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Il campo di applicazione

3. La Legge 185/1990

3.2 Il campo di applicazione

In linea generale la L. 185/1990 si applica alle armi da guerra ed esclude le armi comuni da sparo17, ad eccezione di quelle oggetto di trasferimenti intracomunitari ed esportazioni dirette ad enti governativi, Forze armate o di polizia. Oggetto della disciplina legislativa sono quindi i “materiali d’armamento” definiti dal primo comma dell’art. 2 come “materiali che, per requisiti o per caratteristiche tecnico-costruttive e di progettazione, sono tali da considerarsi costruiti per un prevalente uso militare o di corpi armati

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Sono considerate “armi comuni da sparo” quelle che presentano caratteristiche tali da renderle utilizzabili per la difesa personale, per la caccia, per lo sport o per giochi da sala. Ai sensi della Legge 110/1975 sono considerate “armi comuni da sparo” anche alcuni tipi di armi antiche conservate ai fini di collezione, armi ad aria compressa e strumenti lanciarazzi.

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o di polizia”18. Con la dizione “prevalente uso militare”, ci si è voluto riferire non solo a prodotti ad esclusivo uso militare, ma anche ad alcuni materiali a doppio uso civile e militare. Questo aspetto fu ampiamente dibattuto in sede di redazione della normativa in quanto il riferimento all’esclusivo uso militare avrebbe consentito di sottrarre una serie di beni suscettibili di duplice uso dal campo di applicazione di una sistema comunque fortemente vincolistico e limitativo del diritto di impresa privata. Alla fine, comunque, prevalse l’ipotesi più rigorosa.

Continuando nella precisazione dei beni a cui si applica la L. 185/90, il secondo comma dell’art. 2 riporta l’elenco di 13 categorie in cui questi devono essere classificati19. All’esito della modifica operata dal D.lgs. 105/2012, l'elenco dei materiali di armamento da

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L’art. 1 della Legge 110/1975 definisce “armi da guerra” le “armi di ogni specie che, per la

loro spiccata potenzialità d’offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari”. Sono “armi tipo guerra” quelle che “pur non rientrando tra le armi da guerra, possono utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra o sono predisposte al funzionamento automatico per l’esecuzione del tiro a raffica e presentano caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra”.

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Art. 2.2: “a) armi nucleari, biologiche, chimiche; b) armi da fuoco automatiche e relativo

munizionamento; c) armi ed armamento di medio e grosso calibro e relativo munizionamento; d) bombe, torpedini, mine, razzi, missili e siluri; e) carri e veicoli appositamente costruiti per uso militare; f) navi e relativi equipaggiamenti appositamente costruiti per uso militare; g) aeromobili ed elicotteri e relativi equipaggiamenti appositamente costruiti per uso militare; h) polveri, esplosivi, propellenti, ad eccezione di quelli destinati alle armi di cui al comma 11 dell'articolo 1; i) sistemi o apparati elettronici, elettro-ottici e fotografici appositamente costruiti per uso militare; l) materiali speciali blindati appositamente costruiti per uso militare; m) materiali specifici per l'addestramento militare; n) macchine, apparecchiature ed attrezzature costruite per la fabbricazione, il collaudo ed il controllo delle armi e delle munizioni; o) equipaggiamenti speciali appositamente costruiti per uso militare”.

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comprendere nelle categorie deve essere individuato anche con riferimento ai prodotti per la difesa di cui all’allegato alla Direttiva 2009/43/CE, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro della Difesa, di concerto con i Ministri degli Affari Esteri, dell'Interno, dell'Economia, delle Finanze e dello Sviluppo Economico è possibile procedere all’inserimento di nuove categorie e all'aggiornamento dell’elenco dei materiali di armamento, qualora sia necessario in ottemperanza a disposizioni comunitarie, e comunque tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e della produzione industriale, nonché degli accordi internazionali cui l’Italia aderisce.

Al fine dell’applicazione della L. 185/90, sono considerati materiali di armamento anche le parti di ricambio e i componenti specifici dei materiali di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2, così come i disegni, gli schemi ed ogni tipo ulteriore di documentazione e d’informazione necessari alla loro fabbricazione, utilizzo o manutenzione (art. 2, comma 4).

Il comma 11 dell’art. 1 è stato modificato per includere nell’applicazione della L. 185/90 anche le armi e munizioni comuni da sparo, le armi sportive e da caccia e relative munizioni, le cartucce per uso industriale e gli artifizi luminosi e fumogeni, quando i

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trasferimenti intracomunitari e le esportazioni dei predetti materiali siano destinati ad enti governativi o Forze armate o di polizia.

Se da un lato, quindi, il campo di applicazione della L. 185/1990 risulta più ampio, includendo materiali ed equipaggiamenti per l’esercito che non sono classificabili quali armi da guerra, dall’altro, la definizione di “materiale d’armamento”, come indicata in termini generali dall’art. 2, comma 1, della L. 185/90, risulta più restrittiva della definizione di “arma da guerra” e di “arma tipo guerra” quale indicata nella Legge 110/1975. Ne consegue che, da un confronto dei dispositivi delle due leggi, talune piccole armi tipo guerra restano disciplinate dalla precedente normativa e dalle sanzioni previste dall’art. 28 TULPS.

Infatti, mentre la Legge 110/1975 considera “armi tipo guerra” quelle armi comuni da sparo che siano“predisposte” al funzionamento automatico, e perciò per il tiro a raffica, l’art. 2, comma 1, della L. 185/1990 contempla quei materiali di armamento che siano “appositamente costruiti” per un prevalente uso militare. Pertanto, per essere considerata materiale di armamento e quindi sottoposta alla Legge 185/1990, non è sufficiente che un’arma sia predisposta per il tiro a raffica, ma deve essere appositamente costruita per tale fine. La Cassazione ha infatti precisato che: “non è sufficiente una meramente

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potenziale destinazione né la reversibilità dall’uso civile a quello militare, né l’adattabilità o la trasformabilità mediante modifiche o installazioni di più o meno facile approntamento, ma bisogna che risulti la già intervenuta apposita costruzione in modo da soddisfare le necessità di un uso militare, perché le armi possano essere ritenute materiali d’armamento”20

. Di conseguenza, in generale tutti i fucili non automatici e diversi da quelli classificati come “armi comuni da sparo” rientrano all’interno della disciplina precedente come “armi tipo guerra”. Una parte minoritaria della dottrina ritiene che anche i fucili tipo guerra rientrino nella nuova normativa, sia perché predisposti al funzionamento automatico, sia perché la L. 185/90 esclude solo le armi corte non esprimendosi sulle armi lunghe che potrebbero rientrare nel materiale di armamento21.

Con le modifiche introdotte alla Legge, il regime di controlli e autorizzazioni nel caso in cui il soggetto destinatario sia una forza armata o di sicurezza di un altro Paese sarà quello delle armi “ad uso militare” prevista dalla Legge 185/90, con le relative competenze per

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Cass. Pen., sez. I, 18 maggio 1993, n. 7011.

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C. BONAIUTI, La normativa italiana sul commercio delle armi, in M. SIMONCELLI, Armi

leggere, guerre pesanti. Il ruolo dell’Italia nella produzione e nel commercio internazionale,

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il rilascio dell’autorizzazione e i controlli affidati al Ministero degli Affari Esteri22.

Una possibile elusione della normativa potrebbe essere operata attraverso l’esportazione ad un soggetto privato nel Paese di destinazione che poi lo trasferisca a forze governative23. Infatti la legislazione relativa all’esportazione di armi comuni da sparo non prevede sistemi di controllo post vendita sull’utilizzatore finale, quale potrebbe essere il Certificato di uso finale previsto dall’art. 11 della L. 185/9024.