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L’ambito portuale, per ragioni di ordine strutturale, comporta necessariamente un utilizzo combinato di beni ed infrastrutture pubbliche e private.

Lo spettro di modelli organizzativi è decisamente ampio, differendo primariamente - come si è ricordato nel paragrafo precedente - per le tipologie di beni e servizi affidati alle cure degli operatori privati o pubblici.

Se ad una estremità di questa ideale progressiva elencazione dei modelli portuali troviamo il c.d. “service port”, in cui il controllo pubblico sulla pianificazione, regolazione e sullo svolgimento delle operazioni portuali è totale, all’altra estremità si colloca il c.d. “fully privatized port”, costruito in maniera diametralmente opposta rispetto al modello poc’anzi descritto.

Uno dei trend che emerge chiaramente dall’analisi condotta, e vedremo come si declinerà nel sistema giuridico italiano ed in quello francese, comprende la progressiva diminuzione del ruolo statale nei porti industriali.

Tuttavia, tale modalità operativa non si traduce quasi mai nella totale assenza della presenza pubblica. La totale privatizzazione, infatti, risulta ancora avere carattere eccezionale251.

L’intervento pubblico nel settore portuale solitamente si manifesta attraverso due metodologie differenti252.

In primo luogo, lo Stato può agire riproducendo artificiosamente le condizioni del mercato. In tal senso, i governi possono introdurre delle esternalità.

terrestri, tipicamente tra treno e camion, in questo caso viene definito terminal container interno, solitamente un interporto”.

250 I cluster industriali sono concentrazioni geografiche di società private che possono competere tra loro o completarsi a vicenda come clienti e fornitori in aree specializzate di produzione e distribuzione. Drewry Shipping Consultants Ltd. 2005. Annual Review of Global Container Terminal Operators –2005. Drewry House: London.

251 Semmai tale modello risulta maggiormente presente nella gestione dei terminals. 252 HOLOCHER, K. H., Port Management Textbook, vol. 1, Bremen, 1990.

90 In secondo luogo, le politiche statali possono privilegiare l’interesse pubblico, anche

a discapito della concorrenzialità nel senso puro e privatistico del termine: ad esempio, aumentando virtualmente la domanda dei beni e servizi pubblici portuali.

In tal senso, ad esempio, la competizione "per il mercato" è stata privilegiata e ritenuta sostitutiva rispetto alla concorrenza "nel mercato"253. In tal modo sono stati creati mercati contendibili, in settori a vocazione monopolista.

Ciò potrebbe essere realizzato attraverso licenze, autorizzazioni, concessioni o attraverso l’utilizzo di strumenti privatistici quali il leasing o, in generale, ogni metodo funzionale all'allocazione efficiente delle risorse.

Esigenze classificatorie e tipologie di amministrazione portuale254

Effettuata questa breve premessa, è necessario entrare nel dettaglio ed analizzare gli specifici modelli organizzativi. A tal fine sono emerse quattro categorie principali di porti:

- il public service port ;

253 La concorrenza nel mercato è il normale processo di competizione che si basa sulla rivalità tra imprese in merito ai prezzi, al valore aggiunto, in base alle quantità offerte etc. La concorrenza per il mercato, invece, è un meccanismo che mette in concorrenza le imprese per avere il diritto di servire, spesso in regime di monopolio, un determinato mercato. Gli effetti negativi che la condizione monopolistica crea sono, dunque, mitigati da tale meccanismo che consente “a monte” di effettuare una selezione tra operatori.

Il teorico di uno dei meccanismi di tal fatta più diffusi è Demesetz, che propose il c.d. franchise bidding. In tale modello viene messo all'asta il diritto di fornire un dato servizio. Chi dirige l'asta impone la tariffa base che sarà oggetto di ribasso da parte dei concorrenti. Il vincitore dell’asta sarà vincolato a servire il mercato praticando quella tariffa.

254 VESPASIANI T., Glossario dei termini economici e giuridici dei porti, dei trasporti marittimi e della logistica portuale, Milano, FrancoAngeli, 2009, pp.23 e ss.

Per la diversità degli aspetti istituzionali dei porti comunitari si può fare riferimento allo studio elaborato per conto del Parlamento Europeo (European Port Policy, 1993) e ad altri studi comparativi svolti su mandato della Commissione CE. In particolare: Progetto ATENCO, Analysys of the cost structure of the main ports, Work-package 1 febbraio ,1999, parzialmente pubblicato in Trasporti, 2002, 332 ss., e Public financing and charging of European Seaports, 2005. Per sintetici accenni all’evoluzione più recente si può fare riferimento agli ESPO, Fact finding Reports, reperibili all’indirizzo www.espo.be. Si vedano in particolare i Reports 2004 e 2010, Enquiry into the current governance of European Seaports, elaborata da Patrick VERHOVEN, al quale si deve anche A quantitative analysis of European Port governance, reperibile nel sito www.palgrave-journal.com.

91 - il tool port ;

- il landlord port ;

- ed il fully privatized port o private service port.

In linea generale, i modelli poc’anzi richiamati si distinguono per alcune caratteristiche di seguito riportate. Nello specifico, si fa riferimento:

- Alla fornitura pubblica, privata o mista dei servizi portuali; - All’orientamento locale, regionale o globale;

- Alla proprietà dell'infrastruttura;

- Alla proprietà della sovrastruttura e delle attrezzature (in particolare la movimentazione da nave a terra attrezzature, capannoni e magazzini);

- Allo stato della manodopera e della gestione portuale.

Di seguito, si è riportata una tabella – elaborata dalla Banca Mondiale nel suo rapporto del 2005 già citato, che rappresenta graficamente le differenze poc’anzi tratteggiate.

Se i service e tool ports mirano principalmente alla realizzazione di interessi pubblici, i landlord ports, invece, puntano a raggiungere il bilanciamento ottimale tra le istanze pubblicistiche (espresse dall’Autorità portuale) e quelle private (ossia gli interessi manifestati dall’industria portuale).

I porti completamente privatizzati – invece - tendono, com’è intuibile, a concentrarsi sulla valorizzazione di interessi privati (i c.d. azionisti-stakeholders).

Nei prossimi paragrafi verranno analizzati nel dettaglio i singoli modelli.

Service port

I c.d. service port, come si affermava poc’anzi, hanno un orientamento prevalentemente pubblico.

92 Numerosi porti di questo tipo hanno progressivamente adottato un modello portuale

di tipo landlord255.

A tal proposito, oltre ai porti di Amburgo e Brema, si pensi - ad esempio - ai porti di Colombo (Sri Lanka)256, di Nhava Sheva (India)257 e di Dar es Salaam (Tanzania)258.

Nonostante tale tendenza evolutiva, il modello in questione non è definitivamente scomparso: vi sono alcuni porti che sono ancora gestiti secondo le strutture tipiche dei service port. Normalmente, tuttavia, questi sono esclusivamente situati in paesi in via di sviluppo oppure nei paesi dell’ex-URSS.

In questa tipologia di modello è l’Autorità portuale ad offrire tutti i servizi richiesti per il funzionamento del sistema portuale.

Infatti, in tale eventualità è l’autorità gestoria del porto a possedere, mantenere e gestire tutte le infrastrutture (stabili e amovibili) e le attività di movimentazione delle merci sono eseguite grazie a lavoratori impiegati direttamente dall’autorità.

Nella maggior parte dei casi, i service port, dal punto di vista delle strutture amministrative, sono controllati (almeno parzialmente) dal Ministero dei trasporti.

Di conseguenza il Presidente dell’ente portuale è un funzionario che dipende, in punto di nomina e/o nei termini di un’attività di rendiconto ex post, dal Ministro di riferimento.

L’attività di movimentazione merci è l’attività che spicca in maniera preponderante, per importanza, tra le funzioni che l’Autorità portuale svolge nel modello del service port.

255 Un esempio di questo passaggio è rappresentato dal porto di Amburgo. Fino al 2005, infatti, il porto di Amburgo, il più importante porto tedesco, ha rappresentato un classico esempio di porto strettamente integrato nell’amministrazione locale: era privo di un bilancio autonomo e i suoi problemi di manutenzione e sviluppo rientravano nella diretta responsabilità delle varie branche dell’amministrazione della città. Nel 2005 tutti i servizi dell’amministrazione statale coinvolti nella gestione portualee sono stati accentrati nella Hamburg Port Authority (HPA) entità legale estranea all’amministrazione, dotata di un proprio bilancio e di risorse proprie. La HPA, infatti, agisce secondo una rigorosa ottica di economicità ed i suoi rapporti con le varie branche dell’amministrazione sono regolati su base contrattuale.

Un percorso simile è stato intrapreso dal porto di Brema. In tal caso sono state costituite due società: la Bremerlagerhausgesellschaft (BLG) e la Bremische Hafen GmbH (BHG), rispettivamente responsabili della fornitura di tutti i servizi logistici correlati alle operazioni di sbarco/imbarco e della gestione e della manutenzione delle aree portuali.

256 http://www.slpa.lk/ 257 http://jnport.gov.in/

93 Sovente viene istituita un’entità pubblica separata per occuparsi di tale attività,

normalmente indicata come “società di movimentazione carico”, gestita con la forma giuridica della azienda pubblica, anch’essa sottoposta al controllo del Ministero competente. Questa dualità certamente costituisce un’ulteriore sfida gestionale: il coordinamento di due entità, seppur pubbliche, con differenti -e talvolta contrastanti- interessi che riferiscono allo stesso ministero.

Come vedremo approfonditamente nel par. “Il sistema di riforma portuale in Italia” un esempio di service port è ravvisabile nel sistema portuale italiano, anteriore alla legge 84/94.

Tool port

Nel modello tool port, l'Autorità portuale non è solo proprietaria259, ma si occupa anche dello sviluppo e del mantenimento dell'infrastruttura portuale, comprese le singole attrezzature di movimentazione, quali gru di banchina e carrelli elevatori.

Il personale dell'Autorità portuale di solito utilizza, in via preponderante, le attrezzature di proprietà della stessa.

Tuttavia, le operazioni di carico-scarico a bordo delle navi, nell’area di stazionamento, sulla banchina sono, contrariamente a quanto accade nel modello precedente, gestite da società di movimentazione di merci private, contrattualizzate dagli agenti marittimi (shipping agent) oppure operanti in base a licenze conferite dall'Autorità portuale.

Il porto di Chittagong (Bangladesh)260 è un tipico esempio di tool port.

259 Tale regime proprietario si può verificare in due modi: il modello della “corporatisation” (basato sulla creazione di un organismo di diritto privato in mano pubblica) si contrappone a quello della c.d. “commercialisation”. Quest’ultima fattispecie si verifica quando il soggetto pubblico, proprietario e gestore dell’infrastruttura portuale, al fine di orientarsi in maniera più efficiente al mercato, procede ad una riforma dei processi decisionali, dei meccanismi di selezione e formazione del management, ristruttura ed ottimizza i propri obiettivi economici ed il proprio sistema di controlli, senza, tuttavia, costituire una società di capitali ad hoc. Cfr. NOTTEBOOM T., The Interdependence Between Liner Shipping Networks and Intermodal Networks, Proceedings of the IAME 2002 Conference, International Association of Maritime economists, Panama City, 2002; NOTTEBOOM T., Container Shipping and Ports: an Overview, Review of network Economics, 2004.

94 Sono riconducibili alla medesima fattispecie anche le operazioni di gestione dei

terminal container261 nei Ports Autonomes in Francia.

La suddivisione delle responsabilità operative è il principale problema di questa tipologia organizzativa: difatti, sovente si sono registrati conflitti tra il personale dell'Autorità portuale e gli operatori terminalisti privati, a discapito dell'efficienza operativa.

In altri termini, a prescindere dal possesso e dall’utilizzo della attrezzatura per la movimentazione del carico in capo all'autorità, l’armatore o il proprietario del carico firmerà un contratto con l'impresa privata di movimentazione scelta. Tuttavia, nonostante questa contrattualizzazione del servizio, l'azienda di movimentazione merci privata non sarà mai in grado di controllare completamente le operazioni di movimentazione del carico, dovendo necessariamente cooperare con i lavoratori dell’Autorità portuale.

Al fine di evitare tale tipologia di conflitti, alcuni enti portuali consentono agli operatori di utilizzare le proprie attrezzature: in tal modo, tuttavia si perde la qualifica di tool port inteso come modello “puro”.

Infatti, in quest’ultima eventualità, maggiori somiglianze si colgono rispetto al modello di service port, sia in termini di orientamento verso la dimensione pubblica, sia rispetto alle modalità di finanziamento.

Secondo il modello di tool port puro, l’Autorità portuale, in vero, dovrebbe rendere disponibili esclusivamente i terreni e le infrastrutture alle società di movimentazione merci262, senza intervenire in alcun modo nello svolgimento del servizio.

Il modello in questione, dunque, posto l’assetto proprietario pubblico, ha favorito la nascita di imprese private di dimensioni medio-piccole (c.d. atomizzazione dell’attività).

Tuttavia, pur tenendo in considerazione gli aspetti problematici poc’anzi riportati, il tool port presenta indubbiamente anche alcuni vantaggi, che giustificano l’utilizzo di tale modellocome forma di transizione per approdare al modello di landlord.

Il tool port, infatti, permette di compensare i casi in cui la fiducia del settore privato non è pienamente consolidata: infatti, tale paradigma organizzativo consente di attenuare i requisiti iniziali di investimento al fine di entrare in un nuovo mercato.

Un'altra situazione in cui tale modello risulta particolarmente appropriato è quella legata alle transizioni che conseguono alle riforme strutturali che i governi tentano, con successo o meno, di mettere in atto: infatti, permette di rimandare - seppur

261 E’ necessario, tuttavia, rilevare una certa propensione sviluppata nei terminal più recenti per la gestione privata, con operatori che hanno fatto investimenti nelle c.d. gantry cranes (gru a cavalletto). Nel par. “Il sistema di riforma portuale in Francia” verranno svolte approfondite riflessioni in merito.

95 momentaneamente - la scelta del modello di regolamentazione da adottare, prediligendo una

soluzione intermedia.

Private port

I porti che possono definirsi completamente privati sono decisamente pochi e trovano gli esempi più emblematici nel Regno Unito263, in Grecia ed in Nuova Zelanda264.

In tale tipologia di porto, lo Stato non ha più alcun significativo coinvolgimento. Nei porti completamente privatizzati, infatti, addirittura i terreni su cui si erige il porto sono di proprietà privata.

263 Dal 1981 i porti inglesi sono stati investiti da un vasto programma di privatizzazione che non è ancora del tutto compiuto, anche se il loro assetto istituzionale può essere considerato sufficientemente stabilizzato. Attualmente, i porti possono essere distinti in tre gruppi:

1. Porti gestiti come imprese private, che hanno piena responsabilità dei costi e dei risultati della gestione;

2. Trust ports, si tratta di porti di medio – piccola dimensione che non sono posseduti dallo Stato o dalle comunità territoriali, ma sono gestiti da appositi enti (i Trusts) tenuti ad alcuni vincoli di pubblicità dei loro bilanci e dei loro piani;

3. Porti Municipali, gestiti dalle comunità locali mediante appositi comitati. Va attirata l’attenzione sulla circostanza per cui, per i porti completamente privatizzati, le società che li gestiscono hanno anche poteri statutari in materia di polizia portuale e disciplina del traffico. Come principio generale, tutti i porti inglesi devono operare nel mercato, ossia hanno la completa responsabilità del finanziamento e della realizzazione degli investimenti infrastrutturali, non possono ricevere sovvenzioni pubbliche e rispondono dei loro risultati economici. Nell’ambito di tali porti possono operare, sotto la giurisdizione delle Autorità portuali-privati, ulteriori imprese private per la gestione di terminal o la fornitura di servizi tecnico-nautici. In alternativa, i servizi possono essere erogati direttamente dall’impresa-Autorità portuale.

Non esiste nei porti inglesi alcuna forma di riserva del lavoro portuale, essendo questa stata abolita nel 1989. I porti privatizzati (come quello di Southampton) rappresentano un tipico caso di porto-impresa. L’Autorità portuale ha piena autonomia nella gestione del porto ed è responsabile del finanziamento, della realizzazione e della gestione delle infrastrutture portuali e delle attrezzature di banchina.

264http://www.ukports.com/ports-directory.php; https://www.searates.com/maritime/greece.html; https://www.searates.com/maritime/new_zealand.html.

96 Insieme ai beni demaniali alcuni governi hanno trasferito simultaneamente, sovente,

anche delle funzioni para-normative alle compagnie private: in assenza di un legislatore portuale statale nel Regno Unito, ad esempio, i porti privatizzati sono essenzialmente auto- regolati.

Il rischio insito in tale tipo di accordo è legato all’eventualità in cui la terra sia venduta o rivenduta per attività non portuali, recidendo così la possibilità futura di ricreare l’ambiente portuale, così come originariamente pensato.

Nonostante questi aspetti certamente problematici, il Regno Unito ha deciso di passare alla piena privatizzazione per tre ragioni principali265:

• Per modernizzare istituzioni e installazioni, rendendoli più sensibili ai bisogni degli utenti;

• Per raggiungere la stabilità finanziaria, grazie alla percentuale crescente di finanziamento proveniente da fonti private;

• Al fine di ottenere un certo grado di razionalizzazione del lavoro portuale ed una maggiore partecipazione dei lavoratori alle attività delle nuove imprese portuali.

Landlord port

Il modello “Landlord port” si caratterizza per il bilanciamento tra il settore pubblico e quello privato.

In tal caso, infatti, l'Autorità portuale agisce sia come regolatore, sia come proprietario, mentre le operazioni portuali (in particolare, la movimentazione delle merci) sono effettuati da compagnie private. Il tratto caratteristico di tale modello è il rispetto del principio di separazione: per non falsare l’assetto concorrenziale dell’ambito portuale, l’ente-

265 Una nota governativa in merito è reperibile all’indirizzo: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/0967070X9591993T.

97 porto non può essere allo stesso tempo sia regolatore, sia operatore economico regolato266.

Esempi di porti di questo tipo Rotterdam267, Anversa268, New York269 e dal 1997, Singapore270. Statisticamente, il landlord port è il modello portuale dominante per i porti di medie o grandi dimensioni.

In tale eventualità, l'infrastruttura (come raffinerie, terminali di serbatoi ed impianti chimici) viene affittata a società operative private. Il corrispettivo di tale contratto di locazione si sostanzia in una somma fissa per metro quadrato all'anno, in genere indicizzato, considerando l'inflazione.

266 Si veda il paragrafo “Riforme portuali a confronto in Italia ed in Francia” 267 Anche il porto di Rotterdam è tradizionalmente un porto landlord municipale. Fino al 1997 non costituiva un’unità autonoma. Peraltro, in seguito, l’amministrazione del Porto è stata affidata ad una branca separata dell’amministrazione municipale: la Rotterdam Municipal Port Management (RMPM), dotata di un bilancio autonomo. Pur essendo sempre configurata, in termini di principio, come un esempio di Landlord Port Authority (in quanto tale non coinvolta nella gestione concreta dei traffici) la RMPM ha esplicitamente proclamato l’obiettivo di trasformarsi in un “mainport manager”. In questa prospettiva, la RMPM ha istituito collegamenti con altri operatori del trasporto, ricorrendo anche ad acquisizioni strategiche di compagnie o terminal interni che potessero rafforzare la sua capacità di attrarre traffico.

268 Il porto di Anversa è un porto municipale e, fino al 1997, è stato formalmente parte dell’amministrazione comunale della città di Anversa e privo di un bilancio autonomo.

In precedenza (ossia dal 1988 al 1997) è stato gestito da un’Azienda portuale municipale (Geementelijk havenbedrijf), dotata di contabilità e bilancio autonomi. Nel 1997, infatti, il Comune di Anversa trasferì la responsabilità della gestione delle attività portuali ad una società di capitali, il cui unico azionista è costituito proprio dalla Municipalità. I motivi che hanno indotto tale modifica vanno individuati nell’esigenza di snellire il processo decisionale e di consentire alla nuova Autorità portuale, data la sua forma societaria, di assumere partecipazioni in altre imprese e di realizzare joint ventures con altre imprese private. Il modello di riforma applicato per la prima volta al Porto di Anversa è in via di generalizzazione perché un decreto del 1998 ha autorizzato l’affidamento della gestione di ogni porto ad apposite società di capitali.

269 http://www.panynj.gov/port/

270 https://www.portofrotterdam.com/en; https://www.portofantwerp.com/en; http://www.panynj.gov/port/;

98 La quantificazione dell’importo, inoltre, è condizionata normalmente dalla

specializzazione della società conduttrice e dai costi da sostenere (ad esempio, investimenti per attività di bonifica e di costruzione delle banchine).

Il privato, in tal caso, fornisce e mantiene la propria struttura, inclusi gli edifici (uffici, capannoni, magazzini, stazioni per il trasporto di container, workshop), acquistando ed installando la propria attrezzatura sul terminale.

L’ultima macro-caratteristica dei landlord port attiene al lavoro portuale.

Le maestranze normalmente sono impiegate dall’operatore privato che gestisce il terminal, anche se in alcuni porti parte del lavoro è gestito tramite una società unica, per tutto il territorio del porto.

Segue, dunque, una tabella riepilogativa dei punti di forza e di debolezza di ognuno dei modelli finora analizzati.

99 In Europa271, cercando di rendere graficamente la distribuzione geografica dei

modelli finora elencati, è possibile osservare la seguente situazione:

271 Una panoramica, dal punto di vista economico, della situazione portuale europea è stata presentata da Assoporti ed è reperibile all’indirizzo: http://www.assoporti.it/media/3046/newsletter-n2-2012.pdf

100

Utopia di un modello portuale europeo

Prima di interrogarsi in merito alla sussistenza di un modello portuale europeo, va preliminarmente chiarito se è più appropriato parlare di politica portuale europea o di politica portuale comune272.

Da una prima analisi, possiamo osservare come, in via generale, sia il Trattato