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Capitolo IV – I grandi casi del Market Abuse

4.3 Il caso Bnl-Unipol

Il caso Bnl-Unipol ebbe ad oggetto una vicenda simile a quella analizzata per il caso Antonveneta. Si tratta anche qui di una scalata occulta ai danni di Bnl che vede imputati i massimi vertici della società Unipol – in concorso con un gruppo di imprenditori detti “contropattisti” - e il governatore della Banca d’Italia. La banca Bnl si trovava in una situazione di grave crisi che ne impediva il regolare esercizio delle funzioni di governance. Il capitale della Bnl era nelle mani di tre diversi gruppi di azionisti: “il patto” (comprendente anche il banco di Bilbao), il “contropatto” (composto da società di investitori di spicco sul panorama nazionale) e il “pattino” (comprendente i soci di minoranza per un totale di circa il 7% delle partecipazioni sociali). A seguito di un’ispezione della Banca d’Italia, era stata messa in evidenza una situazione critica rispetto alla reale consistenza patrimoniale di Bnl. Questa situazione di instabilità indusse il Banco di Bilbao a tentare di acquisire il controllo della Bnl mediante il lancio di un’offerta pubblica di scambio (Ops). Questo portò ad iniziare la ricerca di un istituto italiano in grado di fronteggiare il tentativo di acquisizione di Bnl da parte del Banco di Bilbao; l’istituto si sarebbe dovuto far carico degli acquisti necessari ad acquisire il controllo dell’istituto bancario. Si fece strada l’Unipol, un istituto assicurativo –precedentemente sottoposto al controllo di Consob e Isvap – che, pur non essendo economicamente forte al punto da fronteggiare il Banco di Bilbao, si disse disponibile a “rastrellare” – direttamente e indirettamente, attraverso accordi occulti – le azioni in Bnl al fine di acquisirne il controllo. Così Unipol ottenne un’influenza dominante su Bnl; prima del termine di scadenza dell’Ops, lanciata dal Banco di Bilbao, raggiunse una partecipazione del 30% sfuggendo ai controlli della Consob; ciò gli permise di aggirare il lancio di un’Opa previsto come obbligatorio per i soggetti che detengono una partecipazione societaria

97 superiore al 30%. Gli artefici di questa scalata occulta furono imputati per aver violato l’art 185 TUF. Nel particolare l’accusa consisteva nell’acquisto di azioni Bnl, direttamente o indirettamente, che era stato possibile vista la diffusione di informazioni false e l’occultamento di patti parasociali finalizzati ad acquisire la maggioranza assoluta delle azioni ovviando l’obbligo del lancio di un’Opa. Le operazioni che condussero alla scalata occulta furono suddivise dall’accusa in tre diverse fasi: una prima fase durante la quale il Banco di Bilbao lanciò l’Ops, facendo prevalere la supremazia del “patto” sugli azionisti del “contropatto”; una seconda fase durante la quale Unipol si accordò – lasciando il mercato all’oscuro – con alcuni tra gli azionisti Bnl del “contropatto” affinché questi non aderissero all’Ops ma trasferissero le loro azioni direttamente a Unipol; e un’ultima fase durante la quale iniziò un “rastrellamento indiretto” o per interposta persona delle azioni Bnl da parte di soggetti terzi che si impegnarono con Unipol ad acquistare partecipazioni sociali con l’obbligo di trasferirle immediatamente a quest’ultima149. In questo modo Unipol diventò azionista di maggioranza; il suo modo di operare mise in pericolo il meccanismo di formazione dei prezzi dei titoli rischiando di provocarne un’alterazione che il Tribunale dichiarò essersi effettivamente prodotta. Il pericolo di una sensibile alterazione dei prezzi dei titoli Bnl dipese dal mancato lancio dell’Opa obbligatoria che avrebbe comportato l’operatività di un meccanismo di correzione dei prezzi. Il tribunale di Milano contestò agli imputati la diffusione di comunicati falsi al mercato e l’omissione, da parte di Unipol, di trasmettere al mercato dei dati rilevanti circa l’esistenza di accordi occulti150. Le condotte di manipolazione operativa consistevano nell’aver occultato al mercato l’esistenza di un interesse di Unipol verso Bnl, di accordi parasociali o di altre tipologie di accordi contenenti gli obblighi di acquisto e di immediato trasferimento dei titoli Bnl a Unipol nonché un patto parasociale concluso tra Unipol e i “contropattisti” per ostacolare l’Ops lanciata

149 L.LIPARI vedi nota 108 p. 185. Le operazioni di rastrellamento poste in atto avevano lo scopo di acquisire

il 24% delle partecipazioni in Bnl che, sommato con le partecipazioni dei “contropattisti”, avrebbero condotto all’acquisizione della maggioranza assoluta in Bnl.

150 Trib. Milano, 18 settembre 2009, p.6 e ss. Si stabilì che i comunicati stampa divulgati da Unipol tra il 23

maggio 2005 e il 18 luglio 2005 contenevano informazioni false che servirono ad occultare la reale finalità delle operazioni violando così l’art 114 TUF; inoltre i comunicati erano incompleti, mancava il riferimento a circostanze “price sensitive” che se rese pubbliche, avrebbero potuto influire in modo sensibile sui prezzi dei titoli Bnl.

98 dal Banco di Bilbao. Dalla violazione di questi obblighi di comunicazione, cui si deve aggiungere l’aver aggirato l’obbligo di lanciare un’Opa, derivò un’influenza indiretta sui prezzi dei titoli Bnl che furono influenzati dalle varie dinamiche del mercato. In un comunicato di maggio 2005 Unipol affermò che gli investimenti in Bnl erano mossi dallo scopo di tutelare il proprio investimento in Bnl Vita S.p.A (società controllata da Bnl e di cui Unipol era socio al 50%). Questo comunicato fu necessario poiché la partecipazione di Unipol in Bnl era sproporzionata rispetto al valore della partecipazione della stessa Unipol in Bnl Vita S.p.A. Il tribunale di Milano ricondusse l’omissione e la falsità dei dati contenuti nelle comunicazioni, nonché l’omissione delle comunicazioni, all’interno di una strategia complessa. L’accordo concluso con i “contropattisti” fu l’atto iniziale da cui derivò l’illiceità degli acquisti dei titoli da parte di Unipol e il conseguente superamento delle regole relative al lancio di un’Opa. L’accordo con i “contropattisti” doveva essere necessariamente antecedente al momento in cui si pose in atto la prima “operatività” di Unipol e al momento in cui furono divulgate informazioni false alla Consob, altrimenti non sarebbe stato possibile configurare queste condotte come illecite e penalmente rilevanti. Le operazioni concluse dovrebbero considerarsi lecite, infatti solo l’esistenza di un accordo preventivo la cui comunicazione era stata omessa al mercato consentirebbe di ricondurle all’interno di uno stesso disegno criminoso. Il tribunale analizzò le condotte poste in atto, per capire se fosse possibile ricondurle all’interno della fattispecie della manipolazione operativa del mercato o meno. Questo dipendeva dall’interpretazione che si dava alla locuzione “altri artifici” che vennero individuati nell’insieme di condotte idonee a generare una falsa convinzione in capo agli operatori del mercato151. Il Tribunale rilevò come a qualsiasi operazione manipolativa del mercato deve aggiungersi la componente comunicativa disinformativa; ne deriva che le operazioni possono dirsi efficaci solo quando immettono sul mercato una comunicazione distorta della realtà, come avvenuto nel caso di specie. Il Tribunale

151 Trib. Milano, 31 ottobre 2011, cit., p. 155 ss., ritenne che la rilevanza delle condotte dipende dalla loro

“attitudine ingannatoria” che è riferibile ad ogni modalità che dia vita ad una falsa rappresentazione dei fatti e della realtà del mercato e che sia capace di ingannare gli operatori, indipendentemente dalla sua intrinseca e oggettiva antigiuridicità. Vale a dire che il turbamento dei mercati mobiliari può dipendere dall’insieme di singole operazioni di per sé irrilevanti; ne deriva che sarebbe necessario attuare una complessiva ricostruzione della manovra di mercato.

99 poi passò ad analizzare la concreta idoneità delle condotte a produrre un’alterazione dei prezzi dei titoli Bnl. Stabilì che l’art 185 TUF delineava una fattispecie di reato a pericolo concreto, dove la condotta, per poter rilevare penalmente, deve mettere in concreto pericolo il meccanismo di formazione dei prezzi degli strumenti finanziari, minacciando di alterarne il funzionamento. Si concluse che gli imputati agirono sul mercato senza alcuna imposizione legale riguardante il livello dei prezzi, e questo costituì un comportamento idoneo a produrre un’alterazione. L’alterazione dei prezzi, nel caso di specie, si verificò realmente, considerato che i prezzi dei titoli non furono imposti dalla legge, come sarebbe accaduto se gli imputati non avessero aggirato l’obbligo di lanciare un’Opa consentendo ad Unipol di acquistare i titoli al prezzo voluto, ben distante da quello che si sarebbe determinato152. Davanti al Tribunale gli imputati furono dichiarati colpevoli per aver violato l’art 185 TUF. La Corte d’Appello assolse gli imputati dal reato di manipolazione del mercato per mancanza di prove, mentre fu mantenuta la condotta per il reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza viste le false informazioni fornite alla Consob. La sentenza della Corte d’appello fu impugnata davanti alla Corte di Cassazione la quale sostenne l’irrilevanza della falsità delle comunicazioni al pubblico ai fini dell’illecito di aggiotaggio, ma su questa falsità fondarono il presupposto per addebitare l’illecito di ostacolo alle funzioni di vigilanza ex art 2638 c.c.153 La suprema corte affermò che i giudici di appello avrebbero dovuto valutare l’ipotesi di aggiotaggio

152 Trib. Milano, 31 ottobre 2011, cit., p.169 Il giudice chiarì che nel caso del lancio di un’Opa i prezzi dei titoli

vengono determinati ex lege; gli imputati, non avendo lanciato alcuna Opa, hanno agito liberamente sul mercato, senza alcun vincolo di prezzo; questo costituì, da sé, una condotta idonea a produrre un’alterazione – positiva o negativa – dei prezzi degli strumenti finanziari sul mercato.

153 Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,

i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle 607 predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità é estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni. La pena é raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

100 indipendentemente dalle false comunicazioni per capire se, a prescindere da queste, le condotte si sarebbero potute ricomprendere tra gli illeciti manipolativi del mercato154. La sentenza venne rinviata nuovamente alla Corte d’Appello che si pronunciò con l’assoluzione di tutti gli imputati. Nonostante il processo Unipol fu incentrato sulla manipolazione del mercato, si aggiunsero altri due capi di imputazione ovvero ostacolo alle funzioni di vigilanza e abuso di informazioni privilegiate. Queste due imputazioni furono le uniche da cui scaturì una condanna unanime. Il capo d’imputazione relativo all’ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza verteva su un comunicato divulgato da Unipol nel maggio 2005. L’11 maggio 2005 la società Unipol aveva chiesto alla Banca d’Italia di autorizzare l’incremento della propria partecipazione in Bnl. Nei giorni successivi la Consob intervenne chiedendo ad Unipol di chiarire quali fossero le finalità di un tale incremento e chiedendo altresì di comunicare gli eventuali patti, anche se indiretti, conclusi con i partecipanti al “contropatto”. Unipol giustificò gli investimenti dichiarando che questi avevano lo scopo di mantenere la collaborazione assicurativa con Bnl Vita S.p.A. Quest’ultima dichiarò di non aver concluso accordi con i “contropattisti”. Il tribunale di primo grado rilevò la falsità di questa comunicazione così la condotta tenuta da Unipol non permise all’organo di vigilanza di svolgere le proprie funzioni. La vera finalità del comunicato doveva rinvenirsi nella volontà di Unipol di eludere la disciplina dell’Opa obbligatoria. Il Tribunale concluse che le notizie potevano dirsi false perché celavano l’effettiva esistenza di accordi e le reali finalità delle operazioni poste in atto155. Tutto ciò condusse ad un comportamento di “ostruzionismo” ai danni dell’autorità di vigilanza, al punto da potersi dire integrato l’illecito disciplinato dall’art 2638 c.c. La corte d’appello chiarì che non erano state omesse le comunicazioni quanto piuttosto le informazioni richieste erano state date

154 Corte Cass., 7 dicembre 2012, n.49362, p.14 ss., concluse che la sentenza impugnata deve essere annullata

e la questione deve essere rimessa al giudice di merito. Infatti, la sentenza presentava un vizio sostanziale che consisteva nell’aver omesso di verificare se, pur mancando un patto parasociale preventivo, fossero presenti altri elementi idonei a determinare una corresponsabilità di tutti gli imputati per concorso nel delitto di aggiotaggio informativo e manipolativo come descritto dall’imputazione.

155 Trib. Milano, 31 ottobre 2011, cit., p. 174; il giudice stabilì che le false comunicazioni oggetto della causa

vertevano su fatti di grande rilevanza per il mercato ed erano pertinenti a consentire un intervento dell’autorità di vigilanza. Le notizie contenute nei comunicati erano false o quantomeno parziali; in particolare occultavano l’effettivo contesto in cui le operazioni furono messe in atto, nonché la possibile presenza di accordi aventi ad oggetto l’identità dei soggetti che cooperavano al fine di ottenere il controllo di Bnl.

101 ma non erano veritiere. Infine i giudici condannarono il presidente del consiglio di amministrazione della Unipol per aver divulgato alcune informazioni price sensitive riguardo il tentativo di scalata in Bnl che il soggetto aveva appreso per via della sua qualità di amministratore. I giudici di primo grado accertarono che le comunicazioni avvennero senza che vi fosse alcuna esigenza di divulgarle; fu chiamato a rispondere per abuso di informazioni privilegiate come insider primario. Nel caso di specie i giudici conclusero che è irrilevante ai fini della condanna che le notizie, siano divulgate per motivi diversi da un eventuale sfruttamento economico delle stesse da parte dei destinatari156; ciò che rileva ai fini dell’incriminazione è il carattere privilegiato dell’informazione insieme alla verifica della sua concreta idoneità a produrre un’influenza sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari. Rispetto al requisito price sensitive, i giudici affermarono che le notizie riguardanti le trattative concluse al fine di evitare il lancio di un’Opa, erano certamente idonee a produrre un’influenza sul mercato del prezzo delle azioni. Per quanto riguarda il carattere preciso dell’informazione, questa fu definita rilevante indipendentemente dalla veridicità dei dati contenuti ponendo come unico presupposto che i destinatari potessero ritenere attendibili i dati divulgati157. I giudici di merito fecero prevalere il criterio dell’attendibilità o credibilità dell’informazione su quello della veridicità dei dati contenuti nell’informazione stessa. La suprema corte invece sostenne che questo criterio fosse errato e che una comunicazione può dirsi punibile solo se ha ad oggetto fatti accaduti o circostanze esistenti o ragionevolmente prevedibili. Nonostante

156 Trib. Milano, 31 ottobre 2011, cit., p. 180 sancì l’irrilevanza dello sfruttamento finanziario

dell’informazione ai fini della valutazione della sussistenza del fatto di reato. Inoltre si accertò che il TUF punisce la violazione di un obbligo di riservatezza e non richiede al giudice alcuna valutazione del rischio di sfruttamento da parte del destinatario, né del rischio di ulteriore divulgazione a estranei: rischio comunque sussistente nel caso in oggetto, essendo verosimile che le informazioni ricevute costituissero oggetto di riflessione nell’ambiente politico di appartenenza.

157 Trib. Milano, 31 ottobre 2011, p. 178 chiarì che << le notizie erano suscettibili di essere ritenute attendibili

dai destinatari, indipendentemente dal loro contenuto di verità. Si trattava di dati circostanziali, comunicati non da o ad una persona qualsiasi, bensì ad un operatore finanziario […] a due esponenti politici di spicco, tutti ben consapevoli del significato e dei riflessi delle circostanze dedotte. Si trattava di informazioni specifiche e di contenuto determinato […], riguardanti la circostanza che Unipol insieme a terzi potesse giungere a detenere […] una partecipazione di Bnl superiore al 50% del capitale ordinario […]. Si trattava di informazioni che […] avrebbero consentito a un professionista finanziario di valutare prevedibili incrementi di quotazione, in misura ben più elevata di quella dell’andamento corrente di mercato […]. Si trattava di informazioni che, se divulgate, potevano influire in modo sensibile sui prezzi del mercato. L’illecito abuso di informazioni privilegiate è un reato di pericolo, integrato dall’astratta idoneità della notizia ad influenzare concretamente il corso delle quotazioni: e tale pericolo è riscontrabile nel caso in esame>>.

102 questo però ritenne che i giudici di merito erano comunque riusciti a definire in termini precisi e specifici tutte le informazioni oggetto delle comunicazioni illecite per cui confermò la sentenza di condanna. La Cassazione ha quindi deciso di confermare l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” dell’ex governatore della banca d’Italia Antonio Fazio e di altri dodici coimputati ‘eccellenti’, tra i quali gli ex vertici di Unipol.

103 Conclusioni

Con questo lavoro è stato esaminato il fenomeno degli abusi di mercato e come il comportamento scorretto da parte di alcuni soggetti, possa incidere negativamente sull’integrità e sul regolare funzionamento dei mercati finanziari, indispensabili per mantenere la fiducia dei risparmiatori.

A partire dal 1991 fino ad arrivare al recepimento della Direttiva sugli abusi di mercato, il legislatore ha cercato di creare una normativa in grado di reprimere e prevenire questi fenomeni che rappresentano un vero e proprio male per il mercato poiché vanno a creare quelle situazioni di asimmetria informativa, in cui l’operatore meno informato viene manipolato dall’operatore che si trova in una posizione di supremazia informativa, ovvero da colui che ottiene informazioni price sensitive anticipatamente rispetto al mercato, per cui il loro sfruttamento consente di ottenere profitti illeciti. Il legislatore comunitario ha quindi creato degli strumenti di protezione nei confronti di quei soggetti che subiscono questi abusi.

Grazie al recepimento della Direttiva sul market abuse, si sono attuati importanti cambiamenti rispetto alla precedente normativa, che hanno inciso su molteplici aspetti che vanno tutti verso la direzione di tutelare l’integrità e il buon funzionamento del mercato finanziario.

Questo strumento normativo fu il mezzo che prevedeva l’inasprimento delle sanzioni penali e l’introduzione delle sanzioni amministrative: la Direttiva stabiliva che le sanzioni devono essere “efficaci, proporzionali e dissuasive” con la facoltà per gli Stati membri di applicare le sanzioni penali. Nel recepire la Direttiva, nell’ordinamento italiano si prevede di avere sia sanzioni penali che sanzioni amministrative (c.d. doppio binario sanzionatorio).

Sul piano della prevenzione sono state adottate delle misure volte a creare maggiore efficienza e garantire più tutela verso gli investitori: queste sono l’istituzione del registro delle persone in possesso delle informazioni privilegiate e l’internal dealing. Il registro delle persone che possono avere accesso alle informazioni privilegiate è uno strumento volto ad identificare in anticipo le persone che, in relazione ad un determinato emittente o strumento finanziario sono in possesso di informazioni privilegiate.

104 L’internal dealing impone ai soggetti che rivestono funzioni apicali all’interno dell’emittente quotato o che detengano quote significative di partecipazione al capitale sociale, l’obbligo di comunicare a Consob ed al pubblico tutte le operazioni compiute aventi ad oggetto gli strumenti finanziari emessi dall’emittente.

Successivamente anche a causa degli episodi di abuso di mercato che si sono verificati, il legislatore europeo è intervenuto in maniera ancor più incisiva, introducendo un nuovo sistema sanzionatorio unitario, non più fondato sul doppio binario. Precedentemente si riteneva che la sanzione amministrativa avesse un’azione deterrente maggiore rispetto alla sanzione penale, poiché andava ad impattare direttamente sulla sfera patrimoniale del soggetto attraverso una multa a cui poteva aggiungersi la confisca dei proventi derivanti dal reato. Nel 2014 le cose sono cambiate tramite l’emanazione della direttiva 2014/57/UE e del Regolamento UE

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