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Tab 4.1: Tabella dell’indice di Thom adottata dal servizio meteorologico dell’Emilia Romagna

5. Particolato Atmosferico 1 Premessa

5.7 Il Destino del Particolato Atmosferico

Dopo essere stato emesso in atmosfera ed aver subito eventuali trasformazioni, il destino del particolato è quello di essere rimosso dall’atmosfera dopo un tempo più o meno lungo. Esistono diversi meccanismi per la rimozione del particolato che si possono inserire in due grandi classi: la

deposizione secca (dry deposition) e la deposizione umida (wet deposition).

La deposizione secca è definibile come “il diretto trasferimento di specie, siano esse gassose o particolate, alla superficie della Terra e procede senza l’aiuto delle precipitazioni” (Seinfeld & Pandis, 2006) ed è il principale meccanismo di rimozione del particolato quando ci si trova molto vicini al suolo. Via via che ci si allontana dalla superficie questo processo diventa meno rilevante fino a che, superati circa i 100 m di altezza (a seconda, ovviamente, del regime di turbolenza presente in loco), non diventano predominanti i meccanismi di deposizione umida (Seinfeld & Pandis, 2006).

I fattori che governano la deposizione secca sono la turbolenza atmosferica (soprattutto vicino alla superficie di deposizione), le proprietà chimico-fisiche delle specie in sospensione (che possono rendere più facile o più difficile l’interazione con la superficie) e la superficie stessa (una superficie più scabra o porosa, come la calotta dovuta alle cime degli alberi, rende più facile la deposizione). Da un punto di vista descrittivo questo processo de posizionale è descrivibile in tre fasi distinte (Seinfeld & Pandis, 2006):

1) trasporto aerodinamico verso il basso fino ad un sottile strato di aria stagnante adiacente alla superficie di deposizione

2) trasporto molecolare (per i gas) o Browniano (per le particelle) attraverso questo sottile strato di aria stagnante (sublayer quasi-laminare) fino alla superficie stessa

3) uptake del materiale particolato o gassoso da parte della superficie. Le specie gassose possono absorbirsi temporaneamente o permanentemente sulla superficie, mentre le particelle semplicemente vi aderiscono. L’umidità presente sulla superficie può modificare il comportamento di gas e particelle: più una superficie è umida più i gas solubili tendono ad essere absorbiti permanentemente e più le particelle tendono ad aderire. Una superficie molto secca potrebbe, invece, far rimbalzare la particella.

Matematicamente, dunque, è possibile descrivere un flusso di deposizione (quindi una quantità di particelle per unità di superficie) che è tendenzialmente proporzionale a:

F=-vdC [5.1]

Dove vd è la velocità di deposizione e C la concentrazione della specie in esame (il flusso ha segno

meno in quanto convenzionalmente è considerato positivo un flusso dalla superficie all’atmosfera). Entrambi questi parametri devono essere riferiti ad una specifica altezza di riferimento in quanto, per avere una stima del flusso, dobbiamo riferirci alla concentrazione e alla velocità della data specie ad un dato livello e questa considerazione è particolarmente importante soprattutto se teniamo conto che ciò che influenza il parametro vd (oltre all’altezza) è la dimensione del

Fig. 5.7: dati di velocità di deposizione secca per la deposizione di particolato su una superficie d’acqua in un tunnel del vento (da Slinn et al., 1978).

La figura precedente, mostra i dati di velocità di deposizione per il particolato come una funzione della dimensione del particolato stesso per una superficie d’acqua in un tunnel del vento. I dati indicano un minimo nella velocità di deposizione nel range dimensionale fra 0.1 e 1 µm. Ciò accade perché le particelle di quelle dimensioni tendono a comportarsi come gas e sono efficientemente trasportate attraverso il sublayer quasi-laminare dalla diffusione Browniana. Le particelle che si trovano, invece, nel range dei 2-20 µm vengono trasportate attraverso il sublayer prevalentemente per impatto inerziale, mentre quelle di dimensioni ancora maggiori si depositano per gravità, dato che la velocità di deposizione cresce col quadrato delle diametro (Seinfeld & Pandis, 2006).

Allontanandoci dal suolo, il particolato tende ad essere rimosso dall’atmosfera mediante deposizione umida, che si riferisce al processo naturale per il quale il materiale è catturato attraverso un procedimento di scavenging dalle idrometeore atmosferiche (gocce di nubi e nebbia, pioggia, neve, grandine) ed è di conseguenza trasportato alla superficie della Terra (Seinfeld &

I processi di deposizione umida possono dividersi in processi in-cloud (ossia di scavenging interno ad una nuvola) e processi below-cloud (ossia scavenging che avviene mediante idrometeore in precipitazione).

Nelle nubi lo scavenging avviene quando l’aerosol che si trova nell’aria interstiziale alle gocce d’acqua che compongono la nube collide con una di queste e viene, così, rimosso.

Fig. 5.8: stima di tempi di permanenza degli aerosol in una nube in assenza di precipitazione a condizioni standard (da Seinfeld & Pandis, 2006).

La figura precedente mostra che l’in-cloud scavenging è tanto più efficace quanto è piccola la particella. Particelle più larghe di 0.1 µm difficilmente verranno catturate nella vita media di una nube mediante questo tipo di cattura (Seinfeld & Pandis, 2006).

Al di fuori della nube, il particolato che si trova ad una certa altezza rispetto alla superficie, può comunque essere depositato per wet deposition attraverso i meccanismi below cloud che consistono nell’intercettazione delle particelle da parte delle idrometeore in fase di precipitazione (Seinfeld & Pandis, 2006).

Sebbene i processi di rimozione umida possano sembrare meno efficaci, in quanto richiedono una collisione fra le particelle sospese e le idrometeore (siano esse nelle nubi o stiano cadendo attraverso l’atmosfera), in realtà comprendono l’80% dei processi totali di rimozione (Poulida et al., 1998).

In generale possiamo concludere che le particelle saranno caratterizzate da diversi tempi di permanenza in atmosfera, che tendono ad essere inversamente proporzionali al loro diametro: le particelle più grossolane tendono ad essere rimosse per deposizione secca gravitazionale relativamente vicino alle sorgenti di emissione, mentre le particelle più fini possono essere trasportate per distanze maggiori con tempi di residenza che variano secondo la quota e il regime precipitativo (Prospero et al., 1983; Jaenicke, 1980).

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