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I manicomi vittoriani e l’Asylum Act del 1845

CAPITOLO II La fase manicomiale

II.3 I manicomi vittoriani e l’Asylum Act del 1845

tagna, trovando un deciso sostenitore in John Conolly (1794- 1866), Professor of Medicine nella University of London e primario dal 1839 al 1844 nel Middlesex County Asylum di Hanwell, il più grande manicomio inglese dell’epoca grazie ai suoi mille posti letto; altra peculiarità della struttura, sorta pochi anni dopo l’ascesa al trono della regina Vittoria (1837), è la pratica del no restraint, che postula l’abbandono di qual- siasi contenzione meccanica. L’estensione del manicomio di Hanwell e la sua personale influenza sui colleghi e sulla stam- pa assicurano a Conolly una fama di livello internazionale, anche se, come egli stesso riconosce, il “non contenimento” era già stato sperimentato dal medico Robert G. Hill nel più piccolo Lincoln Asylum. Nonostante ciò, sono le pubblicazioni di John Conolly, ad elevare la pratica del no restraint ad un più alto ed ampio orientamento umanitario che ripropone la “gentilezza” dei Tuke in un quadro definito da precisi confini istituzionali35. Nel periodo in cui opera Conolly, il Par-

lamento vara il Lunacy Act, una delle leggi più all’avanguardia nel campo della mental health36. La legge, approvata nel

1845, istituisce tra l’altro i National Commissioners in Lunacy che sostituiscono i Metropolitan Commissioners del 1828; deciso sostenitore dell’Act è Anthony Ashley Cooper, settimo Conte di Shaftesbury, presidente della Commissione dalla fondazione fino alla sua morte (1885)37. Da quel momento

ogni asilo, ad eccezione del Bethlehem Royal Hospital, doveva essere registrato presso la Commission, dotarsi di un rego-

lamento scritto e fruire delle prestazioni di un medico resi- dente. I pazienti perdono però il diritto di accedere ai tribunali per opporsi alla detenzione, sulla quale possono pronunciarsi esclusivamente i National Commissioners. Se la legge francese del 1838 aveva considerato per prima il folle quale un sog- getto di diritto e un malato da curare con un medico specifico, sette anni dopo il Lunacy Act esprime compiutamente tale concetto, allontanando definitivamente i malati di mente da carceri e case di lavoro. Sotto il profilo tipologico, al nuovo quadro legislativo corrisponde l’adozione della tipologia “a corridoio” e di quella “a padiglioni”, con il definitivo abban- dono dello schema “radiale” (strettamente connesso all’ar- chitettura carceraria). Inoltre, la necessità che il medico risieda stabilmente all’interno dell’ “asilo” comporta una maggiore accuratezza nella realizzazione del blocco dell’amministrazione che diviene quindi l’emblema dell’autorità medica; in tal senso, nelle realizzazioni conseguenti l’administration block diviene costantemente il primo edificio visibile dall’ingresso dell’intero complesso manicomiale ed il più curato sotto il profilo architettonico e decorativo.

Un importante ruolo all’interno della National Commission svolge George Thomas Hine (1842-1916), il più prolifico pro- gettista di manicomi inglesi. Figlio dell’architetto Thomas Chamber Hine di Nottingham, con il quale collabora fino al 1891, Hine si specializza presto nel campo dei nosocomi per patologie mentali e dal 1897 diviene consulente dei Com- missioners, succedendo a Charles Henry Howell, il principale autore di manicomi fino a quel momento. Nel 1875 vince il concorso per l’asylum di Nottingham e tra il 1880 e il 1890 partecipa a dieci competizioni pubbliche per manicomi, vin- cendone cinque38. Nel corso della sua fortunata carriera pro-

getta per il London County Council “asili” capaci di ospitare ciascuno 2.000 pazienti (Claybury, Bexley, Horton e Long Grove), oltre a più piccoli manicomi di contea nell’Hertfor- dshire, Lincolnshire, Hampshire, Surrey, East Sussex e Wor- cestershire)39. La peculiarità dei suoi progetti è l’utilizzo negli

esterni di mattoni rossi abbinati alla pietra grigia, sebbene le sue ultime opere presentino una differente bicromia con A destra: C.H.

Howell, Cane Hill Asylum a Crydon, prospetto del Front Office and residences (Administration Block) e prospetto di un generico reparto (A.H. Fred, 1882). In basso: G.T. Hine, Claybury Hospital, a Woodford Bridge, Essex, infermeria del reparto maschile, foto stato attuale.

A sinistra: Nottinghamshire, Mapperly Hospital, pianta generale dopo l’intervento di G.T. Hine. In basso: Woodford Bridge, Essex, Claybury Hospital, pianta generale dopo l’intervento di G.T. Hine, esempio di Echelon plan (1889).

l’abbinamento del rosso dei mattoni ed il bianco senza sfu- mature utilizzato soprattutto nelle aperture. Negli interni Hine impiega costantemente piastrelle smaltate color marrone nella parte bassa delle pareti di corridoi, scale e stanze ad uso collettivo. Più in generale le sue opere si mostrano severe e prive di aggiunte decorative, specie se paragonate ad altri “asili” britannici come il Royal Holloway Sanatorium o l’ High Royds Hospital.

Nel 1901 l’architetto presenta un documento al Royal Institute of British Architects in cui espone il suo metodo progettuale in materia di manicomi, sottolineando come lavorare per le autorità locali (e quindi con finanziamenti limitati), non si- gnifichi necessariamente produrre un’architettura povera, ma opere che «devono mirare al raggiungimento di una sem- plice dignità [simple dignity] per compensare le carenze a scala di dettaglio»40. Inoltre sono i siti a dover essere modi-

ficati per adattarsi alle caratteristiche degli “asili” e non vi- ceversa. Oltre a proporre il collegamento diretto tra il blocco dell’amministrazione e i reparti, egli ritiene opportuna la rea- lizzazione di dormitori in luogo degli alloggi singoli, simili alle celle delle prigioni e delle madhouses. Hine è un inno- vatore sotto molteplici aspetti; sostenendo l’esigenza di unità specializzate nella cura di malattie mentali acute, nell’ospedale a Mapperley realizza infatti uno tra primi reparti per epilettici, mentre, sotto il profilo tipologico, anticipa l’echelon plan (tipo “a scaglioni”) che, come si vedrà meglio in seguito, consentirà il problema di avere delle “corti di ventilazione” abbastanza ampie senza che ciò conferisse un’eccessiva

estensione alle ali laterali, come invece accadeva nelle tipo- logie “a corridoio” e “a padiglioni”.

II.4 • Le tipologie dei manicomi ottocenteschi