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Il funzionamento qualitativo del software

Il software usato nelle simulazioni di questa tesi è denominato

Particle Flow Code (PFC3D) ed è l’evoluzione del codice originale di

Cundall e Strack (1979).

Il comportamento meccanico del mezzo è descritto tracciando i movimenti dei singoli elementi che lo compongono e l’andamento delle forze che si sviluppano nei punti di contatto, applicando la seconda legge di Newton alle particelle e la legge forza-spostamento ai punti di contatto. La prima è utilizzata per determinare il moto delle singole unità, la seconda serve per aggiornare le forze di contatto conseguenti.

Al suo interno il PFC contiene un certo numero di semplificazioni relative alle proprietà delle particelle e dei contatti.

Alcune di queste sono comuni a qualsiasi altro modello discreto, altre invece sono proprie unicamente di questo codice. Esse possono essere così riepilogate (manuale PFC3D Itasca, 2003):

1) tutte le particelle rappresentate sono sferiche;

2) le particelle sono trattate come corpi rigidi, non deformabili; 3) il contatto tra le particelle avviene in un punto;

4) i contatti sono trattati come soft-contacts, cioè le particelle possono sovrapporsi l’una all’altra nel punto di contatto, ma solo per una distanza che è piccola rispetto alle dimensioni delle particelle. Questa sovrapposizione rappresenta la deformazione della particella;

5) il grado di sovrapposizione è legato alla forza di contatto tra le particelle, tramite il modello di contatto.

La prima grande semplificazione riguarda la forma sferica con cui viene rappresentata qualsiasi tipo di particella.

Tale assunzione appare ragionevole se le particelle reali che si intendono rappresentare sono molto arrotondate, come ad esempio le sabbie marine, ma produce notevoli limitazioni nel momento in cui si desideri passare a sabbie angolose o elongate.

Gli ultimi tre aspetti sono ragionevolmente corretti se la rigidezza al contatto è sufficientemente elevata. Ciò significa che il metodo agli elementi discreti non è indicato per materiali particellari eccessivamente deformabili al contatto. Solitamente si considera accettabile una deformazione al contatto inferiore al 5% della dimensione della particella.

Il limite più importante dei modelli agli elementi discreti è l’elevato onere computazionale dell’algoritmo di calcolo che dipende sia dall’elevato numero di particelle da rappresentare che dalla complessità dell’algoritmo di ricerca dei contatti (contact-detection o collision-

detection). Un grande passo in avanti per quanto riguarda le velocità di

calcolo è stato compiuto in seguito alla diffusione delle tecniche di parallelizzazione che con questi algoritmi risultano essere molto efficaci (rispetto alle applicazioni di parallelizzazione con i metodi agli elementi finiti). Infatti gran parte dell’algoritmo DEM può essere potenzialmente parallelizzabile (grazie a interazioni tra le particelle di tipo short-range) mentre solo una piccola parte rimane in forma sequenziale.

Il dominio spaziale discreto, con una opportuna procedura di ordinamento, può essere facilmente suddiviso in celle indipendenti ognuna delle quali è gestita da un processore. L’integrazione del moto di ciascuna particella può essere eseguita contemporaneamente (“parallelamente”) ed autonomamente su ciascuna cella (ciascun processore) e la comunicazione tra celle adiacenti (molto dispendiosa in termini di tempo macchina) è limitata ai bordi di queste celle, preventivamente definiti, e può avvenire con minor frequenza (Carillo et al., 1996).

Il metodo utilizzato, evoluzione del DEM teorizzato da Cundall e Strack, permette la rappresentazione numerica dello spostamento e della rotazione delle particelle, il completo distacco tra gli elementi ed il riconoscimento dei nuovi punti di contatto (Cundall e Hart, 1992).

Il software simula quindi il comportamento meccanico di un sistema formato da particelle che occupano una quantità finita di spazio, si spostano indipendentemente le une dalle altre ed interagiscono solo in caso di reciproco contatto.

Le particelle di forma sferica sono denominate “balls”, mentre con il termine “walls” si indicano gli elementi boundary di confinamento e compattazione del modello (figura 2.1). I walls, che si utilizzano per definire i confini del sistema e per agevolare la generazione e la compattazione del sistema, possono essere soggetti solo a velocità e non a forze; non sono ammessi contatti muro-muro ma soltanto particella-muro.

FIGURA 2.1: ELEMENTI FONDAMENTALI DI PFC

È possibile assegnare alle particelle sia le grandezze cinematiche sia quelle dinamiche, mentre per gli elementi boundary è possibile definire le sole velocità di traslazione e rotazione.

Con il PFC può infine essere simulato il fenomeno del rammollimento della miscela, mediante la definizione del legame

contact bond nei punti di interazione tra le particelle, ed il successivo

annullamento per forze di contatto che superano localmente la resistenza ultima.

Gli elementi di forma sferica sviluppano infatti sollecitazioni di trazione responsabili dell’innesco di micro-fratture, riproducendo così un comportamento macroscopico complesso governato dai fenomeni di rammollimento e rottura.

2.1.1. La legge forza-spostamento

La legge forza-spostamento mette in relazione lo spostamento relativo tra due particelle adiacenti e la forza di contatto che si genera nel loro punto di sovrapposizione (approccio soft contact).

Si applica in particolare nel punto  C i

x che giace sul piano di contatto individuato dal versore normale n (Potyondy et al., 2004) i

(figura 2.2).

FIGURA 2.2: LEGGE FORZA-SPOSTAMENTO PER UN CONTATTO PARTICELLA-

PARTICELLA (ITASCA,2002)

La forza di contatto si può così suddividere nelle due componenti normale, che agisce nella direzione di n , e tangenziale, che si esplica i

Per le due sfere A e B di figura 2.2, indicando con U la loro n

sovrapposizione, il versore n diventa (Cheng et al., 2000): i

    d x x n A i B i i   (2.1) dove  A i x ed  B i

x sono i vettori posizione dei centri delle due particelle e d è la loro distanza reciproca così definita:

   

   

   A

i B i A i B i A i B i x x x v x x x d       (2.2)

Per un contatto particella-parete come quello rappresentato in figura 2.3, d è pari alla minor distanza tra la ball b ed il muro w ed n i

è diretto lungo la stessa.

FIGURA 2.3: LEGGE FORZA-SPOSTAMENTO PER UN CONTATTO PARTICELLA-PARETE

Noti i raggi delle particelle

R A,R B,R b

, la sovrapposizione U , n

definita come lo spostamento relativo del contatto nella direzione normale, è data da:

per contatto particella-particella:

   

d R R

UnAB  (2.3)

per contatto particella-parete:

 

d R

Unb  (2.4)

La posizione del punto di contatto

 

 C i

x è pari a: per contatto particella-particella:

      i n A A i C i x R U n x         2 1 (2.5)

per contatto particella-parete:

      i n b b i C i x R U n x         2 1 (2.6) La componente normale

 

n i

F della forza di contatto si valuta in funzione di U e della rigidezza normale n k secondo la formula (Elata n

et al., 1996): i n n n i k U n F    (2.7) La componente tangenziale

 

S i

F si valuta in modo incrementale: partendo dal valore nullo nell’istante di formazione del contatto, aumenta ad ogni incremento di spostamento. Per la sua determinazione si studia il moto del contatto attraverso la sua velocità

 

V , che dipende dalle velocità di traslazione S

 

x e di rotazione i

 

delle due entità a contatto, secondo la formula: per contatto particella-particella:

   

           A k C k A B k C k B i A i B i S x x t x x x x V     3  3  (2.8)

per contatto particella-parete:    

         b k C k b w k C k w i b i w i S x x t x x x x V     3  3  (2.9) dove ti

n2, n1

La componente tangenziale dello spostamento del punto di contatto

US

diventa quindi:

t V USS

 (2.10)

da cui si ricava la componente tangenziale della forza di contatto

FS

in funzione della rigidezza tangenziale

 

kS : S

S

S k U

F  

 (2.11)

2.1.2. La legge del moto

Il movimento di una particella rigida è determinato dalla risultante delle forze e dei momenti che agiscono su di essa e può essere descritto in termini di moto di traslazione e di rotazione. Il primo è definito dall’accelerazione

 

x del centro della particella; il secondo da i

quella angolare

 

 . i

Indicando con F la risultante delle forze applicate all’elemento e i

con g il vettore accelerazione di gravità, l’equazione del moto di i

traslazione di una particella di massa m diventa (Fortin, 2005):

i i

i m x g

F     (2.12)

Il moto di rotazione invece può essere descritto dall’equazione:

i

i I

M   (2.13)

dove M è la risultante dei momenti agenti sulla particella ed i I il suo momento d’inerzia.

2.1.3. Lo smorzamento

L’energia cinetica che si genera nel sistema in seguito all’interazione tra le particelle è dissipata attraverso i relativi slittamenti. Nel caso in cui questi ultimi non siano sufficienti a far raggiungere al modello uno stato di equilibrio, entra in gioco il fattore di smorzamento (local damping) che applica ad ogni elemento una forza di smorzamento (damping force) proporzionale alla corrispondente forza non bilanciata (unbalanced force).

Quest’ultima è un parametro che permette di controllare se il modello ha raggiunto l’equilibrio statico; il sistema, infatti, si considera in equilibrio quando la massima forza non bilanciata è piccola rispetto a quelle applicate. Se l’unbalanced force si attesta ad un valore costante non nullo (seppur piccolo) significa che, probabilmente, si stanno verificando rotture o deformazioni plastiche all’interno del modello (Jensen et al., 1999 e 2001).

Il fattore di smorzamento si introduce nell’equazione del moto come segue (Hazzard, 2000):

i i

id

i F m x g

F      (2.14)

dove F rappresenta la forza di smorzamento valutabile in id

funzione della velocità della particella

 

x mediante la seguente i

equazione:

i i

id F x

F   (2.15)

Il coefficiente di smorzamento  varia tra 0 ed 1; di default è pari a 0,7.

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