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Il tema della privacy, pone le fondamenta per una riflessione a più ampio raggio, la quale implica un discorso strettamente correlato alla dignità e libertà dell’uomo, due componenti essenziali e fondanti di ogni sistema politico liberal democratico. A partire dalla seconda metà del Novecento, la dignità della persona, è iniziata a porsi come fulcro per la creazione di un rinnovato statuto dell’individuo, attorno al quale edificare un solido apparato di diritti costituzionalmente condivisi e riconosciuti51. Sul piano internazionale, questa volontà generale da parte di Stati europei ed extraeuropei, si è concretizzata nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo52 che si apre proprio all’insegna del principio secondo cui: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti». Questo documento, una pietra miliare per i futuri sviluppi nel campo dei diritti inviolabili dell’uomo all’interno della civiltà occidentale, riprende e completa in maniera esemplare

50 Ci riferiamo al celebre romanzo di George Orwell Nineteen Eighty-Four (Secker&Warburg, London 1949).

51 Con il termine ‘costituzionalismo’, ci si riferisce all’insieme di tutti quei principi e valori connessi all’uomo, che considerati come inalienabili e pertanto inviolabili, rappresentano la base costitutiva da cui si erge un ordinamento politico democratico a carattere costituzionale. Esso nasce come reazione allo Stato assoluto dove il potere era nelle mani di una sola persona (il monarca); in opposizione a tale accentramento, si afferma l’idea secondo cui i tre poteri sovrani dello Stato (esecutivo, legislativo e giudiziario) devono essere suddivisi e affidati ad organi statali indipendenti. Tradizionalmente, in epoca moderna, la dottrina della separazione è associata al filosofo francese C. De. Montesquieu, il quale nella sua opera più celebre, scrisse: «Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...]. Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere» (Lo spirito delle leggi, 1748). In Europa il costituzionalismo è andato via via a definirsi nel corso del Novecento parallelamente al riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo e del cittadino. Una forma embrionale di costituzionalismo può tuttavia essere rintracciata già nel Medioevo nella Magna Charta Libertatum (1215), ma per una vera e propria affermazione si dovrà attendere l’emanazione da parte del parlamento inglese, della Bill of Rights (1689).

52 La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo fu approvata e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) il 10 dicembre del 1948. Il testo tradotto in italiano è visionabile e scaricabile al seguente link: http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf.

quanto già espresso alla fine del XVIII secolo in Francia con la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen (Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino), dove veniva affermata l’idea secondo cui «Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits», ossia che «Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti»53. In linea con lo spirito settecentesco francese – che trova forma nel celebre motto Liberté, Égalité, Fraternité – il primo articolo della UDHR54, si conclude con: «Essi [tutti gli esseri umani] sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza»; e così, accanto al carattere di libertà (liberté) ed eguaglianza (égalité), anche l’ultimo elemento della triade rivoluzionaria, la fraternità (fraternité), trova compimento all’interno di un quadro di valori universalmente condivisi e salvaguardati.

La libertà dunque, viene a manifestarsi in primis, nel riconoscimento della dignità e dell’eguaglianza estesa a tutti gli individui, indipendentemente dai fattori culturali, sociali e personali. Il secondo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, chiarisce infatti, come i diritti espressi in essa siano universali senza alcuna distinzione:

«Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà […], senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione».

Parallelamente a questa rinnovata considerazione dell’essere umano, divenuto il portatore di un corollario di diritti “sacri” e inalienabili, anche la Costituzione Italiana55, in testa ai principi fondamentali, ribadisce come la Repubblica «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo […]»56. Nello specifico il riferimento alla dignità ed eguaglianza si trova nel terzo articolo:

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini […]».

53 Approvata a Versailles dall’Assemblea nazionale francese il 26 agosto del 1789.

54 Acronimo di Universal Declaration of Human Rights (Dichiarazione universale dei diritti umani). 55 Approvata a Roma dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre del 1947, la Costituzione della Repubblica italiana, entrerà in vigore il 1 gennaio del 1948. Per una lettura di approfondimento rimandiamo a C. Esposito, La Costituzione italiana. Saggi, Cedam, Padova 1954.

All’interno del testo costituzionale, ulteriori riferimenti alla dignità, anche se indiretti, si possono ritrovare in relazione al lavoro, quando si afferma che la retribuzione deve essere adeguata affinché vi possano essere le condizioni essenziali per garantire un’esistenza “libera e dignitosa”57; o ancora riferendosi all’iniziativa economica, specificando come questa sia ammessa nella misura in cui essa non contrasti o rechi un qualche danno alla sicurezza, libertà e dignità dell’uomo58.

Un particolare rigore esplicativo nell’affermazione del concetto di dignità, si trova nella Costituzione tedesca59. Reduce dall’oscura esperienza nazista, la Germania ha voluto riconoscere alla dignità umana uno statuto di particolare importanza. Questa volontà si è palesata all’interno della Costituente, sottolineandone in modo forte l’inviolabilità; l’articolo 1 al primo comma, cita espressamente: «Die Würde des Menschen ist unantastbar», ossia “la dignità umana è intangibile”, e si conclude precisando come sia compito per ogni potere dello Stato rispettarla e fare in modo che sia salvaguardata: «Sie zu achten und zu schützen ist Verpflichtung aller staatlichen Gewalt» (È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla)60.

La strada costituzionale intrapresa dagli Stati europei, a partire dalla fine degli anni '40 del Novecento, vedrà costantemente ribadita l’affermazione della dignità, e proseguirà nei decenni successivi fino alla fine del secolo61 per culminare e inaugurare il nuovo millennio, con la proclamazione da parte dell’Unione europea, della Carta dei diritti fondamentali (2000/C 364/01)62. Nota anche come Carta di Nizza, raccoglie al suo

57 Art. 36: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

58 Art. 41: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».

59 La Legge fondamentale tedesca (Grundgesetz) fu promulgata il 23 maggio del 1949 nella Repubblica Federale di Germania (Bundesrepublik Deutschland) con validità nella sola Germania Ovest. Con il crollo del muro di Berlino il 9 novembre 1989, e la successiva riunificazione con la Germania dell’Est, la Repubblica Democratica tedesca (Deutsche Demokratische Republik o DDR) avvenuta il 3 ottobre 1990, si decise di mantenere la Costituzione occidentale.

60 https://www.gesetze-im-internet.de/gg/BJNR000010949.html

61 Riportando sempre l’esempio della Germania, nel 1983 la Corte costituzionale tedesca, scrisse: «il fulcro dell’ordinamento costituzionale è il valore e la dignità della persona, che agisce con libera determinazione come membro di una società libera». Cfr. P. Haeberle, “La dignità umana come fondamento della comunità statale”, in Cultura dei diritti e diritti della cultura nello spazio costituzionale europeo, Giuffrè, Milano 2003.

62 Approvata il 7 dicembre del 2000, essa abbraccia l’intera serie dei diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei, sintetizzando le tradizioni costituzionali e gli obblighi internazionali comuni agli Stati membri. I diritti descritti nella Carta sono suddivisi in sei sezioni: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia. Pur trattandosi inizialmente solo di un documento politico, la Carta è divenuta giuridicamente vincolante come diritto primario dell’U.E. con l’entrata in vigore del Trattato di

interno l’intera serie dei diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei, sintetizzando le tradizioni costituzionali e gli obblighi internazionali comuni agli Stati membri. Nel preambolo possiamo infatti leggere:

«Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia»63.

Questo documento fa della dignità il suo punto focale; non casualmente il Capo I è titolato “Dignità” e all’art. 1, ricalcando quanto scritto della Costituzione tedesca, si afferma che: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». Come mise in luce Rodotà nel suo pamphlet sulla dignità64, la scelta di assegnare priorità alla parola “dignità”, rispetto a quella di “libertà” (che troviamo subito dopo, al Capo II), non solo manifesta la consapevolezza verso pericoli mai completamente eclissati, ma anche, il bisogno di preservare una memoria storica-collettiva dalla quale la coscienza europea, profondamente segnata, non potrà mai distaccarsi totalmente65. Proprio questa oggettivazione di un passato che ha visto sovente calpestati i diritti umani, diviene la base per porre la persona al centro dell’interesse dell’Unione europea. Viene così a delinearsi una sorta di nuova antropologia dell’uomo che vede il passaggio dal “soggetto” alla “persona”, dove la dignità, come ci ha ricordato sempre Rodotà, si presenta come un denominatore comune e disegna, insieme, un nuovo statuto della persona e un nuovo quadro dei doveri costituzionali. Seguendo la sua breve ma puntuale analisi, se con la fine del Settecento si sono poste le basi per il riconoscimento dei diritti dell’uomo, l’Ottocento è stato il secolo della rivoluzione dell’uguaglianza (promessa e non sempre adempiuta). Il Novecento, segna invece un tempo nuovo, di una rivoluzione della dignità umana66.

63 Il documento, in versione integrale, è visionabile e scaricabile in lingua italiana al seguente link: https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf.

64 Ci riferiamo a La rivoluzione della dignità, La scuola di Pitagora editrice, Napoli 2013. Questo scritto è tratto dalla lezione “Antropologia dell’homo dignus” tenuta da Rodotà all’Università di Macerata il 6 ottobre del 2010 in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in scienze politiche. Il testo della lezione in versione integrale è visionabile in Civilistica.com, a. 2. n.1. 2013.

65 S. Rodotà, op. cit. p.17.

66 Ivi, pp. 14-15. Per un interessante approfondimento sul tema della dignità, rimandiamo a: G. Resta, La

dignità, in P. Zatti – S. Rodotà, Trattato di biodiritto, Vol. 1, Giuffré, Milano 2010 – G. Ferrara, La pari dignità sociale: appunti per una ricostruzione, in Studi in onore di Giuseppe Chiarelli, Vol. II, Giuffré,

Questo secolo, che come vedremo nel capitolo successivo, sancirà il passaggio dalla modernità all’età postmoderna, apre nuove frontiere del rapporto tra persona, tecnologia e società.

In questo primo capitolo introduttivo, ci siamo soffermati sull’origine moderna e il significato del concetto di privacy il quale, come abbiamo visto, è impiegato per designare il diritto della persona a salvaguardare la propria sfera privata da ingerenze indesiderate di soggetti terzi, siano essi pubblici poteri o privati cittadini. Data la vastità dell’argomento e le numerose sfumature che esso può assumere, abbiamo iniziato a focalizzare la nostra attenzione su un suo aspetto particolare, inerente la tutela dei dati personali come proprietà di sé. Garantire questo diritto, strettamente connesso alla dignità e libertà dell’individuo, diviene di capitale importanza poiché nell’attuale società dell’informazione, i dati (come vedremo meglio nel terzo capitolo), costituiscono un bene prezioso, oltre che per la persona, anche per la nuova economia globale e la politica.

Da quanto emerso fin ora, viene a delinearsi un legame profondo tra libertà, dignità e privacy (proprietà di sé), che ci spinge a considerare quest’ultima oltre la sua definizione storicamente affermata di “diritto ad essere lasciati soli”. La nozione di privacy va dunque messa in discussione e ricollocata all’interno di un’ottica che tiene conto delle trasformazioni che, a partire dall’ultimo quarto di secolo del Novecento, hanno traghettato la modernità, nella fase storica contemporanea, denominata come postmoderna. A fronte di ciò, prima di analizzare la legislazione in materia di privacy, riteniamo essenziale dedicare il capitolo successivo alla descrizione (almeno per sommi capi) del contesto sociale, politico e tecnologico nel quale viviamo; questo ci sarà utile per cercare di fornire una visione più completa e comprendere meglio le problematiche e i rischi connessi alla diffusione on line delle informazioni che ci riguardano.

privato”, 2007 – G. Piepoli, Tutela della dignità e ordinamento secolare, “Rivista critica del diritto privato”, 2007.

CAPITOLO II

Civiltà postmoderna. Tecnologia, economia e nuove forme

di potere nell’ordine reticolare.

Lo studio della privacy va contestualizzato all’interno di un ampio quadro sociale facente capo al concetto di biopolitica; tale prospettiva, la cui derivazione etimologica mette in luce i tratti essenziali della sua indagine – la vita «bios» e la relativa organizzazione all’interno della città «polis» – ingloba ogni aspetto dell’esistenza individuale e collettiva. Seguendo la definizione di Michelle Foucault, essa si configura come il terreno in cui agiscono le pratiche con le quali le reti di poteri gestiscono le discipline del corpo e le regolazioni delle popolazioni67. In altre parole, la biopolitica, si delinea come quel campo d’incontro e interazione fra l’azione regolatrice del potere e la totalità della vita dei cittadini, dalla nascita fino alla morte. Questo rapporto, che con diverse formule politiche (e differenti gradi d’influenzamento reciproco) ha caratterizzato tutta la storia delle società istituzionalizzate, va ridefinito tenendo conto delle radicali trasformazioni che gradualmente hanno condotto la modernità68, nel corso del Novecento, nell’attuale fase storica: la postmodernità69.