3. I RIFERIMENTI AD ATENE
3.3. I riferimenti ad Atene nell’Assemblea degli de
Quali sono gli elementi che, nel Deorum Concilium, rendono immediato il collegamento dell’assemblea sull’Olimpo con la vita politica ateniese? L’attenzione è subito catturata dal vocabolario utilizzato, che spesso ha connotazioni di tipo politico. Innanzitutto, il termine usato per indicare la riunione degli dei sull’Olimpo è proprio quello di ejkklhsiva179, che indica proprio, in origine, soltanto l’assemblea di Atene. Il medesimo termine ricorre anche in altre opere lucianee, come ad esempio lo Zeus tragedo e l’Icaromenippo, sempre per designare un’assemblea divina180. Tuttavia, come giustamente riporta Gassino, «ce terme est également employé, par extension, pour désigner des assemblées non athéniens» ; inoltre, il termine «peut être, à l’époque de Lucien, employé hors d’un contexte politique»181. Non è sufficiente dunque limitarsi alla parola ejkklhsiva per determinare il riferimento alla realtà politica ateniese.
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Gassino 2009, 7. Più avanti la studiosa fa notare che l’accostamento del mondo degli dei a quello della vita politica ateniese non è certo una novità, e mette le sue radici già nelle commedie di Aristofane: negli Acarnesi, ad esempio, Pericle è rappresentato come Zeus. Vd. Gassino 2009, 8; cf. Ar. Ach. 530-531. Sulla questione, in contrasto a Oliver, si pronuncia anche Jones; vd. Jones 1986, 39-39: Luciano «might be thinking of contemporary issues at Athens and expecting the most knowledgeable of his readers to notice the allusion, but he cannot have meant these events to be the key to the enjoyment of his work, since such disputes were endemic to Greek cities of the empire, including Athens».
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Cf. Deor. Conc. 1, 14, 15.
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Cf. I. trag. 5,7,12,14; Icar. 28,33; si parla di qew'n ejkklhsiva anche in I. conf. 4. Cf. anche D.
Deor. 4 (24) 1.
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Gassino 2009, 2. La studiosa fornisce puntuali fonti per la sua affermazione, in particolare quella di Plutarco, Moralia 617b.8, in cui il termine ejkklhsiva è impiegato per indicare un’assemblea degli dei.
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Vi sono anche altri termini a suggerire lo sfondo politico e umano del concilio tenutosi sull’Olimpo; in particolare si possono ritenere significativi il verbo khruvttw, il sostantivo khvrugma (Deor. Conc. 1), e il sostantivo metoivkion (Deor. Conc. 3).
Per quanto riguarda il verbo khruvttw – ovvero annunciare, bandire, convocare – e il termine khvrugma – bando, proclamazione – sono riferibili all’azione dell’araldo che indice un’assemblea. In Luciano chi proclama il bando assembleare è sempre Hermes, ovvero l’araldo degli dei182. Il verbo khruvttw ha due occorrenze nell’Assemblea degli dei (§§ 1,2), ma è presente anche nelle altre opere lucianee che prevedono un concilio divino, ovvero nello Zeus tragedo (in cui compare ai §§ 6,7,13) e nell’Icaromenippo (§ 28), sempre con la medesima connotazione. Il sostantivo khvrugma, analogamente, occorre due volte nell’opera in questione (§ 1) e tre volte nello Zeus tragedo (§ 6).
Il termine metoivkion merita un approfondimento, poiché indica la tassa pagata dai meteci per poter risiedere ad Atene. Il riferimento è puntuale, dato che i meteci costituiscono una categoria particolare di stranieri residenti nella polis ateniese, senza alcun diritto di cittadinanza, ma con l’obbligo di partecipare alle liturgie e di contribuire finanziariamente alla vita pubblica183. Essi non rientrano necessariamente nella categoria di ‘stranieri immigrati’; la composizione sociale ed economica di questa classe è più complessa e variegata. Vi sono, culturalmente, due tipi di meteci: quelli che si trasferiscono da città greche vicine ad Atene per ragioni economiche o politiche, e quelli che provengono da terre più lontane, effettivamente non greche184. Pur avendo modo di partecipare in qualche maniera alla vita della città, l’esistenza dei meteci in Atene è legittimata dal versamento del metoivkion185. Gli dei descritti da Momo nel Deorum Concilium – e in particolare al § 3, oltre ad essere stranieri residenti sull’Olimpo, non godono neppure di una parvenza di legalità, dato che non versano la tassa.
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Cf. D. Deor. 4 (24) 1, in cui il dio si lamenta di tutti i compiti a lui assegnati, tra i quali annovera quello di convocare tutte le assemblee sull’Olimpo in qualità di araldo.
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I meteci partecipano in certa misura alla vita della città: essi sono ammessi ad alcune feste e possono prestare servizio militare, ma non possono essere coinvolti nella politica o avere proprietà private; vd. Davies 2004, 32.
184
Sulla composizione sociale della categoria dei meteci e sulla loro presenza nella città vd. Baslez 2008, 127-149.
185
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Secondo Gassino, non è possibile stabilire per certo che la menzione di tale tributo indichi un’allusione specifica alla realtà di Atene, dal momento che si ha notizia dell’esistenza di meteci anche in altre città greche186. Tuttavia, il riferimento a una realtà che è in primis ateniese – considerando anche la conoscenza dell’ambiente della città da parte dell’autore – pare suggerire che Luciano si sia lasciato ispirare dall’organizzazione politica e sociale di Atene, e abbia configurato l’Olimpo come una sorta di suo riflesso letterario. Ciò pare confermato dal fatto che anche nello Zeus tragedo (§ 32) e nell’Icaromenippo (§ 27) alcune divinità sono ‘bollate’ come meteci.
Gli aspetti che possono suggerire un rapporto dell’opera con la città di Atene sono, dunque, più di uno. Innanzitutto vale la pena di mettere in evidenza, come si è detto, che la convocazione stessa di una ejkklhsiva pertiene, se non esclusivamente almeno prevalentemente, all’ambito ateniese. La formula stessa di apertura del concilio, pronunciata da Hermes (Deor. Conc. 1 tiv~ ajgoreuvein bouvletai), è rituale all’inizio di ogni incontro dell’ekklesia187
.
Anche l’azione di iscrivere illegalmente alcune divinità nel registro dei cittadini, espressa dal verbo pareggravfw (Deor. Conc. 3, 9, 14) è propria dell’ambiente della polis; Gassino fa giustamente notare che sin dall’epoca classica questo termine è stato impiegato per designare l’atto di iscrivere irregolarmente qualcuno nel registro dei cittadini188.
Un elemento prettamente politico e ‘umano’ è il decreto che viene enunciato da Momo alla fine del dibattito (Deor. Conc. 14-18); il decreto rappresenta il risultato più importante di ogni assemblea ateniese, e ne è il ‘prodotto’ principale, come si può notare dal numero di attestazioni documentarie pervenute fino ai nostri giorni189. Anche la formulazione di un decreto, completo e dotato del suo
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Gassino 2009, 3 e n. 9.
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Sull’apertura del dibattito in assemblea e sulle formule utilizzate vd. Hansen 2003, 213: «dopo le cerimonie di apertura si procedeva alla procheirotonia su tutti i probouleumata effettivi all’ordine del giorno; dopo di che all’assemblea veniva sottoposta la prima questione che richiedeva un dibattito con la domanda posta dall’araldo ‘chi vuole parlare? (in origine, essa era ‘chi vuole parlare fra quelli sopra i cinquanta?’, e solo quando i più anziani avevano avuto la parola l’araldo ritornava alla semplice domanda ‘chi vuole parlare?’)».
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Gassino 2009, 3 e n. 10; come fonti a sostegno dell’affermazione la studiosa cita Eschine,
Sull’ambasciata, 76, 177.
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Vd. Hansen 2003, 232-233 per maggiori riferimenti bibliografici e dati sulle testimonianze epigrafiche e letterarie. Hansen 2003, 232: «la discussione e l’approvazione di decreti era di gran lunga il più importante – e il più lungo – lavoro dell’assemblea; lo può dimostrare una sommaria
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prescritto, fornisce una conferma all’ipotesi che il concilio divino si configuri come un’imitazione delle istituzioni umane. All’interno del decreto, inoltre, vi è un altro termine che suggerisce il contatto con il mondo politico ateniese: si tratta della parola proedriva (Deor. Conc. 14). Con l’uso del termine non si intende la carica politica di epoca classica – ovvero la presidenza dell’assemblea – ma piuttosto il semplice privilegio di occupare le prime file durante le riunioni190.
Alla fine del dialogo (§ 19), un altro riferimento ‘politico’ viene offerto dal breve discorso di Zeus, che in un primo momento cerca l’approvazione del decreto di Momo da parte delle altre divinità, esortando i presenti ad alzare la mano per far passare il decreto. Questo sistema di voto era uno dei due adottati ad Atene: la cheirotonia (alzata di mano) e la psephophoforia (il voto segreto, dato mediante l’introduzione di dischi di bronzo in urne). Generalmente, l’assemblea votava per alzata di mano – con voto palese, dunque – e il tribunale popolare utilizzava il sistema di voto segreto. Durante l’età classica si ricorreva al voto tramite scrutinio nei casi in cui le decisioni dell’assemblea dovevano essere prese raggiungendo un quorum di votanti191. Come avveniva però la votazione per alzata di mano? Certamente, non era possibile il computo esatto di tutti i votanti. Si pensa che la votazione, diretta dai proedroi, avvenisse in questo modo: tutti i partecipanti all’assemblea, rimanendo al proprio posto, alzavano la mano quando i proedri incitavano, prima i favorevoli e poi i contrari, a votare. Gli stessi proedri dovevano poi ‘giudicare’192 – e non ‘contare’ – di quale opinione fosse la maggioranza. In caso di dubbio la votazione poteva essere ripetuta, e si procedeva a una seconda alzata di mani193. Questo è dunque il voto che Zeus si accinge a richiedere all’assemblea degli dei, salvo poi cambiare idea e decidere da solo l’approvazione del decreto. L’autorità del padre degli dei, assoluta, non sembra collimare con l’impostazione piuttosto democratica del concilio; è pur vero però
enumerazione di tutti i decreti noti del periodo 403-322. Il popolo si riuniva da trenta a quaranta volte l’anno e approvava nove o dieci decreti in una sessione».
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Delz 1950, 45. Gassino utilizza questa considerazione come argomento a sostegno della sua ipotesi, ovvero che gli dei di Luciano stiano ben alla larga dall’assumersi responsabilità, dimostrando di preferire invece gli onori che derivano da un alto status sociale; Vd. Gassino 2009, 11. Sul collegio dei proedri a Atene, creato fra il V e il IV secolo per sostituire il presidente dei pritani nel suo ruolo di controllo dell’assemblea, vd. p. es. Hansen 2003, 211-212.
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Hansen 2003, 220.
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Vd. Arist. Ath. Pol. 44.3, in cui si usa proprio il verbo krivnein.
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Sulle procedure di voto in assemblea vd. Hansen 2003, 220-222; vd. anche, per maggiore approfondimento, Hansen 1983, 103-121.
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che Zeus è effettivamente un sovrano che può imporre la sua autorità. Del resto, la maggioranza degli dei si schiererebbe contro il decreto di Momo.