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G RÁFICO 3 P ROGRAMACIÓN DEL CURSO L ENGUAJE T URISMO EMPRESARIAL N IVEL TEÓRICO

3. I media multiculturali: il caso de Los Andes

Proviamo a spostare lo sguardo sui media multiculturali latino- americani diffusi in Italia18, realtà antitetica, dinamica e in netta

crescita, nata in generale negli anni novanta e moltiplicatasi in fret- ta negli ultimi dieci anni. Secondo quanto sostengono gli stessi ideatori, sono solitamente esperienze scaturite dalla voglia di fare informazione e dalla rabbia e dall’insoddisfazione provate dai cittadini migranti di diverse origini per come vengono descritti in maniera distorta dai media canonici e nazionali. Possiamo inter- pretarli quindi come una risposta sia a una mancanza – una corretta rappresentazione –, sia a un torto subito – una rappresentazione discriminatoria, criminalizzante, offensiva, parziale o errata, come negli esempi che abbiamo appena visto:

Mas parece que para algunos defender sus orígenes y encaminar a los suyos a hacer lo mismo es una tarea sin importancia, como prueba tenemos los diarios locales, los mismos que nos tienen en la mira, cada día se leen noticias en las que están implicados latinos, es triste ver que aquella lucha por dar a conocer nuestros países y que lo hacen muchos centros y asociaciones latinoamericanas, se ve opacada por actos no honrosos19.

Questo tipo di pubblicazioni non nasce quindi per fini econo- mici, né tanto meno per risvegliare la curiosità del pubblico italia- no verso luoghi esotici o diversi, giacché non è agli italiani che si

18 Tra le principali riviste multiculturali latinoamericane pubblicate in Italia si ricordano: Mi país, Comunidad Latina, Guía Latina, Expreso Latino, Las Américas, El Nuevo Panorama Latino, Comunidad Latina, Extralatino, Mujer Latina e Los Andes, quest’ultima presa in analisi nel presente studio. Giovanna Mapelli ha studiato la diffusione dei media etnici prodotti o rivolti ai latinoa- mericani in Italia, in spagnolo e in italiano (Mapelli 2010).

rivolge. Il nuovo fenomeno mediatico, prodotto quasi esclusiva- mente da cittadini migranti, soggetti attivi nella creazione della ri- vista, si rivolge infatti alla propria comunità, un pubblico marcato quindi dalla comune provenienza e dalla comune condizione mi- gratoria. E per farlo veicolano il loro messaggio mediante uno dei principali tratti definitori dell’identità, la lingua materna. In terra genovese lo spagnolo assume pertanto una nuova funzione: se nei media mainstream lo abbiamo visto essere uno strumento discrimi- natorio di esclusione a cui la stampa ricorre per marginare e criminalizzare la comunità migrante latinoamericana, ora esso si rivela essere un mezzo per la costruzione di un dialogo e un ambito di riconoscimento e di coinvolgimento da salvaguardare e attra- verso il quale preservare la propria identità. I media multiculturali avvertono l’esigenza di offrire attraverso la rappresentazione di sé il proprio punto di vista di soggetti narranti e non più solo oggetti narrati, e allo stesso tempo, attraverso la partecipazione attiva ai sistemi di informazione, giungere all’empowerment. Come ricorda Marcello Maneri in Un diverso parlare. Il fenomeno dei media multiculturali in Italia20, è in gioco il complesso problema della cittadinanza, e i media multiculturali stanno aggiungendo alla sfera pubblica, ad oggi essenzialmente monoculturale, voci inedite, una nuova prospettiva, un nuovo punto di vista:

Da una parte una comunicazione orizzontale, partecipata, chiaramen- te ancorata alla propria posizione subalterna; dall’altra una comunica- zione verticale, fatta da specialisti, ideologica, in quanto dissimula la propria prospettiva dominante naturalizzandola come imparziale og- gettività (Maneri, Meli 2007: 92).

L’esempio concreto preso in analisi riguarda Los Andes. Revista mensual latinoamericana de difusión informativa cultural y social, rivista mensile interamente in lingua spagnola, nata a Genova nel marzo del 2003 e ad oggi ancora in ottima salute, esperienza che si avvale di redattori in altri paesi di emigrazione come il Belgio e la Germania e anche in alcuni paesi della madrepatria, tra cui Ecua-

20 Al volume curato da Marcello Maneri e Anna Meli, che rientra nelle atti- vità del progetto europeo Mediam’Rad-media diversità pluralismo, ha collabo- rato anche COSPE (Collaborazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), associazione che promuove la multiculturalità dei media in Italia e iniziative per la visibilità e la valorizzazione delle professionalità migranti nel mondo della comunicazione.

dor, Perù e Colombia, e di una distribuzione internazionale con- dotta attraverso canali non sistematici, ma con il grande merito di aver saputo abbracciare allo stesso tempo il locale e il globale21.

Gli argomenti affrontati dalla rivista sono prevalentemente sociali, legati alle tematiche del lavoro, dell’integrazione, della sanità, del- la scuola, della cultura, dell’intercultura, del tempo libero, ma an- che dell’integrazione e della discriminazione, con uno sguardo at- tento all’attualità dei paesi di origine. La cronaca nera, che nei me- dia nazionali gioca un ruolo prioritario nel ritrarre a tinte forti il tema dell’immigrazione, è scarsamente affrontata. Nei casi spora- dici in cui diventa necessario farlo per le dimensioni che assume il fenomeno in questione, come nel caso in oggetto delle baby gangs latinoamericane, ciò avviene in modo che per un lettore della stampa nazionale sarebbe quasi inedito, dato che si affronta l’argo- mento senza alcuno scoop scandalistico ma con interviste ai prota- gonisti e con approfondimenti e commenti, volti non tanto a crimi- nalizzare quanto a cercare di capire le cause per raggiungere l’inte- grazione. Vediamo alcuni esempi.

Nell’articolo intitolato “Rescatado de la droga”, pubblicato nel 2005, quando sulle principali testate locali e nazionali il tema delle bande era all’ordine del giorno, in contemporaneo pícaro Miguel Rodríguez confida alla cronista de Los Andes di aver deciso in un determinato momento della sua vita di seguire le orme del padre, «conocido como el mejor ladrón de la ciudad» e di essere diventato pandillero. Il racconto del ragazzo cela però un messaggio positi- vo, perché rivela dopo poco di essere riuscito a uscire da questa esperienza negativa grazie al sostegno della sua comunità religio- sa22. La redazione cerca di addentrarsi nelle cause della formazione

di bande sul territorio, al di là di ogni sorta di criminalizzazione:

21 All’interno del mondo dei media multiculturali genovesi in lingua spagnola ricordiamo anche l’esistenza de El Noticiero, format televisivo set- timanale di informazione, anch’esso interamente in lingua spagnola, rivolto principalmente alla comunità ispanofona residente in Italia, in onda dal 2002 al 2008 su alcune emittenti locali e su Sky. El Noticiero è stato ideato e prodotto integralmente da Videoproff, uno studio genovese di produzione e post- produzione televisiva. A “El Noticiero” è stato assegnato il Premio Giornalisti- co Mostafà Souhir 2006 quale miglior format televisivo italiano per la multi- culturalità nei media.

Los desajustes sociales, ligados a la desestructuración familiar, la in- migración o el racismo, están detrás de la multiplicación de la violen- cia juvenil en la calle. Los problemas identitarios empujan a los jóve- nes hacia las bandas agresivas23.

Anche il razzismo e la spettacolarizzazione della violenza che ha luogo sui media italiani vengono annoverati tra i fattori che ac- celererebbero questo processo. In un reportage sulle bande non si lesinano le responsabilità a chi è identificato come protagonista della diffusa criminalizzazione dei giovani latinoamericani:

Ahora, cualquier joven latino con pantalones anchos, anillos, cadenas y gorra para atrás será sospechoso y delincuente en potencia. Cual- quier reunión de jóvenes latinos escuchando reguetón o rap causará la alarma porque, evidentemente estarán preparando su próximo crimen. Así gracias a los Latin Kings, los Ñetas, la televisión, la prensa y las emisoras racistas, se habla de pandilleros, de tatuajes y agresiones, en lugar de hablar de la falta de atención de los padres, del abandono de las autoridades, de la ausencia de recursos y servicios sociales. La consecuencia de todo este ruido creado en relación con estos grupos es que la unidad entre italianos y extranjeros será más difícil, si no se crea concientización en la juventud24.

Vediamo delinearsi quindi nella narrazione dei media multicul- turali due obiettivi. Il primo è evidente: facilitare l’integrazione dei giovani latinoamericani nel tessuto sociale. Il secondo è invece più implicito e più difficile da scorgere a una rapida lettura: dare voce, visibilità e partecipazione alla comunità migrante latinoamericana protagonista del processo migratorio, alla sua identità composita e diversa rispetto a tanti stereotipi correnti proposti dall’informa- zione mainstream. In casi che coinvolgono direttamente la comuni- tà, come ad esempio il tema delle baby gangs, si attua una sorta di politica del linguaggio, e il media multiculturale offre la notizia ri- fiutandosi di avvalersi di una terminologia discriminatoria e pro- vando a rovesciare le categorie stigmatizzanti proposte dal discorso dominante: non si parla mai di latinos dal sangue muy caliente, ma si inquadrano le bande come uno dei possibili «fenómenos de la inmigración», un risultato di un’integrazione problematica.

23 “Los hijos de la inmigración”, Los Andes, ottobre 2005. 24 “Bandas: efecto de la inmigración”, Los Andes, luglio 2006.

4. Conclusioni

I mezzi d’informazione stanno attraversando un’epoca che li vede coinvolti in rapidi cambiamenti, orientati verso la modernità. Con ‘globalizzazione’ come parola d’ordine e tutto ciò che essa comporta (relazioni transnazionali tra gli Stati, crescita degli scambi economici, abolizione delle frontiere culturali) si è arrivati però a dover fare i conti anche con profonde e, sovente, dolorose contraddizioni interne. Se la globalizzazione comporta una sempre maggiore diffusione d’informazioni, un’intensa circolazione di merci e un reciproco rapportarsi delle genti, è evidente a tutti che questa nascita di relazioni ‘globali’ si attua sì sul piano virtuale (le distanze si annullano perché virtualmente non ci sono ‘vere’ di- stanze, temporali, geografiche, linguistiche, culturali o sociali, vo- lendoci riferire alla più che celeberrima ‘modernità liquida’ di Bauman) mentre sul piano reale si osserva una tenace battaglia i- dentitaria che impone la strenua difesa del locale, dell’individuale, del minimo. La stampa ufficiale non è immune da questa contrad- dizione, da questo altalenarsi tra due opposte pulsioni: la tendenza al globale da una parte e la volontà di difesa del particolarismo lo- cale minacciato dall’avanzata del processo di omologazione dal- l’altra. Sembrano opporsi a questa logica etnocentrica i media mul- ticulturali, se vogliamo uno dei frutti più evidenti dell’era globale, che invitano a opporsi allo scontro ideologico proponendo una maggiore integrazione culturale:

Hablar de una verdadera integración es iniciar a conocer la cultura tanto del país receptor como del país de proveniencia. Si ignoramos esto, será difícil encontrar una salida al rechazo o racismo que puede existir con la gente europea y nosotros25.

La diversità, caratteristica fondamentale del nostro tempo, è uno dei temi rilevanti della comunicazione nella società. Ma conver- rebbe forse interrogarsi se essa viene osservata, narrata e trasmessa nel modo più corretto, e chiedersi poi in quale maniera la comuni- cazione può riuscire a inserirsi nella costruzione di un messaggio, di un pensiero ideologico, e fino a che punto infine i media parte- cipano alla costruzione di una diversità nella diversità.

«Non molesterai lo straniero né l’opprimerai, perché voi siete stati stranieri in terra d’Egitto» raccomanda la Bibbia nel libro dell’Esodo, e forse si dovrebbe tenerlo bene a mente, giacché è questo il rischio reale a cui si sta andando incontro, molestare lo straniero, opprimerne una delle sue libertà fondamentali, quella di espressione, per poi passare ad opprimerne via via le altre, come il diritto alla dignità e alla parità di diritti senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione, origine, condizione economica, nascita, come recita d’altronde anche l’articolo 2 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Oggi da più parti i media multiculturali vengono più o meno apertamente accusati di essersi rinchiusi in una sorta di ghetto linguistico e culturale. Nel suo pic- colo anche l’esperienza locale di Los Andes ha ricevuto l’invito ad usare l’italiano al posto dello spagnolo per coinvolgere il pubblico autoctono, in un processo che sembra propendere verso dinamiche monoculturali assimilazionistiche piuttosto che verso l’auspicata integrazione. I difensori della teoria inclusiva sembrano non inclu- dere tra i diritti di un cittadino il potersi avvalere della propria lin- gua madre, quando si dovrebbe considerare il multilinguismo un valore aggiunto e non certo un fenomeno da combattere.

Stupisce inoltre che, se le lingue straniere dei media multicultu- rali vengono considerate da qualcuno degli impedimenti da abbat- tere sul cammino per l’integrazione piuttosto che una ricchezza e una forma di libertà, poco o nulla venga detto a proposito del trat- tamento razzistico e discriminante riservato dai media ufficiali alla rappresentazione del migrante in genere e con origini latinoameri- cane nel caso che abbiamo preso in analisi e alla lingua spagnola a cui si ricorre per raccontarlo e implicitamente denigrarlo26. In epo-

26 Anche se non esiste una specifica formazione grazie a corsi o manuali, anche in Italia ci sono alcuni strumenti a cui dovrebbero ricorrere i giornalisti per evitare di usare termini razzisti e discriminatori. Oltre ad alcune direttive europee (come ad esempio il vademecum pubblicato dall’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali), nel giugno del 2008 è stata approvata la “Carta di Ro- ma”, un protocollo deontologico che riguarda richiedenti asilo, rifugiati, vitti- me della tratta e migranti, con lo scopo di stabilire alcune semplici norme che il giornalista è tenuto ad osservare per evitare di diffondere notizie errate o di- scriminanti. Le prime due norme recitano infatti: “a. Adottare termini giuridi- camente appropriati sempre al fine di restituire al lettore ed all’utente la mas- sima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri; b. Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richie- denti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. CNOG (Consiglio Naziona- le dell’Ordine dei Giornalisti) e FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Ita-

ca di veloci cambiamenti bisognerebbe forse soffermarsi un mo- mento a riflettere, e ricordare che tutti, un tempo, siamo stati stra- nieri in terra d’Egitto, e che forse, un giorno magari nemmeno troppo lontano, potremo ancora tornare a esserlo.

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el caso de los arabismos en español

José María García Martín (Universidad de Cádiz) 1. Introducción

Quiero empezar mi intervención dando mis más sinceras gracias a la Junta Directiva de la AISPI y al Comité Organizador de este congreso por su gentil invitación para participar en él con una po- nencia plenaria. Es un honor al que espero corresponder adecua- damente.

Antes de empezar con la exposición del tema que he elegido, creo que procede hacerse una pregunta: ¿Por qué un caso de con- tacto de lenguas de otro período histórico y no del actual, puesto que en este campo fue donde comenzaron este tipo de investiga- ciones? La respuesta es muy simple. Este tipo de investigación se puede basar en un inventario completo y en un tipo muy peculiar de contacto con el árabe (directo para el romandalusí, indirecto para el castellano), básico para el español actual.

En los estudios sobre el contacto entre el árabe en alguna de sus modalidades y los romances hispánicos, han tenido un papel deci- sivo los trabajos de Federico Corriente, y ello se verá, espero, en lo que sigue. Para empezar, hay que hacer algunas precisiones termi- nológicas debidas a él. No voy a emplear las palabras mozárabe y Al-Ándalus: en su lugar, siguiendo la propuesta de Corriente, usaré romandalusí y Alandalús, y ello por un hecho que ya Steiger seña- ló en su trabajo pionero (cf. Steiger 1932), a saber, que los arabis- mos proceden del árabe andalusí en su inmensa mayoría (o de las subsiguientes fases mudéjar y morisca), no del árabe clásico1.

¿Cuál es la importancia que ha tenido la influencia árabe en el desarrollo del español o, más exactamente, en la configuración lin- güística de la península Ibérica? Dos textos bastarán para hacerse una idea del papel desempeñado por la invasión musulmana del 711 en la historia lingüística peninsular:

1 En lo que sigue, se utilizarán las siguientes abreviaturas: Algunas abrevia- turas: ár = árabe, and = andalusí, cl(ás) = clásico, VA = Vocabulista in arabico, Alc = “Pedro de Alcalá.

Si la invasión árabe no se hubiera producido, es probable que los cen- tros prestigiosos hubieran seguido siendo los mismos que venían siéndolo desde la época romana; quizá Toledo hubiera sido un foco de irradiación de innovaciones, dado el papel que adquirió en esta época. Los dialectos románicos hubieran, así, perpetuado viejísimas divisorias, que las administraciones romana y eclesiástica habían con- servado; los rasgos del latín hispano habrían tenido herencia directa,

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