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2.3 Concezione e le diverse tipologie di in house

2.3.4 In house c.d pluripartecipato

Altra variazione sul tema del controllo analogo che assume rilievo, è sempre legato a quel requisito della partecipazione pubblica totalitaria individuato dalla Corte di Giustizia e adesso superato parzialmente, ovvero la possibilità per due o più amministrazioni di esercitare il controllo analogo: l'in house pluripartecipato. Ancora una volta questa particolare ipotesi viene prevista all’art.12 della

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2014/24/UE116, dove l'elemento che la differenzia dai requisiti previsti al primo paragrafo consiste solo nella condivisione del controllo da parte dell'amministrazione aggiudicatrice con le altre amministrazioni con cui condivide la partecipazione al capitale.

Nonostante sia un tipo di in house partecipato da più entità, si tratta, come nel caso tradizionale, di un’ipotesi di cooperazione verticale fra amministrazioni aggiudicatrici, attraverso la costituzione di un organismo ad hoc.

Anche questo profilo, che era già stato preso in considerazione dalla Corte di Giustizia (sentenze Econord e Coditel Brabant117) rappresenta una variazione, se non elusione, al tema del controllo analogo, per lo meno nella concezione che di questo principio si è avuta sino ad oggi.

La critica alla presenza o meno del controllo analogo, è soprattutto di natura formale, poiché non coincidente con la definizione che viene proposta al paragrafo 1. Ma anche in merito al controllo congiunto, ovvero al paragrafo 3 lett.a), ricorre il termine “controllo analogo”.

Perché sia concesso il controllo controllo congiunto sulla società in house, devono essere verificati i seguenti punti :

1) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti;

116 Direttiva 2014/24/UE, art.12, par.3

117Corte di Giustizia,13 novembre 2008, C-324/07, causa Coditel Brabant, in eur-lex.europa.eu

,pt. 50, in cui i giudici non vietano il controllo congiunto, alla luce di una precedente sentenza ( Asemfo, 19 aprile 2007, C- 295/05, punti 56-61) che ha ammesso come valida partecipazione anche di quote minime di capitale.

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2) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica;

3) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti.

Come concorda a livello nazionale il nostro Consiglio di Stato118, viene sottolineata l'importanza della totalità delle partecipazioni al capitale, piuttosto che della singola. Ma questo deve essere letto sotto due aspetti: se da un lato non è necessario che il singolo partecipante detenga un potere di controllo analogo, d'altra parte non è sufficiente che tale partecipazione sia solo minimale o fittizia, ma è necessario che garantisca alla partecipante di influire sulla gestione119. È pur sempre vero che nessuna delle amministrazioni partecipanti può, a buon diritto, affermare di poter esercitare sull’organismo o società in questione un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi interni, ma il punto di vista secondo cui deve essere analizzato tale controllo deve essere, in questo caso, sistemico. Sorvolando la mera formalità, infatti, possiamo affermare che l'unica differenza rispetto al controllo analogo classico, sta nel numero di soggetti che lo esercita: in un caso una sola amministrazione, nell'altro caso più di una.

La necessità di dimostrare e garantire la partecipazione attiva alla gestione della società è ancor importante laddove il capitale dell’organismo affidatario risulti frazionato fra molteplici amministrazioni aggiudicatrici, ciascuna delle quali ne detenga una quota o una porzione minima.

Per questo viene posta come requisito primario la partecipazione agli organi societari della controllata di ogni amministrazione, e non solo al capitale, come, peraltro, aveva già disposto la Giurisprudenza europea in merito alla sentenza

118 C. Stato, sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082, in www.amministrazioneincammino.luiss.it ,

pt.4.3.1.2 ( ma anche C. Stato 30 aprile 2009, n. 2675; 9 marzo 2009, n. 1365; 24 settembre 2010, n. 7092; 8 marzo 2011, n. 1447)

119 B. DI GIACOMO RUSSO, La Corte di Giustizia Europea e l’indispensabilità del controllo

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Econord ( Corte di Giustizia UE, Sez. III, 29 novembre 2012, cause C-182/11e C- 183/11). Nonostante non sia indicato in norma come in concreto si possa realizzare questa partecipazione attiva e influente da parte ciascuna, si può ipotizzare l'utilizzo di patti parasociali che insieme certifichi e garantisca, anche attraverso l'inserimento di organismi di controllo, quanto richiesto dal primo punto del terzo paragrafo. A questo, nella prassi, possono venire in aiuto anche meccanismi societari fondati sulla nomina diretta che ottengano lo stesso risultato di strumenti extra-statutari120.

Questi elementi combinati insieme consentono di limitare al minimo l'autonomia residua del soggetto in house. Il tutto si traduce, nella prassi, soprattutto sui poteri di gestione e sull'autonomia del Consiglio di Amministrazione dell’ente aggiudicatario, che vengono di conseguenza circoscritti.

2.4. Conclusione

La centralità del ruolo pubblico nell’attuazione del Mercato unico e il conseguente coinvolgimento dello Stato e degli altri enti locali ha la spinta alla codificazione dell’in house in generale e in tutte le sue forme, compatibilmente con le norme del Trattato e ai requisiti Teckal e della cooperazione tra enti pubblici.

Dall'analisi del testo delle nuove direttive, non risulta un netto distacco innovativo dagli indirizzi giurisprudenziali, piuttosto si nota l’ampliamento dell’ambito applicativo. Nonostante la volontà di equiparare questo modello all’aggiudicazione tramite appalto, il legislatore si limita ad omettere di

120 Cfr. R.MANGANI Le problematiche operative dell’in house, in www.osservatorioappalti.unitn.it, p.17, dove si sottolinea la necessità di strumenti per garantire il controllo e che richiama anche A.LIROSI, Affidamento in house: lo stato dell'arte della dottrina e giurisprudenza in materia di controllo analogo, in Giust. amm., 2006, pp. 990 e ss.,in cui l'autore sostiene che uno degli strumenti più validi per assicurare il controllo analogo sia l'adozione del sistema dualistico.

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evidenziarne l’eccezionalità, a differenza di quanto fattore passato dalla giurisprudenza comunitaria.

In effetti, il cambiamento della concezione di questo istituto, da essere considerato come un’eccezione prevista solo nelle sentenze della Corte di Giustizia, fino ad assumere valenza generale, porta con se la necessità di adottare misure differenti per attutire l'evoluzione dell’in house non solo dal punto di vista formale, quanto dal punto di vista sostanziale.

La norma confermando la facoltà dei soggetti pubblici di scegliere liberamente se ricorrere al mercato o autorganizzarsi, non indica, però, nessuno strumento di verifica delle motivazioni di tale scelta. Questo, unito al fatto che siano state ampliate le possibilità di applicazione dell’in house, rischia di mettere in dubbio la parità di trattamento tra operatori predicata dai trattati121.

In questo modo sono favoriti gli affidatari in house nella misura in cui svolgono la loro attività residuale sul Mercato, come già possiamo constatare dai fatturati degli in house operanti nel Nord Europa.

Era necessario, quindi, che in fase di recepimento a livello nazionale si limitassero i caratteri negativi e più oscuri della nuova disciplina, come si è recato di fare in Italia, a costo di dare una lettura troppo restrittivo della normativa comunitaria.

121C. RANGONE, relazione In house e cooperazione pubblico pubblico nel trattato, nella

giurisprudenza della corte e nelle nuove direttive appalti e concessioni , cit., p.11, dove l'autore nelle sue conclusioni sottolinea l'incertezza che comunque rimane, anche dopo l'approvazione delle Direttive.

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