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I FUOCHI D’ARTIFICIO

Nel documento La fotografia notturna (pagine 56-63)

3.3: Alcuni soggetti particolar

I FUOCHI D’ARTIFICIO

Tra i soggetti maggiormente scelti per essere fotografati di notte, per ovvie ragioni, vi sono i fuochi d’artificio. Questi sono delle esplosioni luminose con diverse forme che appaiono in luoghi predefiniti del cielo in particolari occasioni. Iniziano con lo scoppio di un nucleo che si espande creando le forme prefissate, per poi scomparire nello stesso ordine nell’arco di pochi secondi. Quindi, per poter compiere uno scatto che riprenda l’intero fenomeno (fino all’istante precedente al quale il fuoco d’artificio inizia piano piano a scomparire) è necessario volgere l’obiettivo verso il punto del cielo notturno in cui il fotografo prevede che esploderanno i fuochi. È poi necessario impostare un tempo di esposizione non troppo breve, di qualche secondo, per poter così riprendere l’intero fenomeno luminoso.

Figura 21: Annie Griffiths Belt, Australia new year - Porto di Sydney e Opera House, 2000

I FULMINI

Un procedimento molto simile a quello per fotografare i fuochi d’artificio è usato per i fulmini. In questo caso però si tratta di esplosioni luminose che iniziano in un punto e proseguono a zig-zag fino ad un altro punto, verticalmente.

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Normalmente durano millesimi di secondi: il fulmine di durata maggiore si è registrato nel 2012, con 7,74 secondi di lampo. Per la loro brevissima durata è quindi necessario usare un tempo di esposizione molto breve. A differenza dei fuochi d’artificio, è molto difficile prevedere il luogo esatto dove il fulmine si mostrerà. Spesso i fotografi per risolvere sia il problema dell’imprevedibilità del lampo che quello della sua velocità, sono soliti impostare l’apparecchio fotografico sull’impostazione di scatto continuo, in modo che in uno delle decine di scatti venga ripreso il fulmine. Per eseguire questa tecnica ovviamente è necessario l’uso di un appoggio come un treppiede.

Figura 22: Furio Visintin, Venezia, 2015

LE STELLE

Durante una notte senza nuvole e con poca illuminazione lunare o artificiale, è possibile osservare le stelle della volta celeste. Ed è anche possibile fotografarle nel loro lento movimento che subiscono a causa della rotazione della terra.

Per riprendere le scie che questo movimento crea, bisogna utilizzare necessariamente un cavalletto, o comunque un saldo appoggio, in quanto bisognerà utilizzare un tempo di esposizione molto lungo.

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Poiché la terra ruota di un grado ogni 4 minuti, per ottenere un effetto minimo di scia è necessario che l’esposizione duri almeno 40 minuti.

In caso di utilizzo di una pellicola, sarà necessario utilizzarne una di sensibilità media (tra gli 80 e i 160 ASA) con un’apertura del diaframma medio-bassa (tra f/2 e f/8).

Le scie luminose prodotte dalle stelle in movimento consentono di creare degli effetti particolari. Ad esempio, puntando l’obiettivo verso la Stella Polare, le scie che si otterranno saranno composte da cerchi concentrici. Oppure, se durante l’esposizione si frappone tra l’obiettivo e il soggetto uno spessore nero, rimuovendolo dopo qualche minuto, rimettendolo dopo un altro po’ di tempo, e così via, si otterranno delle scie non continue.

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LA NEVE

La neve è un elemento che permette di fotografare panorami con risultati molto suggestivi.

Infatti, di notte, grazie alla presenza di neve, le facciate dei palazzi e tutto ciò che non è ricoperto dello strato nevoso, appariranno molto scuri in contrasto con i tetti e il terreno innevati.

Anche il cielo sarà molto scuro e questo consentirà una divisione netta tra chiari e scuri che permetterà di sottolineare l’effetto notturno della fotografia più che in un normale scatto di paesaggio notturno.

Il tempo di posa, a causa della luminosità della neve e del forte contrasto con le parti non innevate del paesaggio, sarà quindi abbastanza breve.

Nella seguente fotografia dell’artista poliedrico Man Ray (1890-1976) i contrasti tra la neve sui rami degli alberi e dei fiocchi di neve sono molto evidenti.

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3.4: I nuovi sensori

Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, i ricercatori hanno raccolto la sfida del mondo fotografico di riuscire a scoprire quell’innovazione che permetta ai fotografi di fotografare al buio, in completa assenza di luce.

Le ricerche, per ora, si stanno volgendo al tentativo di creazione di un nuovo sensore fotografico che permetta il maggior assorbimento luminoso possibile in condizioni di assenza quasi totale di luce.

Uno dei ricercatori più importanti nel campo delle tecnologie fotografiche, l’ingegnere Eric Fossum, già creatore del sensore CMOS, sta ora svolgendo attente ricerche su una nuova tipologia di sensori fotografici, che si chiameranno “Quanta Image Sensor”. L’ingegnere, insieme ad un team della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Dartmouth (USA), non ha ancora fornito molte informazioni in merito, ma il sensore Quanta dovrebbe essere applicato principalmente nel campo scientifico e della sicurezza. Il nuovo sensore sarà con ogni probabilità formato da moltissime cellule fotosensibili allineate l’una all’altra e chiamate “Jot” (o minipixel), che diventeranno poi dei pixel di infinitesimali dimensioni (molto più piccoli di quelli attualmente in uso), in modo che ogni singolo fotone presente nei raggi di luce venga catturato, uno per ogni “Jot” presente nel sensore.

In un’intervista rilasciata nel 2017 al canale televisivo online KAUST34,

l’ingegnere Fossum illustra come questo meccanismo possa essere spiegato in questo modo.

In un campo da calcio (cioè il sensore) vi sono migliaia di persone con un contenitore in mano. Piove, e ognuno deve raccogliere l’acqua piovana nel contenitore:

- nel sistema CCD, quando il contenitore sarà pieno, le persone riverseranno l’acqua raccolta in esso in grandi contenitori agli angoli del campo, dove si potrà misurare la quantità di acqua accumulata;

34 Inventor of the CMOS sensor Eric Fossum speaks with KAUTS live, consultato il 29/10/2017, http://ericfossum.com/Presentations/2017%20NRL%20Edison%20April%2013.pdf

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- nel sistema CMOS, quando il contenitore sarà pieno le persone stesse potranno misurare la quantità d’acqua raccolta, direttamente;

- infine, nel sistema QUANTA, il contenitore sarà molto più piccolo e raccoglierà una singola goccia di pioggia, che verrà direttamente contata e alla quale corrisponderà il numero 1. Nel caso di contenitore vuoto corrisponderà il numero 0. Si avrà così un sistema binario ottenuto dal conteggio delle singole gocce (fotoni) che permetterà di formare un’immagine molto più precisa attraverso l’utilizzo di software di Image Processing appositi.

Figura 25: Esempio che paragona i sensori, Eric Fossum35

L’unione dei dati raccolti dagli Jots permetterà di creare i pixel, e usando dei processori di immagine, si potrà creare quindi l’immagine costituita dai pixel.

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Figura 26: Esempio del sensore Quanta, con Jots e Pixels, Eric Fossum36

Quanta sarà un sensore composto da circa un miliardo di Jots letti a 1000 fps37,

con la capacità di contare i fotoni uno alla volta alla velocità di un terabyte al secondo, il tutto consumando 1 Watt o poco meno.

Dall’intervista risulta evidente che, dopo anni di ricerche e prove, ora l’ingegnere Fossum ritiene che questa tecnologia sia finalmente attuabile e che entro pochi anni potrà venire utilizzata a livello scientifico (in neuroscienza, biologia, astronomia) e applicata nei sistemi di sicurezza nazionali. Mentre per l’utilizzo di massa nel cinema, nella fotografia e negli apparecchi fotografici comuni, bisognerà attendere ancora molti anni.

Questo garantirebbe alla fotografia di poter ottenere immagini molto precise, con poco rumore, anche di notte o comunque in assenza quasi totale di luce, in quanto verrebbero utilizzati i singoli fotoni presenti nell’atmosfera.

36 Presentazione alla Thayer School of Engineering at Dartmouth, 2017. 37 Fps: fotoni per secondo

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Nel documento La fotografia notturna (pagine 56-63)

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