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Uno dei segnali principali che caratterizzano una contrapposizione politica fondata sulla reciproca assenza di legittimazione, come quella tra comunisti ed anticomunisti nell’Italia della guerra fredda, è il fatto che la polarizzazione investa i giudizi su ogni aspetto della vita, anche quelli considerati esterni alla vita politica vera e propria. In particolare, nella lotta politica italiana della “guerra civile fredda” non era riconosciuta agli avversari neanche la condivisione dei valori fondamentali che rendevano possibile la vita associata234.

In un paese in cui, spesso, il termine cristiano era usato come sinonimo di essere umano in contrapposizione ad animale, la caratterizzazione dei comunisti come “atei” e “senza Dio”, proposta in sede cattolica, contribuì a tratteggiare in modo netto un’opposizione tra proposte ideologiche che andavano al di là della dimensione istituzionale della politica, e che erano percepite da osservatori contemporanei come concorrenti nel controllo di ogni aspetto della vita degli individui235. In questo clima di contrapposizione polare, gli ambienti marxisti non si tirarono indietro, ma anzi rovesciarono le accuse: le centrali propagandistiche del PCI e del PSI furono impegnate nella costruzione di un’immagine del conflitto in cui proprio i due partiti di sinistra proponevano se stessi come veri eredi dei valori religiosi e morali tradizionali, e li negavano agli avversari con una convinzione che spesso avrebbe finito per risultare controproducente.

L’anticomunismo cattolico: radici e contesto culturale

In un suo intervento Mario Einaudi, uno dei primi studiosi di scienza politica ad occuparsi del comunismo italiano, affermò che la cultura cattolica si era impegnata a confrontarsi con il comunismo in una prova di forza, più che ad elaborare griglie interpretative adeguate alla sua comprensione236. L’autore espresse, insomma, un pregiudizio laico in seguito assai diffuso nello studio dell’anticomunismo cattolico, ma che come si vedrà era solo in parte condivisibile. Già l’idea di una sostanziale identità tra i generici allarmi cattolici alla diffusione delle idee socialiste e la lotta al comunismo dopo la Rivoluzione d’ottobre, presentata ancora oggi in un’acritica ripresa

234 Sul ruolo dell’«emozione prepolitica» come aspetto peculiare della comunicazione politica nell’Italia democratica,

alcune considerazioni di carattere tecnico sono in G. Calvi, G. Minoia, Gli Scomunicanti. La comunicazione politica com’è e

come potrebbe essere, Milano, Lupetti, 1990, p. 41.

235 Per alcuni riferimenti generali alla dimensione religiosa di alcune proposte politiche che hanno caratterizzato il XX

secolo, cfr. uno dei migliori contributi recenti in E. Gentile, Le religioni della politica. fra democrazie e totalitarismi, Roma- Bari, Laterza, 2001.

236 M. Einaudi, “Western European Communism. A Profile”, American Political Science Review, XLV, 1, Marzo 1951,

di posizioni già avanzate negli anni Cinquanta dall’Inchiesta sull’anticomunismo di Rinascita237, ostacola la comprensione del processo di formazione del linguaggio anticomunista cattolico. Secondo la cronologia generale proposta da Antoine Wenger, la formazione e lo sviluppo sul piano internazionale di un regime politico fondato sulle teorie socialiste e venato di materialismo determinarono mutamenti abbastanza sostanziali nelle gerarchie e negli ambienti culturali influenzati dal magistero ecclesiastico: fino all’inizio degli anni Trenta, il confronto era interpretato dalla Chiesa come la contrapposizione a un regime, un sistema istituzionale antireligioso, ed era svolto essenzialmente sul piano pastorale, per salvaguardare la vita delle comunità di fedeli. Gli anni Trenta, con l’aumento del prestigio comunista in Europa dopo i congressi di Amsterdam e della Salle Pleyel, e con la formazione di regimi “atei” e “filobolscevichi” in Messico e Spagna, mutarono la natura del confronto con il comunismo: esso appariva una sorta di credo religioso sostitutivo che faceva proseliti ovunque, sfidando la Chiesa sul suo terreno, e la lotta doveva fondarsi sulla condanna delle sue basi dottrinali e teoriche238.

In questi anni videro la luce le esperienze culturali fondamentali per la strutturazione di un’interpretazione cattolica del fenomeno comunismo, in cui l’approccio militante era coniugato alla volontà conoscitiva. Simili tentativi sfociarono, nel 1937, nella promulgazione dell’enciclica

Divini Redemptoris, la più solenne condanna dottrinale del comunismo239. Il testo firmato da Pio XI fu composto a coronamento di un complesso lavoro di raccolta e di ordinamento di informazioni e riflessioni sul fenomeno comunista nel mondo, svolto nella seconda metà degli anni Trenta soprattutto negli ambienti della Compagnia di Gesù, e ancora in gran parte non ben conosciuto. Un ruolo centrale fu svolto sicuramente dall’esperienza delle Lettres de Rome sur l’Athéisme Moderne, la rivista animata da p. Joseph H. Ledit con un ristretto gruppo di redattori, con l’appoggio dei vertici romani. Ledit in persona, negli anni Trenta, presiedette il Segretariato speciale sull’ateismo istituito dal Superiore generale della Compagnia Ledochowski; presso il Pontificio Istituto Orientale in cui era insegnante, erano inviate informazioni sulle attività comuniste in ogni parte del mondo, dall’URSS ai paesi coloniali, e tramite la rivista tale materiale era diffuso agli organi di comunicazione di tutto il mondo cattolico, attraverso gli articoli o i numerosi opuscoli compilati da Ledit stesso o dai suoi collaboratori240.

Cercando di sintetizzare i risultati a cui giunse l’impegno ad inquadrare il fenomeno del

237 Inchiesta sull’anticomunismo cit., pp. 511-513. Cfr. in proposito

238 Cfr. A. Wenger, “Pie XI et l’Union Soviétique”, in Achille Ratti pape Pie XI, actes du colloque organisé par l’Ecole

Française de Rome, Rome, 15-18 mars 1989, Rome, Ecole Française de Rome, 1996, pp. 893-907, G. Petracchi, “I gesuiti e il comunismo tra le due guerre”, Nuova Storia Contemporanea, VIII, 1, 2004, spec. pp. 26 e ss., e A. Riccardi, “La Chiesa cattolica, il comunismo e l’Unione sovietica”, in V. Ferrone (a cura di), La Chiesa cattolica e il totalitarismo, atti del convegno. Torino, 25-26 ottobre 2001, Firenze, Olschki, 2004, pp. 79-92.

239 S.S. Pio XI, “Divini Redemptoris”, in E. Lora, R. Simionati (a cura di), Enchiridion delle Encicliche, vol. V, Pio XI.

1922-1939, Bologna, EDB, 1995, pp. 1128-1205.

240 Oltre a G. Petracchi “I gesuiti e il comunismo”, pp. 26 e ss., cfr. R. Pertici, “Il vario anticomunismo italiano…”,

pp. 270 e ss. Manca uno studio d’insieme sulle Lettres de Rome, forse per la difficoltà ad accedere ai principali documenti in proposito; la mia conoscenza di tale pubblicazione deriva dal lavoro per il mio intervento al seminario

comunismo in una interpretazione unitaria, si potrebbe affermare che la concezione cattolica nasceva da un rovesciamento: nella visione marxista, la dottrina si sviluppava dalla corretta analisi della società e dei rapporti di produzione, e l’atteggiamento verso la religione era determinato dalla sua natura di “sovrastruttura”; per i cattolici, il fondamento teorico del marxismo era il materialismo ateo, e da ciò derivavano gli atteggiamenti comunisti nei confronti dell’individuo, della società e della Chiesa. Le stesse basi culturali furono ritenute valide, e ribadite con forza, subito dopo la fine della guerra.

Il 5 maggio del 1945, quando ancora le ostilità non erano ufficialmente concluse su suolo europeo, apparve sulla Civiltà Cattolica il primo articolo di padre Riccardo Lombardi sulle basi ideologiche che fondavano l’azione politica del comunismo italiano241, in cui erano introdotti gli argomenti che l’autore avrebbe poi affrontato in una serie di altri interventi, apparsi dal dicembre dello stesso anno alla fine del 1946. Nelle sue riflessioni, lo scriptor gesuita esponeva e discuteva le relazioni fra le teorie del marxismo e la pratica politica del comunismo internazionale, evidenziando come quest’ultima fosse la piena realizzazione in ambito sociale e politico, fino alle estreme conseguenze, di un pensiero filosofico ancorato ai dettami del materialismo storico e del materialismo dialettico242: per citare l’assunto più esplicito della contrapposizione tra religione e dottrina comunista enunciato da Lombardi,

chi volesse trovare nella sintesi cristiana una idea della stessa importanza [di quella della materia per il marxismo], o per lo meno che a tale importanza s’accosti, dovrebbe probabilmente citare l’affermazione di Dio.243

Le riflessioni di Lombardi furono pubblicate in volume poco dopo l’uscita sulla rivista dell’ultimo articolo244, e fino alla fine degli anni Cinquanta conobbero diverse ristampe, rimanendo fino al Vaticano II un riferimento per la formazione teologico-politica dei sacerdoti e per l’impostazione del messaggio anticomunista della Chiesa245. Il volume del gesuita fu l’intervento più diffuso e più autorevole di un’ampia serie di pubblicazioni volte a rendere nuovamente attuali le accuse cattoliche al materialismo comunista, in un periodo in cui l’URSS era alleata con le potenze occidentali, ed in Italia il partito più vicino al movimento cattolico condivideva con il PCI la responsabilità del governo246. Un altro esempio abbastanza noto, ad opera di un autore assai di Storia Contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa (2/III/2005).

241 “Una ‘mano tesa’ minacciosa”, La Civiltà Cattolica, XCVI, 2277, 5/V/1945, pp. 147-159.

242 Mi sono occupato in maniera dettagliata dell’argomento in “Gli articoli di padre Lombardi su Civiltà Cattolica”,

Quaderno di Storia Contemporanea, 38, 2006, pp. 75-92. Per un’altra lettura cfr. R. Sani, La Civiltà Cattolica cit., pp. 11-

16.

243 R. Lombardi s.j., “Il materialismo dialettico, filosofia dei comunisti”, La Civiltà Cattolica, XCVI, 2292,

15/XII/1945, p. 363.

244 R. Lombardi s.j., La dottrina marxista, Roma, La Civiltà Cattolica, 1947.

245 Le opinioni di Lombardi costituirono un riferimento obbligato, ad es., per tutti i prontuari orientati ad aiutare i

sacerdoti nell’elaborazione delle prediche, come mostra un testo di poco successivo, G. Angrisani, Comunismo e

giustizia sociale cristiana. Conferenze utili ai Parroci e ai Conferenzieri di AC, Torino-Roma, Marietti, 1949.

246 Sul ruolo che simili prese di posizione ebbero nell’influenzare lo scioglimento di ogni ambiguità circa una scelta

influente nel giornalismo cattolico di allora, era la raccolta di scritti sul comunismo prodotti da Federico Alessandrini nel 1943, proposta al pubblico quasi contemporaneamente al lavoro di Lombardi: in uno dei testi, l’autore era esplicito circa l’accoglimento della lettura offerta dalla

Divini Redemptoris, in cui il comunismo era percepito essenzialmente come “anti-religione”

materialista: «Entrare nel Partito comunista, per un cattolico, è compiere, sia anche inconsapevolmente, un atto di apostasia»247.

Nel corso dei primi anni del dopoguerra, prese di posizione che ribadivano l’alterità assoluta del comunismo rispetto alla proposta spirituale cattolica furono espresse, in modo meno diretto ma altrettanto preoccupato, persino nei discorsi della massima autorità della Chiesa, il pontefice Pio XII. Nel dicembre del 1946, il papa pose i termini del confronto con chiarezza ricordando ai fedeli che il mondo si stava dividendo in maniera nettissima: la sua frase «O con Cristo o contro Cristo, o per la sua Chiesa o contro la sua Chiesa»248, divenne una parola d’ordine ripetuta in tutte le sedi possibili, dalle parrocchie alla pubblicistica locale ai manifesti, soprattutto dopo che lo stesso Pio XII, nel radiomessaggio natalizio dell’anno successivo, riprese la massima, sottolineandone l’importanza con citazioni scritturali:

La Chiesa, sempre piena di carità e di bontà verso la persone di quei traviati, fedele tuttavia alla parola del divino suo Fondatore, che ha dichiarato: «Chi non è con me, è contro di me» (Matt. 12, 30), non può mancare di denunziare l’errore, di togliere la maschera ai «fabbricatori di menzogne» (Iob 13, 4), che si presentano come lupi in veste di agnelli (cfr. Matt. 7, 15), come precursori e iniziatori di un nuovo tempo felice […].249

Nei primi mesi del 1948, anche dopo il 18 aprile, La Civiltà Cattolica commentò più volte questo passaggio, spesso unendolo a quello, di poco successivo nel testo del radiomessaggio, in cui i comunisti erano definiti «messaggeri di una concezione del mondo e della società umana fondata sulla incredulità e la violenza», che illudevano i lavoratori «ch’essi avevano ideato e attuato una nuova cultura più degna dell’uomo»250.

Forme di mobilitazione contro l’ateismo

L’atteggiamento dei vertici culturali del cattolicesimo spiega l’inequivocabile interpretazione anticomunista degli ammonimenti al voto espressi da numerose curie vescovili e dal Vaticano stesso. Per le elezioni amministrative romane del 1947, sull’apartitico Quotidiano, i consigli elettorali furono argomentati secondo la contrapposizione tra religione ed ateismo:

dopoguerra”, in Storia dell’Italia repubblicana, vol. I, La costruzione della democrazia. Dalla caduta del fascismo agli anni

Cinquanta, Torino, Einaudi, 1994, pp. 558 e ss. e 564 e ss.

247 F. Alessandrini, I cattolici e il comunismo, Roma, AVE [1947], p. 6. Sulla figura di Alessandrini e sul suo ruolo nella

pubblicistica d’impronta cattolica cfr. M. Casella, L’Azione cattolica cit., pp. 272-316 (spec. pp. 311 e ss.), e Id., Giornali

cattolici e società italiana. L’Osservatore Romano e Il Quotidiano (1944-1950), Napoli, ESI, 1994.

248 Cit. in R Sani, La Civiltà Cattolica cit., p. 71.

249 “Radiomessaggio natalizio di S.S. Pio XII”, La Civiltà Cattolica, XCIX, 2341, 3/I/1948, pp. 5-6.

250 Ibid., pp. 11-13. Tra gli articoli di commento, cfr. A. Brucculeri s.j., “Il Manifesto dei comunisti”, La Civiltà

[Le elezioni amministrative a Roma] potranno dare argomenti alla lotta politica in atto da cui, in definitiva, dipende la salvezza delle libertà religiose, civili e politiche di tutti i cittadini. […] L’astensione sarebbe una grave leggerezza destinata a pesare gravemente non solo sulla vita individuale ma anche su quella di tutta la Nazione. È anche per questo che i cattolici, come più volte ha detto il Papa, hanno il dovere di coscienza di esprimere un voto consapevole. […] Bisogna votare e votare secondo coscienza per i candidati che offrono le necessarie garanzie di un’amministrazione conforme alle nostre esigenze morali e materiali.251

In seguito il pontefice stesso, in un’allocuzione tenuta circa un mese prima del 18 aprile, non fu meno esplicito nel riferirsi al PCI nella sua condanna:

Ognuno ha da votare secondo il dettame della propria coscienza. Ora è evidente che la voce della coscienza impone ad ogni sincero cattolico di dare il proprio voto a quei candidati o a quelle liste di candidati, che offrono garanzie veramente sufficienti per la tutela dei diritti di Dio e delle anime, per il vero bene dei singoli, delle famiglie e della società, secondo la legge di Dio e la dottrina morale della Chiesa.252

Più o meno contemporaneamente al discorso papale, soprattutto nei giorni successivi, i vescovi informarono a più riprese i sacerdoti ad essi sottoposti e le comunità di fedeli circa il carattere non solo inopportuno, ma propriamente peccaminoso di alcuni comportamenti elettorali: i prelati orientati in senso conservatore, da Schuster a Siri, avevano preparato pastorali in proposito da febbraio, mentre ai primi di aprile una comunicazione dei vescovi italiani affrontò direttamente il problema del possibile voto cattolico al PCI:

“Non votare” costituisce di per sé “peccato mortale”. C’è obbligo di coscienza di votare “solamente” per le liste e per i candidati i quali danno certo affidamento di rispettare sufficientemente i diritti di Dio, della Chiesa e degli uomini. Perché i fedeli sappiamo regolarsi senza equivoci […], i Vescovi […] ricordano che le dottrine materialiste, e conseguentemente atee, nonché i metodi sui quali poggia e vive il Comunismo, non sono conciliabili con la Fede e con la pratica cristiana […]. Ciò rimane vero anche quando il Comunismo si presenta, come attualmente accade, sotto spoglie che non sono sue […]. Chi vota non attenendosi a quanto esposto sopra […] commette peccato mortale.253

L’identificazione del comunismo con l’ateismo, sottesa a tutta la campagna di comunicazione cattolica negli anni 1947-1948, spiega il ruolo che svolsero, in vista dell’appuntamento con le elezioni politiche, le numerose manifestazioni di devozione e di fede religiosa, più o meno organizzate e pianificate, che caratterizzarono la vigilia del 18 aprile. A Roma presero piede, ufficiosamente incoraggiate dalle gerarchie, i pellegrinaggi al Divino Amore, mentre a Napoli, all’adorazione della Madonna del Rosario, padre Lombardi tenne un infuocato discorso che chiarì il ruolo che la coscienza cristiana giocava nell’agone politico:

A chi vuole l’odio, a chi ha sete di sangue, agli stranieri che, fra di noi, vogliono ricondurre la barbarie, opponiamo il nostro amore in Maria, ed essi cadranno. Cadranno perché la loro forza non centenario dalla pubblicazione del Manifesto di Marx ed Engels.

251 “Votare”, Il Quotidiano, 8/X/1947, p. 1.

252 Cfr. “I gravi doveri e le speranze dell’ora nel discorso del Santo Padre al clero di Roma”, Il Quotidiano,

11/III/1948, pp. 1 e 4.

253 Per il testo integrale del proclama, cfr. “Gli obblighi di coscienza relativamente alle elezioni”, Il Quotidiano,

sono le nostre armi, sono i nostri peccati.254

Andrea Riccardi ha giustamente rifiutato una lettura di tali fenomeni improntata esclusivamente sulla strumentalizzazione:

È stata sottolineata ampiamente la strumentalizzazione politica di varie manifestazioni religiose nel secondo dopoguerra; […] il significato politico è abbastanza palese nel linguaggio anticomunista, nella scelta dei luoghi nelle coincidenze. Ma il fenomeno è molto più complesso […]. Lo scontro di civiltà era sentito e spiegato in termini religiosi.255

Simile complessità di significati fu espressa al meglio nell’episodio più famoso e frequentemente ricordato della mobilitazione dei fedeli contro la minaccia del Fronte popolare; il viaggio della Madonna pellegrina. La Peregrinatio Mariae, nata in Francia alla fine della Seconda guerra mondiale come riferimento devozionale alla campagna di rievangelizzazione che aspettava il mondo cattolico dopo la catastrofe bellica, fu ripresa in Italia dal 1947, e fu organizzata «con grande cura per gli aspetti ambientali e scenografici», finendo per costituire per le località interessate un evento degno di nota, ricordato da targhe commemorative256. Un’interpretazione di tale evento, apparentemente lontano dal confronto politico, fu offerta da padre Mondrone, uno degli scriptores della Civiltà Cattolica. Egli mise in evidenza la «speciale e materna vicinanza di Maria» al popolo italiano, mostrato «nel semplice e assiduo ricorso a Lei, nell’attaccamento ai suoi santuari innumerevoli, nella pompa devota seppur chiassosa delle sue feste». Nella profondità di tale devozione si trovava la migliore difesa alla tentazione di sperimentare il comunismo, fenomeno che più trovava ostacolo più che in ogni altra cosa nella sincera fede religiosa

La lotta ch’esso [il comunismo] sta conducendo sullo scacchiere internazionale – col pretesto economico, sociale e politico – è lotta prevalentemente religiosa. […] Satana comprende molto bene di non poter mai riuscire ad affermare questo dominio dove ci sono coscienze illuminate ed oneste. Egli ha bisogno quindi di approntarsi dei sudditi radicalmente abbrutiti dalla menzogna […]. Per ottenere questo, non ha che a staccare la società dalla luce di Cristo […] e dalle braccia della Chiesa […] In un paese dove la Madonna trova ancora tanti cuori che lasciano prendere dal suo sorriso materno, Essa non permetterà che abbiano a prevalere i nemici di Dio.257

Nell’ambito di questo contesto consolidato possono essere compresi alcuni aspetti, spesso fraintesi, della grande campagna di propaganda orchestrata dalle organizzazioni cattoliche soprattutto attraverso i Comitati civici, soprattutto per quanto riguarda le scelte grafiche ed il loro ruolo nella semantica simbolica dei manifesti. Già nell’Inchiesta di Rinascita i redattori avevano impostato la loro esposizione della propaganda grafica affermando che «nell’anticomunismo […]

254 Il discorso di p. Lombardi è pubblicato come “L’Italia risorgerà nell’amore”, Il Quotidiano, 9/III/1948, p. 1. Per

altri riferimenti a questi fenomeni di devozione, cfr. R.A. Ventresca, From Fascism to Democracy cit. pp. 110-115.

255 A. Riccardi, Roma “città sacra”? cit., p. 349.

256 Cfr. A. Bravo, “La Madonna pellegrina”, in M. Isnenghi (a cura di), I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita

cit., pp. 525-536, ma anche . Id., “Alle origini del 18 aprile…” cit., pp. 293 e ss..

era sempre presente, di necessità, un elemento che richiamava […] il grottesco»258. Nei decenni successivi gli studiosi, soprattutto quelli di orientamento di sinistra, hanno faticato ad elaborare una netta soluzione di continuità rispetto a tali giudizi, e nelle loro trattazioni si sono concentrati soprattutto sul richiamo agli elementi di paura irrazionale spesso suscitati dai prodotti più riusciti della propaganda visiva259. I Civici sono stati accusati, in particolare, di presentare al pubblico prodotti di comunicazione in cui l’immagine degli avversari comunisti appariva pesantemente disumanizzata e quasi mostruosa e bestiale, creati esclusivamente per suscitare reazioni emotive. Riflettendo su tale scelta espressiva, Lucio Cheles ha tentato di dare profondità al giudizio, rilevando una continuità nell’elaborazione iconografica dell’avversario, come «alieno» rispetto alla società civile tra i manifesti cattolici del 1948 e la «disperata propaganda» delle centrali di comunicazione fasciste «dell’ultimo periodo bellico»260. Le sue intuizioni sono indubbiamente stimolanti, ma è necessario essere più cauti nel ricercare filiazioni dirette tra la proposta grafica dell’anticomunismo cattolico e quella del fascismo: entrambe le campagne riprendevano rappresentazioni diffuse del nemico e della sua mostruosità, caratterizzate attraverso un deciso abbrutimento dei tratti261; per fare un esempio, Cheles nota come il volto della caricatura di

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