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I CARuSI DELLA SOLfARA - VERgOgnA E SChIAVITù

UNO SPaCCaTO DI vITa SICILIaNa DeL ‘900

di Filippo Falcone

G

iusy Panassidi, di origini ennesi, ma da anni residente nel torinese (lavora all’Azienda ospedaliera Torino 3), grande appassionata di scrittura e lettura, più che una scrittrice si definisce una “cantastorie”, memore dei racconti sentiti narrare da bambina al nonno.

Con il suo nuovo libro I Carusi della Solfara - Vergogna e Schiavitù, edito da Vetri editore di Enna, ha indagato su uno dei capitoli più brutti della storia siciliana, quella dei carusi;

ovvero di quelle migliaia di bambini e ragazzi, fatti oggetto, nel passato, del massacrante lavoro nelle nostre miniere di zolfo (ma anche di violenze di ogni tipo, ai quali è stata negata l’infanzia e molto spesso la stessa vita).

Il libro è già stato presentato in varie scuole del Piemonte e della Sicilia e sono in programma, nelle prossime settimane, altre presentazioni.

Il 6 giugno scorso è stato presentato anche nel corso del programma “Buongiorno Regione” a Rai 3 Sicilia, alla presenza del sottoscritto.

Il libro della Panassidi narra con semplicità, ma anche con efficacia - attraverso la voce del protagonista, un ex caruso di miniera - uno spaccato di storia di “schiavitù e vergogna,” per citare il titolo del racconto, che ha caratterizzato la lunga storia delle miniere di zolfo di Sicilia tra l’800 e il ‘900.

Ma va ricordato che quella storia è una storia secolare di schiavitù, che affonda le sue radici già in epoca romana quando nelle miniere di zolfo della Trinacria vi lavoravano schiavi e condannati. Si hanno infatti notizie di estrazione di zolfo in Sicilia già dal tempo dei romani e ciò ci è documentato anche dell’antico diritto romano e da vari reperti archeologici rinvenuti.

Lo sfruttamento razionale dello zolfo in Sicilia inizia tuttavia nella metà del ‘700 con lo svilupparsi dell’uso della polvere pirica, dell’industria tessile e l’avvento della Rivoluzione industriale.

Da allora in avanti, una volta estratto lo zolfo, veniva poi imbarcato nei porti dell’Isola alla volta dell’ Inghilterra, della Francia e di altri paesi.

Ma, se da un lato le miniere di zolfo in Sicilia vanno ricordate quale fonte di sostentamento per migliaia di famiglie, dall’altro non vanno dimenticate le condizioni di massacrante lavoro a cui erano soggetti minatori e carusi: il caldo eccessivo, la presenza di gas e di polvere, la mancanza di aria, l’assenza di luce, la conformazione irregolare dei sotterranei, il rischio sempre presente di crolli ed esplosioni. Tutto ciò faceva sì che lo zolfataro vivesse in una condizione di continua tensione psicologia.

Il peso della lavorazione, oltre che dai picconieri, era sostenuta principalmente dai carusi, che erano i meno pagati e i più maltrattati.

I primi estirpavano, attraverso picconi, il minerale dai cantieri sotterranei, i secondi avevano il compito di trasportarlo all’esterno della miniera, attraverso cunicoli strettissimi nelle viscere della terra.

Il carico poteva arrivare a pesare sino a 30-35 kg ed è facile intuire la fatica che dovevano sopportare quei corpicini di bambini esili e mal nutriti.

La discesa, a causa della stanchezza, spesso avveniva lentamente e i picconieri li accoglievano con calci e pugni. Il potere di questi sui carusi era infatti quasi assoluto e poiché i picconieri- quasi tutti cottimisti - avevano l’interesse a mandare in superficie la maggiore quantità di minerale possibile, li sfruttavano al massimo. Questo comportamento dei picconieri verso i carusi era dato dal fatto che i primi avevano pagato un anticipo in denaro alla famiglia del bambino (il cosiddetto “soccorso morto”), per cui disponevano di pieno potere su di loro, sino al riscatto della somma, attraverso il duro lavoro del bambino;

che quasi sempre durava molti anni. Molto suggestive sono in tal senso le pagine descritte da Giusy Panassidi. che richiamano quelle vicende.

Quella situazione di sfruttamento - che ricordiamo non era solo per i carusi, ma in generale per gli zolfatari - portò, nel corso dei decenni tra l’800 e il ‘900, a frequenti scioperi e agitazioni sociali, dai Fasci siciliani in poi, sino alle lotte minerarie del secondo dopoguerra e alla pagina, non sempre edificante, della costituzione, nel 1962, dell’Ente Minerario Siciliano, che portò alla regionalizzazione del comparti dello zolfo in Sicilia.

I nuovi metodi estrattivi più economici e la concorrenza internazionale, soprattutto americana, portarono poi al colpo definitivo del comparto zolfifero siciliano che, come ebbe a scrivere lo scrittore Vincenzo Consolo, lasciò solo “polvere di delusione e di rovina”.

Un altro aspetto, questo poco indagato, è quello tra mondo della miniere e Chiesa.

Per lungo tempo fu posizione intransigente di molti sacerdoti (non di tutti) di non far entrare le salme di morti in miniera in chiesa per il rito funebre. Si diceva si trattasse di morti per disgrazia, quindi in peccato, la verità era che, agli occhi della Chiesa, i minatori conducevano una vita nel peccato. Dopo una settimana di durissimo lavoro, a contatto quotidiano con la morte, quasi sempre all’ostia della Messa preferivano il vino delle osterie e spesso si ubriacavano manifestando atteggiamenti violenti, bestemmiando e imprecando persino contro chi li aveva messi al mondo, per quella triste vita che erano costretti a condurre.

Ma, vi erano anche delle altre ragioni perché la Chiesa non vedesse di buon occhio gli zolfatari (rispetto, ad esempio, ai “laboriosi” contadini) e tra queste l’abbrutimento morale dello zolfataro che avveniva all’interno delle miniere, lontano per giorni dalla propria moglie e allora ecco anche le violenze e gli abusi suoi carusi.

La lunga storia mineraria in Sicilia si intreccia alla storia di tanti nostri paesi e città - del nisseno, dell’ennese, dell’agrigentino - sulle immani fatiche di intere generazioni di uomini e di bambini, sul dolore di migliaia di famiglie che nelle viscere della terra

persero i loro cari per le continue disgrazie che vi avvenivano, sprofondando nella più cupa miseria.

Su questi fatti ci invita a riflettere l’autrice di questo libro. Su vicende di dolere e morte legate al mondo delle zolfare, che però hanno lasciato anche una traccia profonda nella nostra letteratura, nel cinema, nel costume, nelle tradizioni e persino nel paesaggio. Si pensi ai castelletti in ferro, alle discenderie e ai manufatti in pietra, ai percorsi dello zolfo, che, ancora oggi, sono disseminate qua e là nelle varie campagne siciliane.

L’augurio è - come in parte sta già fortunatamente avvenendo da qualche anno - che questi siti possano essere rivalutati a fini turistico-ricettivi (si pensi al parco minerario di Floristella, in provincia di Enna, alla ristrutturazione dell’ex miniera Cozzo Disi nell’agrigentino o la Museo delle Solfare nell’ex miniera Trabia Tallarita in provincia di Caltanissetta). Siti che possano diventare, da un lato luoghi della memoria, dall’altro tour turistici dell’Isola.

Sarebbe anche questo un atto di giustizia nei confronti dei tanti zolfatari e carusi che nelle miniere siciliane - come ricorda questo libro I Carusi della Solfara - Vergogna e Schiavitù di Giusy Panassidi- sacrificarono la loro esistenza e molti vi persero la vita.

hANNO COLLABORATO A qUESTO NUMERO:

FILIPPO FALCONE studioso del movimento contadino e sindacale siciliano, tra i suoi lavori sull’argomento ricordiamo: Lotte politiche e sociali nel nisseno prefazione E. Macaluso (2000); Fame di terra e pane prefazione F. Renda (2004); Lotte e conquiste del lavoro prefazione G. Epifani (2007), ed ancora ha pubblicato numerosi saggi in varie riviste. Laureato in Scienze Politiche è giornalista dell’Albo regionale della Sicilia, collabora con varie testate regionali e locali. E’ dipendente del Miur.

CALOgERO DIFRANCESCO specializzato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Palermo è stato responsabile dell’Archivio storico della Provincia regionale di Caltanissetta. Impegnato per lungo tempo in politica, è stato consigliere provinciale di Caltanissetta e sindaco del Comune di Sutera. Ha pubblicato diversi lavori e articoli di storia, soprattutto dell’area del “Vallone”.

SONIA zACCARIA è laureata sia in Filosofia e Storia che in Lettere Moderne. E’

docente di Storia e Filosofia al Liceo Scientifico “A. Volta” di Caltanissetta ed insegnante CLIL. Ha curato, per conto delle scuole di appartenenze, gli aspetti didattici della memoria e del ricordo (Shoah e Foibe). E’ specializzata nella storia politica del confine orientale d’Italia, nonché negli aspetti inerenti la didattica della legalità. Attualmente ha intrapreso un percorso didattico sulle tematiche riguardanti l’antisemitismo nella storia d’Italia.

MARIO SIRAgUSA laureato in Scienze Politiche, dottore di ricerca in Storia Contemporanea, docente universitario a contratto. Vincitore del Premio “Historiae Italiae”, titolare di assegno di ricerca sulla figura di Napoleone Colajanni (Banca Intesa in collaborazione con la cattedra di Storia Contemporanea dell’Università di Palermo), autore di diverse pubblicazioni sulla storia siciliana con particolare riferimento alla Sicilia centro-settentrionale. Consulente d’archivio e in materia di ricostruzioni genealogiche, collabora con il mondo scolastico su progetti didattici di storia e con diversi periodici siciliani e nazionali (Rivista di Storia Contemporanea, Espero, Rassegna Siciliana, L’Isola Possibile suppl. de Il Manifesto ecc.). È Presidente dell’Archeoclub d’Italia - sede di Gangi. Tra i suoi scritti ricordiamo: Baroni e Briganti, F. Angeli, Milano 2004; Napoleone Colajanni. I Florio ed i notabili della profonda Sicilia, S. Sciascia, Caltanissetta 2007;

Stragi e stragismo nell’età dei Fasci siciliani in G. C. Marino Newton & C., Roma 2007, La corruzione secondo Napoleone Colajanni, in Giornale di Storia Contemporanea, n.

2/2005 ecc.

MARCELLO SAIjA è ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche all’Università di Palermo, ha insegnato nelle Università di Catania e Messina, dove ha ricoperto il ruolo di Direttore del Dipartimento di Studi Politici Internazionali. Coordinatore nazionale di un progetto di ricerca sulla formazione della identità nazionale nelle comunità italo derivate d’America, ha fondato e diretto la Rivista di studi Politici Internazionali Grotius. Visiting professor nella Stony Brook University di New York e nel Trinity College Hartford, nel 2008 è stato nominato membro del Comitato Scientifico del Museo Nazionale delle Migrazioni e nel 2012 a Palermo, è stato delegato del Rettore per la realizzazione del Museo regionale siciliano dell’Emigrazione. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni.

MARIA LINA LA ChINA è laureata in Architettura ad indirizzo storico (1996) e dottore di ricerca in Pianificazione urbana e territoriale (2004) presso l’Università di Palermo.

Già docente a contratto presso le sedi dell’Università di Agrigento ed Enna (2006-2011) per le discipline di Architettura del paesaggio e Disegno.

Attualmente è insegnate di Arte e Immagine presso un istituto comprensivo del nisseno, con esperienza di insegnamento presso istituti superiori a partire dal 1996.

Responsabile provinciale per Caltanissetta dell’associazione SiciliAntica è esperta di borghi rurali e studiosa di architettura del paesaggio.

SIMONA MODEO è Docente di Lettere e Archeologa. Ha collaborato con le Soprintendenze per i Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta e Palermo. Ha partecipato a numerose campagne di scavi sia in Sicilia sia in altre regioni italiane e ha al suo attivo diverse pubblicazioni su tematiche e problematiche storico-archeologiche.

Recentemente ha pubblicato la monografia Le iconografie femminili delle stele di Mozia per Sciascia editore di Caltanissetta e ha collaborato alla redazione del volume Itinerari di pietra. Viaggio tra paesaggi e castelli al centro della Sicilia per le Edizioni Lussografica di Caltanissetta, per le quali ha anche pubblicato, nella collana Mesogheia, da lei fondata nel 2017 insieme a Marina Congiu e a Calogero Miccichè, il saggio Dioniso in Sicilia.

Mythos, Symposion, Hades, Theatron, Mysteria.

Dal 2003 al 2009 è stata Presidente della Sede nissena dell’Associazione culturale SiciliAntica, della quale, dal 2012, è Presidente Regionale.

Dal 2004 cura la pubblicazione degli Atti dei Convegni annuali di Studi sulla Sicilia antica, organizzati dalla Sede nissena dell’Associazione.

gIULIO qUINTAVALLI storico dell’età contemporanea, ha firmato la corposa monografia Da sbirro a investigatore: polizia e investigazione dall’Italia liberale alla Grande Guerra. Laureato in Storia, svolge le funzioni di Vice commissario della Polizia di Stato alle dipendenze dell’Archivio storico della Polizia di Roma.

É autore e coautore di alcuni articoli di storia della Polizia su riviste dei Corpi dello Stato ed ha approfondito le attività delle squadriglie contro l’abigeato, i renitenti alla leva e i disertori nella Sicilia, prima e dopo la Grande Guerra.

SALVATORE SPINA è Borsista di Ricerca del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’ Università degli Studi di Catania e di Storia dell’Europa Mediterranea dell’Università degli Studi di Messina.

gIUSEPPE A. SCARPA diplomato presso l’Istituto Tecnico Commerciale “G. Salerno” di Gangi, è da sempre interessato di pittura e scultura. Fin dall’infanzia ha lavorato nello studio del maestro Antonio Navarra e ha appreso ancor prima le tecniche di pittura dal maestro Roberto Masia. Attualmente si occupa di pittura digitale, utilizzando vari programmi di grafica.