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D. Incentivi per la regolarizzazione delle lavoratrici domestiche

4. L’esigenza di un welfare transnazionale

4.2 L’esigenza di promuovere un welfare transnazionale

4.2.1 Il care drain, l’altra faccia della medaglia.

Quindi, se da un lato questo fenomeno spinge gli individui a partire per poter contribuire anche allo sviluppo del proprio paese di origine attraverso le rimesse che questi invia no alle proprie famiglie, dall’altro c’è da tenere in considerazione l’altra faccia della medaglia.

Si deve tenere conto di quanto questa migrazione metta sotto tensione l’intero assetto familiare del migrante, obbligando i diversi soggetti a distacchi, faticosi riadattamenti e compensazioni di vario genere. Va a configurarsi quella che Ambrosini (2008) definisce una stratificazione internazionale delle opportunità di accudimento, che vede all’apice le famiglie abbienti dei paesi sviluppati, coadiuvate da domestiche, assistenti agli anziani e baby sitter, e alla base vede le famiglie transnazionali dei paesi poveri che si trovano a dover sopperire alle loro di esigenze di cura, dei propri figli e dei propri anziani, che vengono a loro volta lasciati alla cura di nonne o altre donne. Anche Hochschild ed Ehrenreich (2004) hanno ampliamente trattato questo tema sostenendo che oggi le famiglie dei paesi ricchi sottraggono a quelli più poveri una risorsa fondamenta le, connessa ai tradizionali compiti femminili, fatta di dedizione, cure pazienti, attenzio ne costante ai bisogni degli altri, una risorsa che richiama l’amore. Questi autori quando

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parlano di questo fenomeno, parlano di “nuovo oro” volendo intendere proprio l’amore e l’accudimento che le donne che emigrano portano ai paesi occidentali, utilizzando la metafora del colonialismo e dell’imperialismo che nella sua forma più classica hanno comportato il saccheggio, da parte del Nord, delle risorse materiali del Sud del mondo. Quello di cui stiamo parlando è il fenomeno del care drain, termine usato internazionalmente per indicare la perdita di capitale umano in forme di figure assistenziali rilevanti, che si determina con la loro emigrazione all’estero, con un impatto rilevante sui familiari che rimangono, soprattutto se minori.

Infatti questi ragazzi, sebbene avvantaggiati economicamente dalle rimesse finanzia r ie loro inviate dalle madri, soffrono spesso di deprivazione sociale ed emotiva per la carenza del supporto materno, dando luogo a fenomeni di disadattamento e disagio psicosociale che solo in parte sono compensati dalle cure prestate dagli altri membri della rete familiare allargata.

Inoltre, le disposizioni normative dei paesi riceventi rafforzano questa asimmetria: è relativamente facile importare una donna straniera, formalmente o informalmente, per affidarle compiti di accudimento e cura in una famiglia italiana; ben più difficile è invece per lei ricongiungere la propria famiglia, dati i requisiti di regolarità dello status, di reddito dichiarato e di comfort abitativo che le sono richiesti, lasciando da parte i problemi di riconversione occupazionale che la gestione di una famiglia comporta; mentre risulta per lei pressoché impossibile farsi raggiungere dai propri genitori o da altri parenti che potrebbero aiutarla ad assolvere meglio i compiti genitoriali.

Parreñas (2001) parla del “dolore della genitorialità transnazionale”, con questa migrazione, alle madri transnazionali è preclusa la possibilità di interpretare i ruoli di genere ( to do gender, volendo utilizzare l’espressione americana) 91. Ricerche effettuat e su figli di emigrati che restano nel paese di origini dimostrano che questi si ammalano più spesso; sono soggetti più frequentemente ad accessi di rabbia, a momenti di confusione o di apatia; ottengono risultati mediocri a scuola. Altri studi effettuati dimostrano un aumento della delinquenza e dei suicidi tra i bambini92. Altri definiscono questi bambini “orfani sociali” denunciandone fenomeni di solitudine, depressione, ma anche bullismo, uso di alcol e droghe, favoriti da disponibilità economiche non accompagnate da una

91 Ambrosini M., Un’altra globalizzazione. La sfida delle migrazioni transnazionali. Ed. Il Mulino. P. 111 92 Ivi, p.28

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guida educativa adeguata93. Come se non bastasse le madri sono anche frequentement e colpevolizzate non solo dalla comunità, ma anche dai figli stessi, che vivono come abbandono la partenza della madre.

Queste le parole di una madre immigrata che ha lasciato un piccolo di due mesi alle cure di un parente. “ I primi due anni mi sembrava di impazzire. Deve credermi se le dico che

mi sembrava di avere seri problemi psicologici. Mi scoprivo a fissare il vuoto, pensando al mio bambino”94.

La questione del rapporto tra madri espatriate e figli rimasti in patria rappresenta un nodo cruciale del fenomeno delle famiglie transnazionali. Pereñas (2001) sostiene che per garantire un adeguato funzionamento della famiglia è necessario garantire: cure morali, cure emotive e cure materiali. Nelle famiglie transnazionali i genitori possono provvedere alle cure materiali con l’aiuto della famiglia estesa, anzi, i redditi conseguiti grazie al lavoro all’estero garantiscono ai figli una maggiore sicurezza economica, mentre le cure morali ed emotive restano in qualche misura inadeguate, considerando che il sostegno emotivo fornito da altri parenti non può sostituire completamente quello dei genitor i. L’autrice inoltre afferma che “nelle famiglie transnazionali, l’assenza di interazio ni quotidiane nega la familiarità e diviene un’irreparabile lacuna nella definizione delle relazioni genitori- figli” (2001). Per fronteggiare la pena della separazione dai familia r i, le madri ricorrono a tre risposte: la mercificazione dell’amore, ossia la sostituzione degli atti di cura quotidiana con beni materiali, la repressione delle tensione emotive, basata sull’enfasi sulle proprie sofferenze o sulla negazione dei costi emotivi della separazione, e la razionalizzazione della distanza, con la giustificazione che i guadagni economici superano di gran lunga i costi emotivi sopportati dalle famiglie, o con la motivazione che la distanza può essere gestita grazie alla comunicazione regolare.

Alla luce di tutto questo se si prova a fare un bilancio ci si rende conto che i vantaggi derivanti dalle rimesse economiche spedite dai MCW alle famiglie d’origine potrebbero essere smorzati dalle carenze socio educative a carico dei figli rimasti in patria, e dall’impatto che queste potrebbero avere a livello di sistema di welfare complessivo. Inoltre le migliori opportunità di lavoro incontrate dai migranti nei paesi di destinazio ne

93 Ambrosini M., Un’altra globalizzazione. La sfida delle migrazioni transnazionali. Ed. Il Mulino. P.111

(2008)

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potrebbero essere avversate da – non infrequenti – situazioni di discriminazione ed esclusione sociale. Ma il gioco regge la candela?

Occorre far sì che la responsabilità dell’adozione di misure in tale ambito sia il meno possibile affidata ai singoli paesi e coinvolga piuttosto quanto più possibile organismi di livello internazionale e quindi senz’altro l’Unione Europea. A tal fine, appare necessario prestare maggiore attenzione alla prevenzione di fenomeni sistematici di sfruttame nto (non solo economici) e al rispetto rigoroso dei diritti umani dei Migrant Care Workers; fare maggior leva su programmi di cooperazione internazionale, nonché su campagne di sensibilizzazione ed investimento sulle cure continuative.95