• Non ci sono risultati.

LF ms 2 Potenza nel range della

4 STATO DELL’ARTE DELLA HRV 1 HRV UOMO

4.3 HRV CAVALLO

Nel 1996 M. Kuwahara et al, similmente ad altri autori, studiarono la variabilità della frequenza cardiaca nel cavallo attraverso l’analisi spettrale di potenza, con l’ipotesi che le informazioni ottenute da tale metodo riflettessero le interazioni tra le attività regolatrici del sistema simpatico e parasimpatico. Per il loro studio registrarono simultaneamente i tracciati elettrocardiografici e respiratori e acquisirono la pressione sanguigna di giovai cavalli purosangue (3-5 anni). Rilevarono che erano presenti due componenti principali nello spettro della variabilità della frequenza cardiaca, classificabili come una componente a bassa frequenza (0,01-0,07 Hz) e una ad alta frequenza (0,07-0,6 Hz). Il picco della frequenza respiratoria si verificava in concomitanza con il range dell’alta frequenza., mentre, lo spettro di potenza della variabilità cardiaca si riscontrava con la bassa frequenza. I risultati del loro studio li portarono a concludere che l’analisi dello spettro di potenza della variabilità della frequenza cardiaca fornisse una tecnica molto efficace per poter studiare il Sistema Nervoso Autonomo del cavallo, nel quale il cuore mostra vari tipi di ritmi, anche fisiologici se a riposo. Inoltre, risultò che le variazioni della frequenza cardiaca sono

52

associate alle fluttuazioni nel tono del sistema nervoso autonomo (Reef et al, 1985) e le variazioni nell’attività del sistema nervoso parasimpatico o l’elevato tono vagale siano i meccanismi principalmente responsabili delle aritmie fisiologiche presenti nel cavallo (Senta et al, 1970).

Nei cavalli, i cambiamenti nel dominio del tempo della variabilità cardiaca sono stati dimostrati in risposta a diverse situazioni: al momento del parto (Nagel et al,

2010,2012), attività equestri (Schmit et al, 2010a; von Lewinski et al, 2013; Ille et al, 2013), svezzamento (Erber et al, 2012b) marcatura dei puledri col ferro caldo (Erber et al, 2012), il trasporto su strada (Schmidt et al, 2010b,c,d), ma non il trasporto

aereo Munsters et al, 2012) o la variazione della stabulazione in cavalli adulti (Erber

et al, 2013), ad eccezione delle cavalle al parto (Nagel et al, 2010,2012).

4.3.1 HRV durante l’attività sportiva nel cavallo

Già a partire dal 1968 Marsland intraprese studi sulla variabilità della frequenza cardiaca del cavallo durante l’esercizio sotto sforzo. Lo scopo era quello di analizzare un metodo per valutare la condizione fisica dei cavalli sportivi. Inoltre, correlando la frequenza cardiaca massima durante lo sforzo sub massimale e la performance sportiva, trovò che i cavalli con una frequenza cardiaca più bassa durante lo sforzo fisico ottenevano i migliori risultati durante le gare.

Nel 1976 Hall, Steel et al, analizzarono un metodo per il monitoraggio cardiaco durante test da sforzo nel cavallo. Lo studio della risposta cardiaca all’esercizio si scoprì utile per valutare i parametri fisiologici influenti sulle performance sportive, ma anche per determinare se le anomalie cardiache presenti a riposo, spariscono, persistono o peggiorano durante l’esercizio fisico associato all’allenamento, ed infine per misurare l’effetto di alcune molecole sulle performance sportive. Inoltre studiarono i cambiamenti che si verificano nei tracciati ECG durante e dopo l’esercizio fisico, confrontandoli con quelli ottenuti a riposo. Quando la velocità supera i 200 metri/15’’ l’alta frequenza cardiaca sviluppata causa la perdita delle caratteristiche onde ECG, riconoscibili invece nel test a riposo. Sebbene siano state trovate differenze tra i tracciati a riposo di soggetti normali e anormali, le differenze più significative sono state osservate durante l’esercizio in quei cavalli con delle

53

anomalie, mostrando delle frequenze cardiache elevate a particolari velocità di lavoro. In particolare, se i soggetti con tracciato a riposo borderline o anormale, presentavano tracciati sotto sforzo con onde T positive, di bassa ampiezza, grandi e arrotondate o scoppi transitori di onde sinusoidali suggestivi di flutter ventricolare, potevano essere esclusi dalla corsa.

Nel 1996 Kuwahara et al, oltre allo studio precedentemente accennato, analizzarono l’influenza dell’allenamento sull’attività del sistema nervoso autonomo del cavallo, valutando la variabilità della frequenza cardiaca mediante l’analisi spettrale di potenza dalle registrazioni 24-ore effettuate con l’Holter. Dai risultati emerse che la componente ad alta frequenza riflette principalmente la funzione parasimpatica, mentre sia il sistema nervoso simpatico che quello parasimpatico intervengono nella componente a bassa frequenza, quindi il rapporto tra le due è un indice dell’equilibrio simpatico-vagale sul cuore. Infine, trovarono che la frequenza cardiaca risultava notevolmente diminuita in seguito ad allenamento, con l’incremento della componente LF e del rapporto LF/HF, mentre la HF risulta invariata. Ciò si può spiegare col fatto che nel cavallo l’attività del sistema nervoso parasimpatico è completamente attiva già prima dell’allenamento.

Negli ultimi 15 anni molti autori, tra cui Physick-Sheard, B. Voss (acqua training), F. Cottin, E. K. Visser, Corley, C. Marr e I. M. Bowen, A. Matsuura, A. Schmidt, C. Bitschnau, R. Buhl, P. Pedersen, M. Von Lewinski, Munsters, Becker-Birck, hanno effettuato numerosi studi sulla variabilità della frequenza cardiaca del cavallo durante l’allenamento, l’attività sportiva o performance test, confrontandolo in alcuni casi con i valori di ormoni corticosurrenalici.

In particolare, Physick-Sheard et al (2000), studiando il pattern della variabilità della frequenza cardiaca durante l’attività fisica dei cavalli, si resero conto che poteva rivelare informazioni relative al sistema nervoso simpatico, parasimpatico, e sulla loro azione di modulazione della frequenza cardiaca. Analizzarono l’intervallo RR dai tracciati ottenuti da 6 cavalli a riposo e durante 3 differenti velocità sul treadmill, mediante l’analisi dello spettro di potenza e della frequenza determinati in 3 bande

(Kuwahara et al, 1996): frequenza molto bassa (VLF), bassa frequenza (LO) e alta

frequenza (HI). Calcolarono gli indicatori dell’attività simpatica (SNSI=LO/HI) e parasimpatica (PNSI=HI/TOT AL), constatando che la potenza in tutte le bande

54

diminuiva progressivamente con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio, dal riposo al trotto. Al galoppo la VLF e la LO continuavano a diminuire, mentre la HI aumentava. Conclusero quindi che l’analisi spettrale di potenza non era uno strumento utile per valutare la modulazione autonomica della frequenza cardiaca oltre il livello a intensità moderata dell’esercizio, non riflettendo l’equilibrio simpatovagale.

Cottin e colleghi effettuarono 2 interessanti studi sulla variabilità della frequenza cardiaca nei cavalli sportivi. Il primo, nel 2005, fu intrapreso su 9 giovani cavalli trottatori nel corso di un programma di allenamento su un campo di gara. Vennero distinti due livelli di esercizio fisico: moderato (ME) e pesante (HE). Per ottenere la valutazione continua dei parametri spettrali, in frequenza ed ampiezza, venne utilizzato il metodo di analisi nel dominio del tempo Smoothed Pseudo Wigner Ville Distribution (SPWVD). Impostarono il range LF a 0,04-0,2 Hz e quello HF a 0,2-2 Hz, e come previsto, la frequenza cardiaca era significativamente maggiore durante la HE rispetto alla ME, mentre la LF risultò significativamente più alta nel periodo ME. Questo studio confermò i risultati osservati nell’uomo dove è presente una prevalenza di HF in contrasto con LF durante la HE.

Il secondo studio, nel 2006, Cottin et al lo effettuarono per studiare gli effetti dell’esercizio a ripetizione a velocità elevata su 7 giovani trottatori, questa volta utilizzando l’analisi spettrale e il tracciato Poincaré. Il test prevedeva una serie di partenze ad alta velocità intervallate da alcuni secondi di recupero al passo, effettuando la registrazione della frequenza cardiaca con un cardiofrequenzimetro (HRM Polar S-810). L’analisi evidenziò che la ripetizione induce una riduzione nell’intervallo medio RR, nel SDRR e RMSSD, un aumento medio della frequenza cardiaca e un aumento significativo del picco spettrale HF. Dato che durante l’alta velocità degli esercizi la frequenza respiratoria è sincronizzata alla frequenza della falcata, l’aumento della HF potrebbe essere la conseguenza dell’aumento sia della respirazione che del passo con la ripetizione dell’esercizio. La comparsa di affaticamento che induce una diminuzione della velocità, dovrebbe portare a una concomitante diminuzione della HF, ma in realtà, in questo studio è stato dimostrato l’aumento della HF con la ripetizione degli esercizi.

55

Kinnunen et al (2006), monitorando per un anno la variabilità della frequenza cardiaca di 6 trottatori durante l’allenamento, constatarono che, analogamente a quanto succede nell’uomo, l’esercizio fisico costante migliora le condizioni fisiologiche aumentando il tono vagale a scapito di sistema nervoso simpatico, aumentando così la variabilità della frequenza cardiaca. Questo si traduce in entrambe le specie con risultati sportivi migliori.

Nel 2010 Matsuura et al scoprirono che durante il trekking di gruppo, il primo cavallo risulta avere un grado di stress più elevato rispetto ai cavalli che lo seguono. Questo è stato dimostrato attraverso l’aumento del rapporto HF/LF dopo la passeggiata nel cavallo della prima fila, pur non essendoci differenze significative nella frequenza cardiaca dei cavalli durante il trekking, indice di un aumento dell’attività simpatica.

Visser (2009) e Schmidt (2010), analizzarono l’effetto dell’addestramento dei puledri, comparando alcuni metodi di approccio ai cavalli non ancora abituati ad essere maneggiati e cavalcati. Da entrambi gli studi è emerso che la variabilità della frequenza cardiaca diminuisce, mentre aumenta la frequenza cardiaca, soprattutto al momento della prima volta in cui i puledri vengono montati. Questa reazione è simile a quella che il cavallo ha in natura in presenza di un pericolo imminente e potenzialmente letale. Pertanto gli autori affermano l’importanza di un approccio attento tenendo conto del naturale repertorio del comportamento dell’animale durante la doma dei giovani puledri per gli sport equestri.

Rifacendosi agli studi effettuati negli ultimi 15 anni, basati soprattutto sulla valutazione dei cavalli con scarso rendimento atletico (Martin et al, 2000; Josè-

Cunilleras et al, 2006), Buhl et al (2010) si trovavano d’accordo con la conclusione

che il valore dell’ECG nei cavalli a riposo sia limitato poiché le malattie cardiache e i disturbi del ritmo, con conseguente poor performance, solo raramente si manifestano durante il riposo (Young, 2007), mentre alcune aritmie cardiache tendono a comparire nel periodo di recupero dopo l’esercizio (Reef, 1999). Vista la scarsità di studi sulle aritmie cardiache durante il salto ostacoli, gli scopi di Buhl e colleghi furono quelli di dimostrare la fattibilità di ottenere un tracciato ECG da cavalli sani durante tale competizione e documentare la prevalenza e la frequenza di aritmie in associazione con questo tipo di esercizio e il successivo recupero. Dai loro risultati è

56

emerso che una elevata percentuale di soggetti ha sviluppato complessi prematuri sopraventricolari (SVPC), pause sinusali e aritmia sinusale durante l’esercizio di riscaldamento, ma questi erano rari durante il salto ostacoli. Un minor numero di soggetti ha presentato complessi prematuri ventricolari (VPC). La conoscenza del verificarsi di aritmie nei cavalli con buone performance, risulta essenziale per i veterinari equini al momento di valutare i cavalli di salto ostacoli con poor performance.

Von Lewinski et al (2013) hanno confrontato il rilascio di cortisolo, la frequenza cardiaca, e la HRV tra i cavalli e i rispettivi cavalieri durante l’allenamento e le performance sportive. Lo studio ha evidenziato che sia nei cavalli che nei cavalieri la concentrazione di cortisolo aumenta durante l’esercizio (P < 0,001), ma non ci sono differenze tra l’allenamento e la gara; la frequenza cardiaca aumenta sia nei cavalli che nei cavalieri durante l’esercizio (P < 0,001), ma l’incremento è più pronunciato negli uomini rispetto ai cavalli (P < 0,01) durante la performance (da 91±10 a 150±15 bpm) in confronto all’allenamento (da 94±10 a 118±12 bpm). Inoltre la diminuzione della componente SDRR è significativa nei cavalieri durante l’attività equestre (P < 0,001), mentre non lo è nei cavalli. La componente RMSSD, invece, decresce sia nei cavalli che nei cavalieri (P < 0,001), sia durante l’allenamento che durante la gara, ma nell’uomo è più significativa (P < 0,05) durante la performance sportiva (da 32,6±6,6 a 3,8±03 ms) che nell’allenamento (da 27,5 ±42 a 6,6±0,6 ms). La diminuzione della componente SDRR rispecchia l’aumento del tono simpatico e una diminuzione del tono vagale, mentre la diminuzione della componente RMSSD è più specifica di una diminuzione dell’attività parasimpatica (von Borell et al, 2007). Anche Becker-Birck et al (2013), partendo dal presupposto che negli animali il cortisolo (Prunier et al, 2005), la frequenza cardiaca e la HRV (von Borell et al,

2007) sono considerati indici di stress, analizzarono le loro variazioni nei cavalli

durante le competizioni di salto ostacoli e dressage, svoltesi in tre giorni consecutivi. I risultati ottenuti hanno mostrato un aumento del cortisolo e della frequenza cardiaca dopo i primi due giorni, mentre una significativa diminuzione della HRV si è evidenziata solo nel terzo giorno. Gli indici non differivano molto tra i cavalli del salto e quelli del dressage, ma la frequenza cardiaca di quest’ultimi è risultata inferiore rispetto ai saltatori. Inoltre l’aumento dalla frequenza cardiaca si è

57

verificato, non solo durante gli esercizi, ma anche durante la preparazione dei cavalli nel box. Concludendo, secondo gli autori, nonostante l’aumento del cortisolo e della frequenza cardiaca e la diminuzione delle variabili della HRV, le competizioni agonistiche non risultano un fattore di stress maggiore rispetto ad altre condizioni imposte dall’uomo, come il trasporto.

4.3.2 HRV e vari fattori di stress nel cavallo

Da uno studio del 2002 di Visser et al, è emerso che è possibile valutare alcuni aspetti del temperamento dei cavalli sulla base della frequenza cardiaca e della HRV. Lo studio prendeva in esame una popolazione di puledri tra i quali una parte era già stata allenata mentre una parte no. Ponendoli di fronte ad un oggetto sconosciuto, tutti i soggetti hanno mostrato un aumento di entrambi gli indici, ma ciò è stato più significativo nei puledri non maneggiati, suggerendo che questa condizione potrebbe essere dovuta al livello di emotività dei soggetti. Inoltre è stata dimostrata una coerenza individuale di queste variabili nel corso degli anni.

In un esperimento effettuato su 20 cavalli, Rietmann et al (2004), hanno sottoposto i soggetti ad uno stress-test per valutare se la HRV potesse indicare alterazioni del Sistema Nervoso Autonomo a differenti livelli di eccitazione. I cavalli sono stati esaminati durante il riposo e il passo in avanti (FW), poi durante 3 minuti di passo indietro (BW1), poi in due sessioni di allenamento, ed infine, nuovamente facendoli camminare indietro (BW2), monitorando la frequenza cardiaca e le componenti della HRV (SDRR, LF, HF, LF/HF). Il BW1 ha indotto un aumento significativo della frequenza cardiaca, LF, LF/HF ed una diminuzione di HF. Nella fase BW2 la frequenza cardiaca e gli indici della branca simpatica del SNA (LF, LF/HF) appaiono diminuiti, mentre il tono vagale (HF) risulta aumentato rispetto alla fase BW1. Concludendo, gli autori confermano di aver trovato delle correlazioni tra i parametri della HRV e lo stress, come per la frequenza cardiaca, e che le componenti LF e HF sono misure valide per quantificare l’equilibrio simpatico-vagale, consentendo una valutazione più precisa delle risposte della frequenza cardiaca e della SDRR allo stress mentale durante l’esercizio a bassa intensità.

58

Nagy et al (2009) hanno voluto indagare su una stereotipia orale presente nel 4-5% dei cavalli, il ticchio d’appoggio (crib-biting), valutando i cambiamenti delle risposte comportamentali e della HRV, durante uno stress-test alimentare, in 9 cavalli di controllo, 10 con la stereotipia, 10 con collare inibitorio, e 11 trattati chirurgicamente. I risultati ottenuti mostrano che tra i soggetti di controllo e quelli affetti da stereotipia non ci sono differenze significative nei livelli di stress e nella HRV, mentre nei soggetti con collare inibitorio e in quelli trattati chirurgicamente il livello di stress è aumentato durante il test. Ciò porta alla conclusione che la stereotipia deve poter essere effettuata per far fronte a situazioni stressanti.

Nello stesso anno (2009), attraverso il confronto delle risposte comportamentali, della frequenza cardiaca e della HRV durante l’addestramento base tra cavalli con l’imboccatura e quelli senza, Quick et al, hanno dimostrato che l’utilizzo dell’imboccatura provoca maggiori alterazioni comportamentali e fisiologiche, senza apportare nessun particolare beneficio all’addestramento.

Nel 2012 Munsters et al hanno eseguito un’indagine sui cavalli della polizia, analizzando la HRV di cavalli esperti e quella di cavalli ancora in addestramento e confrontandola con le risposte comportamentali agli stimoli ambientali. Il test, riflettendo le situazioni probabili del lavoro di polizia, ha suggerito che questo tipo di lavoro non è significativamente stressante.

Von Borstel et al (2011) hanno studiato la HRV e il comportamento di cavalli e cavalieri durante performance test di allenamento e successivamente hanno correlato le loro osservazioni ai punteggi ottenuti dai cavalli per i diversi tratti di personalità. Gli autori hanno trovato un significativo aumento nel rapporto LF/HF in concomitanza con l’aumento dell’uso delle mani del cavaliere, e un maggior tentativo da parte dei cavalli di sottrarsi o ad inciampare. Tuttavia gli stessi autori hanno dimostrato la carenza di obiettività dei punteggi della valutazione del temperamento e sostengono che sono state necessarie molte misure per migliorare la valutazione della personalità.

In accordo con i precedenti studi, nei quali è stato dimostrato, basandosi sull’aumento di concentrazione del cortisolo plasmatico, che il trasporto è stressante nei cavalli (Baucus et al, 1990 a, b; Clarck et al, 1993; Smith et al, 1996; Friend,

59

2000; Stull e Rodiek, 2000; Fazio e Ferlazzo, 2003; Stull et al, 2004; Fazio et al, 2008) e che la concentrazione del cortisolo durante il trasporto ha una correlazione

positiva con la durata del tragitto (Fazio e Ferlazzo, 2003), nel 2010 Schmidt et al hanno valutato la concentrazione di cortisolo e la HRV nei cavalli (senza precedenti esperienze) durante il trasporto su strada, in percorsi di breve ( 1h-3,5h) e media (8h) durata. I risultati ottenuti rivelano un aumento della frequenza cardiaca e una diminuzione dell’intervallo RR (P < 0,05) all’inizio del trasporto. La SDRR e la RMSSD diminuiscono sia nei tragitti di breve che media durata, indicando una riduzione del tono vagale. In conclusione si può affermare che il trasporto dei cavalli in percorsi brevi e medi provoca l’aumento del cortisolo e cambiamenti della frequenza cardiaca e della HRV (FC; Clarck et al, 1993; Waran, 1993; Schmidt et al,

1994; Waran e Cudderford, 1995; Waran, 1996) (HRV; Ohmura et al, 2006),

indicativi di stress, e che il grado delle variazioni è correlato alla durata del viaggio. Nello stesso anno hanno valutato gli stessi parametri in 7 cavalli durante un trasporto su strada di lunga durata, che consisteva in due giorni all’andata e due giorni al ritorno, a distanza di 8 giorni. Le conclusioni, simili al precedente studio, hanno evidenziato il fatto che le alterazioni dei valori sono più pronunciate nel primo giorno sia all’andata che al ritorno.

Infine, sempre nel 2010, hanno dimostrato che sottoponendo dei cavalli senza alcuna esperienza a quattro sezioni di trasporto distanziate di 2 giorni una dall’altra della durate di 4 ore ciascuna, le risposte allo stress indotto nei soggetti diminuiscono con il ripetersi dei viaggi, indicando che gli animali si sono abituati alla situazione nonostante sia sempre rilevabile l’aumento della concentrazione del cortisolo.

Erber et al (2012) hanno confrontato la risposta allo stress correlato alla marcatura a fuoco e all’impianto del microchip in 14 puledri, divisi in due gruppi. Entrambe le procedure inducono un aumento nel rilascio di cortisolo e un temporaneo aumento della frequenza cardiaca. Inoltre non sono emerse differenze tra i due gruppi nei parametri valutati (cortisolo, frequenza cardiaca, comportamento) concludendo che entrambe le procedure provocano lo stesso livello di stress. Né la marcatura a fuoco né il microchip sono stati associati a diminuzione della HRV, ma anche solo l’aumento della frequenza cardiaca prova l’incremento dell’attività simpatica. La spiegazione fornita dagli autori è che gli stimoli a breve termine, indotti da queste

60

procedure, non sono sufficienti a causare variazioni evidenziabili nella HRV, ma sono comunque eventi stressanti per i puledri.

Comparando precedenti studi effettuati su cavalli per registrare la HRV in condizioni di riposo, Vitale et al (2013) hanno acquisito i tracciati ECG da 10 cavalle trottatrici sottoponendole a 2 differenti situazioni: libere di muoversi nel box e ferme nel travaglio. I risultati ottenuti indicano che la limitazione dei movimenti è associata all’aumento del SNS, in contrasto con le condizioni di riposo naturali.

Recentemente è stato affrontato l’argomento delle “head-neck-positions” in relazione al benessere animale. Smiet et al (2014) hanno valutato 5 differenti HNPs in 7 cavalli sportivi Royal Dutch, per verificare la risposta allo stress in caso di iperflessione del collo, “rollkur”, analizzando la concentrazione di cortisolo, la frequenza cardiaca, la HRV e l’etogramma. Lo studio ha evidenziato alterazioni nei parametri indicati in risposta a diverse posizioni innaturali imposte ai cavalli, soprattutto nel “rollkur”, però sono necessari ulteriori approfondimenti per chiarire se la misura di questo stress dovrebbe essere vista come funzionale o controproducente in confronto a un dressage più naturale.

4.3.3 HRV e il dolore nel cavallo

Nel 2004 Rietmann et al hanno preso in considerazione la HRV per monitorare il dolore in 19 cavalli affetti da laminite e per determinare l’associazione tra le componenti della frequenza spettrale della HRV mediate dai toni simpatico e vagale, l’atteggiamento clinico e i parametri fisiologici. Gli autori hanno monitorato la riduzione del dolore data da una singola somministrazione di un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS), a partire dall’ora precedente fino a un’ora dopo l’applicazione di questo, comparando i dati registrati. I risultati ottenuti hanno

Documenti correlati