• Non ci sono risultati.

3. Cenni di Fisica della Bassa Atmosfera 1 Introduzione al Planetary Boundary Layer

3.6 L’Urban Boundary Layer e gli Effetti Dovuti alla Rugosità Urbana

Oltre all’effetto “isola di calore” la presenza di un tessuto urbano ha anche un effetto fisico sulla differente distribuzione degli inquinanti, in quanto la presenza di ostacoli esercita una forza d’attrito sull’atmosfera (Britter & Hanna, 2003). Pertanto al di sopra di un’area urbana si ha un’alterazione del trasporto e della dispersione degli inquinanti in quanto aumenta la turbolenza sia meccanica che termica. Le velocità del vento sopra l’area urbana sono più basse a causa dell’aumentata rugosità e le direzioni del vento possono cambiare a causa della presenza dell’isola di calore o del piegarsi del flusso intorno e sopra l’area urbana (Britter & Hanna, 2003; Bornstein, 1987). Sull’area urbana è possibile pertanto suddividere il Surface Layer in tre distinti sublayers (sotto-strati) (Oke, 1988): un primo sublayer, che si estende dal suolo fino alla sommità degli edifici, chiamato urban canopy layer e un secondo strato, ove si avverte ancora l’influenza degli edifici sul vento, chiamato urban roughness sublayer (sotto-strato di rugosità urbana, che si estende dalla sommità degli edifici fino a circa 100-200 m, (Britter & Hanna, 2003)). Al di sopra di questi due strati si apre un sublayer dove le velocità e le direzioni del vento non risultano particolarmente condizionate dalla presenza degli edifici e dell’isola di calore. Quest’ultimo strato è definito inertial sublayer (sotto-strato inerziale).

Fig. 3.3: Flusso su area urbana (adattata da Britter & Hanna, 2003).

Più in specifico possiamo dire che il roughness sublayer si estende da terra (altezza = 0, e include quindi l’urban canopy layer) fino ad un’altezza z*, dove il flusso è orizzontalmente non omogeneo e la turbolenza è fortemente influenzata dalla presenza di elementi di rugosità come i palazzi (Rotach, 1999). Secondo i dati raccolti in letteratura l’altezza z* è nell’ordine di 2-5 volte l’altezza media degli elementi di rugosità (Raupach et al., 1991).

Lo urban canopy layer, dunque, è lo strato dove viene avvertito maggiormente l’effetto dovuto alla presenza degli edifici. Una particolare configurazione, particolarmente studiata in letteratura, è quella del canyon urbano, che può essere definito come “una strada relativamente stretta orizzontalmente, confinata da edifici che si allineano in continuo su entrambi i lati. È confinata anche dal terreno e dal tetto dei palazzi” (Jeong & Andrews, 2002).

Questa configurazione topologica tende ad influenzare la direzione del vento, portando, nel caso la direzione principale del vento sia perpendicolare alla direzione del canyon, alla formazione di un vortice centrale. Alternativamente, se ci troviamo in presenza di vento parallelo, si possono formare fenomeni d’incanalamento preferenziale all’interno del canyon (Kastner-Klein, Berkowicz e Britter, 2004).

Questi effetti di ricircolo ed incanalamento, se combinati ad emissioni di inquinanti all’interno del canyon stesso, fa sì che ci sia il rischio di avere un più alto livello d’inquinamento all’interno del

Più in specifico il rapporto altezza/larghezza fa sì che si formino diversi tipi di turbolenza a seconda del vento sinottico che si muove al di sopra del canyon.

Per venti sinottici perpendicolari e superiori agli 1.5-2 m/s, Oke (1988) ha classificato tre regimi di vento a seconda del rapporto altezza/larghezza del canyon :

(a) Un flusso dovuto ad asperità isolate: avviene con un rapporto altezza/larghezza < 0.3 dove i palazzi e gli elementi sono sufficientemente separati da agire come asperità isolate, permettendo al flusso di non subire più l’effetto dell’elemento di asperità ad una certa distanza a valle dallo stesso (“riaggiustandosi” dall’effetto prodotto dall’ostacolo prima di incontrare il successivo).

(b) Quando gli edifici cominciano ad essere più vicini (A/L ≈ 0.5) il flusso si trasforma in un flusso da interferenza (wake interference). L’aumento della vicinanza degli elementi di rugosità fa sì che il flusso non riesca più a riaggiustarsi nello spazio fra l’uno e l’altro, ma continua a mantenere caratteristiche turbolenze anche nel suddetto spazio (Hunter et al., 1990/1991).

(c) Quando ci avviciniamo a un rapporto altezza/larghezza di 1,538 (Jeong e Andrews, 2002) si ha il passaggio da un flusso di interferenza a un flusso di scorrimento che forma un singolo vortice all’interno del canyon (Hunter et al., 1992). Nei canyon con un rapporto A/L > 1,3 il vortice principale è traslato verso la parte superiore del canyon, mentre sotto non esiste praticamente ricircolo d’aria (DePaul e Sheih, 1986), mentre, salendo ad un rapporto maggiore (A/L ≈ 2) si può osservare un debole vortice secondario ruotare in senso opposto a livello della strada (Pavageau et al., 1996). Se il canyon è particolarmente profondo (A/L≈3) si può trovare anche un terzo vortice (Jeong e Andrews, 2002).

I vortici presenti all’interno del canyon possono contribuire alla permanenza degli inquinanti nonostante alte velocità di vento sinottico (Galani et al., 2009). In particolar modo la presenza di un vortice di ricircolo contribuisce, quando la fonte degli inquinanti è a livello della strada, ad un aumento della loro concentrazione sul lato sottovento (leeward) del canyon ed una diminuzione sul lato sopravvento (windward) (Kovar-Panskus et al., 2002).

Venti sinottici obliqui o paralleli al canyon generano fenomeni di turbolenza differenti: flusso a spirale all’interno del canyon o altri fenomeni d’incanalamento (Vardoulakis et al., 2003).

La turbolenza all’interno del canyon è anche influenzata dal traffico che lo attraversa (Di Sabatino et al., 2003a; Di Sabatino et al., 2003b) e da eventuali asperità presenti all’interno del canyon (Hoydysh e Dabberdt, 1994 ; Theurer 1999), così come dalla stabilità atmosferica e da fenomeni termici dovuti ad un potenziale riscaldamento delle pareti degli edifici o del fondo del canyon (Sini et al., 1996; Kim e Baik, 2001)

Il traffico, al contrario, è più “certo” come forzante sulla turbolenza: alcuni studi (sia in canyon simulati che in situazione reale) hanno dimostrato che è un fattore rilevante per l’aumento

dell’energia cinetica turbolenta all’interno del canyon e quindi come un fattore importante per il movimento degli inquinanti (Di Sabatino et al., 2003a; Di Sabatino et al., 2003b; Kastner-Klein, 1999; Vachon et al., 2002).

I canyon urbani, quindi, si configurano come hot spots per le concentrazioni di sostanze gassose e particolato nelle aree urbane (vedi ad esempio, Van Dingenen et al. 2004, oppure Weber et al. 2006). Purtroppo esistono grandi differenze nella geometria dei canyon (principalmente differenze nel rapporto Larghezza/Altezza), nell’intensità del traffico che li attraversa, nel tipo di traffico (automobili, camion pesanti, furgoni, ecc.) e nella meteorologia locale e tutto ciò fa sì che le concentrazioni nei canyon siano altamente variabili (Johnson e Hunter, 1999; Kuttler e Wacker 2001; Kastner-Klein et al., 2004; Kim e Baik, 2004; Weber et al., 2006).

La permanenza di inquinanti all’interno del canyon può essere ulteriormente accentuata dalla presenza di filari alberati: se piantati troppo vicini gli uni agli altri (in rapporto all’ampiezza della chioma), le chiome degli alberi fungono da ostacoli per il flusso d’aria, inibendo la naturale ventilazione e, di conseguenza, la dispersione e la rimozione degli inquinanti (Gromke e Ruck, 2007).

4. Situazione Climatica Bolognese

Documenti correlati