3. I RIFERIMENTI AD ATENE
3.4. Gli dei come uomini e cittadin
Le divinità descritte da Luciano e ritratte durante una loro assemblea fanno dunque pensare ai cittadini ateniesi che si trovano a discutere sulle vicende politiche che li coinvolgono. In questo trattamento del mondo divino si riconosce la tendenza dell’autore ad equiparare gli dei agli uomini, anche se, come si è visto, l’organizzazione del concilio in questo caso è più gerarchica che democratica194. In merito a tale ‘rielaborazione’ dei paradigmi letterari tradizionali si dovrà tenere conto delle osservazioni di Branham, che giustamente ritiene che proprio nell’accostamento tra la sfera divina e quella umana risieda la chiave della satira lucianea. Se gli dei, solenni e grandiosi quando sono cantati dai poeti, si scontrano con l’ambiente umano, frivolo ed effimero, l’inevitabile contrasto produce un effetto comico195.
In effetti, questi ‘dei-cittadini’ presentano dei comportamenti riconducibili alla sfera umana. Quando Zeus incita gli abitanti dell’Olimpo a riunirsi, ad esempio, li esorta a smettere di parlottare tra loro, divisi in gruppetti. L’indignazione delle divinità, poi, riguarda il fatto che esse devono spartire i propri pasti con altri personaggi indegni, andando a consumare le scorte, già scarse, di nettare e ambrosia196. La preoccupazione per la scarsità di viveri è una costante nel mondo degli dei197; appare, tuttavia, davvero lontana dall’idea di splendore e onnipotenza che è propria dell’immaginario religioso.
Gassino individua altri tratti che possono indurre a considerare gli dei molto simili agli uomini198. Ad esempio, la già citata questione della proedriva (Deor.
194
La medesima affermazione in Gassino 2009, 9.
195
Branham 1989, 138: «it is rather the asymmetric conjunction of divinity with something that smells of mortality – something unfinished, unseemly, inappropriate, or deviant (aischros), preferably physical – that makes a god geloios».
196
Deor. Conc. 1 Mhkevti tonqoruvzete, w\ qeoiv, mhde; kata; gwniva" sustrefovmenoi pro;" ou\"
ajllhvloi" koinologei'sqe, ajganaktou'nte" eij polloi; ajnavxioi metevcousin hJmi'n tou' sumposivou.
197
Compare anche, menzionata da Momo, in Deor. Conc. 3, 14; cf. anche I. trag. 13.
198
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Conc. 14) sta a cuore agli abitanti dell’Olimpo in quanto mezzo per misurare il proprio prestigio. Chi ha diritto di sedere in prima fila è anteposto agli altri negli onori, e gli dei sembrano poco disposti a farsi portare via questa occasione da sotto il naso. Come si è detto, ciò a cui essi mirano non è un accrescimento della propria responsabilità politica – come sarebbe nel caso in cui la proedriva indicasse la presidenza dell’assemblea. Esattamente come gli uomini e i cittadini, gli abitanti dell’Olimpo si accapigliano per essere ammirati e per conquistarsi un posto al sole.
La teoria di Gassino, in effetti, è più articolata: gli dei sarebbero «plutôt de mediocre philosophes que de bons citoyens»199. Piuttosto che inserire gli dei nella dimensione di uomini e cittadini, si dovrebbe dunque considerarli come dei filosofi ‘da strapazzo’. L’ipotesi potrebbe essere confermata, secondo la studiosa, dall’utilizzo del termine skevyi~ − traducibile con ‘questione’ – nell’ambito delle tre assemblee divine in Luciano200. La parola si ritrova infatti, anche in forma di composto, nell’Assemblea degli dei (Deor. Conc. 1 hJ de; skevyi~ peri; tw'n metoivkwn kai; xevnwn), nello Zeus tragedo (I. trag. 5 ejgw; me;n ejpi; to; koinovn fhmiv dei'n th;n skevyin ejpenegkei'n ejkklhsivan sunagagovnta) e nell’Icaromenippo (Icar. 29 e[gnwn mhkevt« ejpi; plevon paratei'nai th;n diavskeyin). Ora, il termine skevyi~ è prevalentemente usato in ambito filosofico, col significato di riflessione, o speculazione su un dato argomento201. Generalmente, invece, il termine non viene utilizzato per la discussione in assemblea. Tramite l’utilizzo di un vocabolo specifico, per così dire, dell’ambito filosofico, Luciano potrebbe avere istituito un paragone fra le divinità e i filosofi. Per quanto riguarda il dialogo in questione, tuttavia, sembra azzardato affermare che gli dei descritti sono ‘più filosofi che cittadini’. I tratti distintivi degli abitanti dell’Olimpo, infatti, non sono così specifici da essere attribuiti a dei filosofi, piuttosto sono riferibili più generalmente a dei semplici esseri umani202.
199
Gassino 2009, 9.
200
Gassino 2009, 11-13; questa sembra essere l’argomentazione più convincente a sostegno della teoria.
201
In Gassino 2009, 12 n. 45 si riportano le occorrenze del termine rispettivamente in Aristotele (73) e Platone (67).
202
La stessa Gassino ammette «que la terminologie politique de Lucien n’est pas parfaitement homogène et qu’elle ne coïncide pas toujours avec la terminologie athénienne classique» (Gassino 2009, 12 n. 44); per tal motivo dunque, l’impiego del termine skevyi~ non dovrebbe essere ritenuto cogente. La questione, tuttavia, rimane aperta, poiché, se è vero che la comparazione fra divinità e filosofi non convince pienamente per l’Assemblea degli dei, Gassino riporta altri passi
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Segno chiaro di una qualche assimilazione degli abitanti dell’Olimpo agli abitanti di Atene è la presenza, all’interno del concilio divino, della parrhesia. Questa compare nel dialogo come la virtù caratteristica di Momo, il personaggio chiave di tutta l’assemblea. La schiettezza nell’esprimersi – da cui poi derivano anche la sfrontatezza e il tono irrispettoso verso gli dei – è la prerogativa principale del dio del biasimo. Ciò è evidente durante tutto lo scambio di battute fra Momo e Zeus, in cui non vengono risparmiate accuse o allusioni divertite. La capacità di parlare sinceramente è uno degli attributi che qualificano un cittadino ateniese a tutti gli effetti203.
Come giustamente osserva Oudot-Lutz, Luciano contraddistingue alcuni dei suoi personaggi con dei tratti che ne fanno intendere la loro provenienza ateniese. Tali personaggi – con il loro modo di ragionare specificatamente ‘attico’ – incarnerebbero il punto di vista dell’autore stesso204. I valori ateniesi della eloquenza, del parlare schietto, dello scherzo, dell’ironia, ben si addicono al personaggio di Momo, che rappresenta dunque un emblema del cittadino ateniese e, in qualche modo, del medesimo Luciano.
lucianei più efficaci per dimostrare la sua teoria; cf. p. es. Icar. 25, in cui Zeus viene paragonato agli scettici per la sua sospensione del giudizio; Symp. 9, in cui gli dei discutono fra loro proprio come i filosofi.
203
Vd. Carter 2004, 199-200.
204
Oudot-Lutz 1994, 146: «ainsi, dans les portrait des Athéniens, Lucien privilégie un certain type de traits – franc-parler, plaisanterie, ironie / stwmuliva, parrhsiva, skw'mma, eijrwneiva, paidiav−, ensemble de caractères qu’il n’associe à aucun autre peuple. Or, malgré les larges emplois du terme de parrhsiva dans son œuvre, il ya, nous semble-t-il, une coïncidence lexicale remarquable entre les valeurs attiques et les comportements d’ordre social ou esthétique que revendiquent les personnages qui, de façon récurrente ou ponctuelle, représentent le point de vue de Lucian». Il discorso si riferisce prevalentemente agli Ateniesi rappresentati nelle opere di Luciano, ma può avere un senso più generale; uno degli esempi riportati, infatti, è quello di Parresiade, che incarna bene i valori ateniesi della libertà e della parrhesia.
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