Il sistema europeo di protezione internazionale dei diritti umani si mostra generalmente “tiepido” in relazione ai diritti sociali. In effetti, è noto che la CEDU non contiene, salvo limitate eccezioni, riferimenti a tali diritti. È prevalsa, infatti, in questo senso, una concezione basata sulla separazione, anziché sulla interdipendenza tra diritti sociali e i più tradizionali diritti di libertà.
Proprio al fine di colmare il vuoto di tutela lasciato sotto questo pro- filo dalla CEDU, è stata adottata nel 1961 nel contesto del Consiglio d’Europa la Carta sociale europea6.
Quest’ultima, tuttavia, pur contenendo un ricco catalogo di diritti a contenuto sociale (diritto alla salute, alla sicurezza sociale, al lavoro, al- l’abitazione) e ampi riferimenti al principio di non discriminazione, sconta, nonostante il suo rilancio avvenuto nella metà degli anni Nova- ta, una differenza strutturale rispetto alla CEDU. Infatti, oltre alla man- canza di un rimedio a carattere giurisdizionale sagomato sull’esperienza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU)7, sono da sotto-
lineare le limitazioni riguardanti la sfera d’applicazione personale della Carta: essa, infatti, si applica allo straniero, ma limitatamente a quello che abbia la cittadinanza di un altro Stato contraente, pur prevedendosi un’estensione a rifugiati e apolidi8.
6 Cfr. J.F. AKANDJI-KOMBÉ, La Charte sociale européenne et la promotion des
droits sociaux, in E. MAZUYER, L. GAY, D. NAZET-ALLOUCHE (dir.), Les droits sociaux
fondamentaux, Bruxelles, 2006, pp. 189 ss.; C. PANZERA, A. RAUTI, C. SALAZAR, A. SPA-
DARO (cur.), La Carta sociale europea tra universalità dei diritti ed effettività delle
tutele, Napoli, 2016.
7 L’organo non giurisdizionale che ha il compito di verificare il rispetto della Carta
sociale da parte degli Stati è il Comitato Europeo dei Diritti Sociali che emette conclu- sioni e/o raccomandazioni destinate al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Esso si pronuncia sia attraverso rapporti periodici sullo stato di messa in esecuzione della Carta da parte degli Stati parte sia, a partire dal 1998, attraverso reclami collettivi proposti da organizzazioni non governative.
8 Cfr. par. 1 dell’Allegato alla Carta. Sul punto, G. PALMISANO, Overcoming the
Ciononostante, è da dire che, grazie alla giurisprudenza della Corte EDU, negli anni più recenti il sistema europeo di protezione dei diritti ha saputo ugualmente condizionare il tema della cittadinanza sociale degli stranieri, influenzando notevolmente le giurisdizioni, in primo luogo costituzionali, degli Stati parte di essa.
Lo strumento cardine in tal senso è stata la clausola di non discrimi- nazione, di cui all’art. 14 CEDU, la quale, stante la sua natura accesso- ria9, è stata letta in relazione al diritto di proprietà privata di cui al-
l’art. 1 del Prot. add. CEDU. Entrambe le disposizioni sono state ogget- to di un’interpretazione espansiva che riguarda l’art. 14, perché, sebbe- ne la disposizione non contempli tra i fattori tutelati quello della citta- dinanza, questo è stato ugualmente incluso dalla Corte vuoi in forza di una lettura estensiva del parametro “origine nazionale”, vuoi in ragione della natura meramente esemplificativa dei fattori di discriminazione elencati10. Invece, per quanto riguarda, l’art. 1 del Prot. add. CEDU,
perché il riferimento alla proprietà è stato ritenuto estendibile anche a sussidi sociali, tanto a carattere contributivo quanto a carattere non con- tributivo, intendendo gli stessi come prestazioni debitorie che la perso- na vanta nei confronti dell’autorità statale.
Infatti, la CEDU non pone un obbligo in capo agli Stati-parte di creare un sistema di protezione sociale o di garantire un determinato livello di prestazioni assistenziali. Tuttavia, una volta che lo Stato deci- da di agire in tal senso, i criteri per l’erogazione devono non essere di- scriminatori in riferimento all’art. 14 CEDU. In particolare, secondo la Corte EDU, benché nell’area delle prestazioni sociali gli Stati godano di un margine di apprezzamento notevole11, solo considerazioni molto
State Nationals and Irregular Migrants, in M. D’AMICO, G. GUIGLIA (eds.), European
Social Charter and the Challenges of the XXI Century, Napoli, 2014, pp.171 ss.
9 Cfr. F. SPITALIERI, Art. 14, in S. BARTOLE, P. DE SENA, V. ZAGREBELSKY (cur.),
Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle liber- tà fondamentali, Padova, 2012, pp. 518 ss.; G.P. DOLSO, Il principio di non discrimina-
zione nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, Napoli, 2012,
pp. 25 ss.
10 Cfr. G.P. DOLSO, op. cit., pp. 222 ss. Il leading case sul punto è Gaygusuz
v. Austria, sent. 16.9.1996.
11 Corte EDU, Burden v. UK (GC), 29.4.2008; sent. Carson and Others
forti possono indurre a ritenere giustificabili differenze di trattamento fondate sul possesso della cittadinanza nazionale. Secondo la Corte, tali non sono né le ragioni di contenimento della spesa pubblica né il carat- tere non contributivo della misura12.
È, tuttavia, opportuno sottolineare come, nei casi decisi dalla Corte EDU, i ricorrenti presentassero forti collegamenti con lo Stato erogato- re e le prestazioni erogate risultassero riservate esclusivamente ai citta- dini nazionali.
In effetti, allorquando l’esclusione del dato beneficio assistenziale è risultata fondarsi non tanto sul mancato possesso della cittadinanza, ma piuttosto sul possesso o mancato possesso di un determinato titolo di soggiorno, la posizione della Corte si è fatta più incerta.
Così, nella sentenza Bah v. UK la Corte distingue le due situazioni. Anche nel caso di un trattamento differenziato sulla base del titolo di soggiorno, scatta la protezione dell’art. 14 CEDU13. L’intensità dello
scrutinio, però, muta. Secondo la Corte, lo status di immigrato, tranne nelle ipotesi di immigrazione a carattere forzato, non è una caratteristi- ca personale a carattere immutabile o comunque inerente alla vita della persona, ma è una condizione determinata da una scelta volontaria.
Di conseguenza, un trattamento normativo che differenziasse sulla base di tale criterio, pur dovendo essere comunque ragionevolmente giustificabile, non deve soddisfare lo standard elevato del test di pro-
12 Cfr. Corte EDU, Stec and Others v. UK, sent. 6.7.2005, Gaygusuz v. Austria,
sent. 16.9.1996; Koua Poirrez c. Francia, sent. 30.9.2003; Dhahbi c. Italia, sent. 8.4.2014, in cui la Corte rileva la violazione dell’art. 14 della Convenzione in combinato disposto con l’art. 8. Su questa giurisprudenza, si vedano: P. DE SENA, Valori economici e non
economici nella giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di pro- prietà, in AA.VV., Diritti individuali e giustizia internazionale. Liber Fausto Pocar, Napoli, 2009, pp. 263 ss.; G. TURATTO, La giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo in relazione ai temi della previdenza e della protezione sociale, in Riv. giur. lav. sic. soc., 4, 2012, pp. 679 ss.; I. LEJITEN, From Stec to Valkov: Posses-
sions and Margins in the Social Security Case Law of the European Court of Human Rights, in Human Rights Law Rev., 2, 2013; A.O. COZZI, Un piccolo puzzle: stranieri e
principio di eguaglianza nel godimento delle prestazioni socio-assistenziali, in Quad. Cost., 3, 2010, pp. 551 ss., E.V. ZONCA, op. cit., spec. pp. 117-121.
porzionalità che, invece, si richiede allorché la differenza di trattamento sia riconducibile solo alla cittadinanza14.