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I rischi di un ordinamento delle città separato

di Fabio Giglion

8. I rischi di un ordinamento delle città separato

La costruzione degli elementi che consentono di raffigurare le città come un ordinamento deve essere affiancata da un'analisi che ribadisca la necessità di delineare l'opportunità di prospettare la relativa autonomia di questo ordi- namento. Il diritto delle città volto a esaltare le informalità delle relazioni pre- senta una risposta all'ormai non del tutto adeguato sistema del diritto positivo,

146 L'individuazione delle città quale terreno d'elezione delle forme di collabora-

zione è stata sottolineata già da P.URBANI, Politiche pubbliche per le grandi città, in

G.DE MATTEIS (a cura di), Le grandi città italiane. Società e territori da ricomporre,

Marsilio, Venezia, 2012, p. 326, avvalendosi anche del concetto di «urbanistica con- sensuale».

147 Tuttavia, a questo proposito si deve menzionare un recente parere emesso dal

Consiglio di Stato, su cui è lecito avanzare più di una riserva, che confuta integral- mente la ricostruzione qui prodotta sulla progettazione con il terzo settore e che po- trebbe avere serie conseguenze se recepito nelle nuove linee guida che l'Anac si ac- cinge ad approvare. Il riferimento è al parere emesso dall'Adunanza della commissio- ne speciale del 20 agosto 2018, n. 2052, che confonde l'istituto della co-progettazione con un qualunque altro contratto pubblico da cui discende tutta una serie di conse- guenze, alcune delle quali in evidente contraddizione con la lettera dello stesso art. 55 d.lgs. n. 117/2017, che limitano l'applicazione di questo istituto innovativo.

che affida all'amministrazione l'esclusivo compito di interpretare i bisogni so- ciali e di dare risposte che necessariamente tendono alla standardizzazione. L'attuale assetto sociale, invece, è caratterizzato da una più diffusa distribu- zione delle conoscenze, dei mezzi, delle capacità, che impediscono alle am- ministrazioni di avere ancora quel ruolo assoluto e centripeto che si è svilup- pato durante il Novecento. La funzione esclusiva di cura dell'interesse genera- le dell'amministrazione entra in crisi quando questa si raffronta con società sempre meno omogenee, che domandano servizi sempre più personalizzati, che ricercano identità frammentate, mobili e suscettibili di adattamento. La differenziazione diventa un'esigenza a cui il diritto positivo e rigido non è in grado di dare risposta adeguata148. Da questo l'origine del diritto informale,

che sa adattarsi meglio alle nuove domande e che non impone una risposta uniforme.

Ciò detto, però, il diritto informale mostra anche dei rischi che giustificano la necessità di definire questo ordinamento come non separato dagli altri. Se il presente studio può servire a ricordare che le città sono anche un ordinamento originale, allo stesso tempo è necessario ribadire che esse sono contempora- neamente anche un ordinamento derivato, per usare le parole di Santi Roma- no. È questa originalità che deve essere colta complessivamente, senza che un aspetto neghi l'esistenza dell'altro. Nel ribadire questa natura spuria dell'ordi- namento della città si riafferma la convivenza di ordini giuridici che presenta- no una diversa fonte di legittimazione, quella di diritto positivo e quella di di- ritto informale, dentro il quadro unitario, però, dell'ordine costituzionale. In- somma, le due forme del diritto non devono essere alternative, né è auspicabi- le che l’una sostituisca o soffochi l'altra, perché entrambe sono portatrici di valori fondamentali la cui essenziale garanzia può essere prodotta solo dalla ricerca di un’equilibrata coesistenza.

A tal fine appare opportuno indicare quali limiti presenta il diritto informa- le per giustificare la necessità che la sua espansione non travalichi i confini che ne legittimano l'esistenza.

Il primo limite da scongiurare è che il diritto informale per gli interessi ge- nerali si traduca in un arretramento del ruolo delle pubbliche amministrazioni

148 Si tratta di osservazioni già ben presenti in G.BERTI, Stato di diritto informale,

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a beneficio di una generale funzione sostitutiva di privati e cittadini, che può produrre un uso distorto del diritto a uso di chi può vantare maggiori risorse o di chi semplicemente ha la forza organizzativa per imporsi. Una raffigurazio- ne dell'affermazione del diritto informale che si traduca nell'arretramento del ruolo delle pubbliche amministrazioni può produrre la disseminazione di co- munità intese come enclosures con definitiva cancellazione della dimensione pubblica della città149. I modelli descritti in questo saggio vedono tutti riaf- fermato il ruolo insostituibile dell'amministrazione e, in particolare, della sua indispensabilità che consiste nella valutazione di cosa, tra quello proposto o agito, sia corrispondente all'interesse generale. Andando più a fondo, nei mo- delli descritti non c'è un ribaltamento della democrazia rappresentativa, ma un affiancamento del suo funzionamento finalizzato a rendere più efficace la ri- sposta ai bisogni sociali. Se non fosse sottolineata questa funzione essenziale attribuita dalla Costituzione alle pubbliche amministrazioni e, in particolare, alle amministrazioni territoriali, si determinerebbe un esito che si porrebbe al di fuori del quadro costituzionale.

Il secondo rischio che sarebbe prodotto da un'espansione eccessiva della dimensione informale del diritto delle città è la realizzazione di un disequili- brio tra imparzialità e buon andamento. È chiaro, infatti, che il diritto informa- le tende a esaltare soprattutto il buon andamento come testimonia l'azione di

favor riposta nel principio di sussidiarietà orizzontale, che agisce come prin-

cipio di emancipazione giuridica. Il rischio, però, è che si assottiglino eccessi- vamente le attenzioni alle esigenze dell'imparzialità. Il diritto informale pro- duce un'esposizione del ruolo della politica che potrebbe comprimere eccessi- vamente lo spazio di mediazione dell'amministrazione a vantaggio di chi è escluso o di chi non intende partecipare alle azioni di rigenerazione o riuso di spazi e beni urbani e, altresì, il diritto informale può, come già evidenziato precedentemente, produrre un eccessivo ridimensionamento dell'amministra- zione. Anche per questo l'applicazione del diritto informale non deve com- primere il ruolo assegnato dalla Costituzione all'amministrazione in funzione della neutralizzazione degli interessi di parte.

149 Tema paventato chiaramente in A.PETRILLO, Ombre del comune: l'urbano tra

produzione collettiva e spossessamento, in M.R.MARELLA (a cura di), Oltre il pub- blico e il privato, Ombre corte, Verona, 2012, p. 203 ss.

Il terzo rischio è che la valorizzazione dell'azione comunitaria del diritto informale produca una compressione eccessiva dei diritti individuali. L'affer- mazione delle identità comunitarie di origine culturale o anche etnica potrebbe produrre delle esclusioni che non sono legittime quando le azioni in gioco so- no mirate a rilanciare la dimensione pubblica delle città150. Dunque, le formu-

le del diritto informale non prevalgono se impediscono l'esercizio dei diritti individuali dei cittadini, anche se questo avviene in nome degli interessi gene- rali.

Infine – si potrebbe considerare come sintesi dei rischi fin qui ricordati – il diritto informale, se esalta la differenziazione come risposta efficace ai biso- gni, può, se non confinato nei limiti appropriati, produrre gravi rischi per il principio di uguaglianza. Il favor della relazione emancipata dal principio di sussidiarietà orizzontale non deve travalicare le condizioni rigorose che ne ammettono l'efficacia per non produrre discriminazioni pericolose che com- promettono l'uguaglianza dei cittadini.

Il diritto delle città dunque non prefigura un diritto nuovo che si sostituisce al diritto già noto, ma va delineato solo per arricchire i mezzi a disposizione delle città per rispondere con più efficacia ai bisogni sociali emergenti, poten- do attingere a strumenti diversificati che devono essere combinati con saggez- za ed equilibrio.

150 Lo ha rilevato, per esempio, F.MANGANARO, Il principio di autonomia, in M.

RENNA-F.SAITTA (a cura di), op. cit., p. 279, il quale evidenziava come l'esaltazione dell'autonomia locale verso un vero comunitarismo pone rischi di chiusure identitarie.

Le città collaborative: forme, garanzie e limiti delle

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