CAPITOLO II La fase manicomiale
II.2 La nascita del “manicomio” e della psichiatria in Francia
Come visto, nel primo Ottocento la società britannica affronta il problema della follia internando il malato in un’apposita struttura retta da medici: è dunque l’internamento il principale strumento di identificazione sociale del folle, che “diviene” tale non a causa del proprio comportamento quanto piuttosto del ricovero in un Asylum o in un Hôpital. L’istituzione ma- nicomiale possiede quindi una duplice valenza: da una parte è uno strumento di cura del malato, dall’altra un mezzo di difesa e tutela della società dal proprio lato oscuro, dall’im- magine di sé deformata nello “specchio oscuro”. Con la na- scita dei manicomi «si codifica, quindi, lo stato del folle, la sua esclusione necessaria per l’ordine sociale, e si segna il riconoscimento della diagnosi medica nella cura della paz- zia»15. Con la creazione dell’“asilo” nasce anche la teoria e
la prassi psichiatrica, inizialmente grazie a Philippe Pinel (1745-1826), il medico francese che spezza i ceppi con i quali erano incatenati i malati nell’infernale ospedale di Bi- cêtre, sito nei sobborghi meridionali di Parigi16. Philippe Pinel,
medico capo a Bicêtre ed alla Salpêtrière17, getta le basi del-
l’istituzione manicomiale pubblicando nel 1800 il Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale, o mania18, una
delle prime opere in cui la follia è definita con rigore scientifico una malattia del corpo da curare mediante terapie mediche, con l’obiettivo esplicito di “liberare i folli dalle catene”. Va però precisato come la nascita della psichiatria sia l’effetto In alto: Hanwell,
Middelsex County Lunatic Asylum, pianta generale (1854).
piuttosto che la causa dell’istituzione dei manicomi, in quanto è con la creazione dell’“asilo” che la cura delle malattie psi- chiche si distacca dalla medicina generale; di conseguenza, è la figura del “medico dei pazzi” ad assumere la responsa- bilità degli infermi ricoverati nelle nuove strutture. I folli, con- siderati “malati di mente”, da allora in poi sarebbero stati curati attraverso l’internamento, documentato da un certificato medico e secondo precise norme di legge. Mentre negli ospizi si finiva segregati per puro arbitrio del potere o del potente, il ricovero nel manicomio viene così determinato da regole stabilite dallo stato di diritto. Emblema di questo rinnovamento è quanto accade in quel periodo al convento fondato nel 1670 dai Frères de la Charité a Charenton-Saint-Maurice (l’attuale Saint-Maurice in Val-de-Marne) con la finalità di accogliere i malati di mente ma anche i libertini e gli accattoni. Dopo la soppressione del convento, la struttura, nata nel 1797, riapre per la sola cura dei “folli”, divenendo nel giro di pochi decenni uno dei più celebri manicomi d’Europa so- prattutto grazie all’Abate de Coulmier, che lo dirige all’inizio del XIX secolo19. Nel suoMémoire, il medico primario Jean-
Étienne Dominique Esquirol, illustre collega di Pinel, sostiene l’importanza della Maison Royale de Charenton anche sotto il profilo architettonico. Il complesso era infatti «collocato (…) in una posizione invidiabile, con ampi giardini, passeg- giate spaziose, edifici appena completati, una farmacia, una cappella con un cappellano, un ambulatorio medico ben for- nito, un’amministrazione paternale»20. La felicità della loca-
lizzazione dell’ex convento dei Frati della Carità è confermato anche da Pinon, per il quale «non vi è luogo più pittoresco che quello di Charenton», sito su di una collina bagnata dalla Marna, non molto lontano da Parigi21.
Anche per questo, la reputazione di Charenton, «monumento popolare» che «tutte le nazioni vicine» invidiavano alla Fran- cia, si diffonde dunque «in tutto il mondo tra gli stabilimenti dediti alla cura degli alienati»22. La struttura, dopo i lavori
eseguiti tra il 1838 e il 1886 a cura dell’architetto Émile-Jac- ques Gilbert, presenta un insieme di corti aperte verso il fiume disposte ai lati dell’edificio dell’amministrazione e della
cappella; gli edifici vengono disposti secondo uno schema simmetrico attento ad interpretare la pendenza del terreno23.
La distribuzione degli spazi, pur confermando il principio della separazione per sessi e per patologia, allo stesso tempo dispone le celle nel rispetto delle esigenze di carattere fun- zionale; al piano terra sono infatti situate le celle per anziani, paralitici e disabili ed al primo quelle destinate ai “tranquilli”. Inoltre poche stanze risultano destinate agli epilettici, mentre i “furiosi” vengono reclusi in celle singole aperte sulle corti in modo da poter essere più facilmente sorvegliati. Per i con- valescenti viene infine realizzato nei pressi degli uffici am- ministrativi un edificio di aspetto più elegante, munito di stanze per lo svago e di servizi igienici maggiormente curati. Va però sottolineato come a Charenton nell’impostazione planimetrica il contributo degli studiosi delle malattie mentali risulti molto rilevante. Lo stesso Esquirol, che aveva studiato approfonditamente l’architettura dei manicomi, era fortemente convinto che la realizzazione di una maison des aliènes non fosse da affidare solo agli architetti, come emerge nella me- moria presentata nel 1818 al Ministero degli Interni:
In basso: Saint- Maurice, Hospice de Charenton, oggi Hôpital Esquirol, foto satellitare.
«Un asilo per folli è uno strumento di cura; sotto la direzione di un medico esperto, può essere il mezzo terapeutico più potente per combattere le malattie mentali. Non sorprenda che io abbia dato così tanta importanza nella mia ricerca alle istituzioni per folli del passato e del presente per ri- cavarne ciò che dovrebbe essere fatto in futuro. Ho fatto visita a tutte le istituzioni in Francia che ammettono folli (...) Ho avuto le piante di tutte queste istituzioni disegnate e incise»24.
A Charenton è dunque Jean-Étienne Dominique Esquirol a delineare l’impostazione generale, imponendo allo schema la succitata simmetria:
«Le costruzioni includeranno un edificio centrale per i servizi amministrativi e l’alloggiamento del personale; questo edi- ficio avrà un primo piano. Ad entrambi i lati di questa co- struzione, perpendicolari ad esso, saranno costruiti blocchi separati per alloggiare i folli, il plesso degli uomini a destra quello delle donne a sinistra»25.
Ad Émile-Jacques Gilbert vanno invece attribuiti i caratteri costruttivi del complesso e la nitida impostazione classica, evidente nel pronao della cappella ed espressa dall’ordine tuscanico impiegato nei portici, da quello dorico del peristilio della cappella e dal colore rosso pompeiano con cui è dipinta l’architrave. Più tardi, per la costruzione della penitenziario modello di Mazas sarà lo stesso Gilbert a tradurre in realtà i disegni di Guillaume-Abel Blouet, profondo conoscitore delle antichità e greche romane nonché sovrintendente al completamento dell’Arc de Triomphe parigino (1831-26)26.
A Charenton l’“asilo” riesce dunque ad esprimere un’appa- renza di libertà in virtù del duplice carattere “archeologico” e “funzionalista” conferitogli dai riferimenti all’architettura classica ma anche dalla precisa aderenza al programma sa- nitario:
«Per arrivare a questo risultato ci sono diversi metodi: primo creando insiemi abbastanza vasti con giardini spaziosi e porticati per le passeggiate; poi, studiando attentamente il modo per demarcare i limiti senza usare pareti e cancel- late, e infine scegliendo i siti che meglio si adeguavano alla soluzione di questi problemi»27.
Nello stesso anno in cui iniziano i lavori di ricostruzione a Charenton, il 30 giugno viene promulgata da re Luigi Filippo una legge che, restando in vigore sino al 1990, identifica per la prima volta nel folle un soggetto di diritto, un malato bi- sognoso di un medico preposto alla sua cura28. Prima di allora
il Codice Napoleonico conteneva solo norme a sfavore dei folli, che erano sollevati dalle responsabilità penali degli atti da loro compiuti e nel contempo privati dei diritti civili per Sotto: Émile-Jacques
Gilbert, progetto per il nuovo quartiere degli uomini dell’Hospice de Charenton (1838). In basso: Saint- Maurice, Hospice de Charenton, oggi Hôpital Esquirol, foto della cappella vista dalla Marna.
mezzo dell’interdizione giudiziaria29. Secondo la concezione
ristretta e severa espressa dall’art. 64 non esisteva infatti «né crimine né delitto allorché l’imputato trovavasi in stato di demenza al momento dell’azione», ovvero era stato spinto al reato «da una forza alla quale non poté resistere»; inoltre «è demente colui che soffre una privazione di ragione; che non conosce la verità; che ignora se ciò che fa sia bene o male; e che non può affatto adempiere i doveri più ordinari della vita civile. Un uomo posto in questo stato è un corpo che ha soltanto figura e ombra di uomo; il suo reato è tutto fisico, poiché moralmente non esiste nulla»30. Al contrario,
la nuova Loi des aliénés elegge quali propri capisaldi la con- sapevolezza che la follia rientri nella sfera della medicina e che il ruolo principale spetti al medico, la cui funzione risultava fino a quel momento del tutto misconosciuta. In sostanza il nuovo testo rappresenta la consacrazione giuridica dell’opera sia di Pinel che di Esquirol, oltre che la traduzione in termini di legge del dogma terapeutico dell’epoca basato sulla ne- cessità di isolamento del malato. Allo stesso modo, essa con- cede uno statuto specifico agli stabilimenti privati, laici e a scopo di lucro destinati alla cura delle malattie mentali, po- nendoli sotto attenta sorveglianza; in tal senso i compensi e gli onorari da richiedere ai pazienti dovevano essere pre- ventivamente concordati con i dipartimenti di competenza. L’ospedale di Castel d’Andorte a Le Bouscat, nella periferia di Bordeaux, rappresenta una delle prime strutture private sorte in seguito alla promulgazione della legge del 1838. Si- stemata dal luglio del 1845 da Joseph-Guillaume Desmaisons Dupallans (allievo di Esquirol) nell’edificio del XVIII secolo progettato per il Capitolo di Saint-Seurin dall’architetto Fran- çois Lhote (allievo del più famoso Victor Louis)31, la casa di
cura girondina riscuote un notevole successo, attirando malati da Parigi, da tutto il sud della Francia ed anche dalla vicina Spagna, dove non esistevano strutture private di questo tipo32. Nel 1878 la Statistique générale compilata da Édouard
Féret descrive il «parco di 5 ettari, ornato con begli ombreg- giamenti, e deliziosi giardini» in cui è situato l’ospedale, com- posto da «padiglioni raggruppati in modo da realizzare, nel
complesso della loro disposizione, il programma della scienza moderna, così che le disposizioni interne dell’edificio principale fanno di questa casa di cura un modello»33. Nel 1889 lo stes-
so Féret definisce la struttura come una «casa di cura per gli alienati della classe agiata che può ospitare malati dei due sessi, nel numero di cinquanta circa, e che è dotata di tutti i perfezionamenti che il progresso della scienza ha oggi in- trodotto nel trattamento degli infermi di malattie mentali e nervose»34.
II.3 • I manicomi vittoriani e l’Asylum Act del 1845