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8. Diagnosi

8.2 Identificazione biochimica

Storicamente, prima dell’avvento della biologia molecolare, la Nocardia poteva essere identificata in Laboratorio soltanto mediante l’utilizzo di batterie di test biochimici. Tuttavia, a causa della natura solitamente non reattiva a tali test della maggior parte delle specie e del crescente numero di specie descritte, l'assegnazione di specie utilizzando unicamente i test biochimici non costituisce un metodo affidabile per l’identificazione di tutte le specie attualmente conosciute e perciò al giorno d’oggi l’unico metodo di riconoscimento ritenuto affidabile è il sequenziamento genico.

Negli anni sono stati fatti numerosi studi per riuscire a sviluppare dei pannelli di esami che permettessero la corretta identificazione delle specie di Nocardia, ma purtroppo nessuno di questi si è dimostrato adeguato allo scopo.

In tabella 1 sono riassunte alcune delle caratteristiche biochimiche delle principali specie di Nocardia.

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Tabella 1. Alcune reazioni biochimiche delle principali specie di Nocardia 11,14 .

N. o ti ti d isc a via ri um - + - - + + - + - Va riab il e - N. b ra sili en sis + + - + + + - + - - + N. p se u d o b ra sili en sis + + - + + + - + - - + N. fa rc in ica - - - - + - - + - + + N.t ra n sv a lens is - - - + + + + - - Va riab il e - N. n o va - - - + - - N. b re vica tena - - - + - Va riab il e - N. a ste ro id es co m p lex - - - - + - - - - Va riab il e - Idro li si Ca se in a Idro li si L - Tiro sin a Idro li si Xa n tin a G a la tto si o G li ce ro lo Tr ea lo sio Ado n it o lo Esc u li n a Attiv ità Ar il sul fa ta s ica Cr esc ita a 4 5 °C Utili zz o Ac eta m id e

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8.3 Identificazione sierologica

Negli anni sono stati studiati un gran numero di test sierologici per la diagnosi precoce di nocardiosi.

La maggior parte dei metodi utilizza come fonte di antigeni dei filtrati di colture od omogeneizzati di cellule provenienti da campioni di N. brasiliensis o di N. asteroides. I primi studi hanno utilizzato tecniche di immunodiffusione per rilevare gli anticorpi circolanti, ma si sono dimostrati non specifici, riportando risultati positivi in pazienti interessati da infezioni sostenute da micobatteri ed inoltre si sono rivelati inadeguati per la diagnosi dell’infezione in pazienti con ridotta attività del sistema immunitario.

Anche i test di fissazione del complemento sono risultati non specifici, ma, a differenza dei precedenti, questi sono utili per il riscontro degli anticorpi nella maggior parte dei campioni di siero prelevati da pazienti immunocompromessi. Alcuni Autori hanno dimostrato che i livelli anticorpali sembrano essere correlati allo stadio di infezione, con alti titoli nelle fasi precoci di malattia o, addirittura, ancor prima della comparsa dei sintomi.

Western Blot ed ELISA sono stati utilizzati per la ricerca degli anticorpi diretti contro antigeni, rappresentati da specifiche proteine ad alto peso molecolare comuni a varie specie di Nocardia e Actinomadura e non cross-reagenti con gli anticorpi prodotti in risposta a infezioni da Mycobacterium tuberculosis, rilevando risposte immunologiche alla Nocardia spp. nei pazienti immunosoppressi.

In uno studio su modello murino è stata valutata la possibilità di impiegare una vasta batteria di antigeni e un’ampia varietà di metodologie sierologiche per la rilevazione di anticorpi prodotti contro gli isolati identificati come N. asteroides; è stato concluso che devono essere utilizzati molti antigeni per ottimizzare la sensibilità e la specificità dei test sierologici per la diagnosi di nocardiosi.

Al giorno d’oggi, nessun test sierologico è utilizzato routinariamente per identificare i pazienti con infezioni da Nocardia spp. Il principale problema dello sviluppo di metodiche sierodiagnostiche deriva dal fatto che ospiti infettati da Nocardia spp., producono una minima risposta anticorpale non specifica, infatti la maggior parte degli antigeni di Nocardia spp. riconosciuti dall’ospite, hanno numerosi epitopi in comune con vari antigeni di altri actynomicetes, quali Mycobacterium spp., Rhodococcus spp. e

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Nessuno di questi metodi sierologici è stato estensivamente valutato negli ultimi anni: sembra infatti che l'utilità di una singola metodologia sierologica per la rilevazione di malattie determinate da Nocardia spp. sia limitata dalla grande varietà delle specie note per causare infezioni e dalla potenziale mancanza di sensibilità per la rilevazione di una risposta anticorpale in pazienti immunocompromessi.

8.4 Identificazione molecolare

I metodi molecolari hanno avuto un enorme impatto sulla tassonomia delle specie di

Nocardia. L'analisi delle sequenze geniche ha permesso una maggiore comprensione dei

rapporti filogenetici di Nocardia spp. e degli organismi correlati e ha portato al riconoscimento di numerose nuove specie di Nocardia in maniera molto più rapida e precisa di quanto sia possibile con le tecniche fenotipiche.

Molti metodi di identificazione molecolare sono stati impiegati con successo per identificare e caratterizzare le specie di Nocardia.

Il sequenziamento parziale del gene dell’rRNA 16s è ritenuto il gold standard per l’identificazione della Nocardia spp., tuttavia, la conservazione dell’RNA 16s può rappresentare un ostacolo nella distinzione di specie strettamente correlate 121. Per superare tale difficoltà e riuscire a stabilire le relazioni filogenetiche che intercorrono tra le diverse specie di Nocardia e al loro interno, sono studiate mediante Multilocus sequence analysis (MLSA) le sequenze di numerosi geni tra cui heat shock protein da 65 kDa (hsp65), la gyrase B della subunità ß della topoisomerasi del DNA (gyrB), la subunità A della pre-proteina translocasi SecA (secA1) e l'RNA polimerasi (rpoB), che si sono dimostrati essere marker migliori dell’rRNA 16s e hanno permesso una certa identificazione delle differenti specie 54,121.

In particolar modo, l’analisi dei geni di rpoB e gyrB sembra avere il maggior potere discriminativo rispetto agli altri geni suddetti e, in combinazione all’analisi dell’rRNA 16s, offre un metodo rapido -e relativamente economico- per lo studio delle specie di

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8.5 Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale deve essere posta con diverse patologie, le principali sono riportate nella figura sottostante (Fig.15):

Figura 15. Principali patologie da porre in diagnosi differenziale con la nocardiosi 5.

• Infezioni micotiche, incluse aspergillosi, mucormicosi, istoplasmosi, blastoicosi e criptococcosi

• Infezioni batteriche, tra actinomicosi e Rhodococcus equi • Infezioni da micobatteri tubercolari e non

• Neoplasie polmonari, primitive o metastatiche Forma polmonare

• Malattie linfocutanee: sporotricosi, infezioni da Mycobacterium marinum • Celluliti superficiali: infezioni da Streptococcus gruppo A, Staphylococcus

aureus, Erysipelothrix spp. e Francisella tularensis

• Micetoma (fase tardiva): actinomicosi, infezioni micotiche (Pseudoallescheria spp. e altri funghi)

• Altre: leishmaniosi cutanea, criptococcosi, infezioni da micobatteri a rapida crescita (M. fortuitum, M. Chelanae)

Forma cutanea

• Neoplasie, primitive o secondarie • Ascessi di natura batterica

• Infarcimenti vascolari

• Altre: toxoplasmosi, M. tuberculosis, infezioni fungine (incluse criptococcosi, aspergillosi, mucomicosi), cisticercosi

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9. Terapia

La terapia antibiotica rappresenta il trattamento d’elezione della nocardiosi, tuttavia questa è ancora oggi dibattuta a causa della mancanza di Linee Guida Europee o Internazionali.

Lo sviluppo di Linee Guida è ostacolato da molteplici fattori: infatti, come prima cosa si evidenzia la mancanza di studi clinici controllati; secondariamente, la difficoltà nell’esecuzione di test di suscettibilità in vitro che, soprattutto in passato, a causa della non standardizzazione dei test, ha portato a risultati estremamente variabili e contraddittori; inoltre, la mancanza di dati certi circa la correlazione della suscettibilità in

vitro con l'efficacia terapeutica in vivo ed, infine, anche la mutevolezza della tassonomia

delle specie Nocardia 5,122,123.

La terapia dovrebbe essere guidata da test di suscettibilità in vitro eseguiti in laboratori specializzati nel testare i ceppi di Nocardia spp. mediante il metodo di microdiluizione in brodo utilizzando i valori di riferimento CLSI 124.

Nonostante il trattamento antibiotico rappresenti la terapia d’elezione per la risoluzione delle infezioni da Nocardia spp., in alcuni pazienti può essere indicato anche un intervento chirurgico che può contribuire ad un esito favorevole.

In altri casi, però, il decorso clinico dei pazienti con infezione primaria si può venire a complicare con un fallimento terapeutico che si può manifestare come diffusione metastatica del microorganismo o recidiva tardiva di infezione.

Infatti, sono state documentate da Byrne et al. recidive in pazienti con nocardiosi cerebrale fino ad un anno o più dalla sospensione da una terapia ritenuta adeguata 60,125. Sin dal 1940, i sulfamidici, con o senza trimetoprim, hanno rappresentato il pilastro della terapia per la nocardiosi umana 12,18,60.

Prima dell'introduzione dei sulfamidici in terapia, la mortalità da infezioni invasive era quasi al 100%, mentre al giorno d’oggi il tasso di guarigione si attesta al 50% nei casi di ascessi cerebrali, arrivando fino al 90% nei paziento con malattia pleuropolmonare e quasi al 100% in caso di infezioni di cute e tessuti molli 13,60.

Il trimetoprim-sulfametossazolo è la combinazione di farmaci che viene più frequentemente utilizzata in terapia; tuttavia, il suo largo utilizzo non deve essere correlato a sinergismo dei due farmaci o ad una migliore efficacia rispetto al trattamento sulfonamidico esclusivo, quanto alla farmacocinetica favorevole, come, ad esempio, la

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capacità del farmaco di penetrare la barriera emato-encefalica e di diffondere nel liquido cerebrospinale18,60.

Per quanto concerne la terapia empirica da intraprendere prima della disponibilità dell’antibiogramma, è raccomandato un regime di combinazione comprendente trimetoprim-sulfametossazolo e linezolid, e/o imipenem, e/o minociclina, e/o una cefalosporina di terza generazione con o senza amikacina per pazienti con infezione polmonare, interessamento cerebrale e/o malattia disseminata oppure per quei pazienti che assumono farmaci immunosoppressivi 11,12,59,95,126.

L’uso dei sulfamidici, o la combinazione trimetoprim-sulfametossazolo più amikacina con un farmaco β-lattamico garantisce una risposta alla terapia, in quanto nessuna specie è resistente contemporaneamente all’amikacina e a un β-lattamico 12.

Delle tetracicline, la minociclina ha la migliore attività in vitro ed è stata utilizzata per i pazienti allergici alle sulfonamidi 12. Nonostante alcuni successi riscossi dalla terapia con minociclina per batteri resistenti al trimetoprim-sulfametossazolo, sono riportati casi di fallimento terapeutico dopo l’uso di tale farmaco, che perciò dovrebbe essere utilizzato solo dopo l’acquisizione dell’antibiogramma 12.

Altri antimicrobici, tra cui le cefalosporine (cefpirome, cefepime, ceftriaxone e cefotaxime), sono stati studiati in vitro contro gli isolati di Nocardia spp. Generalmente questi sono risultati più efficaci in vitro contro gli isolati di N. asteroides tipo VI, N.

abscessus, N. nova complex e N. transvalensis complex rispetto a N. farcinica, N. otitidiscaviarum e N. brasiliensis 12. La maggior parte degli isolati di N. farcinica sono resistenti alle cefalosporine, incluse quelle ad ampio spettro 12,43.

Solo alcune specie di Nocardia invece sono risultate suscettibili ai carbapenemi e ai chinoloni. Dei carbapenemi, il meropenem è risultato meno attivo contro N. farcinica e

N. nova, mentre risulta maggiormente attivo verso le altre specie di Nocardia; per quanto

riguarda i chinoloni, è stata vista una migliore attività di gatifloxacina e moxifloxacina rispetto alla ciprofloxacina, verso cui diverse specie risultano resistenti.

Gli isolati di N. asteroides di tipo VI, N. abscessus, N. nova e N. farcinica, a differenza di

N. brasiliensis, non sono suscettibili a combinazioni di penicilline e inibitori delle beta

lattamasi, come l’amoxicillina-clavulanato.

L’amoxicillina-clavulanato è il farmaco di scelta per i pazienti con infezioni da N.

brasiliensis che non possono tollerare i sulfamidici 12,48.

Un farmaco molto efficace è il linezolid che ha mostrato una straordinaria attività in vitro e in vivo contro la maggior parte delle specie di Nocardia di interesse clinico. Questo

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rappresenta l’unico farmaco, ad eccezione dei sulfamidici, che è risultato attivo contro tutte o quasi le specie di Nocardia e per questo viene impiegato nel trattamento anche di quei pazienti che sono già andati incontro a fallimenti terapeutici. Inoltre, il linezolid viene somministrato per via orale, mentre amikacina, ceftriaxone e imipenem vengono somministrati per via endovenosa.

Nonostante il linezolid abbia una eccellente biodisponibilità e riesca a superare la barriera emato-encefalica, il limite al suo utilizzo è rappresentato dagli effetti tossici associati alla prolungata somministrazione, quali la mielosoppressione, l’acidosi lattica, la neuropatia periferica e la neurite ottica 17.

In tabella 2 sono riportati regimi antibiotici empirici consigliati nelle infezioni da

Nocardia spp.

Tabella 2. Regimi antibiotici empirici consigliati nella nocardiosi nell'adulto.

INFEZIONI NON GRAVI

Infezione cutanea primitiva TMP-SMX 5-10 mg/Kg p.c. del componente TMP P.O. diviso in 2

dosi/die (regime di scelta) oppure

Minociclina 100 mg P.O. diviso in 2 dosi/die (regime alternativo) Micetoma non grave TMP-SMX 5-10 mg/Kg p.c. del

componente TMP P.O. diviso in 2 dosi/die

+/-

Dapsone 100 mg/die P.O. Forma polmonare lieve-moderata in pz.

immunocompetenti

TMP-SMX 5-10 mg/Kg p.c. del componente TMP P.O. diviso in 2

dosi/die

Forma polmonare lieve-moderata in pz. immunosoppressi TMP-SMX 15 mg/Kg p.c. del componente TMP P.O. diviso in 3-4

dosi/die INFEZIONI GRAVI

Micetoma grave Imipenem 500 mg IV ogni 6 ore +/-

Amikacina 7,5 mg/Kg IV ogni 12 ore Malattia polmonare grave o Malattia disseminata senza

coinvolgimento SNC

TMP-SMX 15 mg/Kg del componente TMP IV diviso in 3-4 dosi/die

+

Amikacina 7,5 mg/Kg IV ogni 12 ore (regime di prima linea)

Oppure

Imipenem 500 mg IV ogni 6 ore +

Amikacina 7,5 mg/Kg ogni 12 ore (regime alternativo) Coinvolgimento di 2 o più siti in pz.

Immunocompromessi (senza coinvolgimento SNC)

TMP-SMX 15 mg/Kg del componente TMP IV diviso in 3-4 dosi/die

+

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(regime di prima linea) Oppure

Imipenem 500 mg IV ogni 6 ore +

Amikacina 7,5 mg/Kg ogni 12 ore (regime alternativo)

Malattia cerebrale isolata TMP-SMX 15 mg/Kg del componente TMP IV diviso in 3-4 dosi/die

+

Imipenem 500 mg IV ogni 6 ore Malattia cerebrale con coinvolgimento multiorgano (o

almeno di un altro sito oltre al SNC)

TMP-SMX 15 mg/Kg del componente TMP IV diviso in 3-4 dosi/die

+

Imipenem 500 mg IV ogni 6 ore +

Amikacina 7,5 mg/Kg ogni 12 ore

La maggior parte dei pazienti con nocardiosi mostra un miglioramento clinico entro 7-10 giorni dall'inizio della terapia empirica con sulfamidici, con o senza trimetoprim.

La via di somministrazione dei farmaci può essere influenzata dallo stato clinico del paziente.

È consigliato, almeno una volta dopo l'inizio della terapia, eseguire una misurazione della concentrazione sierica dei sulfamidici per determinare se l’assorbimento stia avvenendo in maniera adeguata e per fornire una base per regolarne il dosaggio: i livelli raccomandati nel sangue sono da 100 a 150 μg/mL circa 2 ore dopo una dose orale 60.

La terapia con sulfamidici deve essere somministrata ad alte dosi (da 3 a 6 g/die) per periodi prolungati 12.

In particolare, negli adulti con normale funzione renale e malattia localizzata, la dose raccomandata di trimetoprim è di 5-10 mg/kg al giorno e quella di sulfametossazolo è 25 mg/kg al giorno, suddivisi in tre o quattro dosi; tale dosaggio serve a mantenere concentrazioni sieriche di sulfamidici pari a 100- 150 μg/mL 127.

Nei pazienti con infezione cutanea primaria, inclusa la nocardiosi sporotricoide, un dosaggio di trimetoprim-sulfametossazolo a 5 mg/g al giorno (componente TMP) è sufficiente in combinazione con un debridement chirurgico 127.

Dosi iniziali più elevate (15 mg/kg trimetoprim e 75 mg/kg sulfametossazolo per via endovenosa) vengono spesso utilizzate nei pazienti con ascessi cerebrali, infezione estesa e disseminata, o in AIDS 127. Dopo 3-6 settimane le dosi possono essere ridotte e somministrate per via orale.

La terapia a lungo termine è una pratica condivisa, anche se la necessaria durata del trattamento non è stata ancora ben definita: di solito è consigliato un periodo di 6-12 mesi,

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ma la durata della terapia deve essere adeguata all'immunosoppressione sottostante e al progresso clinico del paziente 55,128,129.

Nelle forme di nocardiosi cutanea primitiva la terapia è consigliata per 1- 3 mesi 60. I pazienti non immunocompromessi con nocardiosi che non coinvolge il SNC devono essere trattati per almeno 6 mesi, mentre quelli con coinvolgimento cerebrale per almeno 12 mesi 55. Questi pazienti devono inoltre essere monitorati per almeno un anno per rilevare recidive tardive 55.

I pazienti immunosoppressi HIV -negativi devono essere trattati per un anno o anche più a lungo se si verificano peggioramenti intercorrenti dell'immunosoppressione, come ad esempio il rigetto di un innesto55.

I pazienti che devono essere mantenuti in terapia con steroidi o con farmaci citotossici possono seguire una terapia di mantenimento prolungata a basse dosi 55,130. Va segnalato che nei pazienti sottoposti a trapianto d’organo e trattati con ciclosporina, il trimetoprim- sulfametossazolo può causare nefrotossicità reversibile indotta da ciclosporina 60,129. I pazienti gravemente malati con infezione isolata resistente ai sulfamidici possono essere trattati per via intravenosa con imipenem o cefotaxime o ceftriaxone da soli o potenzialmente combinati con amikacina; i pazienti meno gravi possono essere trattati con agenti orali come la minociclina (100 mg / bid per più di 6 mesi), che è ben tollerata 55. Questa può essere usata da sola o, se necessario, in combinazione.

Altre alternative orali, utilizzabili solo dopo averne dimostrato l'attività in vitro, sono amoxicillina-clavulanato, doxiciclina, eritromicina, claritromicina, linezolid, fluorochinoloni e loro combinazioni.

La tigeciclina ha dimostrato di essere attiva in vitro; tuttavia, non sono noti dati circa la sua applicazione in vivo 55,130.

Inoltre, è ritenuto opportuno che i pazienti affetti da HIV ricevano una terapia di mantenimento a lungo termine.

Un problema che si incontra non di rado e che può complicare la terapia dei pazienti affetti da HIV è l'intolleranza al trimetoprim-sulfametossazolo 60,131.

Nonostante i loro evidenti benefici, gli aminoglicosidi sono comunemente sospesi per intolleranza o per fenomeni di ipersensibilità al farmaco.

Tra le diverse cause di sospensione di trimetoprim-sulfametossazolo si hanno mielodepressione, in particolare con leucopenia, epatotossicità, insufficienza renale e rash 5,18,132-134. Pertanto, al momento dell'isolamento del microorganismo, è opportuno

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ottenere i valori di suscettibilità del microorganismo ai farmaci in vitro, in quanto il verificarsi di un evento avverso può richiedere l'utilizzo di un'alternativa.

Nuovi metodi di somministrazione degli antibiotici, come la nebulizzazione per aerosol, possono consentire l'uso a lungo termine degli aminoglicosidi in monoterapia per coloro che hanno malattia limitata al polmone senza correre il rischio di sviluppo di tossicità sistemiche; i pazienti con Fibrosi cistica, influenza, infezioni da Pneumocystis Carinii o affetti da Granulomatosi di Wegener hanno mostrato giovamento dal trattamento con farmaci somministrati per aerosol 18.

La raucedine, che si risolve dopo la sospensione della terapia, è una complicanza nota della somministrazione degli aminoglicosidi nebulizzati.

Qualora un paziente continui a presentare febbre durante la terapia antibiotica, è importante considerare diversi fattori, quali il fallimento terapeutico, la febbre da farmaco, un ascesso localizzato che può richiedere il drenaggio chirurgico o un'infezione opportunistica coesistente o secondaria determinata da un altro agente patogeno 60. L’antibiogramma deve essere eseguito su tutti gli isolati clinici, preferibilmente in un laboratorio di riferimento specializzato.

I risultati di tale test non solo possono evidenziare fenomeni di resistenza primaria o acquisita ai farmaci, che possono complicare la terapia farmacologica di un paziente, ma forniscono anche una base razionale per la selezione di agenti antimicrobici alternativi. Infatti, i livelli di resistenza della Nocardia spp. al trimetoprim-sulfametossazolo riportati in Letteratura sono vari: diversi studi sui profili di suscettibilità antibiotica di isolati di

Nocardia spp. hanno evidenziato una crescente ed importante farmaco-resistenza verso il

trimetoprim-sulfametossazolo, che può arrivare fino quasi al 50%, mentre molti altri studi continuano a sostenere la quasi totale suscettibilità degli isolati verso tale farmaco. 13,56,59,123,135.

Tali differenze possono essere ricondotte a vari motivi tra cui differenze geografiche, l’acquisizione di nuove resistenze in seguito a terapia con sulfamidici e alle differenti metodologie e tecniche interpretative tra i vari laboratori, dovute prevalentemente alla mancanza, maggiormente in passato, di metodologie standardizzate 56,122,135,136. Tuttavia, in alcuni studi è stato notato che i pazienti infettati da ceppi di Nocardia risultati resistenti al trimetoprim-sulfametossazolo hanno risposto positivamente al trattamento con questo stesso farmaco 56,122.

La decisione della corretta terapia può rivelarsi molto complicata poiché questa deve tener conto di molteplici aspetti, quali il sito e il tipo di infezione, la specie di Nocardia

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determinante la patologia, lo stato immunologico del paziente ed eventuali comorbidità. Per tutti questi motivi, l’antibiogramma assume un ruolo fondamentale nella scelta del farmaco, soprattutto in quei casi in cui si verificano un fallimento terapeutico o una recidiva.

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10. Lo studio

10.1 Scopo

Al giorno d’oggi, nonostante gli enormi progressi raggiunti dalla medicina moderna, la nocardiosi rimane una condizione clinica spesso misconosciuta e trascurata. Ciò accade sia per la grande varietà delle manifestazioni cliniche, che spesso deviano l’attenzione del clinico verso altre patologie più frequenti, sia per la totale aspecificità dei reperti clinici e laboratoristici che può portare ad un ritardo diagnostico importante con conseguenze potenzialmente invalidanti e, in alcuni casi, drammatiche.

Quello proposto in questa tesi è uno studio retrospettivo sulla casistica delle nocardiosi verificatesi nell’Unità Operativa (U.O.) di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero- Universitaria Pisana (AOUP) osservate nel periodo 2001-2017, per un totale di 8 casi. Obiettivo primario del nostro studio è l’analisi dei dati ottenuti dalla revisione delle cartelle cliniche, al fine di valutarne le caratteristiche epidemiologiche, patogenetiche, cliniche, laboratoristiche ed analizzare il percorso diagnostico e terapeutico.

Obiettivo secondario sarà un’analisi della modalità di gestione dei pazienti, con particolare attenzione rivolta verso possibili ritardi diagnostici e quindi terapeutici, col fine di individuare eventuali punti critici e, di conseguenza, permettere un miglioramento

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