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Il bazar degli schia

L’Egitto nel primo Ottocento

IV.6. Il bazar degli schia

Numerosi sono i quadri portati dai viaggiatori o dai pittori che hanno visitato l’Egitto in diverse epoche. Ritroviamo sempre, in tutti i quadri, un ragazzo nero dipinto insieme alle donne dell’harem, o da solo come servo nel palazzo.303

Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questo aspetto della società egiziana. Gli schiavi si trovano in ogni palazzo e ad ogni angolo delle strade egiziane; di pelle nera o bianca, compaiono nei quadri e nelle descrizioni dei viaggiatori. Queste povere anime si vendono in mercati speciali chiamati “bazar degli schiavi”.

Il bazar degli schiavi era conosciuto in Egitto fin dal tempo degli antichi egizi, e ha continuato a esistere come mercato per vendere gli schiavi fino all’inizio del ventesimo secolo, quando il kedewi Ismail Pascià decise ufficialmente di chiudere il mercato degli schiavi e di liberarli tutti, ma purtroppo i suoi tentativi di liberarli rimasero solo una legge inapplicata.304 Tutti i viaggiatori che avevano

l’opportunità di visitare l’Egitto visitavano questo mercato. Diverse descrizioni narrano la miseria delle vittime di questo commercio. Forni, Nizzoli e Rosellini presentano un quadro generale dei diversi mercati di schiavi che hanno visitato. Durante il soggiorno, i tre viaggiatori visitano i bazar degli schiavi più grandi e famosi in grandi città come Il Cairo e Alessandria. I tre autori offrono diverse immagini di questi mercati e riportano vari racconti di ciò che hanno visto durante il loro giro tra questi bazar o che hanno sentito dagli schiavi stessi.

Iniziamo con una descrizione di Giuseppe Forni riguardante la differenza tra la condizione degli schiavi in Oriente (precisamente nel mondo musulmano) e quella degli schiavi in America. In poche parole Forni spiega come i musulmani trattano gli schiavi in Oriente, precisamente in Egitto. Racconta che quando comprano l’uomo al mercato, questo diventa un membro della famiglia che serve. Gli schiavi vengono trattati bene, al contrario degli Americani o degli antichi Romani:

E di vero enorme è la differenza che corre tra la schiavitù americana e quella de’ Musulmani, presso i quali codesta condizione

303 Resha Adeli, Il Cairo la città e le memorie, Giza, Nahdet Misr Publishing Group, 2012, p. 136 304 Hussen Knevani, Il kedewi Ismail e la sua passione per l’Egitto, Cairo, IslamKotob, 1997, p. 175.

non è né sì dura né sì avvilita. Il Musulmano tiene lo schiavo in conto d’uomo e lo tratta in modo che’ei potrebbe dirsi adottato come membro della famiglia cui serve, non già come un automa od un arnese di casa, qual volevano farne le antiche leggi del romano impero sugli schiavi d’Oriente.305

Nonostante la presentazione di Forni che descrive il buon trattamento degli schiavi in Egitto, tutti gli storici (sia arabi che viaggiatori) descrivono le loro cattive condizioni. Basta solo ricordare le descrizioni degli schiavi (sia donne che uomini) nei mercati da parte di tanti scrittori,306 che scrivono che gli schiavi vengono

presentati come animali o peggio. Sono stanchi e nudi.

Amalia scrive che, durante il suo soggiorno in Egitto, una mattina lei e suo marito Giuseppe Nizzoli sono andati in un bazar degli schiavi di nome Okela, descritto come un brutto mercato. Racconta che in questo brutto mercato vede giovani neri di diversa età e sesso, seduti per terra sopra un tappeto di stuoie vecchie e sporche. Gli occhi stanchi e pieni di tristezza aspettano un compratore che venga e cambi la loro vita in meglio. I proprietari degli schiavi siedono in un angolo vicino a loro, fumano la pipa e parlano fra loro. Quando arriva un cliente, o qualcuno passa davanti agli schiavi, il venditore li obbliga ad alzarsi in piedi per girare attorno a loro, mostrando il corpo degli schiavi, le loro capacità e la loro forza fisica, per convincere gli acquirenti a comprarne uno. Non solo, ma apre loro anche la bocca per mostrare che lo schiavo è in buona salute e di buona costituzione. In questa maniera, come racconta Amalia, vengono venduti gli schiavi in questo mercato:

Quindi un bel mattino con mio marito mi recai alla così detta

Okela ove si esercita questo brutale commercio. Ivi ebbi occasione di

vedere una quantità di Negri di ambo i sessi, e per lo più giovani di fresca età mescolati insieme, e sdraiati per terra sopra vecchie stuoie piene di succidume. Stavano essi colà nudi aspettando di essere tolti da quello stato d’inesplicabile miseria da qualche voglioso compratore. I

305 Giuseppe Forni, Viaggio nell’Egitto e nell’alta Nubia, cit., I, p. 171.

306 Nawal Shawabkeh, La letteratura di viaggio nelle opere dei viaggiatori tunisini e andalusi fino al IX secolo, Giordania, Daralmamoun, 2008, p. 109.

mercanti proprietarii di que’ disgraziati Negri se ne stavano intanto fra essi discorrendo seduti sopra alcune pietre in un angolo del cortile, o piuttosto piazzale, fumando le loro pipe. A misura poi che qualche compratore, dopo d’aver fatto il giro davanti ai varii gruppi dei Negri giacenti sulla porta dei magazzini, si presentava per farne acquisto, il proprietario obbligava i suoi schiavi ad alzarsi in piedi, e li faceva esaminare ad uno ad uno, e passare come in rivista dal compratore vantandone la robustezza, mostrando la larghezza delle spalle, aprendo egli stesso la bocca a quegli infelici di cui pensava disfarsi, ed in fine indicando le belle forme ed il bel seno, se trattavasi d’una femmina. In questo modo il proprietario si adoperava onde fare pomposa mostra della propria merce e vieppiù facilitarne la vendita.307

Anche Rosellini, che aveva visitato lo stesso posto, lo descrive come un grande mercato che si trova al Cairo e si chiama Okele, dove vengono venduti gli schiavi e le schiave. Rosellini inserisce una descrizione che riguarda la situazione degli schiavi in questo mercato, che, come ricorda, sono in gran numero e in cattive condizioni. Rosellini riporta un breve discorso di un bambino nato a casa del signor Mac-Ardle,308 che diceva a sua madre mentre questa lo batteva: “Non puoi uccidermi perché sono un schiavo e costo un sacco di soldi”. Rosellini, riferendo il discorso del bambino a sua madre, si sente male per il bimbo, che nonostante le loro cattive condizioni sente di essere importante perché la sua vita vale un po’ di soldi, anche se pochi: In uno di quei gran casali quadrati che in Egitto chiamano okèle, stanno in Cairo le schiave e gli schiavi che si vendono. Ve n’ha immenso numero e n’è pietosa e interessante l’osservazione: questi esseri disgraziati non hanno altra stima di sé che quella del danaro che valgono. Un bambinello nato da una schiava della casa di Mac-Ardle diceva a sua madre che lo batteva: «Tu non puoi ammazzarmi; io sono schiavo e costo moneta». Sono più o meno superbi e cattivi, a misura

307 Amalia Nizzoli, Memorie sull’Egitto e specialmente sui costumi delle donne orientali (1819-1828), cit., pp. 297-298.

che hanno maggiore o minor prezzo.309

Forni, invece, racconta la sua esperienza nel bazar degli schiavi durante il suo soggiorno ad Alessandria. Scrive che il mercato degli schiavi è il posto più curioso di Alessandria, per questo aveva cercato di visitarlo e di vederlo dall’interno. Scrive che, vedendo gli schiavi infelici in questo brutto posto, si sente male a vedere la mescolanza di povera gente di tutti i tipi, per sesso e per età. Questa scena indimenticabile crea in lui un grande dispiacere. Racconta che questi poveri uomini sporgono le mani pregandolo di comprarli e portarli via da quel terribile posto, mentre altri chiedono soldi a Forni per mangiare. Lui dà una piastra a ciascuno di loro. Altri invece chiedono cibo. Forni non può cancellare dalla propria mente l’immagine di questa gente infelice:

Il luogo che visitavamo più spesso in Alessandria, e sempre con curiosità, era il bazar degli schiavi. La veduta di quelle infelici creature, ammontate e confuse senza distinzione di età o di sesso, ne suscitava meste considerazioni; e quella vituperevole scena, alla quale non potevamo avvezzarci che per forza di abitudine, ci teneva sempre occupata la mente. Gli schiavi ricevono tal nutrimento che mai non ne sazia la fame. La prima volta che visitammo quel mercato, molti schiavi si avvicinarono a noi sporgendo la mano siccome mendicanti: diemmo loro qualche piastra acciò si comperassero del pane, con gran piacere de’ mercanti, ossia jallab, i quali al momento del pasto scemarono la razione a ciascuno di quegli infelici.310

Le descrizioni degli autori forniscono una visione completa del mercato degli schiavi in Egitto. Come sappiamo, l’Egitto è stato uno dei primi Paesi al mondo a costruire un mercato per comprare e vendere gli schiavi, provenienti da tutto il mondo. Le diverse leggi promulgate da Mohammed Ali Pascià per chiudere questi posti disgraziati sono rimaste sulla carta, senza essere applicate nella realtà, per vari motivi. Uno di questi è il fatto che diversi uomini di governo erano i proprietari di questi mercati. Per questo erano contrari a tutte le leggi mirate a

309 Ippolito Rosellini, Giornale della spedizione letteraria toscana in Egitto negli anni 1828-1829, cit., p. 44.

chiudere i mercati degli schiavi in Egitto.311 Dalla lettura dei brani dedicati a

questo tema, notiamo che i tre forniscono un’immagine che rappresenta la condizione disgraziata di questa grande parte della società egiziana. Tutti e tre sono d’accordo, nelle loro descrizioni, sul fatto che il bazar è un mercato dove non si trova il senso dell’umanità. La differenza, tuttavia, si nota nel modo di presentare la scena degli schiavi, nelle immagini che si usano per rappresentare la condizione del mercato e degli schiavi. Amalia Nizzoli sceglie di presentare una scena costituita da tre immagini: gli schiavi seduti per terra, i proprietari che fumano la pipa accanto agli schiavi, e la modalità dei proprietari di presentare gli schiavi per convincere il compratore ad acquistarli. Questi tre quadri diversi fanno parte della stessa scena. Amalia mostra il suo dispiacere per la condizione degli schiavi nel mercato, come nel caso di Forni e Rosellini, che parlano dei loro sentimenti nelle descrizioni.

Rosellini invece presenta due immagini importanti. La prima immagine si ritrova nella scena del bambino che dice che lui è importante perché è nato schiavo e costa un sacco di soldi. Questa immagine ha un doppio significato: il primo è l’infelicità di un bambino piccolo che pensa che la sua vita vale dei soldi, anche se pochi, e che per questo lui è ancora vivo, e il secondo è il fatto che la sua vita dipende da chi lo acquista: un quadro che rappresenta la miseria dell’infanzia nel mondo degli schiavi.

Anche Forni esterna profonde emozioni nelle descrizioni delle condizioni di vita degli schiavi nel mercato, parlando di quanto è difficile dimenticare la loro situazione terribile. Si nota che le sue memorie di viaggio, a questo punto, mescolano i suoi sentimenti alle descrizioni. Il nuovo stile nelle memorie di viaggio di Forni permette al lettore di immaginare il quadro da lui descritto per conoscere come vivevano queste povere anime.

Nelle memorie di viaggio di Forni e Nizzoli, così come nel diario di viaggio di Rosellini, si sente nelle loro parole l’emozione che hanno provato ritraendo il quadro generale del Bazar degli schiavi in Egitto.

IV.7. Il divertimento

L’arte in Egitto è considerata uno dei mezzi più importanti per creare un’atmosfera di gioia e divertimento per tutte le classi sociali. Tutti i viaggiatori, provenienti da tutto il mondo,312 hanno lasciato diversi commenti riguardo al fatto

che gli egiziani usano l’arte (soprattutto il canto e la danza) per molti scopi: per divertirsi, per non sentire la fatica e anche per dare energia alla mente e al corpo. Nelle strade, nei caffè, nelle piazze, in ogni angolo d’Egitto, si trovano persone che cantano e danzano, per lavoro o per divertimento personale. Diversi sono i modi per divertirsi in Egitto, ma i più notevoli sono il canto e la danza. Tutti i viaggiatori che hanno visitato l’Egitto hanno descritto una delle feste con danzatrici e cantanti. Queste due forme di divertimento non hanno origine recente, ma si trovano in Egitto dai tempi degli antichi egizi.313 La danza presso gli antichi egizi era

considerata un simbolo di felicità e un modo per festeggiare diverse ricorrenze. Inoltre gli egizi danzavano anche ai funerali, per aiutare i morti a passare nell’aldilà attraverso diversi gesti. Com’è noto, questo tipo di arte si è sviluppata con il tempo con lo sviluppo degli strumenti musicali. La curiosità di vedere uno spettacolo di danza egiziana accompagnata da cantanti è stato poi un motivo d’attrazione per tutti i viaggiatori. La stratificazione sociale si vede anche in questo campo dell’arte, come osservano i tre viaggiatori durante il loro soggiorno in Egitto. L’importanza della danzatrice si basa sulle persone davanti alle quali danza e anche sul luogo in cui danza. Come viene ricordato dai tre viaggiatori, si distinguono così le danzatrici d’alta classe, che si esibiscono nei palazzi, da quelle che danzano in luoghi comuni, che sono considerate danzatrici di classe inferiore.

Durante il soggiorno dei tre autori in Egitto, essi raccontano che sono invitati nei palazzi dei pascià come ospiti ufficiali, per vedere diversi spettacoli di danzatrici e cantanti arabe, in quanto era abitudine degli uomini di governo, dei

312 Mohammed Abd al-Rehaim, La musica degli antichi egiziani, Cairo, Darelfikrelarabi, 2008, introduzione.

capi dei villaggi e dei governatori delle città organizzare feste e invitare tutte le persone importanti, nonché i consoli stranieri e gli stranieri raccomandati dal viceré Mohammed Ali, come nel caso di Forni e Rosellini. Entrambi vengono invitati a cena e poi a una lunga serata di danza araba accompagnata da musica e canti, che dura fino a dopo mezzanotte. La festa viene descritta come tipicamente orientale dai viaggiatori, che mostrano grande emozione nelle loro descrizioni. Si nota che Forni e Rosellini hanno l’opportunità di incontrare i due tipi di danzatrici (quelle d’alta classe e quelle di classe inferiore), grazie alla loro capacità di inserirsi dentro la società egiziana e di fare amicizia non solo con gli uomini di governo, ma anche con gli egiziani di diverse città, che aprono loro le porte per vedere e vivere varie esperienze in Egitto. Amalia, invece, dedica le sue descrizioni riguardanti le danzatrici e il canto solo all’alta classe, per diversi motivi: per la sua amicizia con le donne dell’harem che la invitano a vedere uno spettacolo delle danzatrici arabe nel loro palazzo, e perché è sposata al cancelliere del consolato austriaco Giuseppe Nizzoli, motivo per cui era in contatto con l’alta classe in Egitto. Notiamo anche che tutti e tre gli autori dedicano parte delle loro opere a descrivere e raccontare la loro esperienza riguardo alla passione degli egiziani per tutti i tipi di arte. Raccontano che gli egiziani in generale amano la vita: nonostante la povertà e le difficoltà della loro esistenza, appaiono sempre sorridenti, cantano e danzano in qualsiasi occasione. Sembrano conservare anche alcune delle caratteristiche degli antichi egizi, sia nell’aspetto che nello spirito. Inoltre, dalle descrizioni dei viaggiatori si vede che hanno mantenuto alcune antiche tradizioni, come le canzoni di fatica, considerate una tradizione degli antichi egizi: tutti coloro che fanno una qualsiasi attività cantano insieme, per darsi energia per finire il lavoro, per non sentire la noia e per spezzare la monotonia della giornata di lavoro.314 Come vedremo di seguito, questa abitudine si usava ancora in Egitto in

qualsiasi settore della vita. Rosellini, infatti, nel suo diario di viaggio descrive questa abitudine dal duplice punto di vista storico e culturale e afferma che gli egiziani sono una delle poche popolazioni che hanno conservato alcune delle tradizioni storiche degli antichi.

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