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Le operazioni non imponibili

Nel documento Cattedra di diritto tributario d impresa (pagine 76-0)

Capitolo III Le imposte indirette nei due ordinamenti

2. L’imposta sul valore aggiunto in Italia

2.3 Le operazioni non imponibili

Le operazioni che soddisfano i requisiti fin qui analizzati si considerano operazioni soggette ad Iva tuttavia è opportuno operare un’ulteriore tripartizione in base alla natura di tali operazioni e alle modalità di

applicazione dell’imposta, tra operazioni imponibili, non imponibili ed esenti.

Per operazioni imponibili si intendono le operazioni ordinarie alle quali si applica il comune meccanismo impositivo costituito dalla detrazione e della rivalsa, oggetto di approfondimento nei successivi paragrafi.

Tra le operazioni non imponibili rientrano le cessioni all’esportazione135 ex articolo 8, le cessioni intracomunitarie effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA e le operazioni a queste assimilate.

L’articolo 8 ricomprende tra le cessioni all’esportazione anche le cessioni tramite commissionario quando siano effettuate a cura o in nome del cedente o del suo commissionario ovvero a cura o per conto del cessionario, purché questi sia non residente e l’invio avvenga entro novanta giorni dalla consegna pertanto ciò che rileva ai fini di questo articolo sono le esportazioni dirette, indirette e quelle triangolari.

Il soggetto passivo che effettua esportazioni pone in essere un’operazione non imponibile pertanto non si applica l’imposta pur riconoscendo il normale diritto di detrazione, ciò comporta che l’esportatore vanterà un credito d’imposta nei confronti dell’Erario136.

Il legislatore, affinché l’esportatore non subisse gli inconvenienti derivanti dall’attesa del rimborso dell’imposta, ha previsto la possibilità di effettuare acquisti senza l’applicazione dell’IVA, tuttavia tale possibilità è subordinata al soddisfacimento di alcune condizioni; in primis possono avvalersene soltanto i soggetti che abbiano effettuato cessioni all’esportazione, registrate nell’anno precedente, per corrispettivi superiori al 10% del volume d’affari, il legislatore quindi riconosce tale facoltà agli esportatori abituali, assumendo come parametro il volume di affari.

In secondo luogo, il legislatore ha previsto delle particolari formalità disponendo che l’esportatore, prima di effettuare acquisti senza applicare l’imposta, dovrà presentare alla controparte una lettera d’intenti

contenente la volontà di avvalersi di questa facoltà tuttavia il legislatore ha previsto un limite pari alle esportazioni effettuate nell’anno precedente (c.d. plafond).

Si comprende come il legislatore abbia previsto tale regime per agevolare il rapporto contribuente-Erario e per non sfavorire le esportazioni, come risulta anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che nella

135 Dal 1993, anno in cui vennero abolite le barriere doganali tra gli stati della Comunità europea, il termine esportazione viene utilizzato soltanto per operazioni effettuate da/verso paesi extracomunitari.

136 L. SALVINI, Diritto tributario delle attività economiche, 2019, p. 276

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sentenza n. 23588/2012 al par. 3.1 afferma che “la previsione comporta per l’esportatore abituale, non una riduzione d’imposta, ma la semplificazione del suo rapporto creditorio con l’Erario e l’attenuazione della correlativa sua esposizione finanziaria.”

La disciplina delle operazioni intracomunitarie nasce come una normativa transitoria prevista dal d.l. 331/93 e che prevede una tassazione mista nel paese di origine e in quello di destinazione basato sulla qualifica dell’acquirente.

Se si tratta di un’operazione B2C si applica l’IVA del paese di origine ossia quello del venditore mentre se il bene è acquistato da un soggetto passivo (operazione B2B) si applica l’IVA dello stato membro

dell’acquirente in quanto il venditore non applicherà l’IVA affinché il prodotto venga tassato nello stato in cui verrà consumato137.

A fronte di un’operazione non imponibile “in uscita” si ha un acquisto intracomunitario, soggetto ad IVA, in un altro stato membro pertanto sorgerà un debito in capo all’acquirente nei confronti dell’Erario ma allo stesso tempo egli sarà titolare del diritto di detrazione dell’IVA affinché sia garantito il rispetto del principio di neutralità.

Per tali operazioni sono previsti degli specifici obblighi formali, in particolare ai soggetti che effettuano queste operazioni viene attribuito uno speciale numero identificativo da comunicare alla controparte e tali soggetti sono tenuti a presentare dei modelli INTRASTAT in cui vengono elencate le operazioni

intracomunitarie che sono state effettuate138.

2.4 Le operazioni esenti

Le operazioni esenti IVA sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi previste dall’articolo 10 del D.P.R. 633/72 il quale contiene un’elencazione molto ampia ed eterogenea di esenzioni che si fondano essenzialmente su tre motivazioni; sono previste esenzioni fondate su motivi di carattere sociale come le cessioni gratuite di beni ed enti aventi fini di assistenza, beneficenza, educazione, le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio di arti e professioni sanitarie e le prestazioni

previdenziali e assistenziali a favore di dipendenti. Un’altra esenzione è prevista per le operazioni di assicurazione con la finalità di evitare una doppia imposizione in quanto il sistema fiscale già prevede un’imposta a carico dell’assicurato mentre l’ultima tipologia di esenzione prevista per le operazioni finanziarie è stata introdotta dal legislatore per agevolare la circolazione di queste operazioni.

Occorre sottolineare che le esenzioni rappresentano un’eccezione, pertanto l’elencazione è tassativa e come ha affermato anche la giurisprudenza della Cassazione “non è consentito all’interprete ampliarne

l’estensione senza invadere il terreno delle scelte che competono al legislatore”139

137 L. SALVINI, Diritto tributario delle attività economiche, 2019, p. 277

138 G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario parte speciale, 2016, p. 914

139 Cass. n. 7501 del 04/06/2001

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L’articolo 19 comma 2 del Decreto prevede che non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o

all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, salvo il disposto dell'articolo 19-bis2”, i beni e servizi sono considerati “afferenti” quando sono destinate ad essere impiegati nell'esercizio di attività esenti o non soggette ovvero per l'effettuazione di tale operazioni140 pertanto non si ammette la detrazione sugli acquisti in base alla stretta correlazione che vi è fra l’applicazione dell’imposta e il diritto di detrazione dell’IVA.

2.5 La base imponibile

La determinazione della base imponibile IVA è disciplinata dall’articolo 13 del D.P.R. 633/72 il quale dispone che “è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti” pertanto rientra nella base imponibile l’ammontare complessivo percepito dal cedente o dal prestatore come controprestazione della cessione o prestazione, secondo quanto pattuito nel contratto.

Il legislatore, tuttavia, aveva previsto alcune eccezioni per operazioni in cui non vi è una controprestazione, come l’autoconsumo esterno, le cessioni gratuite ovvero per operazioni in cui assume rilevanza il valore normale dei beni o servizi scambiati come la permuta o le dazioni di pagamento successivamente la disciplina è stata modificata con la legge comunitaria del 2008, la quale ha previsto che per le operazioni destinate all’autoconsumo esterno, per la destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore, per le assegnazioni ai soci a qualunque titolo, la base imponibile si determina non sulla base del valore normale, come accadeva precedentemente, ma sulla base del prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni, fermo restando la rilevanza del valore normale per le operazioni permutative141.

È opportuno sottolineare che la rilevanza del valore normale si tratta di un’eccezione in quanto lo stesso legislatore comunitario ha affermato all’articolo 11 della sesta direttiva che la base imponibile IVA è pari a

“tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni” pertanto anche nel caso in cui il corrispettivo pattuito dalle parti sia inferiore al valore normale l’imposta verrà comunque applicata sulla somma stabilita nel contratto.

Tale principio potrebbe portare il contribuente a prevedere un corrispettivo inferiore rispetto al valore normale con la finalità di sottrare una parte dell’ammontare alla base imponibile, in tal caso

l’Amministrazione finanziaria può assumere tale circostanza come mero indizio investigativo ed effettuare ulteriori indagini che possano portare ad un accertamento della maggiore imposta, qualora emerga che il

140 R. FANELLI in "Corriere tributario" n. 9 del 1998, pag. 656

141 M. MASTROMARTINO, Le novità della comunitaria 2008 in “L’IVA” n. 9 del 2009.

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corrispettivo effettivamente percepito dal cedente o dal prestatore sia superiore a quello dichiarato nella fattura142.

Nel Decreto, il legislatore ha previsto delle fattispecie che non rientrano nel computo della base imponibile pertanto, ai sensi dell’articolo 15, non concorrono a formare la base imponibile gli interessi moratori e le penali per ritardi o irregolarità nell’adempimento del cliente, il valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio, abbuono, in base alle pattuizioni originarie, i rimborsi di anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte e l’IVA pagata per rivalsa in quanto non ha natura di corrispettivo.

3. Il meccanismo applicativo dell’IVA: la rivalsa

Il meccanismo applicativo di questo tributo si basa principalmente su due istituti, la rivalsa e la detrazione e coinvolge il cedente o il prestatore e il cessionario o committente.

Secondo la regola generale, prevista dall’articolo 18 del D.P.R. 633/72, il cedente o il prestatore, nel momento in cui effettua l’operazione, deve addebitare l’IVA a titolo di rivalsa al cessionario o al

committente pertanto la rivalsa si configura come uno strumento per trasferire il tributo alla controparte fino ad arrivare al consumatore finale, il quale sopporterà l’onere tributario in via definitiva143, tuttavia tale rapporto tra il soggetto passivo dell’imposta e il cessionario/committente appare estraneo al rapporto tributario, in quanto si tratta di un rapporto di natura privatistica.

La natura privatistica del rapporto che intercorre tra i due soggetti, comporta che nel caso in cui venisse addebitata una maggiore imposta a titolo di rivalsa, il cessionario/committente non potrebbe rivolgersi direttamente all’Amministrazione finanziaria per ottenere il rimborso dell’eccedenza ma sarebbe necessario instaurare un giudizio di fronte al giudice civile e non di fronte alle Commissioni tributarie144.

Il cedente o il prestatore, che vanta un diritto creditorio nei confronti del cessionario/committente, allo stesso tempo è debitore verso l’Erario per il versamento dell’IVA sulle operazioni imponibili.

Lo strumento attraverso il quale si esercita la rivalsa è la fattura, dove verrà indicato, separatamente dal prezzo, l’ammontare IVA che dovrà essere corrisposto dal cessionario/committente tuttavia il secondo comma dell’articolo 18 dispone che “per le operazioni per le quali non è prescritta l'emissione della fattura il prezzo o il corrispettivo si intende comprensivo dell'imposta”, pertanto non si riscontra una vera e propria obbligazione di rivalsa in senso giuridico ma il trasferimento dell’imposta avviene mediante la traslazione economica.

Le operazioni a cui fa riferimento il secondo comma sono prevalentemente quelle che si realizzano nei confronti del consumatore finale come le vendite al minuto e la somministrazione di pasti e bevande.

142 R. FANELLI, Valore normale dei beni superiore al corrispettivo pattuito in “L’IVA” n. 6 del 2005, pag. 39.

143 D. MARSICO e L. ZOANI, Limiti all’esercizio di rivalsa, "L’IVA" n. 2 del 2009, pag. 21

144 F. SCHIAVON, Questioni in materia di rivalsa dell’IVA in “Il fisco” n.15 del 11 aprile 2005

76 3.1 Il meccanismo applicativo dell’IVA: la detrazione

Il secondo istituto su cui si basa l’IVA è il diritto alla detrazione, il quale è necessario affinché l’imposta sia neutrale, per far sì che non influisca sulla determinazione dei prezzi e non incida sulle catene distributive e produttive.

Considerato che la neutralità, nel sistema comunitario, è un principio cardine dell’imposta sul valore aggiunto, la Direttiva del 2006 ha previsto che il diritto alla detrazione deve essere esercitato

immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte e non può essere soggetto a limitazioni pertanto ogni disposizione che limita questo diritto sarà interpretata in maniera restrittiva.

Di converso, nell’ordinamento interno, la detrazione è spesso considerata come un’agevolazione per il contribuente e ciò comporta che le norme che ne limitano l’esercizio vengono interpretate in maniera

estensiva. Nonostante tale divergenza, sia l’ordinamento comunitario che quello interno hanno previsto delle specifiche disposizioni per i casi in cui tale diritto venga esercitato in maniera fraudolenta.

La nascita del diritto di detrazione si individua nel momento in cui diventa esigibile l’IVA sull’operazione, sicché l’imposta sugli acquisti è comunque detraibile anche se non ancora pagata al fornitore.

Il termine ultimo per esercitare il diritto alla detrazione è quello della presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto è sorto.

Considerato che l’articolo 19 dispone che è detraibile l’imposta relativa “ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione”, è possibile constatare la presenza di un principio di inerenza assimilabile a quello, già analizzato, della disciplina delle imposte sui redditi, il cui

soddisfacimento sarà da verificare caso per caso, con onere probatorio a carico del contribuente.

Per quanto concerne le società e gli enti commerciali, dato che l’articolo 4, 2° comma n.2 del Decreto dispone che le operazioni da questi effettuate si considerano compiuto nell’esercizio dell’attività d’impresa, si potrebbe affermare che sussista una presunzione di inerenza anche nell’ambito delle operazioni passive e quindi ai fini del diritto di detrazione, fermo restando la necessaria valutazione rispetto all’utilizzo del bene o del servizio in quanto occorre tener conto anche della spendita dello status per l’effettivo esercizio di

un’attività economica145.

La suddivisione delle operazioni in operazioni imponibili, non imponibili ed esenti, già analizzata

precedentemente146, rileva soprattutto nell’ambito del diritto di detrazione, infatti il legislatore riconosce tale diritto al soggetto passivo che effettua operazioni non imponibili in quanto deve essere garantita la neutralità dell’imposta mentre i soggetti passivi che effettuano operazioni esenti e operazioni escluse non possono esercitare il diritto alla detrazione.

145 G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario, parte speciale- il sistema delle imposte in Italia, 2016, pp. 938 ss.

146 V. par. 2.3, 2.4

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Per quanto concerne le operazioni esenti, il legislatore ha introdotto, per esigenze di semplificazione, lo strumento forfetario del pro-rata per tutti i soggetti che realizzano sia operazioni per le quali è previsto il diritto alla detrazione e sia operazioni esenti.

In tal caso, la percentuale di detraibilità sarà calcolata sulla base del rapporto tra l’ammontare delle operazioni con detrazione (operazioni imponibili e non imponibili) e il volume di affari ossia tutte le operazioni effettuate, comprese quelle esenti.

Attraverso questo strumento, non è necessario individuare singolarmente i beni ed i servizi utilizzati per porre in essere le operazioni esenti ma si guarda alla massa delle operazioni effettuate nello stesso anno147.

4. Gli obblighi strumentali

Il meccanismo dell’IVA, per il suo funzionamento, richiede l’adempimento di alcune formalità da parte dei soggetti passivi.

Come già è stato detto, ai fini dell’applicazione dell’IVA, il cedente o il prestatore deve emettere la fattura nel momento in cui effettua l’operazione e successivamente registrarla nelle apposite scritture entro 15 giorni.

Tale documento, oltre ad indicare i dati delle due parti, deve riportare il corrispettivo e separatamente l’ammontare dell’imposta dovuta a titolo di rivalsa.

Se la controparte è un soggetto passivo IVA, questo sarà tenuto a conservare la fattura e a registrarla affinché possa esercitare il suo diritto alla detrazione.

Tenendo presente che la fattura richiede l’indicazione dei dati identificativi dell’acquirente, non sembrerebbe essere il documento più adatto per le operazioni effettuate nei confronti di consumatori finali in locali aperti al pubblico, quindi nelle operazioni di commercio al minuto, pertanto il legislatore ha previsto delle tipologie di documentazione semplificate come lo scontrino fiscale e la ricevuta fiscale in cui non è necessaria

l’indicazione dell’acquirente e dove il prezzo è indicato comprensivo dell’imposta, fermo restando l’identificazione dell’emittente e i dettagli relativi all’operazione effettuata. 148

Diversamente dalle fatture, gli scontrini e le ricevute fiscali non devono essere registrati, tuttavia devono essere ricomprese nel registro dei corrispettivi giornaliero tutte le operazioni attive.

L’IVA che il contribuente dovrà versare all’Erario corrisponderà all’ammontare che emerge dal registro delle fatture emesse, dal registro dei corrispettivi e dal registro degli acquisti.

147 L. SALVINI, Diritto tributario delle attività economiche, 2019 p. 294

148 L. SALVINI, Diritto tributario delle attività economiche, 2019, p. 298

78 5. L’introduzione della Value Added Tax a Malta

L’imposta sul valore aggiunto fu introdotta nell’ordinamento maltese nel 1995; dopo solo due anni, venne sostituita dal governo del labour party con la Customs and Excise Tax, per poi essere reinserita nel 1999.

Un punto di svolta si ebbe nel 2004, anno in cui Malta fece il suo ingresso nell’Unione Europea, in quanto modificò la disciplina interna dell’IVA affinché fosse conforme alla legislazione europea.

Considerato che l’imposta sul valore aggiunto è un’imposta armonizzata, non si riscontrano particolari divergenze relative alla determinazione della base imponibile.

Anche nell’ordinamento maltese, la VAT si configura come un’imposta sui consumi plurifase che grava sul consumatore finale.

Oggi l’imposta è disciplinata dal Valued Added Tax Act (VATA) composto da 86 articoli e 16 allegati.

5.1 I soggetti passivi della Value Added Tax

Ai sensi dell’articolo 5 del VATA, si considera soggetto passivo chiunque svolga un’attività economica e non rivesta la qualifica di dipendente.

Le attività economiche che rilevano ai fini del tributo oggetto di studio sono:

- Qualsiasi attività commerciale o business;

- Qualsiasi professione o attività lavorativa e la prestazione di servizi professionali;

- Lo sfruttamento di beni materiali o immateriali al fine di ricavarne un reddito su base continuativa;

- La concessione da parte di un club, associazione o organizzazione (a fronte di una quota d’iscrizione o di un altro corrispettivo) di agevolazioni o vantaggi ai suoi soci.

Il legislatore maltese ha operato un’ulteriore distinzione tra i soggetti che effettuano tali operazioni, prevedendo tre tipologie differenti di registrazione, le quali comportano l’applicazione di differenti discipline.

Ai sensi dell’articolo 10, il soggetto passivo stabilito a Malta deve obbligatoriamente registrarsi ai fini IVA, tale requisito è esteso anche a soggetti non stabiliti a Malta tranne nel caso in cui il soggetto non-residente non è tenuto al pagamento della VAT maltese in quanto, per mezzo del reverse-charge, la VAT è dovuta dal consumatore. La registrazione è inoltre richiesta nel caso in cui il soggetto passivo effettui una prestazione di servizi nei confronti di un consumatore che si trovi in un altro stato membro UE, se la prestazione è tassabile nello stato membro del consumatore.

La seconda tipologia di registrazione è prevista dall’articolo 11 VATA ed è riservata alle piccole imprese che non superino le seguenti soglie:

- Quando l’attività economica consiste principalmente in cessioni di beni, la soglia per la registrazione è di 35.000 €

- Se l’attività economica realizzata mediante prestazioni di servizi la soglia è fissata a 24.000€

- Per tutte le altre operazioni la soglia è fissata a 20.000€

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La registrazione ai sensi di questo articolo comporta che alle operazioni effettuate da queste small

undertakings non si applicherà l’IVA e non avranno diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte, pertanto è possibile affermare che tali soggetti porranno in essere operazioni considerate esenti.

La particolarità di questo regime è la non obbligatorietà dacché il legislatore lascia la possibilità, al soggetto passivo che si colloca al di sotto delle soglie previste, di scegliere se registrarsi come soggetto ordinario ai sensi dell’articolo 10 o come piccola impresa, fermo restando l’obbligatorietà soltanto nel caso in cui le soglie vengano superate.

Questo regime previsto per le piccole imprese si configura come una misura speciale di deroga all’articolo 287 della Direttiva del 2006 tuttavia si è pronunciata la Commissione Europea affermando che “la misura è conforme agli obiettivi dell'Unione per le piccole imprese definiti nella comunicazione della Commissione

"Think Small First” in quanto incoraggerebbe nuove imprese ad iniziare l'attività e solleverebbe le piccole imprese già esistenti da numerosi oneri amministrativi tra cui la tenuta dei registri IVA e le dichiarazioni periodiche.

Considerando che si tratta di un regime derogatorio, è previsto un limite temporale fissato al 31 dicembre 2020.

L’articolo 12 del VATA prevede obbligatoriamente la registrazione ai sensi di questo articolo per le persone fisiche non registrate ai sensi dell’articolo 10 e le persone giuridiche considerate non-taxable che effettuano

L’articolo 12 del VATA prevede obbligatoriamente la registrazione ai sensi di questo articolo per le persone fisiche non registrate ai sensi dell’articolo 10 e le persone giuridiche considerate non-taxable che effettuano

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