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Il contributo analitico delle discipline accademiche

3 La fiducia dei consumatori nelle relazioni di mercato

3.1 Il contributo analitico delle discipline accademiche

costrutti mentali e processi cognitivi come la soddisfazione del cliente, la qualità percepita del prodotto/servizio, il valore percepito della transazione, la fiducia e il coinvolgimento (Garbarino & Johnson, 1999), ovvero costrutti in grado di riassumere il livello di conoscenze ed esperienze dei consumatori nei confronti di una determinata azienda, brand o prodotto/servizio.

Per decenni, i tentativi di prevedere il futuro comportamento di acquisto dei consumatori si sono incentrati esclusivamente sull’analisi del costrutto della customer satisfaction. Tuttavia, i più recenti contributi del consumer marketing e, in particolare, del relationship marketing hanno consentito l’ampliamento dell’elenco dei fattori che contribuiscono a prevedere le intenzioni di acquisto future incorporando in particolar modo il concetto di fiducia (Moorman, Deshpande, & Zaltman, 1993; Morgan & Hunt, 1994)

La fiducia è un tema di ricerca che risale alla seconda metà degli anni ‘80 e che è stato affrontato e approfondito su vari piani analitici e concettuali, dando vita ad un acceso dibattito, da parte di diverse discipline accademiche, in particolare dalla psicologia, dalla sociologia, dalla psicologia sociale e dall’economia (Castaldo, 2002; Latorre & Vernuccio, 2013).

Tali discipline hanno concentrato i propri interessi e sforzi nel tentativo di comprendere il ruolo svolto dalla fiducia, le sue determinati, le sue conseguenze, le sue diverse connotazioni, il valore ad essa associato e i relativi meccanismi di accrescimento, connotando gli studi sulla fiducia come multidisciplinari (Castaldo, 2007; Castelfranchi & Falcone, 2010).

In psicologia, gli studi riferiti al concetto di fiducia si sono generalmente focalizzati sulle caratteristiche personali della fiducia e sull’interpretazione del comportamento umano e delle relazioni sociali (S. Kim & Park, 2013). Tali studi hanno considerato il concetto di fiducia come un costrutto individuale o diadico, proponendone una definizione secondo due differenti prospettive: la prima considera la fiducia quale antecedente mentale dei comportamenti umani, soprattutto di tipo collaborativo; la seconda come caratteristica peculiare della personalità individuale (Castaldo, 2002). A differenza della psicologia, gli studiosi di sociologia hanno affrontato il tema della fiducia enfatizzandone generalmente gli aspetti istituzionali, esterni e situazionali,

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nonché la dimensione sociale (Das & Teng, 2004). La fiducia rappresenta una “costruzione sociale”, ovvero l’elemento fondamentale delle relazioni sociali in quanto si sostanzia nell’insieme di aspettative che un individuo si è creato con specifico riferimento ai comportamenti di un terzo soggetto esterno, quale ad esempio un individuo, un professionista o un’istituzione (Barber, 1983; Luhmann, 1979).

Negli anni ‘90, il concetto di fiducia è stato quasi esclusivamente indagato dagli studi di psicologia sociale che, grazie all’integrazione tra la dimensione individuale e psicologica e quella sociale riconducibile alle interazioni sociali, hanno fornito una visione d’insieme della fiducia, secondo la quale la stessa può essere definita come un costrutto psicologico fondato sulle interazioni sociali che funge, da un lato, quale elemento in grado di influenzare la formazione della fiducia sulla base del contesto all’interno del quale avviene la relazione e, dall’altro, quale fonte di apprendimento e di informazione per gli individui coinvolti nella relazione (Castaldo, 2002; Mayer, Davis, & Schoorman, 1995). In tale contesto, la psicologia sociale ha inoltre dimostrato empiricamente che la fiducia svolge un ruolo significativo nell’interpretazione dei comportamenti di gruppo e del funzionamento dei meccanismi cognitivi dell'individuo e delle relazioni interpersonali che ne derivano (Busacca & Castaldo, 2011).

Successivamente agli studi di psicologia sociale, anche gli studi economici, in particolare gli studi di organizzazione, di management e di marketing, hanno riconosciuto l’importanza del costrutto della fiducia nell'interpretazione di alcuni contesti specifici (Busacca & Castaldo, 2011). Nel loro complesso, tali studi hanno considerato la fiducia da due differenti prospettive: 1) come un’aspettativa delle interazioni e 2) come un’esposizione di debolezza e conseguente accettazione in situazioni di incertezza e di rischio (Beldad, De Jong, & Steehouder, 2010; S. Kim & Park, 2013).

Gli studi di organizzazione hanno approfondito il concetto di fiducia al fine di comprendere il funzionamento e i meccanismi intrinseci delle relazioni personali a livello inter e intra-organizzativo e delle relazioni tra imprese (Paliszkiewicz, 2012; Zaheer & Venkatraman, 1995). Nello specifico, le teorie organizzative hanno indagato, da un lato, le relazioni tra imprese in presenza di partnership o di alleanze strategiche e, dall’altro, le relazioni di filiera di tipo buyer-seller (Castaldo, 2002). Inoltre, il lavoro di Zaheer, McEvily, & Perrone, (1998) ha avviato un interessante filone di ricerca, il cosiddetto relationship management, in quanto gli autori hanno evidenziato l’esigenza di considerare contemporaneamente, ma mantenendone le singole specificità, la dimensione personale e inter-organizzativa della fiducia in quanto le relazioni tra imprese vengono gestite da singoli individui che, a livello personale, rappresentano l’impresa nel suo complesso.

Le tematiche affrontate dagli studi di organizzazione sono state riprese anche all’interno delle teorie e dei modelli riferiti allo strategic management e all’interno

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della letteratura di marketing per i molteplici punti di contatto e di contaminazione reciproci.

Infatti, le ricerche riferite allo strategic management si sono orientante principalmente verso il tentativo di integrare la dimensione sociale con la dimensione economica delle relazioni fiduciarie. Secondo tali studi, l’integrazione delle due dimensioni può essere operata, da un lato, riconducendo e integrando la fiducia con altri meccanismi di governo delle transazioni di matrice più razionale (teoria dei costi transazionali) e, dall’altro, considerando la fiducia quale fattore di coordinamento non solo per la dimensione sociale ma anche per la dimensione economica delle transazioni (Castaldo, 2002, 2007).

In tale contesto, i contributi di marketing rappresentano un importante momento di sintesi delle due dimensioni analitiche della fiducia, quella sociale e quella economica. La letteratura di marketing si è incentrata prevalentemente nella definizione e nella comprensione del ruolo della fiducia nelle relazioni fra acquirenti e venditori, attraverso lo sviluppo dell’area di ricerca riferita al cosiddetto relationship marketing (Doney & Cannon, 1997; Dwyer, Schurr, & Oh, 1987; Ganesan & Hess, 1997; Ganesan, 1994; Latorre & Vernuccio, 2013; Morgan & Hunt, 1994), contribuendo in tal modo ad evidenziare il ruolo centrale della fiducia nelle reazioni di scambio stabili e collaborative (Dwyer et al., 1987) e allo sviluppo di nuove accezioni e ramificazioni del concetto.

Inizialmente, gli studiosi di marketing hanno mostrato particolare interesse per il concetto di fiducia con riferimento all’analisi delle relazioni di mercato nei contesti business-to-business (B2B), approfondendo la dimensione interpersonale delle relazioni inter-organizzative (Doney & Cannon, 1997; Swan & Nolan, 1985), all’interno del mercato dei beni industriali e dello sviluppo di nuovi prodotti (Håkansson & Snehota, 1989; Iacobucci & Ostrom, 1996; Moorman et al., 1993) e delle relazioni distributive, analizzando le dinamiche relazionali (Jc Anderson & Narus, 1990; Jap, 1999, 2001).

Successivamente, anche i lavori riconducibili al filone del consumer marketing hanno approcciato la tematica della fiducia, quale elemento cruciale e determinante delle relazioni di mercato (o transazioni commerciali) (Busacca & Castaldo, 2011), focalizzando l’attenzione su determinati costrutti specifici, quali ad esempio la customer satisfaction, la loyalty, la brand image e la brand equity (Castaldo, 2002). Più precisamente, l’area di studio riferita alla brand image considera la fiducia come uno degli elementi chiave che costituiscono l’immagine di brand18, riconducendola ai concetti di affidabilità e di reputazione della controparte (Castaldo, 2002). La fiducia rappresenta una componente critica dell’immagine di marca in quanto supporta il

18 Howard (1977) propone di considerare l’immagine di marca come un costrutto composto da tre elementi, quali identificazione, atteggiamento e fiducia.

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consumatore nei contesti in cui non è possibile definire precisamente l’atteggiamento da tenere nei confronti della controparte, riducendo il rischio e l’incertezza associati alla decisione del consumatore (Oliver, 1999).

L’area di ricerca incentrata sulla brand equity e sulla fedeltà del consumatore, invece, considera la fiducia come uno dei principali antecedenti cognitivi di questi due costrutti consumer-specific. In altre parole, con particolare riferimento alla brand equity, la fiducia viene intesa come atteggiamento positivo nei confronti della marca e, quindi, come fattore abilitante il processo di acquisto del consumatore, soprattutto nella fase di selezione del venditore (Busacca, 1994). Viceversa, con riferimento alla loyalty, gli studiosi di marketing hanno considerato la fiducia come antecedente comportamentale del processo di formazione e sviluppo della fedeltà del consumatore, influenzato in maniera rilevante dalla soddisfazione (customer satisfaction) (Costabile, 2001). La soddisfazione pone infatti i presupposti per la formazione della fiducia, determinando così la fedeltà comportamentale, mentale e cognitiva (Costabile, 2001).

Inoltre, la fiducia ha catturato l’attenzione dell’area di studio del marketing dei servizi in quanto risorsa fondamentale della relazione impresa-consumatore in quanto in grado di facilitare le scelte del consumatore in un ambito complesso come quello del settore dei servizi caratterizzato dall’immaterialità dell’offerta commerciale. In tale contesto, Leonard & Valarie (1991), Zeithaml, Berry, & Parasuraman (1993) e Grönroos (1994) hanno infatti teorizzato che la fiducia può essere interpretata come la capacità dell’impresa di adempiere alle proprie promesse in modo da soddisfare le esigenze e le aspettative della propria clientela, sancendo una nuova visione della fiducia all’interno degli studi di consumer marketing. Tali lavori di ricerca hanno infatti apportato un contributo significativo alla letteratura di marketing in quanto hanno proposto una visione totalmente differente rispetto a quella proposta dai precedenti studi riferiti alla brand image, brand equity e loyalty: il marketing dei servizi affronta la fiducia non come conseguenza del livello di qualità del prodotto/marca e del relativo livello di soddisfazione ma quale antecedente logico dell’affidabilità della controparte (impresa di servizi) di erogare il servizio promesso (Castaldo, 2002).

I molteplici contributi di marketing in merito al concetto di fiducia hanno evidenziato il ruolo fondamentale della fiducia nel governo delle relazioni di mercato (Latorre & Vernuccio, 2013). Il costrutto della fiducia rappresenta infatti un’importante risorsa in grado di influenzare positivamente le relazioni di mercato in quanto considerato “[…] al contempo quale principale antecedente dei comportamenti collaborativi e quale riduttore dell’incertezza ambientale [...]” (Castaldo, 2002, pp. 133) sia dalla prospettiva del consumatore, sia da quella dell’impresa. Inoltre, molti ricercatori concordano sul fatto che la fiducia induce comportamenti cooperativi, catalizza sistemi come le reti, riduce i conflitti tra le controparti di una relazione e i costi inutili generati dall’incertezza del contesto (D. J. Kim, Ferrin, & Rao, 2008; S. Kim & Park, 2013).

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Nonostante gli sforzi profusi dalla letteratura accademica abbiano consentito di raggiungere un certo grado di approfondimento del concetto di fiducia, il termine fiducia non è ancora stato definito in maniera univoca, così come gli antecedenti che ne determinano lo sviluppo (Busacca & Castaldo, 2011; Latorre & Vernuccio, 2013; McAllister, 1995; Raimondo, 2000; Shapiro, 1987), per la grande varietà di definizioni e misurazioni, nonché per molteplicità di contesti e livelli di analisi (Mayer et al., 1995; McKnight, Choudhury, & Kacmar, 2002; Rousseau, Sitkin, Burt, & Camerer, 1998; Schoorman, Mayer, & Davis, 2007).

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