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Il generatore di vapore

Nel documento 16- KUPDF.COM MACCHINE-A-FLUIDO (pagine 152-159)

TEORIA DELLA SIMILITUDINE

CAPITOLO 8 IMPIANTI A VAPORE

8.10. Il generatore di vapore

Il generatore di vapore è costituito (figura 8.33), nella sua configurazione base, da un economizzatore (ECO), in cui l’acqua di alimento viene pre-riscaldata fino alle condizioni di saturazione, un evaporatore (EVA), in cui avviene il passaggio di stato liquido – vapore a temperatura costante, e il surriscaldatore (SH), in cui il vapore viene ulteriormente riscaldato fino alle condizione richieste in ingresso in turbina. E’ poi possibile che sia presente un secondo banco di surriscaldamento, detto risurriscaldatore.

Il calore necessario a produrre il vapore è fornito dalla combustione di un combustibile, che può essere di diverso tipo (carbone, olio combustibile o gas metano). I prodotti della combustione percorrono il generatore all’esterno dei fasci tubieri, in cui invece circola l’acqua. Nei generatori di piccola taglia i percorsi possono essere invertiti; se ciò avviene, la caldaia viene definita a tubi di fumo. Questa soluzione impiantistica non viene adottata negli impianti di grossa taglia, per ragioni di sicurezza. Al crescere della pressione di esercizio infatti, risulta sicuramente praticamente

impossibile mantenere tutto il generatore in pressione, cosa che invece risulta fattibile se l’acqua in pressione è confinata nelle tubazioni.

Analizziamo inizialmente il generatore come una scatola nera. Esso deve fornire all’acqua di alimento il calore Q1. In prima approssimazione, esso può essere rappresentato come uno scambiatore a superfici (figura 8.34), in cui sono presenti tre ingressi (l’acqua di alimento, il combustibile e l’aria comburente), e due uscite (il vapore surriscaldato e i prodotti della combustione). Applicando la conservazione dell’energia al sistema rappresentato in figura 8.34, si ricava:

(

c

)

a a

(

a c

)

f

c PCI h m h Q m m h

m + + = &1+ + (8.48)

Nell’equazione precedente mc è la portata di combustibile, PCI è il suo potere calorifico inferiore, ma è la portata d’aria comburente, ha è la sua entalpia, calcolata nelle condizioni di ingresso, mentre hf è l’entalpia dei fumi calcolata nelle condizioni in cui questi vengono scaricati al camino. Il termine hc viene introdotto quando il combustibile entra in camera di combustione in condizioni diverse da quelle standard (1 atm, 25°C). Si ricorda infatti che il PCI è definito per una reazione che inizia in condizioni standard, e per cui i prodotti vengono riportati in condizioni standard. Esso è differente dal potere calorifico superiore (PCS), in cui si presuppone di condensare l’acqua contenuta nei fumi. La differenza tra questi due poteri calorifici consiste quindi nel diverso valore dell’entalpia dell’acqua contenuta nei fumi: in un caso allo stato liquido (PCS), e nell’altro nello stato vapore (PCI). Il termine hc può, in molte applicazioni, essere trascurato, in quanto di ordini di grandezza inferiore al potere calorifico inferiore.

Le prestazioni del generatore di vapore vengono valutate definendone il rendimento. Il rendimento di un generatore di vapore è ancora il rapporto tra effetto ut ile e quanto pago per ottenerlo:

PCI m Q c c 1 & = η (8.49)

Introducendo questa espressione nell’equazione dell’energia (8.48), imponendo il bilancio tra i flussi in ingresso e quelli in uscita è possibile derivare un legame tra rendimento del generatore di vapore e temperatura dei fumi al camino:

(

)

(

)

1 1 , + + − = − = α α ηc a ref f f p f h PCI T T C h (8.50)

essendo α il rapporto aria - combustibile:

c a m m = α (8.51)

Figura 8.34. Schematizzazione del generatore di vapore.

Il rendimento del generatore di vapore dipende quindi dal rapporto aria – combustibile α e dalla temperatura dei fumi al camino. L’ottimo rendimento si ottiene per una combustione stechiometrica (α = αst), cioè una combustione in cui il comburente è introdotto in quantità esattamente pari a quella richiesta per ossidare il combustibile. Ad esempio, nel caso semplice di combustione da metano, la reazione di ossidazione richiede la presenza, per ogni mole di metano, di 2 moli di ossigeno, dando luogo a una mole di biossido di carbonio e due moli d’acqua, secondo la reazione seguente: Q1 ma + mc hf mc ma PCI + hc ha vapore acqua combustibile fumi aria

O H CO O

CH4+2 22+2 2 (8.52)

Assumendo che l’aria sia composta per il 21% di ossigeno e per il 79% di azoto (frazioni molari), bisogna fornire alla mole di combustibile 2 (1+79/21) = 9.52 moli d’aria. Ricordando che il peso molecolare dell’aria è pari a 28.9 g/mole e che quello del metano vale 16 g/mole, la portata d’aria necessaria e sufficiente perché avvenga la combustione completa di 1 kg di metano vale circa 275.24/16 = 17.2 kgaria/ kgmetano.

Nella realtà, la combustione viene effettuata con un piccolo eccesso d’aria (1 – 2% di ossigeno), per evitare la presenza di incombusti nei fumi, quali CO o idrocarburi pesanti, nel caso di utilizzo di carbone o oli combustibili. La loro presenza costituisce infatti una perdita, con conseguente abbassamento del rendimento.

Una volta fissato il tipo di combustibile impiegato, e l’eccesso d’aria opportuno, il rendimento del generatore è tanto maggiore quanto più è bassa la temperatura dei fumi al camino. Va però osservato come nella realtà esista un limite inferiore per questa temperatura, limite che dipende dal tipo di combustibile utilizzato. Se infatti si tratta di combustibili pesanti, come polverino di carbone o oli combustibili, questi contengono un quantitativo di zolfo non trascurabile. Per proteggere le superfici metalliche, è allora opportuno che la temperatura dei fumi non scenda al disotto della temperatura di rugiada dell’acido solforico, temperatura che si assesta intorno ai 140°C. Se invece il combustibile è privo di zolfo, come ad esempio il gas metano, è possibile ridurre la temperatura fino a circa 110°C. Tale valore in realtà serve ad evitare che, per la presenza di condense nei fumi, questi risultino visibili ad occhio nudo, formando quello che viene chiamato pennacchio.

Vediamo adesso come è realizzato in pratica il generatore di vapore, cominciando dal percorso dei fumi. In camera di combustione viene introdotta, insieme al combustibile, una quantità di aria che, come abbiamo visto, è leggermente superiore a quella stechiometrica. La temperatura in camera di combustione, se non ci fossero perdite, sarebbe superiore ai 2000°C. Man mano che i fumi attraversano i banchi di scambio del generatore di vapore, cedono calore al vapore o all’acqua, a seconda della zona, e quindi riducono la propria temperatura. I fumi, prima di venire scaricati in atmosfera, attraversano uno scambiatore rigenerativo, in cui cedono parte del calore residuo all’aria comburente in ingresso alla camera di combustione. L’elemento in cui ciò avviene si chiama Preriscaldatore d’aria rigenerativo tipo Ljungstrom (figura 8.35). Si tratta di un tamburo rotante, riempito di lamierini metallici. La parte del tamburo a contatto con i fumi si scalda, quindi ruota venendosi così a trovare a contatto con l’aria fresca che gli sottrae calore riscaldandosi a sua volta. E’ evidente, dall’equazione di conservazione dell’energia, che ciò comporta, a parità di calore ceduto al vapore, una diminuzione della portata di combustibile bruciata, con un conseguente aumento del rendimento del generatore, che a sua volta si traduce in un risparmio sui costi di esercizio dell’impianto.

La circolazione dei fumi all’interno del generatore viene garantita dalla presenza di uno o più ventilatori. Nell’esempio riportato in figura 8.33, il tiraggio è bilanciato, in quanto sono presenti un ventilatore premente posto all’aspirazione dell’aria, e un ventilatore aspirante, posto immediatamente a monte del camino. La scelta della collocazione dei ventilatori è imposta da considerazioni riguardanti la sicurezza in caso di rottura delle pareti del generatore di vapore. Se infatti si producesse, per qualche ragione, una rottura nelle pareti che confinano il percorso dei fumi, soprattutto nella camera di combustione, questi tenderebbero ad uscire dal generatore, se la pressione al suo interno fosse maggiore della pressione atmosferica. E’ allora necessario far sì che il generatore di vapore operi in leggera depressione, in modo che, in caso di rottura, sia l’aria fresca ad entrare e non i fumi caldi ad uscire.

Analizziamo adesso il percorso seguito dall’acqua nel generatore di vapore. Se l’unico criterio di progettazione fosse la minimizzazione delle irreversibilità legate allo scambio termico, il percorso dell’acqua sarebbe organizzato in controcorrente con i fumi, con il surriscaldatore nella camera di combustione, seguito dall’evaporatore ed infine dall’economizzatore. Una siffatta disposizione dei

fasci tubieri, tipica di una caldaia a recupero, non viene però mai realizzata, in quanto le tubazioni del surriscaldatore non sopporterebbero le alte temperature presenti in camera di combustione. Il surriscaldatore è infatti uno scambiatore gas – gas, in cui quindi i coefficienti di scambio termico sono limitati e dello stesso ordine di grandezza su entrambi i lati. A ciò si aggiunge un elevato carico radiativi, in quanto in vista della fiamma. D’altra parte, la temperatura sulla superficie esterna dei tubi non può superare un limite massimo imposto dal tipo di materiale utilizzato nella costruzione del generatore (600 – 700°C). Tutto ciò fa sì che, nel percorso dei fumi, il surriscaldatore venga posposto all’evaporatore, al cui interno scorre invece un fluido bifase, dotato di un coefficiente di scambio termico convettivo decisamente maggiore, con il risultato di limitare la temperatura della superficie esterna dei tubi entro i limiti massimi imposti.

Figura 8.35. Preriscaldatore d’aria rigenerativo tipo Ljungstrom.

Nei generatori di vapore, la camera di combustione può essere realizzata in materiale refrattario (negli inceneritori), all’interno del quale scorrono i tubi dell’evaporatore, o più spesso, con pareti membranate, cioè con i tubi che fasciano internamente la camera di combustione, direttamente in vista della fiamma. Con riferimento al diagramma temperatura – potenza termica scambiata di figura 8.36, l’acqua di alimento entra quindi nell’economizzatore, posto in coda nel percorso dei

fumi. L’evaporatore fascia la camera di combustione, dove il meccanismo di scambio termico dominante è l’irraggiamento, mentre i banchi del surriscaldatore, e degli eventuali ri-surriscaldatori, si trovano in posizione intermedia nel percorso dei fumi. Essi possono trovarsi sia in zona di irraggiamento, sia in zona convettiva, ma solitamente non vedono direttamente la fiamma, per le ragioni dette in precedenza.

L’evaporatore di un tipico generatore di vapore è costituito da un corpo cilindrico superiore (steam drum in figura 8.37), un condotto di caduta, in cui scende l’acqua, posto all’esterno della camera di combustione, e un corpo cilindrico inferiore che alimenta le tubazioni di risalita che fasciano la camera di combustione. L’acqua calda in pressione, proveniente dall’economizzatore, entra nel corpo cilindrico superiore. Da questo scende nel corpo cilindrico inferiore attraverso il condotto di caduta. Dal corpo cilindrico inferiore l’acqua risale al corpo cilindrico superiore attraverso le tubazioni di risalita, nelle quali avviene la sua evaporazione. Il vapore che sale entra nel corpo cilindrico superiore, viene separato dalla frazione non evaporata, e quindi inviato al surriscaldatore. La circolazione dell’acqua all’interno dell’evaporatore può essere naturale (figura 8.37a) o assistita (figura 8.37b). Nel primo caso il salto di pressione per vincere le perdite è dato dalla differenza di densità che si ha tra l’acqua che scende, e il fluido bifase che risale

    − = ∆

h lh dz g p 0 ρ ρ (8.52)

mentre nel secondo caso è direttamente fornito dalla pompa di circolazione. Questa seconda soluzione permette realizzazioni più compatte, non richiedendo la disposizione obbligatoria in verticale dei tubi di risalita, così come di quello di caduta. Essa però richiede la presenza di una pompa di circolazione, ed è quindi più costosa.

Figura 8.36. Tipico andamento delle temperature in un generatore di vapore di grande potenza

(1. evaporatore; 2. surriscaldatore irradiato; 3. surriscaldatore finale; 4. ri –surriscaldatore a convezione; 6. economizzatore;7. preriscaldatore d’aria; 8. perdite al camino; 9. perdite verso

(a) (b)

Figura 8.37. Evaporatore a circolazione naturale (a) e forzata (b).

Si fa notare come, qualunque sia la tipologia di evaporatore, ci sia una portata d’acqua sempre ricircolante. Questa modalità di funzionamento è completamente diversa da ciò che avviene nei generatori di vapore per impianti ipercritici, in cui il passaggio liquido – gas avviene in un unico passaggio. Negli impianti ipercritici tutto ciò che entra evapora.

Si introduce infine un ultimo parametro che mette insieme le caratteristiche del ciclo con quelle del generatore di vapore. Si definisce consumo di combustibile il seguente parametro:

PCI Rate Heat le Combustibi di Consumo c η = (8.53)

Il consumo di combustibile risulta quindi espresso in kg/kWh, e dice quanti chilogrammi di combustibile è necessario bruciare per produrre 1 kWh.

Bibliografia:

Macchine a fluido bifase, C. Casci, Ed. Masson Italia Editori Macchine Termiche, G. Cornetti, Ed. Il Capitello Torino

CAPITOLO 9

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