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I vincoli alle attività produttive nella disciplina del

Il commercio di beni d’armamento è uno degli scambi con l’estero sottoposti a regimi amministrativi.

I vincoli al commercio, che rientrano nel più ampio settore dei vincoli alle attività produttive7, sono una delle forme con cui lo Stato interviene in economia.

È possibile individuare tre tipologie principali di intervento statale in economia.

Lo Stato può infatti operare in senso vincolistico, sottoponendo quindi gli operatori presenti sul mercato a verifiche e controlli opportuni affinché la loro attività sia svolta per il perseguimento del fine sociale.

Può, inoltre, intervenire direttamente in economia svolgendo esso stesso delle attività economiche. In questo caso si parla di uno Stato- imprenditore, che al pari di un soggetto privato svolge attività di impresa, di uno Stato-mallevadore, che opera come garante economico, di uno Stato-acquirente di beni, servizi e forniture per il suo funzionamento.

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Lo Stato può poi intervenire con funzione di sostegno con finanziamenti, incentivi e varie politiche di sostegno ed ausilio.

La regolamentazione del commercio di beni d’armamento rientra nella forma di intervento vincolistico, intervento operato dal legislatore in forza dell’art. 41 della Costituzione8

. La Costituzione stessa, attraverso questa norma, presuppone un governo dell’economia perché parte dall’assunto e dal presupposto che il mercato da solo non sia in grado di assicurare i valori e i principi costituzionali.

Questa disposizione riconosce, tutela e consacra la libertà di iniziativa economica privata che consiste nella libertà di intraprendere un’attività economica e di organizzare le risorse umane necessarie per svolgere tale attività.

La norma sembra distinguere due diversi momenti: il momento della scelta del tipo di attività economica da svolgere, e quello del suo concreto svolgimento. L’iniziativa sarebbe quindi libera mentre l’attività economica può subire penetranti interventi da parte dei pubblici poteri per assicurare il raggiungimento dei fini sociali.

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Art. 41 Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto

con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà o alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

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Tale libertà è riconosciuta anche a livello sovranazionale dall’art. 169 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nella versione del 2007, entrata in vigore con il Trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, che afferma il principio della libertà di impresa, rinviando poi per la disciplina e i limiti di tale libertà al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali.

È poi possibile distinguere fra interventi diretti o indiretti dello Stato in economia. In caso di intervento diretto lo Stato affianca o addirittura sostituisce il privato (sarà questo il caso dello Stato imprenditore). L’intervento indiretto è invece costituito da provvedimenti normativi volti a disciplinare l’esercizio dell’attività economica ed imprenditoriale altrui.

Tra le disposizioni che pongono limiti all’iniziativa economica privata in materia di scambi commerciali con l’estero, possiamo inoltre distinguere quelle che hanno ad oggetto l’attività di importazione o esportazione da quelle che hanno ad oggetto determinate merci.

Questo secondo tipo di divieti sono disposti da norme aventi ad oggetto non tanto l’attività quanto un particolare tipo di bene e si

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Articolo 16: “ è riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto comunitario e alle

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propongono di regolarne la circolazione per ragioni non attinenti alla disciplina del commercio con l’estero nel suo complesso.

Difficilmente si tratta di divieti assoluti sebbene non manchino esempi in tal senso, come quelli riferiti a cose che non possono essere lecitamente possedute in forza di una disciplina che riguarda la circolazione interna del bene e pertanto di riflesso ne è esclusa la possibilità di importazione. Ad esempio, già la L. 110/197510 vieta la detenzione di armi da guerra11, che a rigore si devono quindi ritenere non più importabili da parte dei soggetti a cui è vietata la detenzione. Non è però esclusa la possibilità di importazione qualora il bene non venga destinato al suo uso proprio, come nel caso di impiego per scopi di studio, sperimentazione, collaudo12.

Nell’intervento pubblico nel settore degli scambi commerciali con l’estero, le norme positive che dettano discipline vincolistiche specifiche, relative quindi a particolari categorie di beni piuttosto che all’attività commerciale con l’estero in sé, assumono un ruolo preponderante rispetto a quelle che pongono divieti generali.

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Cfr. par. 3.1.

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Art. 10, comma 1: “A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, non possono

rilasciarsi licenze per la detenzione o la raccolta di armi da guerra, o tipo guerra, o di parti di esse, o di munizioni da guerra”.

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Art. 10, comma 5: “Salva la normativa concernente la dotazione di armi alle Forze armate ed ai

Corpi armati dello Stato, è consentita la detenzione e la raccolta delle armi e dei materiali indicati nel primo comma allo Stato e, nell'ambito delle loro competenze, agli enti pubblici in relazione all'esercizio di attività di carattere storico o culturale nonché ai soggetti muniti di autorizzazioni per la fabbricazione di armi da guerra o tipo guerra o di munizioni da guerra per esigenze di studio, di esperimento, di collaudo”.

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Generalmente i limiti all’importazione o all’esportazione di certe merci sono collegati non già ad un divieto assoluto di circolazione, ma ad una necessità di controllo, a vari fini, della circolazione delle stesse.

Questi controlli, disciplinati da normative distinte ad autonome le une dalle altre, sono quelli che oggi rappresentano la parte più significativa del residuo intervento vincolistico da parte dello Stato in relazione alle operazioni di importazione e di esportazione, e all’interno di questa categoria possiamo annoverare anche il regime delineato dalla L. 185/90.