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Il “colloquio”come terreno di esplorazione dell'io

CAPITOLO TERZO

III.3 Il “colloquio”come terreno di esplorazione dell'io

La raccolta è delimitata, all'inizio e alla fine, da due liriche speculari, entrambe recanti il titolo di I colloqui, non a caso lo stesso scelto dal poeta per l'intera opera. La forte connessione tra le due liriche, che consolidano la circolarità della raccolta e contribuiscono a farne emergere le sfumature di ciclicità desiderate dall'autore, si esplica nella continuità che esse manifestano sia sul piano stilistico che su quello tematico; si potrebbe pensare in tal senso di considerarle come un unico componimento il quale circoscrive e ingloba lo spazio, scandito dalle altre liriche, della riflessione esistenziale del poeta.

L'incipit de I colloqui, che si aprono attraverso la descrizione del poeta intento a raccogliere, selezionare e perfezionare i propri versi, nell'ottica quindi di assemblare la nuova raccolta, si costituisce come la dichiarazione vera e propria dell'approdo a una poetica nuova, una poetica più attenta e responsabile che preveda la coscienza di «una distinzione tra il momento del vissuto e quello della riflessione e del distacco»:15

“I colloqui”… Rifatto agile e sano aduna i versi, rimaneggia, lima, bilancia il manoscritto nella mano… - Pochi giochi di sillaba e di rima: questo rimane dell’età fugace?

95 È tutta qui la giovinezza prima?16

L'espediente poetico, non nuovo nel contesto letterario italiano, vede il poeta raggruppare in un'antologia privata i frammenti più significativi della propria riflessione esistenziale; questa scelta, che sottende una forte volontà di controllo della materia poetica, conferma l'attitudine gozzaniana alla critica lucida nei confronti della propria persona e della propria esperienza. I colloqui si delineano in questo senso come un diario di bordo della tortuosa parabola esistenziale dell'autore. La poesia si conferma nel suo ruolo di ancestrale strumento di autoanalisi, lungo un vissuto angustiato da innumerevoli limiti e insicurezze.

Venticinqu'anni!... sono vecchio, sono vecchio! Passò la giovinezza prima, il dono mi lasciò dell'abbandono!

Un libro di passato, ov'io reprima il mio singhiozzo e il pallido vestigio riconosca di lei, tra rima e rima.17

Il primo motivo di sconforto nella riflessione poetica è costituito senza dubbio dalla opprimente sensazione del tempo che scorre senza tregua, trascinando con sé una giovinezza che, in un singulto leopardiano, viene dichiarata preclusa insieme alle gioie a essa connesse. Il poeta, pur essendo anagraficamente giovane, sente incombere l'ombra della malattia e avverte l'esigenza di ripensare al proprio passato, al proprio bagaglio di vissuto e di perduto, di desiderato e di rimpianto. Il prodotto di queste riflessioni è un

16 G.GOZZANO, I colloqui, in ID.,Poesie, cit., (1910), p. 121. 17 Ibidem.

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volume, definito «libro di passato», tra le pagine del quale è ancora possibile scorgere l'evanescente profilo di quella giovinezza che, giorno dopo giorno, si allontana:

O non assai goduta giovinezza, oggi ti vedo quale fosti, vedo

il tuo sorriso, amante che s'apprezza

solo nell'ora trista del congedo! Venticinqu'anni!... Come più m'avanzo all'altra meta, gioventù, m'avvedo

che fosti bella come un bel romanzo!18

La maturazione del poeta, introdotto ormai alla fase adulta della propria esistenza, lo porta alla malinconica evocazione di quella stagione fugace della giovinezza, la cui importanza, come accade per tutte le cose belle, è realizzata solamente nel momento in cui termina. Il passare degli anni, infatti, tramuta la gioventù del poeta in un piacevole ricordo idealizzato, in un «bel romanzo» che si contrappone all'amarezza del presente.

Ma un bel romanzo che non fu vissuto da me, ch'io vidi vivere da quello che mi seguì, dal mio fratello muto.

[...]

Egli ama e vive la sua dolce vita; non io che, solo nei miei sogni d'arte, narrai la bella favola compita.19

Ma il poeta, in realtà, non si sente affatto il protagonista del «bel romanzo»: egli è

18 Ibidem.

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semplice spettatore passivo della vita intensa, dolce e spensierata condotta dal proprio «fratello muto». Quest'ultimo, sbiadita controfigura del suo autore, è un fantasma in cui egli ha riposto tutte le proprie speranze e ha proiettato tutti gli obiettivi a lui da sempre preclusi. La mutezza di questo fratello immaginario, però, ne smaschera inevitabilmente l'illusorietà e l'inconsistenza di semplice fantoccio, burattino mosso dai fili dell'inettitudine di colui che, ancora una volta, si affida alla storia di un personaggio fittizio, protagonista di un'esistenza inventata.

Siamo di fronte alla ben nota e mai risolta dialettica gozzaniana tra la letteratura e la vita. Da una parte vi è la dimensione letteraria, che è quella dei romanzi, delle favole, dell'illusione; la “letteratura” in questo senso, appare come l'unica effimera possibilità di conservazione della giovinezza:

L’immagine di me voglio che sia sempre ventenne, come in un ritratto; amici miei, non mi vedrete in via,

curvo dagli anni, tremulo, e disfatto!20

Dall'altra parte c'è la “vita”, nei confronti della quale non è prevista alcuna forma di adesione, poiché a primeggiare è il solito apatico e rassegnato senso di rifiuto. Questa tendenza incontrovertibile all'alienazione dalla vita, che si risolve nel desiderio costante di estraniazione rispetto alla realtà, fa scaturire nel poeta la necessità del “colloquio con se stesso” come forma di esplorazione della coscienza.

La rivoluzione introdotta da I colloqui risiede tutta nella peculiarità di una poesia radicata saldamente e totalmente nello spazio della soggettività. La dimensione dell'io si

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configura, in questo senso, come il principale referente di questa operazione di esplorazione interiore.21

Non vissi. Muto sulle mute carte ritrassi lui, meravigliando spesso. Non vivo. Solo, gelido, in disparte,

sorrido e guardo vivere me stesso.22

La lirica, muovendosi esclusivamente sul piano astratto dell'interiorità, procede all'insegna di un'inerzia esistenziale che preclude la possibilità di azione: l'indolenza del poeta non può far altro che confermare continuamente la negatività che connota il personaggio. («Non vissi/ [...] Non vivo»). Questo sterile torpore pervade il componimento fino agli ultimi versi, i quali ritraggono l'io lirico nell'atto del guardarsi vivere: egli si sdoppia per potersi osservare e comprendere dall'esterno. Questa forma di dissociazione da se stesso rende possibile un giudizio oggettivo sulla propria condizione; si tratta di un confronto, il più ambito e difficile, tra il poeta e la parte più nascosta del suo essere.

Il nucleo della raccolta risiede dunque nel tentativo di comunicare gli esiti di questo confronto, che si rende finalmente possibile soltanto in questa fase della vita dell'autore: egli traccia, attraverso I colloqui, il profilo di un frastagliato percorso mentale che vede l'io lirico rimbalzare da una parte all'altra della propria coscienza; ne emerge così una parabola inquieta e scostante, che oscilla continuamente tra la rassegnazione desolata e brevi scorci di speranza. Il poeta scandaglia la propria anima, la interroga, la deride, e alla fine è in grado di comprenderla e di accettarne, con l'accenno di un sorriso, tutta la fragilità e

21 G.DE DONATO,Lo spazio poetico di Guido Gozzano, cit., p. 21. 22 G.GOZZANO, I colloqui, cit., p. 121.

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l'incoerenza.