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Il corretto dimensionamento di un impianto di biogas

ELENCO SOTTOPRODOTTI/RIFIUTI UTILIZZABILI NEGLI IMPIANTI A BIOMASSE E BIOGAS

3. CASO STUDIO: IMPIANTO DI MUSSOMELI 1 Descrizione dell’impianto di Mussomeli (CL) 1 Descrizione dell’impianto di Mussomeli (CL)

4.3 Il corretto dimensionamento di un impianto di biogas

Il potenziale produttivo di metano delle biomasse è un elemento fondamentale per definire le quantità di prodotto necessarie al corretto funzionamento dell’impianto, i costi di approvvigionamento, il dimensionamento dei digestori e delle vasche di stoccaggio. Oltre alle rese di produzione, i test sul potenziale metanigeno possono fornire altre informazioni molto importanti: la velocità di degradazione, ad esempio, è utile per stabilire il tempo di ritenzione idraulica, inibizioni, caratteristiche del digestato e modifiche della composizione chimica. Composti facilmente degradabili, come gli scarti della lavorazione della frutta, la glicerina, o i liquami suinicoli necessitano di una dimensione del digestore molto più piccola di quanto non sia necessario per impianti che utilizzano biomasse con velocità di degradazione bassa quali sono i prodotti ricchi di frazioni fibrose come gli insilati di cereali, la paglia o i liquami bovini.

La valutazione di una biomassa può essere fatta attraverso diversi approcci: - analisi del BMP statico;

- analisi del potenziale metanigeno con metodo dinamico; - analisi chimiche.

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Tutti hanno un grado di attendibilità che varia in base all’accuratezza del campionamento della biomassa sottoposta ad analisi e alla metodologia analitica. In ultima istanza, comunque, l’effettiva produzione di biogas da un substrato dipende dal consorzio batterico che è presente nel digestore anaerobico che utilizza tale biomassa.

4.3.1 Potenziale metanigeno con metodo statico

L’analisi del BMP statico (analisi in batch o in discontinuo) viene condotta in laboratorio cercando di simulare in un ambiente controllato quanto avviene in un digestore anaerobico. La biomassa da valutare viene dapprima analizzata e poi miscelata ad un inoculo “affamato”, cioè un substrato organico predigerito e proveniente da un impianto che possibilmente stia già utilizzando la biomassa da valutare, e ad una soluzione di Sali (per tamponare la produzione di acidi e fornire i micronutrienti essenziali al corretto sviluppo del consorzio batterico). La predigestione dell’inoculo avviene senza aggiungere nessun nutriente, a 35°C ± 2°C per una durata di circa 7 giorni. La miscla viene posta in un piccolo digestore, tipicamente una bottiglia da 1.000 – 1.500 ml la cui forma di pende dalla tipologia di prodotto da analizzare, e posizionata in un ambiente termostatato in cui viene mantenuta costante la temperatura di processo. Accanto al digestore utilizzato per la conduzione del test in batch occorre prevedere la conduzione di un test con il solo inoculo, in modo da poter sottrarre alla produzione di biogas della miscela l’effetto di produzione residua dell’inoculo stesso. Il processo si innesca rapidamente, grazie alla presenza della flora microbica presente nell’inoculo, e la produzione di biogas inizia sin dai primi giorni del test. La curva di produzione cumulativa di biogas presenta, normalmente, una prima parte di crescita intensa per poi ridurre la velocità di produzione, in una seconda fase, sino a tendere nell’ultima parte ad un asintoto orizzontale, che rappresenta il valore massimo di produzione. La misura viene fatta in

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continuo e la curva cumulata della produzione fornisce anche importanti informazioni in merito alla velocità di degradazione.

4.3.2 Potenziale metanigeno con metodo dinamico

Il test dinamico consente di ottenere risultati diversi rispetto al test statico. La metodologia che utilizza minidigestori da laboratorio alimentati in continuo è quella che maggiormente permette di valutare le rese effettivamente ottenibili in impianti in scala reale. Questa metodologia prevede di realizzare piccoli digestori di volume indicativi di 10-50 litri. miscelati e riscaldati, che possono essere caricati e scaricati con elevata frequenza (giornaliera o anche maggiore). La conduzione del test dinamico permette di mettere a punto e/o verificare: i principali dati di base del progetto di un impianto di biogas (tempo di ritenzione idraulico, tempo di ritenzione dei solidi, carico organico volumetrico, temperatura di processo), le caratteristiche e la qualità del biogas prodotto e del digestato, l’ottimizzazione delle modalità di carico del substrato , le strategie di gestione e controllo, l’avviamento, i fattori di stress/inibizione, la scelta del tipo di reattori, l’effetto di pretrattamenti fisici, chimici, microbiologici sui substrati, le sinergie e gli antagonismi dei consorzi batterici al variare delle miscele, l’effetto che modifiche improvvise delle condizioni di esercizio (temperatura, carico, miscelazione, ecc) possono avere sulla microbiologia. Ovviamente la possibilità di scaricare ogni giorno parte del digestato permette di controllare numerose condizioni di processo, come l’equilibrio fra acidità e alcalinità, la composizione acidica e i relativi rapporti fra i diversi acidi volatili, la composizione chimica e la presenza di eventuali fattori inibenti (ammoniaca, idrogeno solforato, micronutrienti, metalli pesanti, ecc). Sia per il test statico che per il test dinamico il sistema deve essere particolarmente accurato a causa delle ridotte portate in gioco, bisogna prevedere analisi frequenti della composizione della miscela gassosa e una scelta mirata dell’inoculo. Analizzando e pesando tutti i componenti delle biomasse caricate e scaricate, è possibile, infine, elaborare un bilancio di massa dei diversi composti e verificarne la degradabilità.

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4.3.3 Potenziale metanigeno con analisi chimiche

La sostanza organica può essere suddivisa nei seguenti macroelementi: lipidi, proteine, carboidrati, lignina. E’ anche possibile fare una ulteriore caratterizzazione in base ai seguenti parametri: carbonio (C), azoto (N), zolfo (S), fosforo (P), magnesio (Mg), potassio (K). Sulla base di questi parametri è possibile dare un primo giudizio sulla fermentescibilità di un substrato, sui fattori di inibizione e sulla resa in biogas. Il volume di biogas ottenibile da una biomassa dipende, in definitiva, dalla composizione elementare di ogni molecola, ovvero dalle moli di carbonio, ossigeno, idrogeno, azoto e zolfo presenti. Sin dal 1933 è nota una relazione chimica che lega la composizione elementare alla produzione di biogas (Symons e Buswell, 1933).

CnHaObNcSd + (n-a/4-b/2+7/4c+d/2)H2O → (n/2-a/8+b/4-5/8c+d/4)CO2 +

(n/2+a/8-b/4-3/8c-d/4)CH4 + cNH3 + dH2S

Tale relazione non è però perfettamente applicabile, se non con tempi di degradazione molto lunghi. La sua utilizzazione deve quindi essere ponderata e adattata considerando le componenti che sono notoriamente indegradabili nei tempi tecnici applicabili agli impianti di digestione anaerobica, principalmente: lignina, frazione di cellulosa ed emicellulosa impregnate dalle molecole di lignina e composti carboniosi inorganici. In definitiva, il calcolo del più probabile massimo potenziale di conversione in metano elaborato con questa metodologia tiene conto della composizione elementare della matrice (massimo potenziale produttivo stechiometrico), di una stima relativa alla degradabilità della principale componente delle matrici organiche (frazioni fibrose, composte da emicellulose, cellulose e lignine) e della presenza di carbonio inorganico; tuttavia non tiene conto di altri fattori che possono incidere sull’effettiva capacità della flora microbica presente nel digestore di degradare la matrice organica nel suo complesso, che potrebbero ridurre ulteriormente l’efficienza calcolata. I più importanti di questi sono:

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- pezzatura delle particelle organiche: tanto più viene ridotta la pezzatura tanto maggiore è l’efficienza di conversione biologica e minore il tempo di ritenzione idraulica necessario;

- tempo di ritenzione idraulica: all’aumentare del tempo di ritenzione aumenta l’efficienza di degradazione;

- temperatura di processo: costanza di temperatura e e regimi termofili garantiscono le migliori performances;

- presenza di fattori inibenti: rapporto acidità/alcalinità, ammoniaca, idrogeno, antibiotici ad elevate concentrazioni, microelementi in bassa concentrazione;

- non corretto rapporto fra gli elementi nutritivi: il rapporto tra carbonio e azoto (C:N) e quello tra carbonio e zolfo (C:S) nel substrato permettono ad esempio di stabilire se la presenza di ammoniaca o di acido solfidrico nel processo di produzione del biogas può rappresentare una possibile inibizione sulla resa;

- presenza di macromolecole molto complesse e/o recalcitranti.

Per una valutazione di massima del valore economico e del volume di digestato producibile potrebbe essere sufficiente anche solamente l’approccio con l’analisi chimica.