anche da Strauss (Op. cit., pp. 10- 15) secondo il quale il concetto hobbesiano di vanità oscilla molto tra una considerazione puramente meccanicistica ed una forte influenza umanistica, oscillazione che spiega le notevoli varianti tra Ele-

menti (I, XIV, 3-5), De Cive (I, 4-6) e Leviatano (XIII e XIV). Anche nel De Cive (I, 4-6, pp. 83-84)

la prima causa del conflitto è rinvenuta nella gloria, la passione che spinge gli uomini a compiere azioni non razionali, in contrasto con il principio dell’autoconservazione: «Uno […] stimandosi superiore agli altri, vuole che solo a lui tutto sia lecito, e si arroga un onore maggiore degli altri […] la volontà di nuocere di quest’ultimo deriva dunque dalla vana gloria, e da una falsa stima delle pro- prie forze». Come seconda causa Hobbes aggiunge un nuovo argomento presente anche nel Levia-

tano, la lotta degli ingegni, ovvero il contrasto tra le opinioni con la pretesa che la propria sia l’unica

giusta e vera, definita «per l’animo la cosa piú molesta e da cui deriva di solito il maggior desiderio di nuocersi». Solo in ultimo, come negli Elements, compare la scarsità dei beni. Quindi è l’irrazio- nalità generata dalle passioni a far per precipitare la situazione in uno stato di conflittualità diffusa; nella seconda opera politica hobbesiana è il diritto di natura ad essere guida di comportamento, per- ché i moderati subiscono la violenza e agiscono con forza solo per preservarsi, mentre i vanagloriosi sono coloro che violano il precetto fissato dal diritto naturale e compiono azioni aggressive non giu- stificabili sulla base della necessità dell’autoconservazione. Nel Leviatano, invece, l’elemento pas- sionale sembra essere posto ad un livello piú adeguato rispetto alla descrizione meccanicistico-razio- nale; il conflitto non è dovuto ad alcun fattore irrazionale, passionale, privo di freni: gli uomini si scontrano per la scarsità delle risorse, ricorrono all’aggressione, si produce la diffidenza, allo stesso modo si compete per la gloria e si cerca di veder riconosciuto il proprio potere dal maggior numero d’uomini, ma tale conflitto è l’esito proprio dell’atteggiamento razionale-prudenziale in un ambiente non collaborativo, non sociale e non socievole. Inoltre, nel Leviatano, accanto alla riformulazione del ruolo e dell’importanza della vanagloria appare anche l’eliminazione della distinzione tra vana-

continuo pericolo di morte violenta: «Conseguenza del tempo di guerra in cui